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Autore: BlackInkVelvet    11/07/2018    3 recensioni
Questo non deve accadere, mai più.
Perchè?
Perchè la gloria della nostra razza viene prima di ogni altra cosa. Prima degli affetti, prima dei soldi, prima della nostra stessa esistenza. Prima anche di te e me.
Non puoi chiedermi di fare una cosa simile.
Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando.
[...]
La voce di sua moglie, Gine, sembrò arrivare da lontano, come se non fosse sdraiata al suo fianco in quel momento. Come se fosse su un altro pianeta, o forse era lui ad essere troppo distante.
Nemmeno lei era abbastanza forte da liberare il cielo da quei nuvoloni pesanti che, scrosciando, inondavano il pianeta di ferrosa pioggia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bardack, Gine, Goku, Nuovo personaggio, Re Vegeta, Vegeta
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 1

Capitolo 1



Un fruscio di coperte fu il primo suono che sentì, e un fascio di luce penetrò nel buio  delle palpebre serrate. Si rigirò nel letto, fuggendo la luce, arrotolandosi fra le lenzuola. Piccole mani si appoggiarono alla sua schiena nuda, e sentì chiaramente un bacio leggero sulla mandibola. Lunghi capelli gli solleticarono il volto, e un profumo familiare gli stuzzicò il naso. Aprì svogliato un occhio, mettendo a fuoco il volto delicato della moglie.
- Già sveglia? - disse sbadigliando e girandosi sulla schiena, lasciando che lei gli si accoccolasse sul petto. Gine annuì, sorridendo.
- Radish è stato buono stanotte. Ha lasciato dormire entrambi.
- Era pure ora - brontolò lui stropicciandosi gli occhi, sospirando e appoggiandole una mano sull'esile schiena, risalendo fino alla ribelle massa di capelli corvini. Lei ridacchiò, chiudendo gli occhi e assaporando quel leggero abbraccio.
- Fame?
- Puoi dirlo forte - esclamò lui saltando seduto, stiracchiando le braccia con un forte scricchiolio. Gine si avvolse in una vestaglia, sbadigliando a sua volta e alzandosi.
- Allora ci pensi tu a Radish - disse sparendo velocemente in cucina, allungando un veloce pollice in su in direzione di Bardack. Lui sbatté le palpebre, prima di realizzare di essere stato incastrato. Sbuffò, calciando via le coperte e recuperando i pantaloni, cercando nel disordine della stanza l'aderente canotta che era solito portare, insieme ai pesanti stivali striati di verde. Ciabattò, per quanto permesso dalle suole chiodate, fino al corridoio, fermandosi un secondo per annusare il delizioso odore di carne fritta provenire dalla cucina. Istintivamente fece per catapultarvisi, ma la porta della stanza di suo figlio occhieggiava severa di fronte a lui, ricordandogli d'un tratto di essere padre. Storse la bocca, tentennando qualche momento. Si girò in direzione della cucina, ascoltando Gine canticchiare. Forse, se faceva moooolto piano, poteva arrampicarsi dalla finestra del bagno, e sgattaiolare al solito bar con Toma e gli altri...  Le sue orecchie sensibili captarono un fruscio continuo nella stanza, e deboli vagiti iniziarono a rimbalzare sui muri. Respirando a pieni polmoni, Bardack si rimboccò - metaforicamente - le maniche, avventurandosi nella cameretta come se dovesse affrontare un potente nemico.

- Trovo adorabile che tu stia provando a fare il bravo papà - disse Gine con un sorriso, appoggiando un enorme vassoio di carne di fronte a Bardack. - Ma puoi sempre chiedere il mio aiuto quando non sai cosa fare.
- Mai. - disse seccamente il guerriero spalancando la bocca e addentando una succosa bistecca, mente la moglie analizzava l'esclusivo pannolino di Radish procuratogli dal marito, consistente in una vecchia maglia arrotolata attorno alle gambe e la vita, fermata con una forchetta trovata chissà dove. Gine scosse la testa, sconsolata, mentre avvicinava un cucchiaio alla boccuccia del figlio, un pezzo di pancetta fra i denti. Seguirono attimi di silenzio, interrotti soltanto dal suono di Bardack che si ingozzava di costarelle e le lamentele di Radish sulla pappa. Ma, stranamente, l'uomo smise di mangiare poco dopo, masticando con una lentezza che non era sua. La donna alzò gli occhi adoranti dal suo pupetto, osservando sorpresa il marito. Sembrava... pensieroso. E prima del caffè era una vista rara.
- ... Bardack? - La voce di Gine arrivò all'improvviso, cogliendolo di sorpresa e con una striscia di pancetta che penzolava dalla bocca. Rimase fermo a fissarla, le guance piene, cercando di raccogliere velocemente i suoi pensieri. Con uno sforzo mandò giù il grosso boccone, pancetta compresa, deglutendo e accompagnando il tutto con un generoso sorso d'acqua.
- Bardack. - riprese lei, insospettita e ancora sorpresa di quel suo atteggiamento strano. Il guerriero si passò una mano sugli occhi, sospirando. - C'è qualcosa che devi dirmi? Lo sai che puoi parlare liberamente.
Bardack aveva accuratamente evitato di parlare con Gine del suo incontro con Endive, una Ricognitrice dall'aspetto fin troppo stravagante ed opulento, che gli aveva offerto così su due piedi il lavoro della vita. Era ancora in tempo per accettare la missione, ma vi erano troppi conti che non tornavano. Gli sembrava leggermente losco quell'affare, e sapeva già cosa ne avrebbe pensato la moglie. Ma più la osservava, così piccola e snella, con il figlio paffuto fra le braccia, più si convinceva che non voleva più vederla dietro al bancone della mensa, a lavorare come... come una schiava.
Il solo aver pensato a quel termine disgustoso, sussuratogli con voce vellutata dalla Ricognitrice, lo fece sobbalzare. A cosa diavolo stava pensando?
- Mi hanno offerto un nuovo lavoro. - buttò lì, cercando di non pensare a come avesse paragonato la sua donna ad un infimo servitore. Gine allargò un sorriso, rilassandosi notevolmente.
- O beh, ottimo! Abbiamo davvero bisogno di soldi, ma con Radish non riesco a fare anche gli straordinari. Spero che la paga questa volta sia migliore! - rispose lei con tranquillità, mentre il piccolo giocherellava con una ciocca di capelli della madre. Bardack annuì, appoggiando entrambi i gomiti al tavolo, usando le dita intrecciate per sorreggere il mento.
- La paga sembra ottima. Si tratterà di una missione abbastanza lunga. Probabilmente.
- Tu e i ragazzi siete i migliori sul campo. Sono sicura che finirai con mesi di anticipo, come sempre. - disse con convinzione lei, accarezzando la foltissima chioma della sua progenie, non accortasi del leggero disagio del compagno. Lui chiuse gli occhi, inspirando. Forse, dirgli quanto pericolosa quella missione potesse essere sarebbe stato uno sbaglio. Forse era davvero meglio tenerle nascosta la verità. Gine era debole, e dalla sua debolezza derivava sempre un'eccessiva ansia nei confronti del marito, che sembrava non conoscere il significato della parola "prudenza". Ora che doveva anche badare a suo figlio, non poteva davvero permettersi di star male per lui.
Ma d'altra parte, si era innamorato di quella smilza anni fa. Avevano anche costruito una famiglia. Aveva la sua fiducia, e doveva essere messa al corrente.
- Se accettassi, mi manderebbero su un Pianeta Alpha.
Il suono cristallino di un bicchiere che s'infrangeva a terra risuonò per le pareti della casa. Radish osservava con gli occhi dilatati il tappeto di scintillanti vetri per terra, incuriosito da tutto quel frastuono. La mano di Gine era ancora sollevata, le dita leggermente flesse ad emulare la forma del bicchiere che fino a pochi secondi fa stringeva. Osservava Bardack con il volto pallido, il piccolo stretto al petto; lui, d'altro canto, aveva drizzato la coda, allarmato dal suono improvviso, le mani appoggiate sul tavolino e gli occhi fissi in quelli della moglie.
- Un... Un Pianeta Alpha? Come... - balbettò lei, iniziando a cullare nervosamente il figlio. L'uomo drizzò appena le spalle, già sapendo cosa sarebbe successo di lì a poco.
- Un Pianeta Alpha. Mi ha contattato un Ricognitore, ma non mi ha dato molti altri dettagli. Ma la paga è alta, Gine. E quei soldi ci servono. - disse severamente lui, tentando di far ragionare la fin troppo emotiva compagna. Lei aggrottò le sopracciglia.
- Mi servono soldi, non un marito morto! - esclamò con voce tremante, allungandosi in avanti sul tavolino.
- Che diamine stai dicendo? Non sappiamo nemmeno se dovranno esserci degli scontri! - rispose lui inclinandosi in avanti a sua volta.
- Quei pianeti sono pericolosi! Nemmeno i soldati di Freezer sono in grado di conquistarli, c'è un motivo se non bisogna andarci! - La voce di Gine si era incrinata, facendosi più acuta.
- Ma stai paragonando un Saiyan a quegli incapaci? Gine, se c'è un Ricognitore vuol dire che la missione sarà importante! E lo sai che significa? - rispose mentre la sua voce si alzava, irritato dall'obiezione della moglie. - Significa che avremo abbastanza soldi da stare a posto per un anno! Forse anche per trasferirci da qualche altra parte!
- Non conterà nulla se ti farai massacrare! - Strillò Gine, causando il pianto di Radish che, spaventato, puntò le manine sul petto materno, cercando di allontanarsi, ma senza riuscirci.
- Massacrare? Preferisci continuare a vivere in questo buco? Lo sto facendo anche per te! - Rispose Bardack ora visibilmente alterato, sbattendo le mani sul tavolo e facendo piangere più forte il figlio.
- Lo stai facendo per te! Lo stai facendo perché non vedi l'ora di batterti contro un avversario più forte di te!
- La smetti di dire stronzate?! Io voglio soltanto...
- Non voglio più vederti in quello stato! - Gridò improvvisamente lei, saltando in piedi e facendo un passo indietro, schiacciando sotto la suola spessa degli stivali i frammenti di vetro, le lacrime che si affacciavano agli occhi. - L'ultima volta che hai accettato una missione rischiosa sei quasi morto! Sei stato una settimana nella vasca di rianimazione! Non ci pensi a tuo figlio? Non sei abbastanza forte per questo!
- IO NON SONO DEBOLE COME TE! - Urlò Bardack a pieni polmoni, saltando in piedi e quasi rovesciando il tavolo, una vena che pulsava vistosa sulla tempia. Gine si bloccò, gli occhi spalancati e il bambino urlante stretto fra le braccia. Il labbro inferiore tremò, e calde lacrime le solcarono il volto, mentre i singhiozzi le bloccavano il respiro. Il guerriero sbatté le palpebre, rendendosi conto di quello che aveva appena detto.
- Gine... - sussurrò facendo un passo in avanti, allungando un braccio verso di lei. In tutta risposta, la donna si avviò verso il corridoio, il volto bagnato dalle lacrime e sepolto fra i capelli di Radish, con i vetri che scricchiolavano sotto le sue scarpe. Sbatté la porta della camera da letto, e Bardack sentì chiaramente una chiave girare nella toppa. Si passò una mano sul volto, stanco, prima di girarsi e seguire la moglie.
- Gine. - Bussò con delicatezza sulla porta della stanza, sentendo, anche attraverso il legno spesso, i singhiozzi della moglie. - Gine. Apri per favore. - disse con voce morbida, bussando di nuovo. I singhiozzi diminuirono d'intensità, ma lei non sembrava aver intenzione di rispondere alla chiamata. Bardack sospirò, abbandonando la fronte sullo stipite, una mano sulla maniglia e l'altra appoggiata sulla superficie liscia.
- Non volevo. Io lo so che ti preoccupi per me. Ma se continuo ad accettare incarichi a rischio zero, i soldi non arriveranno mai. E Radish continuerà ad essere un guerriero di infimo livello come me. Io voglio una vita migliore per lui, e per te. Cerca di capirlo.

Urla strazianti, la  sua armatura era a pezzi. Sotto le sue mani, il petto ampio non si muoveva più. Il sangue - oh Dei, troppo sangue - le imbrattava le mani e il collo.
- Continua a premere! - Urlò qualcuno, e lei ubbidì, premendo con forza le mani su quello squarcio orribile nel tentativo di fermare l'emorragia. Lui non respirava più. Oh Dei... Se ci siete...

- La paga sarà alta. Molto. Finora sono riusciti a conquistare soltanto tre Alpha, pensa alla gloria e la fama che avremo! Andremo via di qui. In una di quelle case in quei palazzi altissimi, dove hai sempre detto di voler andare. Te lo prometto Gine. Apri la porta per favore.

- Non respira, non respira! - gridava con le lacrime che lavavano via il sangue dal volto, continuando a premere. - Dei, oh Dei vi prego. Aiuto! Aiutatemi! - Si girava attorno, nel caos generale. Dottori ricoperti di vermiglio e con gli occhi sbarrati correvano come impazziti per l'ospedale da campo. Odore di sangue, sudore, fango, liquidi umani le provocava conati di vomito, troppo forte e troppo impregnato di morte. Accanto a lei, su di una branda, stavano per amputare una gamba ad un guerriero febbricitante. Urlò insieme a lui, come se avessero affondato la lama nella sua di carne, e reclinò la testa sul corpo freddo del marito, terrorizzata.

- Non voglio più vederti in quella macelleria. Non te lo meriti. - Passi cadenzati risuonarono per il corridoio vuoto, fino a sparire. La porta di casa si aprì e si richiuse con un tonfo secco. Gine si morse il labbro inferiore, stringendo al petto suo figlio, ormai addormentato.

- Non penso ce la farà. - disse l'infermiere, senza alzare gli occhi dalla tastiera su cui digitava pigramente. - Le sue ferite sono troppo gravi. Non è arrivato con abbastanza sangue in corpo per vivere un giorno di più. Mandare un terza classe su un pianeta Beta, a che diamine pensavano? 
Osservava, svuotata di ogni emozione, il corpo di Bardack, immerso in una vasca di rianimazione. Una nuova cicatrice gli solcava il bellissimo volto, sofferente e scavato, senza contare l'orrendo taglio sul petto.
- Sei proprio sfortunata, a partorire fra pochi mesi. Questo bambino te lo toglieranno senza il padre.



Spalmato su una panchina, Bardack si rigirava fra le mani il biglietto di cartoncino rigido. Gli occhi neri percorrevano il numero che vi era scritto sopra, stampato con un font semplice ed elegante. Prese un profondo respiro, prima di indossare lo scouter, tenendolo premuto sull'orecchio mente con la mano libera regolava la vite per farlo aderire al cranio. Premette sul pulsante rosso, e l'apparecchio si accese con un sottile bip. Portò il foglietto di fronte al vetro colorato, attendendo che lo scouter rilevasse la chiave seriale. In pochi secondi, la comunicazione si stabilì. Un suono fastidioso, come di interferenze, arrivò attraverso l'auricolare di Bardack.
- Qui Endive. - gracchiò una voce dall'altro capo della linea, ora pulita. Il Saiyan prese un respiro profondo.
- Bardack. - Seguì un attimo di silenzio, e lui poté quasi giurare di vederla sorridere, compiaciuta, dall'altra parte della linea.
- Iniziavo a pensare che non avresti più accettato.
- Chi ti dice che io voglia accettare? - disse lui tentando di bluffare per tastare il terreno, cercando di carpirne le intenzioni.
- Cammina.
- Cosa? - disse lui alzando le sopracciglia, sorpreso.
- Ho detto cammina, non startene seduto in disparte. Nessuno deve intercettare questa chiamata, e ci sono minori probabilità se cammini in un luogo affollato.
- Ripeto: COSA? Come fai a sapere dove sono? - protestò lui, alzandosi comunque in piedi, decisamente sorpreso di quella cosa. - E poi, non rischi che qualche altro scouter rilevi la conversazione? 
- Questa linea è criptata. I normali scouter non possono rilevarla, ma qualcuno potrebbe comunque provare ad hackerarla. Ho i miei mezzi, Capitano Bardack, per sapere cosa stai facendo.
- Mi stai osservando? - chiese sospettoso, incamminandosi.
- La tua faccia non mi manca abbastanza da spiarti. Ma non è difficile capire dai suoni di fondo dove sei e cosa stai facendo.
- Quindi...
- Quanta pazienza ci vuole con te? Lo sapevo che avrei fatto meglio a rivolgermi al Team Cubecu. - disse con voce di velluto, senza dare la minima impressione di essere infastidita dalla curiosità del Saiyan.
- Cubecu, quell'imbecille? Non farmi ridere. Allora dimmi cosa devo fare, visto che muori dalla voglia di farmi accettare questo lavoro. Convincimi. - disse Bardack spingendosi nelle vie del mercato. Quel giorno, l'intera città sembrava essersi riversata in strada. Complice forse il periodo di ritorno dalle missioni, moltissimi Saiyan erano pronti a spendere i soldi appena ottenuti in attrezzature migliori, e in alcol migliore. Odore di sudore e terra bagnata arrivò al suo naso, mentre percorreva le strade infangate, bagnate per non far sollevare un polverone, disseminate di bancarelle. Si avvicinò curioso ad uno stand contenente alcune battle suits, osservandole attentamente, saggiandone le scanalature con i polpastrelli.
- Ti darò un indirizzo tramite delle coordinate.
- Bene.
- Ti farai trovare al suddetto indirizzo insieme al tuo secondo in comando, e lì vedrò se posso realmente impiegarvi.
- Aspetta, cosa? Pensavo stessimo pattuendo l'assoldo ora! E ancora non mi hai dato i dettagli della missione! Che fine ha fatto il nostro compromesso? - esclamò lui a voce contenuta, abbassando indignato la corazza bianca che stringeva fra le mani.
- Onoro sempre i miei impegni. E non posso darti altri dettagli via rilevatore. Ma se non riesco a convincere i miei superiori che voi siete i migliori sul campo, finiremo tutti a fare la fame. Ti sto inviando le coordinate. Ti aspetto fra un'ora, porta anche il fascicolo della squadra.
- Un'ora? No, aspetta, devo sapere a cosa...! - Senza proferire altro, Endive chiuse il collegamento. Bardack rimase di sasso, la battle suit ancora in mano, osservando spaesato dritto davanti a sé. Cosa era appena successo? Una serie di coordinate apparvero sul vetrino dello scouter.
- Ehi, se non la compri rimettila giù! - Sbraitò il venditore dall'aspetto di alligatore, rivolto al Saiyan. Lui si riscosse, digrignando i denti.
- 'Fanculo. - Sbottò lasciando andare l'armatura, correndo verso la folla. Spintonò varie persone, facendo cadere alcuni cestini ricolmi di esotici frutti, e causando l'ira di molti ambulanti. Premeva continuamente sul pulsante del suo scouter, provando a richiamare Endive. Ma ad ogni chiamata, appariva la stessa scritta sul display: "Numero inesistente".
- Cazzo! - Esclamò irritato, cercando un posto libero dove spiccare il volo. Si gettò in un vicolo vicino, dandosi una spinta poderosa con le gambe, sferzando l'aria mentre il suo corpo si sollevava dal suolo ad una velocità sorprendente. Velocemente, premette alcuni pulsanti sul suo rilevatore. Lo scouter di Toma era ora collegato, ma dell'amico ancora non ve ne era traccia.
- .... andiamo andiamo andiamoandiamoandiamo - grugnì con voce gutturale Bardack, i capelli che si muovevano sinuosi nell'aria e le mani strette a pugno. Finalmente, dopo quelli che sembrarono secoli, una voce conosciuta gli rispose, ansimante.
- Ehi, Bardack, ti richiamo ora non è il-
- No Toma fermo! Ascolta, è importante.
- Ehhn... - biascicò lui, mentre si sentiva chiaramente una seconda voce in sottofondo.
- Non mi importa di quello che stavi facendo! Ti voglio qui, ora.
-  ...non accetto queste avances senza che tu mi offra una cena.
- Non fare il coglione! - abbaiò Bardack aumentando ancora la velocità di volo, mentre le unghie affondavano nella carne dei palmi. - potrei aver fatto un macello. Sto venendo, aspettami... - Un suono acuto, che gli fece dolere il timpano provenì dall'auricolare, come se qualcuno avesse strappato lo scouter dalle mani di Toma.
- Anche io stavo per venire, pezzo d'idiota! Che diavolo c'è di così urgente? - La voce di Seripa, acuta ed incazzata, gli rimbalzò per le pareti del cranio.
- Non ho tempo per queste cose! Devo parlare con Toma.
È un'ordine Seripa! - a sentire il suo amico, solitamente calmo, alterarsi in quel modo, la donna restituì il rilevatore al compagno, facendo spallucce, allibita. L'altissimo Saiyan, dopo aver risposto con un'espressione altrettanto sorpresa, riprese il piccolo computer, fissandolo sull'orecchio sinistro.
- Che cazzo hai combinato, Bardack? 
- Ascoltami... - Toma, nella sua piccola stanza, si stava velocemente rivestendo, indossando l'armatura sotto lo sguardo offeso di Seripa, nuda e insoddisfatta sul suo letto. Lo vide sbarrare gli occhi, fermandosi e appoggiando una mano sullo scouter come se faticasse a credere a quello che aveva appena sentito.
- Ecco perché si consulta SEMPRE PRIMA il proprio secondo in comando, dannato ubriacone! - strillò nel microfono aprendo nervosamente la cassettiera, cavandone fuori un fascicolo malamente spillato, per poi precipitarsi fuori dalla porta sotto lo sguardo allibito della donna. Sordo ai suoi richiami, si lasciò l'abitazione alle spalle. Il suo rilevatore segnava l'aura di Bardack a pochi minuti di volo da lui. Una volta in aria, riprese:
- Andarsi ad immischiare con i Ricognitori?! Quelli sono inaffidabili! Come ti è venuto in mente di accettare senza prima consultarmi?
- Poche storie, Toma! Ti invio le coordinate. Ora, lo so che sarà una fregatura, ma dobbiamo trovare un modo di rimediare! Non ho firmato nulla, non credi che-
- Bardack. - l'interruppe improvvisamente l'amico, con voce sottile. - Non penso sia una fregatura. Ma penso che siamo nei guai più di prima.
- Porca puttana.
- No, non hai capito. Ho ricevuto le coordinate. Quella che ci ha dato è la posizione del Palazzo Reale.

Il Palazzo di Re Vegeta si stagliava minaccioso sullo sfondo montano. Il cielo, perennemente rosso, non contribuiva a dare un aspetto meno tenebroso all'edificio, costituito da altissime torri a spuntoni, scavate nella grigia roccia granitica. Innumerevoli colonnati davano respiro alla struttura, aprendosi su corridoi esterni, facendo assomigliare il palazzo come ad un complicato ed elegante alveare.
Bardack e Toma erano fermi, ai piedi della scalinata, a naso in su ad osservare spaesati quella struttura gigantesca.
- Cazzo se fa paura. - disse Toma con il fascicolo stretto sottobraccio. Bardack, una mano tesa sopra gli occhi per proteggerli dal sole, annuì con convinzione.
- Andiamo? - riprese, osservando il più basso sistemare la sua battle suit per stare più comodo. Si passò una mano fra i capelli, inspirando. Davanti a loro, a pochi metri, delle guardie li osservavano, immobili ed impassibili.
- Andiamo. - rispose Bardack incamminandosi con fare deciso. Arrivarono di fronte ai due energumeni, pesantemente armati. Si schiarì la voce, drizzando le spalle e cercando di assumere un atteggiamento il più possibile composto.
- Ehi. Abbiamo un appuntamento. - disse alla più vicina delle guardie, appoggiando le mani sui fianchi.
- Ne dubito. - rispose seccamente il soldato, che lo squadrava dall'alto in basso.
- Pensala un po' come ti pare. Mi ha convocato qui una certa Endive. - disse lui, dando un'occhiata a Toma.
Avevano a che fare con una Ricognitrice, al diretto servizio del Re; l'arma più letale a disposizione di una spia era il lip service, non i pugni. Pertanto, trovavano ancora difficile credere alle belle parole della donna, con le sue promesse di grandi avventure e succulenti bottini. Una delle guardie portò una mano allo scouter, borbottando qualcosa. I due terza classe rimasero fermi, in attesa, osservando la guardia voltarsi verso di loro, sorpresa e in proncinto di dire qualcosa, prima di zittirsi e storcere la bocca.
- Siete liberi di passare. Prendete la scalinata di destra, vi aspetta nell'atrio. - I due si fecero da parte, permettendo a Bardack e Toma di proseguire il loro cammino. Gli stivali pesanti calpestavano con tonfi secchi il granito dell'imponente scalinata, avvicinandosi in assoluto silenzio verso la porta d'entrata. Il condottiero sentiva gli occhi del suo secondo in comando puntati addosso. Non sapeva in cosa si fosse ficcato a causa di una leggerezza, per ripicca dopo un litigio. E per quella sua testa calda, ora era la sua squadra a pagarne le conseguenze. Era Toma il vero cervello del plotone, grazie alla sua innata capacità di analisi; sul campo era vitale tanto quanto il potentissimo capitano, ed era sempre lui a consigliarlo ogni qual volta veniva offerta una nuova missione.
L'ultima volta in cui era stato Bardack a scegliere, sordo ai consigli del suo amico, erano finiti su un Pianeta Beta. Ubriachi di arroganza e presunzione, si erano gettati a capofitto nel combattimento. Avevano vinto, ma ad un prezzo spaventoso. L'altra squadra in coalizione con la loro era stata sterminata; lui stesso ci aveva quasi lasciato le penne, guadagnandosi la cicatrice sulla guancia e fitte al petto ogni volta che il tempo atmosferico cambiava. E sentiva nuovamente il peso di quella responsabilità calargli sui polmoni, mozzandogli il respiro.
La preoccupazione di Gine era dunque comprensibile; ma lei non capiva.
Non avrebbe mai potuto capire, non era un guerriero come lui. Non capiva la dipendenza che l'adrenalina pompata nelle vene dava, non comprendeva come il fuoco che si avesse dentro fosse in grado di bruciare più delle ferite aperte, non comprendeva l'eccitazione di ergersi per ultimo su un campo di battaglia, la bellezza del sangue del nemico ad imbrattare le mani e i vestiti. Per provare quell'ebrezza, la morte era un prezzo che qualunque guerriero avrebbe pagato volentieri.
Arrivati in cima, si trovarono di fronte ad una pesante porta rocciosa, chiusa accuratamente. Non vi erano guardie a presidiarle, come era invece per l'ingresso principale, ad un centinaio di metri da loro, sorvegliato da almeno trenta energumeni. Si osservarono attorno, cercando un pulsante, ma la parete era liscissima, al punto che perfino trovare il contorno del portone era difficile.
- Secondo me ci hanno preso per il culo. - sbottò Bardack sbuffando.
- Dici? - ribattè sarcasticamente l'amico, passandosi una mano fra i corti capelli neri. - Colpa tua, non hai preso il numerino.
- Non mi avevi detto che bisognasse prendere un numero...! Che ti ho portato a fare allora? - si lamentò lui incrociando le braccia. Toma rimase fermo, sbattendo le palpebre.
- Ma sei cretino, il numero? Non siamo in fila in banca.
- ...C'è un motivo se sei tu il cervello del gruppo. - si limitò a sbuffare Bardack, girando lo sguardo altrove.
- Già, ancora mi chiedo come abbia fatto ad essere tu il capitano della squadra. Ad andarsi ad immischiare con un Sorcio...
- Perlomeno noi non dobbiamo leccare gli stivali di Vegeta per portare il pane a casa. Gioisci. - Non finì nemmeno di pronunciare la frase che un suono metallico di meccanismi ruppe il silenzio, e con un fruscio le ante della porta rientrarono nelle pareti.
- Ohibò, è questa la considerazione che ha un povero Ricognitore fra voi terza classe? - In piedi dietro la porta, Endive sorrideva gentile, accogliendo con le braccia conserte i due arrivati. Indossava una vistosa camicia verde smeraldo, ricamata con fili d'oro, e larghi pantaloni di un verde più chiaro stretti sulle caviglie. Una fascia rosso sangue era mollemente legata sui fianchi, con le estremità che quasi sfioravano il terreno. Perfino le scarpe erano strane, nulla a che vedere con i loro pesanti stivali, ma erano delicate juttis* fittamente decorate. E tutto questo senza contare i vistosi gioielli su braccia e orecchie, oltre a quel particolare piercing sotto il labbro. Toma si schiarì la voce, le guance appena imporporate per l'imbarazzo.
- Lei è la signorina Endive?
- In persona.
- Toma, secondo in comando del Team Bardack. 
È un piacere conoscerla. - disse educatamente, tendendo una mano per farsela stringere. Con sua somma sorpresa, la donna scelse piuttosto di congiungere le mani, esibendosi in un piccolo inchino.
- Il piacere è mio, signor Toma. La prego di darmi del tu. - Si voltò verso Bardack, eseguendo perfettamente lo stesso inchino di prima. - è un piacere rivedere anche te. Prego, seguitemi. - Così facendo si voltò, incamminandosi nel corridoio, seguita dai due terza classe. La porta si richiuse dietro di loro, e immediatamente una soffocante penombra cadde su di loro, rischiarata soltanto dalla luce di alcune torce. Era evidente, dalla pietra nuda che costituiva le pareti del corridoio e dall'assenza di elettricità, che fossero in un'ala del castello soggetta a lavori; una scelta inusuale, ma riflettendoci, passare per il cantiere era il modo ideale per nascondere la propria presenza. Ma per quale motivo fosse necessaria tutta questa segretezza, i due Saiyan ancora non lo sapevano.
Toma, a differenza di Bardack, era riuscito a contenere la sorpresa di vedere una donna così tanto truccata, con una spessa linea nera e oro sugli occhi castani. Anche i gioielli e l'abbigliamento erano di quanto più eccentrico vi fosse per sua esperienza. Ora che non era protetta da un pesante mantello, era possibile intuirne il fisico, rendendola ancora più particolare agli occhi dei due saiyan. La musculatura non era molto definita, ma perfettamente visibile e massiccia sotto la pelle; la camicia sbracciata e aderente metteva in risalto il seno e i fianchi generosi, sottolineati da una vita relativamente stretta. Era di certo ben lontana dalle classiche saiyan piccole di statura e snelle, osservò Toma. Gli occhi gli caddero sulla chioma bruna e, ora che si era girata, potè notare con sommo sgomento la coda, decorata con ben quattro anelli su tutta la sua lunghezza.
- Ma dove l'hai trovata una così? - sussurrò a voce bassissima all'amico, con gli occhi sgranati.
- Se ti dicessi al bar ci crederesti? - rimbeccò lui aggrottando le sopracciglia. Toma gli lanciò un'occhiataccia, prima di tornare ad osservare Endive.
- Allora, Endive. Mi dispiace di non averti incontrata quella sera al bar, ma c'ero anche io. - Senza smettere di camminare, l'opulenta saiyan si girò, osservando l'altissimo guerriero.
- Ah già. Eri tu ad aver fatto doppia coppia, giusto?
- Ci stavi osservando mentre giocavamo a poker? Non ti avevo notata - chiese lui ridacchiando, grattandosi la nuca con un gesto sciolto.
- Sì. Piace molto anche a me il gioco d'azzardo, ma non mi sembrava il caso di disturbarvi.
- Ma figurati, allora la prossima volta farai una partita con noi, giusto Bardack? - disse retoricamente all'amico, che ancora osservava costernato la quantità di gioielli che la donna indossava.
- Ah, certo. Ma a me importerebbe di più sapere dove stiamo andando, non siamo mica dei muratori.
- Bardack! - soffiò Toma, inviperito. Non c'era verso che quel testone fosse in grado di appoggiarlo; voleva cercare di estorcere qualche informazione ad Endive manovrando una conversazione, ed ecco che arrivava lui, tutto impettito, a cagare bellamente sui suoi piani. Ma forse, era meglio così. Non poteva battere un Ricognitore nel suo campo, e la spigliatezza di Bardack poteva essere la contromisura migliore.
- Mi sembra dovuto. Non vorrei che vi facciate un'idea sbagliata di me. Capisco come questo inizio possa essere... fraintendibile. - si girò nuovamente in avanti, guidando i due guerrieri lungo un dedalo di scuri corridoi, illuminati da poche torce, che rimbalzavano sulle lucide armature e sugli sfavillanti gioielli. - Gli scouter possono essere facilmente intercettati. Qualunque scimmia con un computer sarebbe in grado di captare una comunicazione, e non esistono contromisure sicure. Pertanto, sarò disponibile a rispondere alle vostre domande, ora che non vi sono ficcanaso ad ascoltarci.
- Allora, dimmi chiaro e tondo cosa stiamo facendo qui. - Endive si fermò, girandosi verso di loro. I capelli seguirono il suo movimento, cadendo morbidi sulle spalle e rivelando i numerosi orecchini su entrambi i lobi. I suoi occhi, grandi ed indagatori, sembravano in grado di scrutare dentro l'anima, e ciò mise a disagio Toma. Deglutì, stringendo la presa sul fascicolo spiegazzato. Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di essere una pedina sotto lo sguardo di un giocatore esperto, e la cosa non gli piaceva per niente. Era sicuro che Bardack non provasse la stessa sensazione, troppo arrogante ed affamato di prodezze per fermarsi a pensare. Ed era esattamente il motivo per cui, in qualità di migliore amico, era lì: colpirlo al momento più opportuno alla testa e trascinarlo via da quel delirio che lui stesso aveva causato.
- Durante la chiamata hai detto che avresti visto qui se effettivamente impiegarci. Ma al bar non avevi accennato a nulla di simile. - lei annuì, posando i suoi occhi in quelli scuri del guerriero.
- Le nostre missioni funzionano in modo diverso. Voi guerrieri venite impiegati per la semplice distruzione, eradicando la popolazione per rendere il pianeta colonizzabile; l'unico requisito necessario per l'assegnazione è la forza combattiva. Noi veniamo assegnati a dei pianeti inesplorati, sulla base delle nostre specializzazioni, e ne valutiamo le risorse e la potenza degli abitanti, qualora ce ne siano. Alla fine della missione, assegniamo al pianeta una classificazione, e passiamo le informazioni agli uffici di Dislocamento, che si occupano poi di selezionare i plotoni per conquistarlo. E come mai allora il Ricognitore viene nuovamente inviato insieme al plotone sul pianeta, se il suo compito è già stato portato a termine? - Endive alzò il dito indice, a sottolineare l'importanza di quanto stava per dire.
- Questo accade perchè le risorse del pianeta potrebbero essere vitali per l'avanzamento del nostro Impero, e non c'è modo di ottenerle senza l'impiego della forza. Cosa di cui, ahimè, non disponiamo come voi. Ma servono anche le nostre conoscenze per essere sicuri della riuscita della missione. Non dobbiamo sterminare, ma strappare informazioni ai nostri nemici.
- Perchè, solitamente voi vi fermate a parlare con loro? Siamo un popolo di conquistatori, se vogliamo qualcosa ce la prendiamo. - ribattè Bardack, che ancora non capiva il punto della Ricognitrice. - Ogni persona risparmiata avrà dentro il seme della rivolta. Alla prima occasione si ribelleranno, e causeranno soltanto grattacapi. Eliminarli è la soluzione migliore, non vedo il senso di lasciarli in vita e prendersi le loro informazioni.
- Hai perfettamente ragione - rispose prontamente lei, portando le braccia dietro la schiena. - ecco perchè la maggior parte dei pianeti sono soggetti allo sterminio dei loro abitanti. Basiamo tutto sulla paura, e l'universo trema nel momento in cui le nostre navi bucano l'atmosfera. Ma delle volte alcuni alieni sono più utili da vivi che da morti, e quando si tratta di pianeti Alpha di solito sono di gran lunga più forti di noi. Ed è qui che entriamo in gioco noi Ricognitori. Il requisito necessario per l'assegnazione non è soltanto quello di impiegare una squadra con un alto livello combattivo, ma quello di presentare una strategia vincente per la conquista. 
È esattamente quello che faremo oggi: convinceremo tutti che è il nostro piano quello più geniale, e distruggeremo le teorie dei miei colleghi che si contendono la missione con me. Dobbiamo far credere a questi alieni che non siamo nemici, ma salvatori. Che siamo indispensabili per loro. E se servono delle belle parole, un sorriso affabile o un abile ricatto, siamo pronti a farlo. Capirete che questa non è una missione che dei semplici guerrieri di infimo livello possono portare a termine.
- Ma... quindi, stai dicendo che dovremmo assoggettare delle persone poichè troppo forti per noi? 
È un controsenso, sono pericolosi e andrebbero eliminati!
- La veda così così - rispose Endive, osservando il suo interlocutore, Toma. - uccidere è facile. Solleva da ogni responsabilità. Quando la popolazione è sepolta sotto due metri di terra, non si può fare altro che passare al pianeta successivo. Ma così facendo si perde una civiltà, una cultura. Si perde la scienza e il contributo tecnologico che quel popolo potrebbe dare all'impero. Pensi se fossimo riusciti ad assoggettare gli Tsufuru, anzichè sterminarli. Erano già tecnologicamente avanzati, e se avessero fatto altre scoperte? E se fossero ulteriormente progrediti? La nostra razza non avrebbe rivali, e non avremmo avuto bisogno di Freezer. Non ci saremmo limitati a degli stupidi computer e alle navicelle. E se esistono razze più forti della nostra, non dobbiamo fare altro che conquistarci la loro fiducia, giocarcela in furbizia, e avremo presto alla nostra mercè dei comodi burattini da utilizzare come più ci pare e piace, per poi eventualmente sbarazzarcene quando smetteranno di essere utili. Ecco perchè esistiamo noi Ricognitori. Per elevare la nostra razza, e renderla padrona dell'universo sotto ogni aspetto.
Bardack e Toma osservavano Endive con gli occhi sgranati, quasi increduli. La Saiyan si ergeva nel suo ridicolo completo verde e oro, con quegli occhi talmente grandi da riflettere come uno specchio le fiamme danzanti delle torce, eppure sembrava sovrastarli, imponente e soffocante. Celava ancora molte cose, troppe, e questo suo potere era spaventoso. Ora dava davvero l'impressione di essere una donna in grado di rovesciare un impero con una parola.
- Voi Ricognitori siete davvero gente strana. Sembrate davvero convinti di quello che dite. - Disse Toma a denti stretti, allargando un sorriso. Ora capiva come avesse fatto quella donna a convincere Bardack. Il modo in cui sceglieva le parole, la determinazione con cui parlava, gli occhi intelligenti. Era una leader nata, e aveva iniziato a sedurre anche lui. Ma a Toma serviva ancora un po' di lavoro per cadere ai suoi piedi, a differenza del suo ottuso collega. Endive rispose con un sorriso divertito, prima di girarsi e proseguire il cammino.

Lentamente il corridoio si allargò, e la roccia nuda venne sostituita da più pratiche pareti di metallo lavorato; alle torce si sostituirono delle lampade, e ora il suono dei loro passi rimbombava con maggior forza. Presto arrivarono di fronte ad una porta dopo quella che sembrò essere un'eternità nelle viscere del castello.
- Ora - disse Endive fermandosi di fronte alla porta, rivolgendosi ai due Saiyan. - è semplice. Non parlate a meno che non vi dia io il via libera. 
È vitale per l'assegnazione della missione.
- Quindi, ora vedremo te e un'altra Ricognitrice mentre vi rotolate nel fango per contendervi la missione? - chiese Bardack con un ghigno, facendo gemere esasperato Toma.
- Ti sorprenderebbe sapere che siamo per lo più donne fra i Ricognitori. E ti sorprenderebbe sapere in quante ti avrebbero già strappato il cuore a mani nude a quest'affermazione.
- Peccato, sarebbe stato un bello spettacolo.
- Oh, non preoccuparti. Sarà uno spettacolo ancora più interessante vedere un Ricognitore rovinato a vita.
- Cosa?
- Vedrai. - rispose lei enigmaticamente, premendo il pulsante d'entrata. La porta si aprì con uno sbuffo, lasciando che i tre entrassero nella stanza, immersa in una fittissima penombra. Gli occhi vigili dei Saiyan si abituarono in fretta alla rinnovata oscurità, riuscendo a delineare i contorni di un lungo tavolino. Vi erano poste tre sedie, tutte lungo un lato, e a pochi metri di distanza potevano scorgere un secondo identico tavolo. Il resto della stanza era ancora troppo scuro per poter individuare qualcosa.
- Endive. Ce ne hai messo di tempo. - Una voce sembrò fuoriuscire da quell'oscurità che tanto li disorientava, ma senza darsi pena di rispondere, la Saiyan fece un cenno a Bardack e Toma, invitandoli a seguirla come se nulla fosse successo. Mano a mano che si avvicinavano, notarono tre silhouettes sedute sul lato del tavolo accanto a quello indicatogli dalla donna.
- Vodocaa. Direi che è un piacere rivederti, ma ho il dovere di essere onesta in questa sessione. - I tre presero posto sulle sedie libere, la donna al centro, e ora poterono ben vedere la nuova interlocutrice. Era una Saiyan con occhi e capelli neri, la pelle chiara e i tratti del volto abbastanza dolci. Indossava una classica battle suit, in parte coperta da un mantello bianco. Ai suoi fianchi sedevano due guerrieri mai visti prima, ben vestiti e dall'aspetto fin troppo curato. Vodocaa scoppiò a ridere nel momento in cui vide Bardack e Toma.
- Sei fuori? Hai portato dei terza classe?! - disse cercando di smettere di ridere, molto divertita da quella situazione. Bardack storse la bocca, lasciandosi cadere in modo sgraziato sulla sedia alla destra di Endive. Non gli andava di rispondere ad una provocazione tanto banale, ma non era nemmeno andato lì per farsi insultare gratuitamente.
- Vedo che i tuoi cavalieri sono invece dei seconda classe. Una scelta intelligente.
- Smettila con questa finta gentilezza, mi fai vomitare. Ricordati che l'unico motivo per cui sei qui è che sei una...
- Siamo ad una riunione o ad un incontro fra galli? - disse una voce fredda, imperiosa. Endive e Vodocaa saltarono in piedi, intimando ai loro ospiti di fare altrettanto. Velocemente, si portarono una mano al petto, osservando fisse di fronte a loro. Bastò un'occhiata per spingere i quattro uomini a seguire i loro movimenti. Nessuno fece in tempo a capire cosa stesse succedendo, che il centro della stanza si illuminò. Un dettagliato ologramma di un grosso pianeta, estremamente verde, illuminò quasi completamente la stanza di una luce azzurrina, rivelandone l'effettiva ampiezza. Non era molto grande, ma era spoglia di qualsiasi mobilio, tralasciando i due tavoli e un'enorme sedia lavorata posta su dei gradini, a circa cinque metri da loro. E su quei dieci gradini era in piedi una figura che chiunque avrebbe riconosciuto.
- Re Vegeta? - mimò con le labbra Bardack, sgranando gli occhi, senza riuscire a contenere la sua sorpresa. Osservò spaesato la figura del re, imponente e severa. I capelli neri riflettevano la luce azzurra dell'ologramma come una fiamma blu. Gli occhi severi scrutavano i sei presenti, mentre una mano inguantata si accarezzava la barba, pensieroso. Quindi questo significava essere ai diretti ordini del re? Bardack non avrebbe mai immaginato che il sovrano in persona avrebbe partecipato alla riunione.
- Salute a voi, o grande Re Vegeta, conquistatore dell'Universo, unico, vero e legittimo sovrano dei Saiyan. - dissero in coro Endive e la sua rivale, inchinandosi. Vegeta non rispose, limitandosi a salire sul piccolo trono, sistemandovisi con un teatrale movimento del mantello. Accanto a lui, dal nulla, era apparso un enorme uomo, con una corta zazzera di capelli neri sulla cima della testa. I suoi baffi gli davano un aspetto quasi affabile, ma c'era qualcosa in quel gigante che metteva i brividi.
- Il Consigliere Nappa mi ha detto che siete rimaste voi due a contendervi la missione sul pianeta Kelitt. Avete portato con voi la squadra scelta?
- Sissignore - si affrettò a rispondere Vodocaa, allargando un braccio verso i due guerrieri che portava con sè. - Loro sono la squadra Tichoke. Hanno all'attivo venti missioni, tutte di successo, su pianeti Iota e Zeta. Sono uomini spietati, che seguono pedissequamente gli ordini, e non hanno paura di dare la vita per l'Impero Saiyan. Hanno un livello combattivo di ben tremila, impareggiabili. Oltretutto, hanno ampie conoscenze nel campo della politica, hanno servito a corte sotto il regno di vostro padre mio signore, e come sicuramente ricordate, sono allenati nelle missioni di infiltrazione.  - Vegeta annuì, apparendo assolutamente immune alla mole di belle parole dedicate ai guerrieri della Saiyan.
- Invece cos'hai da proporre tu, Endive? - Senza fretta e senza sembrare in alcun modo in soggezione, la donna portò le mani dietro la schiena, drizzando fieramente la schiena.
- Vi ho portato la squadra Bardack, plotone di terza classe. Ventisette missioni all'attivo, di cui ventidue di successo. Hanno prestato servizio militare in pianeti Ro, Ni, Lambda, Iota, Zeta e Gamma. Non sono molto disciplinati, ma seguono gli ordini ricevuti e sul campo di battaglia sono inarrestabili.
- Inarrestabili? Sono dei terza classe. - il "sussurro" di Vodocaa potè essere sentito da tutti i presenti nella sala, causando un grosso sorriso divertito al consigliere del re. Ma Endive non sembrò farci caso.
- Come mai non ti sei affidata a dei seconda classe, come ha invece saggiamente scelto la tua collega? - chiese Vegeta, appoggiando il mento al palmo della mano, incuriosito da quell'azzardo.
- Perchè un seconda classe non sarebbe mai all'altezza della missione. - rispose lei con una tranquillità che fece spalancare la bocca ai presenti. Era scema o cosa?
- E questi terza classe invece lo sarebbero?
È quello che sostengo, mio signore. - Vegeta si lisciò la barba, soppesando le parole della donna.
- Nappa, ripetimi le informazioni sulla popolazione.
- Sissignore - rispose lui, prendendo dei buffi occhiali rotondi, calzandoli sul naso aquilino, per poi sfogliare un plico di fogli che finora aveva tenuto dietro la schiena.
- Il pianeta Kelitt, Nebulosa del Procione, sistema di Tuchanka. Le sue dimensioni sono il quadruplo del pianeta Vegeta, con all'attivo una popolazione di circa dodici miliardi di persone. Sono umanoidi, tendenzialmente più bassi e snelli di noi Saiyan, con caratteristica principale quella di avere le orecchie un po' più a punta. Sono stati colonizzati e schiavizzati circa cento anni fa dai Mentemaliani, in cerca di un nuovo pianeta dopo che un asteroide aveva distrutto il loro. Hanno portato con loro la tecnologia a cui noi puntiamo. Inoltre, hanno contagiato i nativi con il loro fanatismo religioso, suddividendo la società in caste e costringendo i Kelittiani a lavorare per loro. Cosa non difficile, contando che il livello combattivo di un Mentemaliano si aggira attorno a cinquemila, in contrasto con il livello duemila dei nativi.
- Capisco. Vodocaa, come avresti intenzione di soggiogare i Kelittiani e impossessarti delle loro tecnologie? - Con un sorriso beffardo in volto, tipico di chi sa di avere la vittoria in pugno, la donna si avvicinò all'ologramma al centro della stanza, allungando una mano. L'ologramma rispose al suo contatto, facendo girare il pianeta ad ogni tocco. Puntò un dito su di un punto specifico del pianeta, il suo tocco lasciava un'impronta rossa sulla superficie della proiezione.
- Io e la squadra atterreremo sulle catene montuose a nord della capitale. Sono considerate un posto sacro, in cui gli dei vivono. Da lì, scenderemo fino ad uno dei villaggi limitrofi, e inizieremo facendo terra bruciata. Tutti attacchi mordi e fuggi, puntando ovviamente ai Kelittiani, non sapranno nemmeno cosa li ha attaccati. I Mentemaliani penseranno che siamo emissari degli dei, che stiamo approvando la loro schivizzazione dei Kelittiani, e non sapranno come reagire. Prenderemo in ostaggio civili, se necessario, professandoci come emissari dell'ira divina. Il loro fanatismo religioso li rende facilmente malleabili. Credono che le divinità un giorno scenderanno dal cielo, arrivando dalle montagne, distruggendo tutto. La nostra potenza militare è limitata se paragonata a quella dei Mentemaliani, ma siamo più furbi. Quando vedranno i loro villaggi sparire uno ad uno, ad una velocità sorprendente e senza lasciargli il tempo di organizzare una resistenza, si convinceranno che siamo più forti di loro, che siamo gli avatar della rabbia divina. Quando inizieranno a pensare che siamo inarrestabili, manderemo un ultimatum. Diremo che l'unico modo per espiare le loro colpe è quello di sottomettersi ai Saiyan, mandatari del vero messaggio degli Dei.

Un piano tanto ambizioso quanto intelligente, pensò Bardack. Si girò per osservare Endive, il cui volto tranquillo non tradiva alcuna emozione. Questa Vodocaa è geniale, usando la tattica del terrore, manipolando le persone sfruttando le loro stesse credenze. Che diavolo avrà in mente questa Endive? Sembra passare più tempo ad imbellettarsi che a ragionare. E poi, quella ha portato dei seconda classe. Già per quello perdiamo in partenza.
- Preoccupato, Bardack? - la voce vellutata della donna lo colse di sorpresa, facendolo distrarre da quei pensieri scoraggianti. Un improvviso sorriso si stagliò sul volto della Ricognitrice, che lentamente avvicinò la sua testa a quella del Saiyan, tirando fuori la lingua. Fu allora che lui notò una sfera metallica, identica a quella sul labbro, fissata alla sua lingua tramite un piccolo spillo metallico. - Questo gioiello nella mia cultura significa che ho la lingua di serpe. Il mio veleno è più forte del suo. Tu preparati a spogliarti quando te lo dico io.
- Spo... spogliarmi...? - Biascicò Bardack con gli occhi spalancati, schifato da quell'orecchino che le bucava la lingua e stranito dalle parole di Endive.
Lo sapeva, quella era matta da legare.
- Un buon piano, Vodocaa. Dai rapporti, si direbbe che i Mentemaliani siano ossessionati dall'idea dell'apocalisse. Potrebbe essere un piano molto efficace, o un enorme fallimento. Non vi stanno vie di mezzo. - disse infine Vegeta, annuendo soddisfatto di quella proposta.
- Nossignore. - disse tranquillamente lei, girandosi e tornando al tavolino, rivolgendo uno sguardo di tronfia superiorità all'elegantissima rivale.
- Endive. - Vegeta fece un cenno con la mano alla donna, invitandola a prendere il posto della collega. Senza farselo ripetere due volte, lei si alzò dalla sedia, dirigendosi con passi calcolati al centro della sala. Si avvicinò all'ologramma, facendo ruotare il pianeta. Fermò la mano su di un punto sperduto, apparentemente in mezzo al nulla.
- Non ho intenzione di farmi beffe dei loro dei. Innanzitutto, non credono nella reincarnazione. Le loro divinità hanno aspetti animaleschi, e a meno che Vodocaa non voglia indossare la testa di un alligatore, trovo difficile pensare che cadranno nella trappola.
- Infatti tutto sta nel minare le loro credenze. - ribattè la Saiyan corvina, alzandosi in piedi ma senza abbandonare il suo tavolo.
- Ma che stanno facendo? - chiese sottovoce un confuso Bardack.
- Probabilmente stanno cercando di costruire un dibattito in cui mostrano i punti deboli del piano del rivale, e questo deve potersi difendere. E ora zitto e ascolta. - disse Toma.
- Se gli mostrassimo che la loro religione ha dei fondamenti errati, cadrebbero in una profonda crisi, sarebbero vulnerabili e noi sfrutteremo questa debolezza per manipolarli.
- Hanno già sperimentato i viaggi spaziali, sanno che esistono altre razze. E sono dei fanatici; nulla farebbe cedere le loro convinzioni, men meno un alieno che si finge un loro dio. Le loro montagne sono sacre, ma infestate da animali selvaggi. Solo all'atterraggio, hai un rischio del cinquantadue per cento di perdere almeno un membro del plotone. Tremila non è un livello sufficiente per battere quei mostri, il cui livello si aggira attorno a cinquemila.
È possibile allontanare quegli animali usando stimoli olfattivi che sintetizzeremo in laboratorio.
- Un odore che può allontanare una specie rischia di attirarne un'altra. Per quanto riguarda i villaggi, sei proprio sicura che i tuoi soldati siano più forti di quei contadinotti?
- Come osi, puttana? - sbraitò livida Vodocaa, battendo il pugno sul tavolo. - I miei guerrieri sono seconda classe, non luridi...
- Ordine! - richiamò prontamente Nappa, urlando alla volta della Saiyan. - Siete al cospetto del Re, comportatevi di conseguenza! - Bardack non potè non sorridere divertito. Quella pazza di Endive stava distruggendo il piano a primo impatto geniale di Vodocaa. Forse sotto sotto aveva davvero una strategia. Vide la corvina abbassare lo sguardo, mormorando contrariata alcune scuse.
- Come dicevo poi, la massima espiazione delle loro colpe consiste nel suicidio in nome delle loro divinità. In questo modo possono riscattare il loro onore. Sono inoltre un popolo di schiavisti, non sceglierebbero mai di servire un altro padrone. Preferirebbero far esplodere il pianeta piuttosto che cedercelo. - a quest'ultima considerazione, la rivale non ribattè, osservando a denti stretti il tavolo, le mani serrate a pugno.
- Esponi allora il tuo di piano.
- Due parole: Guerra Civile. - il silenzio piombò nella stanza, rendendo possibile sentire il sordo ronzio del proiettore dell'ologramma. Vegeta aveva abbandonato la sua posizione rilassata, sporgendosi leggermente in avanti, incuriosito.
- Guerra civile? - Il sorriso di Endive emanava sicurezza.
- Come ho già detto prima, sono un popolo di schiavisti, con un sistema di caste. Chi nasce nella casta degli schiavi, ovvero la popolazione indigena insieme ad alcuni discendenti di antichi prigionieri di guerra, è costretto a servire un padrone a vita. Ma a differenza dei loro padroni, sono loro i veri proprietari del pianeta. Partiamo dal loro orgoglio, anzichè cercare di ottenere l'aiuto dei colonizzatori. Convinciamoli che i Saiyan li vogliono al loro fianco, che li aiuteremo a riscattarsi in nome dei loro gloriosi avi, e che in cambio vogliamo soltanto il loro sostegno militare e la tecnologia dei loro padroni. Come detto, i loro livelli combattivi sono impressionanti, il doppio di quello di un normale Saiyan; gli antichi Kelettiani possedevano tecniche di combattimento avanzate, e i loro discendenti le custodiscono gelosamente. Numericamente, sono cinquanta volte più numerosi dei loro aguzzini. Potremmo lasciare che si distruggano a vicenda, per poi intervenire al momento opportuno. Saremo in grado di rovesciare le sorti della guerra con uno schiocco di dita.
- Folle! - esclamò Vodocaa. - Vorresti scatenare una guerra? E come farai a convincere questi schiavi, che non si sono mai ribellati?
- Per quale motivo secondo te non si sono mai ribellati? - chiese tranquillamente Endive, girandosi verso la sua rivale. - Paura della morte? Codardia? No, è molto più semplice: manipolazione. Sono stati convinti fin dalla nascita che la loro vita sarebbe stata quella di uno schiavo. Non gli è mai stato mostrato altro. E se un giorno invece apparissero degli stranieri, ad offrirgli una nuova via? Un nuovo modo di vivere da uomini liberi?
- Non si sono mai ribellati finora. Credi che lo faranno ora perchè glielo dici tu? Sicuramente vi sono stati dei contestatori del potere Mentemaliano, perchè non hanno organizzato una guerra civile di loro spontanea volontà?
- Semplice psicologia sociale, Vodocaa. Finora erano soli. A parte qualche testa calda, sono stati un cauto branco di pecore terrorizzati dal pastore. Ma prova a mettere il pastore contro un ariete. Le pecore vedono il pastore arretrare di fronte alla carica dell'ariete, e si convincono che forse, anche se non possiedono le sue forti corna, possono far arretrare anche loro il pastore. Seguono quindi il nuovo arrivato, forti della sua potenza, e poco importa che questo si butti in un crepaccio; loro seguiranno, obbediranno agli ordini perchè soltanto questo sanno fare. Ma avranno sempre, e dico sempre, l'impressione di avere la totale libertà, troppo stupidi per accorgersi di essere manipolati. - Ancora una volta, scese il silenzio in sala.
- Questo piano mi piace. Ma come farai con dei meri terza classe, fra l'altro nemmeno addestrati nello spionaggio? Non hai bisogno di truppe, ma di Ricognitori. Sarebbe il punto debole del tuo piano. - Endive non perse il suo sorriso, a quanto pare impermeabile alle parole di Vegeta, girandosi leggermente verso il tavolo dove sedevano i due Saiyan.
- Toma. Bardack. Potreste raggiungermi, per piacere?
- Questo non era negli accordi. - disse Toma, non riuscendo più a seguire il piano di Endive. Scatenare una guerra era un'operazione meschina, degna di un Ricognitore. Serviva cervello, non muscoli, soprattutto nelle parti finali della strategia. Perchè quindi affidare una missione così critica a loro? Bardack sembrava altrettanto entusiasta all'idea di doversi alzare, ma non fiatò, precedendo Toma e portandosi al fianco della donna, entrando nella luce proiettata dall'ologramma. I suoi occhi neri si scontrarono con lo sguardo di Vegeta, che lo osservava impassibile. Aggrottò le sopracciglia, stringendo i pugni.
- Consigliere Nappa, il qui presente Signor Toma ha il fascicolo della squadra. Potresti farmi l'immenso piacere di leggerlo? - Nappa osservò Vegeta, attendendo il suo lasciapassare. Con un gesto impaziente, il Re gli indicò il gruppetto davanti a loro, illuminati dalla sinistra luce verdastra dell'ologramma. Il gigante scese le scale, avvicinandosi a Toma che, facendo un passo in avanti, porse il plico. Nappa lo sfogliò velocemente, tornando al fianco del reggente.
- Come potete leggere, nonostante le missioni svolte siano state principalmente su pianeti di basso livello, la squadra Bardack è stata attiva anche su pianeti Iota, Zeta e Gamma. Ma mi sono scordata di citare una delle loro ultime missioni. Bardack. - si girò verso il guerriero, lo sguardo più concentrato. Sembrava davvero una giocatrice di scacchi, pronta a circondare il Re dell'avversario in pochi istanti. - Potresti toglierti la battle suit?
Me l'hai chiesto davvero?!? Bardack spalancò la bocca, seguito da Toma che era all'oscuro della loro precedente conversazione. Era convinto che prima la Saiyan scherzasse con quella storia del denudarsi, ma gli aveva appena chiesto  - anzi, velatamente ordinato, davanti al re per giunta, di togliersi l'armatura.
- Su, veloce. - intimò lei, girando lo sguardo verso Vegeta, che sembrava manifestare una leggera perplessità. Trattenendo a stento uno sbuffo, Bardack afferrò il bordo inferiore della suits, allargandola e iniziando a spingerla verso l'alto. L'armatura si sfilò come un guanto, rivelando il fisico possente del guerriero. Lucida, una grossa cicatrice a livello del petto risplendeva sulla pelle bruciata dal sole.
- Sei mesi fa, la squadra Bardack è stata dislocata sul pianeta Xanadu.
- Xanadu era un Beta. Ricordo che sono stati vari i tentativi di conquista. Ho perso settanta uomini in quella conquista. - disse Vegeta, che sembrava aver capito dove volesse andare a parare la Saiyan.
- E con questo? Ricordo bene il rapporto. Il tuo bel soldatino ci ha quasi rimesso le penne a giudicare dalla cicatrice, e l'altra squadra è finita ammazzata per la sua incompetenza. Se non era al livello degli Xanaduiani, che numericamente erano anche inferiori, cosa ti fa pensare che possa anche solo lontanamente sfiorare un Mentemaliano? - Vodocaa aveva toccato il punto debole del piano di Endive. I soldati da lei scelti non sembravano per nulla all'altezza della missione. Ma lei, forte della sua intelligenza o della sua immensa arroganza, non si scompose. 
- Se ricordi bene, Xanadu era un pianeta nello stesso sistema di Mentemal. I due popoli si conoscono, e sebbene i rapporti fossero tesi, vi era pace. Condividevano perfino le tecniche di combattimento. Immaginate ora questa scena. Navi che bruciano l'atmosfera, cadendo con un boato sulla superficie. Sono alieni, che si professano amici dei Kelettiani. Ovviamente, questo non sarà sufficiente a convincerli. Sarà un piano dei Mentemaliani per trovare i loro ribelli. Ma ad un certo punto appare lui. - e così dicendo, posò una mano sul petto nudo di Bardack, con un movimento improvviso che prese di sorpresa il guerriero.
- E cos'ha questo guerriero, a parte un paio di spalle larghe? - chiese Vodocaa, pregustando la vittoria. Il piano della sua rivale si stava facendo semplicemente folle.
- Ha una cicatrice. Una cicatrice dai bordi troppo definiti per essere il risultato di un blaster o un semplice raggio energetico. La forma è oblunga e sottile. Una ferita che i Kelettiani conoscono bene. I ki-blast dei Mentemaliani, che hanno appreso la tecnica dagli Xanadiani, sono raggi ad alta concentrazione di energia, che non puntano a far esplodere l'avversario, ma a tagliare. La forma è quella di un disco dentellato, capace di dividere in due una sequoia. In questo modo hanno sterminato centinaia dei loro guerrieri. Ma lui, questo alieno con la coda, è sopravvissuto, la cicatrice lo dimostra. Basta un singolo colpo per far fuori un orecchie a punta? Noi gli mostriamo che esistono guerrieri in grado non solo di sopravvivere alla ferita, ma di combattere ad armi pari i loro nemici. - L'espressione sorpresa di Toma si era trasformata in un sorriso a denti stretti, mentre una goccia di sudore gli solcava una tempia.
Endive faceva seriamente paura adesso, con quell' espressione determinata, e la voce che imperiosa e carica di adrenalina rimbalzava sulle pareti della stanza. Era davvero una psicopatica, con quella sua intelligenza spaventosa e la semplicità con cui parlava di manipolazione di massa. Quella donna voleva sconvolgere un pianeta, scatenare un conflitto che avrebbe potuto portare alla distruzione dello stesso. E aveva trovato il modo più efficace di farlo.
- Il Team Bardack sarà il simbolo della loro rivolta. Guerrieri dal livello combattivo di cinquemila, capitanati da un guerriero di livello diecimila! Bardack sarà il loro Salvatore, e loro lo seguiranno... o cadranno con lui.

Bardack era rimasto immobile, un fremito d'eccitazione che gli percorreva il corpo come una scarica elettrica. Non lo entusiasmava sapere di essere usato come una sorta di condottiero, un simulacro della parola libertà, ma quel piano assurdo gli piaceva. Gli faceva fremere le mani per l'adrenalina. Endive gli stava offrendo una guerra. E il richiamo del sangue non poteva aspettare.
Vegeta era tornato con la schiena adossata allo schienale del trono, ma anche nella penombra era possibile intravederne i denti, scoperti dal sorrisetto che aveva in volto.
- Penso ci sia poco da discutere. Vodocaa, il tuo piano è geniale.
- La ringrazio, mio signor-
- Ma non so che farmene dei tuoi insulsi guerrieri. Tremila? Vuoi farmi ridere? Morirete tutti appena toccato il pianeta. Vattene di qui. La missione va ad Endive. - L'esotica Saiyan sorrise, esibendosi in un elegante inchino, sotto lo sguardo carico di odio della rivale sconfitta.
È un onore, mio signore.
- Partite fra due giorni. Non vedo l'ora di sapere che il pianeta Kelitt è stato assoggettato da soli sei Saiyan. - il ghigno di Vegeta sparì nel momento in cui si alzò dal trono. Bardack indossò di nuovo la sua armatura, osservando l'uomo avvicinarsi, diretto verso di lui. Vegeta arrivò a pochi passi da Bardack, osservandolo concentrato. Per un attimo, si scambiarono sguardi carichi di tensione. Poi, con immensa sorpresa da parte di Nappa, il Re tese la mano, facendosela stringere senza troppe cerimonie dal terzo livello.
- Diecimila, eh? C'è soltanto un altro Saiyan che abbia questo livello di forza. Se tu non fossi un terza classe, non esiterei a farti Comandante Supremo.
- Non so che farmene dei titoli. - rispose sbrigativamente il più alto, ghignando. - Preferisco i soldi. - Vegeta si lasciò andare ad una grassa risata, lasciando andare la mano di Bardack.
- Voi guerrieri di infimo livello siete davvero dei pagliacci. Forse un giorno ti farò scontrare con questo guerriero. Sarà divertente vederti perdere.
- Non ci conterei. - rispose Bardack incrociando le braccia al petto. Il ghigno di Vegeta si allargò. Dietro di loro, Endive sfoggiava un sorriso soddisfatto.



*juttis: tradizionale calzatura araba, assomigliano alle nostre ballerine - ma a differenza di queste non sono l'antisesso - e sono portate sia da uomini che da donne, cambia soltanto la decorazione.

Note Autore:

Raghi ditemi che qualcuno di voi è fan delle opere di Kota Hirano. Sto riguardando Drifters per la millionesima volta e voglio qualcuno con cui urlareee è magnificooooo!
Ops, riprendiamo le note va.
E ve lo dico subito: le linee temporali in DB sono delle puttanate. E ci ho dovuto rimettere mano. Mi sto un po' stancando di dover rimescolare sempre le carte in tavola che il nostro Toriyama ha disposto, ma siccome sono scema, io devo avere una lore di ferro prima di scriverci sopra. Uno dei miei più grandi grattacapi è in tal senso la questione Tsufuru e colonizzazione.

In Dragon Ball GT - che io non voglio considerare canon manco per sbaglio, stesso dicasi di Super - viene svelato che fu Re Vegeta, lo stesso con la barba e la voce sexy che conosciamo noi, a sterminare gli Tsufuru, appropriandosi della loro tecnologia e scoprendo i viaggi spaziali. Ma quindi, i Saiyan si sono espansi sull'intero pianeta in pochissimi anni? E da un popolo completamente barbaro, praticamente primitivo sono passati a grandi conquistatori dello spazio nell'arco di pochi decenni? Trovo leggermente contradditoria questa cosa. Freezer al momento della morte aveva all'attivo un impero di circa 79 pianeti, molti dei quali conquistati proprio dai Saiyan. Non è specificato da quanto tempo i Saiyan lavorassero per lui, ma contando la loro forza spaventosa, e basandomi sulla facilità con cui, ne "Le Origini del Mito" Bardack e i suoi conquistano Kanassa, non mi è difficile credere che avessero già iniziato la colonizzazione ancor prima dell'arrivo di Freezer. Ma per iniziare a colonizzare, devono aver avuto il tempo di fare loro la tecnologia portata dagli Tsufuru.

 Ora, per fare un paragone, in Italia la diffusione delle ferrovie ha richiesto più di cinquant'anni, contando le difficoltà geologiche del territorio e il nostro onnipresente essere tecnologicamente arretrati. Pensate di dare un sistema ferroviario in mano a dei primitivi, anzichè a degli ingenieri del diciannovesimo secolo. Provate a considerare il tempo necessario per capire come ottenere il materiale, come lavorarlo, come assemblare fra loro i pezzi, capire la fisica alla base del funzionamento, passando poi alla realizzazione vera e propria. Assurdo, vero? Ecco, date in mano a questi stessi primitivi un progetto per un razzo spaziale. Qui l'assurdità tocca limiti ancora inesplorati. Avrebbero dovuto reagire alle navicelle spaziali come le scimmie in "2001: Odissea nello Spazio"!
Non nego che esistano Saiyan con un alto quoziente intellettivo - Endive stessa è eccezionalmente intelligente per i canoni della razza -, ma passare dall'indossare perizomi di pelliccia ai viaggi spaziali nell'arco di poche decadi fa seriamente ridere, anche se si parla di alieni.
A tal proposito, mi sono ispirata ad una parte della lore di Mass Effect - se non ci avete giocato giocateci cià.

Esiste una razza aliena, chiamata Krogan, i cui esemplari sono portati per il combattimento; fisicamente inarrestabili, resistenti, e molto aggressivi - vi ricordano mica i nostri scimmioni? - . Vedendo in questa razza un grande potenziale, un'altra razza aliena, i Salarian, tecnologicamente molto più avanzati, hanno fatto dono della tecnologia ai Krogan, allo scopo di usarli come mercenari per sbarazzarsi dei loro nemici. Tuttavia, il rapido passaggio dallo stato primitivo a quello dei viaggi spaziali ha creato una profonda crisi nella società Krogan, che hanno perso la loro identità culturale. I numerosi vantaggi e benefici portati dalla tecnologia hanno reso la vita dei Krogan "troppo facile": abituati a cercare sempre una sfida,, hanno iniziato a lottare fra di loro, espandendosi e cercando nuovi avversari per sfogare la loro naturale aggressività, diventando in pochissimo tempo una minaccia tale per l'universo da essere sottoposti ad un piano di sterminio.
Penso che ora sappiate fare due più due da soli: se i Saiyan, naturalmente cattivi e aggressivi, fossero stati privati delle sfide naturali che il pianeta e la loro cultura gli procurava, sarebbero stati assolutamente ingestibili; non sarebbero certo bastato mandarli a sterminare qualche pianeta per tenerli a bada. Devono necessariamente aver avuto il tempo di fare loro quella tecnologia, di adattare la loro mentalità al nuovo stile di vita, di adattare anche le loro tecniche di combattimento e la struttura stessa della loro società. 
Pertanto, tendo a spostare lo sterminio degli Tsufuru di circa cinquecento/seicento anni, sufficienti per l'evolversi dei Saiyan e della loro tecnologia ma, soprattutto, della loro cultura.

Ora, vorrei spendere un paio di parole sulla mia OC, Endive, che in questo capitolo ha ricoperto un po' il ruolo da protagonista - non temete, già dai prossimi Bardack si riprenderà il suo adorato sgabello da protagonista.
A partire dall'abbigliamento, fino a passare ai piercing, penso sia ovvia la mia ispirazione dai paesi medio-orientali, India in particolare. Questo dettaglio non è stato pensato a caso, ma ora come ora non posso rivelare altro; è ovvio come la donna provenga da una cultura decisamente diversa da quella a cui siamo abituati. E da brava Ricognitrice, deve buona parte del suo prestigio al cervello di cui, in questo capitolo, ha fatto bellamente sfoggio.
Ebbene!
Abbiamo una psicotica belligerante e cinque Saiyan pronti a menar le mani. Riusciranno i nostri eroi nel loro intento? E Bardack diventerà davvero il capo di una ribellione?
Rimanete sintonizzati!

Ringrazio

namy86 per aver messo questa storia nelle Preferite,

Enchalott
Fandoms_Are_Life
Sapphir Dream 
Shadow Eyes
Tone per aver messo fra le Seguite,

E ringrazio nuvamente
Shadow Eyes e Tone, oltre alla mia cara Nala, per aver recensito! Le vostre opinioni significano molto per me!

Alla prossima!

Black Ink Velvet




   
 
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