«L’avete
trovata?»
«Niente
da fare. Ha cancellato
ogni traccia. Vista la sua abilità nei travestimenti,
sarà difficile
ritrovarla».
Conan
assentì con una smorfia,
nonostante il suo interlocutore, Shuichi Akai, non potesse vederlo.
«Capisco»
mormorò.
«Novità
sui tuoi strani ospiti?»
domandò l’agente.
Aveva
toccato un tasto dolente.
Shinichi aveva ancora serie difficoltà ad accettare loro e
quel che avevano
portato nel suo mondo… magia.
«Dovrebbero
ripartire oggi»
comunicò ad Akai. Poi chiuse la chiamata.
«Allora,
pensi di poterlo fare?»
«Perché
dovrei?»
Kaito
pensò che il sopracciglio
inarcato della ragazza non promettesse nulla di buono.
«Perché
te lo sto chiedendo?»
Lei
ridusse a un soffio la
distanza tra i loro volti. «Sarai mio in cambio di questo
favore, Kuroba
Kaito?»
Il
ragazzo sospirò. La spinse
delicatamente indietro. «No, Akako. Non sarò mai
tuo schiavo».
Lei
si voltò sdegnata.
Ecco fatto, si disse rassegnato Kaito. Non ci aiuterà.
«Ti
aiuterò… per stavolta».
L’aveva
detto a volume talmente
basso che il ladro lo colse solo grazie al suo finissimo udito.
«Ho
sentito bene?»
Akako
gli dava le spalle, non
poteva vedere la sua espressione. Insolito per lui, non aveva la
benché minima
idea di cosa le passasse per la testa.
Lei
tornò a fronteggiarlo con
sguardo determinato.
«Ti
aiuterò, e dovrai essermi
grato. Prima o poi ti avrò per me, Kuroba Kaito!»
esclamò convinta, chiudendo
la frase con un’inquietante risata.
Il
ragazzo avvertì un brivido
scendergli per la schiena.
«Sì,
certo…» mormorò, chiedendosi
se fosse stata una buona idea rivolgersi a lei.
Erano
passate due settimane dallo
scontro; Yugi, nonostante qualche livido fosse ancora visibile, si era
ripreso
bene. L’avevano sistemato nella vecchia stanza di Shinichi.
Atem
e Anzu gli erano sempre
accanto.
Spesso
Ai faceva loro compagnia,
ponendo domande sul loro mondo d’origine e sui loro usi.
Seriamente
interessata, segnava tutto ciò che le raccontavano su un
libricino d’appunti.
Shinichi
dal canto suo aveva
dovuto rassegnarsi e credere ai propri occhi.
Aveva
controllato ogni centimetro
della villa del Boss e il luogo dello scontro in particolare, senza
trovare
nulla che permettesse di pensare a un trucco. L’improbabile
doveva essere reale.
La
sua parte più illogica
continuava a sperare che qualcosa gli fosse sfuggito; quel giorno
avrebbe avuto
la risposta definitiva.
Kid
si era impegnato a trovare un
modo per rimandare indietro i tre stranieri: se avesse visto con i suoi
occhi
un portale aprirsi e loro sparire, non ci sarebbe stato più
posto per i dubbi.
Certo
era che da quel momento il
detective non si sarebbe più rapportato allo stesso modo a
qualsiasi caso. La
sua certezza sulla non-esistenza del sovrannaturale era crollata
miseramente,
fatta a pezzi da chi pretendeva di essere nientemeno che un Faraone
esistito
cinquemila anni prima.
Per
non perdersi troppo in quei
pensieri, quelle due settimane si era buttato nell’operazione
di smantellamento
d’ogni sede dell’Organizzazione, aiutando
l’FBI con deduzioni preziose.
Erano
riusciti a neutralizzare tutti
i membri, tranne Vermouth.
La
donna, dopo il giorno dello
scontro in cui probabilmente li aveva spiati dalla finestra, sembrava
essersi
dissolta nel nulla.
In
fondo, sono proprio questi i
casi in cui si ha bisogno di un detective.
Nonostante
gli ultimi eventi,
Shinichi era ancora deciso a seguire quella strada.
Ti troverò, e pagherai per i tuoi crimini.
Si
erano tutti riuniti sul retro
di villa Kudo, al sicuro da occhi indiscreti.
Kaito
era arrivato per ultimo, in
compagnia di un’alta ragazza dai lunghi capelli viola.
Non
avrebbe saputo spiegarsi il
perché, ma Shinichi si agitò alla sua vista.
Lei
si lasciò indietro il ladro e
superò senza una parola i due bambini, fermandosi
direttamente davanti a Yugi,
Atem e Anzu.
«Siete
voi. Avverto un’energia
diversa nei vostri corpi» affermò sicura.
«Lei
chi sarebbe?» bisbigliò il
detective a Kaito.
«Credimi:
è meglio se non lo sai»
fu l’enigmatica risposta.
«Puoi
farci tornare nel nostro
mondo?» domandò Atem, reggendo il suo sguardo
senza problemi.
Erano
stati via troppo a lungo. I
loro amici dovevano essere molto preoccupati.
Akako
lo squadrò attentamente. Un altro
uomo immune al mio fascino,
constatò irritata.
Farlo
sparire dalla sua vista non
le sarebbe proprio dispiaciuto.
Assentì
lentamente. «Mi servirà
una goccia di sangue» specificò, estraendo un
coltello cerimoniale.
Conan
strabuzzò gli occhi a
quella vista, ma non si mosse.
L’amica
di Kid non poteva essere
un’assassina… oppure sì? Con lui non si
poteva mai dire.
In
ogni caso, il Faraone non era
esattamente in cima alla sua lista di persone che necessitano di
protezione.
Una volta tanto, il finto bambino decise di limitarsi a osservare.
Raccolta
una goccia di sangue da
ognuno dei tre ospiti con un abile
movimento del pugnale, Akako le unì a una pozione che aveva
distillato in
precedenza. Questa emise uno sbuffo di fumo e si tinse di blu.
L’agitò per
qualche secondo.
«Allontanatevi»
ordinò a Kaito e
ai bambini accanto a lui; fu prontamente obbedita.
Tracciò
un cerchio sul terreno
intorno ai tre mormorando qualche parola che nessuno capì.
Infine,
gettò la fiala con la
pozione in mezzo al cerchio; qualche schizzo finì sulle
scarpe di Anzu.
Lei
strinse con più forza le mani
di Yugi e Atem. Voleva davvero tornare dai suoi amici, ma quella donna
e quella
strana cerimonia l’inquietavano.
Vide
Atem cercare il suo sguardo
e sorriderle. Si sentì rassicurare immediatamente; un
familiare calore le invase
il petto.
Akako
pronunciò un’altra parola,
e dal cerchio che aveva tracciato si sprigionò del fumo.
Sotto
i loro piedi il terreno
mutò in fluido; alla vista si sarebbe detto un lago
d’argento, ma non era acqua
quella che i tre avvertirono. Iniziarono a precipitarvi lentamente.
Anzu
distolse lo sguardo dal
Faraone per cercare Kaito e rivolgergli un ultimo saluto.
Il
fumo blu le impediva di vedere
bene, ma avrebbe giurato che il ragazzo le stesse sorridendo.
Ricambiò.
Finalmente
anche le loro teste
varcarono il portale; il fumo smise d’uscire, il terreno
ridivenne semplice
terriccio.
Della
pozione di Akako non c’era
più alcuna traccia.
La
strega si prese mezzo secondo
per osservare il punto in cui tre ragazzi erano spariti, poi raggiunse
gli
spettatori.
«Mi
pagherai presto, Ku-»
Kaito
fu lesto nel tapparle la
bocca. «Sì, certo. Sicuramente. Ora
però andiamo» disse, rivolgendo uno sguardo vagamente preoccupato al bambino accanto a lui.
«Ku?»
ripeté quest’ultimo.
Normalmente avrebbe sorriso, ma lo spettacolo che si era appena svolto
davanti
ai suoi occhi l’aveva scosso. Proprio per questo,
cercò di distrarsi provocando
il mago.
«Kudo»
sillabò Kaito, «le ho
detto di chiamarmi Kudo». Sapeva che il detective non ci
avrebbe creduto.
Sospirò.
Conan
lo guardò storto. «Mi
auguro non sia vero».
Ai,
nel frattempo, non aveva
tolto gli occhi di dosso alla strega neanche per un secondo.
Atem
veniva da un altro mondo, ma
lei… lei no.
Sarebbe potuta essere un interessante oggetto di
studio.
La
scienziata in miniatura
scrollò le spalle. Al momento ho
un’altra
ricerca a cui dedicarmi, ricordò a sé
stessa con uno sguardo a Conan. Senza
dire una parola, si staccò dal gruppo e tornò
verso l’abitazione del dottor
Agasa.
Il
detective non se ne accorse,
sul momento. Stava discutendo con il ladro.
«Abbiamo
fatto una tregua, ma al
prossimo furto non ti lascerò andare, Kid».
«Naturalmente,
non mi lascerai andare.
Semplicemente non
potrai fermarmi» ribatté il ladro con un ghigno.
Erano
arrivati al cancello.
Poggiò
una mano sulla testa del bambino e
gli scompigliò i capelli. «Ti
voglio al meglio alla nostra prossima sfida, quindi vedi di non
rimuginare
troppo» gli sussurrò.
Precedendo
le sue proteste, si
rialzò e affiancò Akako. «Andiamo ora.
Addio, detective!»
Conan
lo guardò allontanarsi.
Avrebbe
potuto cercare di
stenderlo ora, e consegnarlo alla polizia.
Così,
però… non sarebbe stato
divertente.
Almeno la tua magia
è un’illusione,
perciò non illuderti, Kid.
Al prossimo scontro ti prenderò
sicuramente.
«Si può sapere
dov’eravate
finiti? Yugi!! Ero preoccupatissimo!»
Jonouchi aveva avvolto
Yugi e Anzu in un abbraccio stritolatore non appena li aveva visti.
«Vacci piano, Jono!
Yugi è ferito!» lo redarguì la ragazza,
ma era felicissima anche lei.
Il biondo li liberò
subito. «Ferito? Non lo sapevo! Che è
successo?» domandò a raffica.
Solo allora notò un
brutto cerchio viola sul volto dell’amico.
«Chi è il bastardo che
ti ha fatto questo? Dovrà vedersela con me!»
Anzu e Yugi si
scambiarono uno sguardo e scoppiarono a ridere.
«Be’? Pensate che non
ne sia in grado?»
Yugi indicò il Puzzle
del Millennio, ora nuovamente al suo collo.
«Non potrà più
nuocere
a nessuno, Jono» lo rassicurò.
«Proprio così»
rafforzò
Atem, nuovamente nella mente di Yugi.
«Amico, mi dispiace che
tu non abbia più un corpo».
Il Faraone sorrise. «Va
bene così. Il mio momento non è ancora giunto,
rimarrò ancora un po’ con te».
Yugi annuì. Era felice
di essere ancora insieme a lui, pur sapendo che un giorno avrebbero
dovuto
dividersi.
Non voleva pensarci,
non in quel momento.
«Atem come sta?» chiese
Anzu a Yugi.
Si era quasi aspettata
di ritrovarselo accanto, quando si erano ritrovati in una stradina di
Domino,
ma così non era stato. Al suo posto, il Puzzle.
«Bene. È con
me» la
rassicurò Yugi.
Jono li guardò
perplesso. «Va bene, ragazzi. Sembra che abbiate molto da
raccontarmi» iniziò.
«Sembrate anche affamati a dirla tutta. Forza, andiamo a
mangiarci un hamburger
e mi racconterete! Chiamo anche Honda; stasera offre lui!»
I due ragazzi annuirono
raggianti. «Sembra una buona idea!» esclamarono.
«Ovvio, è mia!»
Telefono alla mano,
Jonouchi si avviò verso il loro fast-food preferito.
Anzu e Yugi si
scambiarono uno sguardo e si affrettarono a seguirlo.
Erano di nuovo a casa.