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Autore: mgrandier    29/07/2018    13 recensioni
Una licenza, in un periodo davvero difficile, quando la stanchezza del corpo e della mente non lasciano scampo, e i nervi sembrano destinati a cedere. E poi quegli strani momenti ai quali davvero non riesce a dare una spiegazione logica …
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aromi
 
La tranquilla penombra del vestibolo mi accoglie in un abbraccio di aromi che mi portano lontano in un solo respiro: chino il capo per evitare un ciuffo di maggiorana legato dalla nonna un po’ troppo alla propria portata, mentre riconosco ogni essenza presente nel bouquet di erbe aromatiche legate in mazzetti e appese tutto attorno all’ingresso di servizio; nella mia mente torna leggero il ricordo di quando, ragazzino, portavo a termine ogni altro impegno senza darmi tregua, pur di ottenere il permesso di partecipare alla raccolta nel giardino degli aromi di palazzo … 
Sollevo un braccio, tendendo la mano per accarezzare un ciuffo di timo e poi mi porto le dita appena sotto al naso, chiudo gli occhi e inspiro per godere della sua delicata essenza, perdendomi quasi nel suo profumo. Avanzo in un silenzio irreale e raggiungo la cucina grande dove, sul lungo piano da lavoro, scopro una serie di teglie e vassoi; verdure e carne arrostita, l’avanzo di uno sformato e alcuni piatti di pietanze fredde, certamente rimasti dall’ultimo pranzo ufficiale di palazzo. Non posso fare a meno di avvicinarmi per poi chinarmi su quelle delizie, trovando di nuovo i profumi dell’orto e quel tocco speciale e speziato che la sapienza della nonna riesce ad imprimere in ogni portata, quasi fosse una firma.
Sono a stomaco vuoto da ore, ma la stanchezza che intorpidisce le mie membra ha assopito anche la fame; tuttavia non posso che cedere alla lusinga di quelle meraviglie: raccolgo dal tegame un pezzetto di arrosto e lo addento, deliziandomi al suo sapore intenso. Arrosto di selvaggina: uno dei miei preferiti, corposo e pungente, capace di risvegliare in un istante il mio appetito, mentre la mente corre all’ordinaria confusione che saturava la cucina durante la preparazione dei sontuosi pranzi delle feste di palazzo, quando ancora la famiglia risiedeva al completo nella dimora ufficiale dei Jarjayes, e al laborioso via vai nel quale era semplice intrufolarsi, eludere la sorveglianza degli inservienti e accaparrarsi qualche porzione di carne, per poi finire la serata insieme davanti al camino della sua stanza, seduti su un tappeto, a rubarsi dal piatto i bocconi più croccanti e saporiti … Allora eravamo solo due ragazzini e anche lei era a mala pena ammessa al cospetto degli ospiti illustri per un saluto formale, prima di essere lasciata libera di tornare alla spensieratezza, alle corse, ai giochi di spada …
- ANDRE’! –
Sobbalzo al richiamo, catapultato in un istante alla realtà della voce perentoria della nonna. Mi volto e la trovo sulla soglia della cucina, con l’espressione accigliata e rossa in viso, con i pugni puntati sui fianchi e le maniche ravvolte fino a lasciare i gomiti scoperti.
- Togli le mani da quelle pietanze e invece di perdere tempo a rubare dai tegami, vedi di metterti al lavoro, - mi investe lei senza darmi il tempo di deglutire, né di proferire parola - perché mentre il Generale e Madame sono lontani da palazzo, ne approfittiamo per riorganizzare le dispense e controllare le scorte nei magazzini. –
Avanza decisa, punta alle ceste stracolme di mele sistemate a ridosso delle finestre e sbuffa rumorosamente - Stiamo preparando le conserve e se anche dovessi ripartire per la città domani mattina, almeno questa sera mi sarai utile, visto che le ragazze hanno accompagnato Jacques in campagna a ritirare le verdure dagli orti. –
Mi riprendo a fatica dalla ruvida accoglienza della nonna, avanzo verso di lei e cerco di apparire conciliante - Buona sera, nonna! Ti trovo bene: energica come sempre … - abbozzo un sorriso, ma lei è ancora immersa nel suo mondo immutabile.
- Dobbiamo ancora preparare la composta con il raccolto della scorsa settimana e già domani arriveranno le nuove ceste … e poi ci sarà il bucato della biancheria buona, perciò non potrò dedicarmi solo alla cucina! – si lamenta ancora, girandomi attorno indaffarata, afferrando una cesta per poi depositarla sul grande tavolo da lavoro – Grazie al cielo non sono previsti pranzi ufficiali e quel che serve a noi è già tutto pronto … - conclude poi con una vena di sollievo, sollevando le mani al capo e sistemando la cuffietta al meglio.
- Capisco … - mormoro annuendo, mentre allungo la mano verso un vassoio discosto dagli altri, premurosamente coperto da un canovaccio, sperando di potervi trovare un boccone gustoso che sia alla mia portata.
- E togli le mani da quel vassoio! – mi rimprovera immediatamente la nonna – Quella è la cena per la mia bambina!  – precisa poi, sempre muovendosi tra le ceste – Ormai tengo sempre qualcosa di pronto per lei, nel caso rientri a palazzo. –
Non ho alcun commento in risposta alle sue parole, a quei frammenti di una vita che sembra non avere nulla da condividere con la mia, ma mi limito a seguire le traiettorie della nonna, cercando un modo di rendermi utile; allora, paradossalmente, lei reagisce al mio silenzio arrestando per un istante la propria corsa, mentre arriccia il naso e solleva lo sguardo verso di me, forse finalmente consapevole del mio rientro a palazzo.
Tuttavia, io proseguo, sollevando un’altra cesta e portando anch’essa al tavolo – Forse ti farebbe bene un po’ di riposo, nonna … - ma lei scuote il capo e la sua espressione si distende; il piglio deciso con cui mi aveva accolto si scioglie in una sorta di sorriso e il suo tono si fa caldo.
- Nipote caro … finalmente sei tornato a casa! – la nonna si stringe a me in un abbraccio caldo, mentre avverto addosso le sue mani e il sue grembiule ancora umidi, e non posso che ricambiare il suo gesto di affetto, gustando quello che per me è ormai rimasto l’unico momento in cui mi senta accolto e amato davvero, uno spiraglio di luce nel buio della solitudine che mi avvolge ormai da settimane e nella quale non faccio che nutrirmi di ricordi sempre più dolorosi da rivivere.
Non riesco nemmeno a risponderle, nel tentativo di controllare il morso dell’anima che di nuovo mi sta chiudendo la gola, ed è ancora lei a riprendere a parlare, mentre scioglie l’abbraccio e mi scruta preoccupata.
– Povero il mio ragazzo … guardati! – commenta a mezza voce, sfiorando le mie braccia e saggiando la stoffa dell’uniforme – Ma come ti sei conciato? Sei tutto impolverato e questa giacca è sfilacciata! Sei impresentabile! – conclude; poi si avventa sui bottoni della giacca, sfilandoli dalle asole con destrezza, uno dopo l’altro – Dammi qua! Il cambio è già pronto e potrò occuparmi anche di questa: domani sera sarà come nuova! –
Mi divincolo dalla sua presa, arretrando di un passo e trovando finalmente il modo di intervenire – Nonna, stai tranquilla: mi basta mettere qualcosa sotto i denti e riposare almeno un poco … -
- Non se ne parla nemmeno! – mi riprende, tornando immediatamente padrona di sé – Adesso vai nella tua stanza, mentre io preparo anche per te un bel bagno caldo, - poi mi fa voltare e inizia a spingermi in direzione dell’anticamera che porta alle stanze di servizio - e poi, quando sarai presentabile, ti scalderò della carne e potrai riempirti lo stomaco. –
- Ma nonna, mi avevi detto che avevi bisogno di me per … - cerco di intervenire di nuovo, interrompendo il suo fiume in piena, ma lei scuote il capo e non mi lascia proseguire.
- I miei ragazzi sono finalmente a casa dopo tanto tempo e io non perderò l’occasione per rimetterli in sesto entrambi! – esclama soddisfatta e poi prosegue ancora, sempre più entusiasta dei suoi programmi per noi.
Io invece riesco appena a cogliere qualche parola, ma perdo completamente il significato del suo discorso, perché la mia mente si fissa su quell’unico dettaglio: i miei ragazzi sono finalmente a casa …
Così realizzo in un istante che anche lei è veramente rientrata; che è qui, a palazzo. Forse è nella sua stanza, probabilmente ancora immersa nella vasca a godere di un bagno caldo, abbandonata al piacere dell’abbraccio dal sentore delicato e ristoratore dell’acqua profumata … Così avanzo meccanicamente sospinto dalla nonna, un passo dopo l’altro verso la mia stanza, quasi stordito dalle sue parole, ma ormai lontano da ogni pensiero coerente che non sia lei, mentre il cuore riprende a battere furioso, e non mi pare di sentire altro profumo nell’aria che non sia quello dei petali di rosa che profumano il suo bagno …
- Vado, nonna … ce la faccio anche da solo … - mi congedo in qualche modo allungando il passo fin quasi a correre verso la mia stanza, anelando un attimo di solitudine, che solitudine poi non sembra essere davvero, perché una morsa mi prende il ventre e mi chiude di nuovo il respiro.  In tutta fretta, apro l’uscio e lo richiudo alle mie spalle, appoggiando la schiena al battente e riversando il capo all’indietro, cercando di riprendere fiato, mentre i passi della nonna si smorzano, lontani, lungo il corridoio.
Di nuovo, la sento e questa volta non è un semplice udirla o percepirla … è qualcosa di più intenso e vivo; una presenza così prossima da poterne quasi sentire il tocco incerto sulle mie spalle, mentre lento risale lungo il collo e mi smuove i capelli in una carezza calda.
Un brivido mi percorre la schiena, io mi irrigidisco e stringo le mani chiudendole a pungo, cercando di dominare la mia mente e il mio corpo. Eppure quelle carezze non cessano: le sento scendere al mio petto, un sentore leggero che scende sfiorandomi il ventre e poi mi spezza di nuovo il respiro.
Mi allontano dalla porta, tento di governare il mio cuore impazzito e il mio corpo teso, scuoto il capo e mi sfilo la giacca buttandola sul letto; sollevo le braccia e, sempre più impaziente, mi levo anche la camicia; raggiungo la brocca dell’acqua versandone un po’ nel catino per poi affondarvi le mani, cerco ristoro nel risciacquarmi il volto, il collo, i capelli …
Così resto chino sulla toeletta per un tempo indefinito, gocciolante e con il respiro irregolare, le mani strette ai bordi del catino e le braccia tremanti.
Poi, lentamente, mi sembra che tutto svanisca; tutto tranne il profondo turbamento che ancora pervade il mio corpo e la mia mente. Gradualmente, sollevo il capo e apro gli occhi, scrutando nello specchio innanzi a me. Per qualche istante fisso quell’immagine sgomento: vedo un uomo stravolto, quasi non mi riconosco in quell’espressione indecifrabile. Mi faccio più vicino allo specchio e strizzo gli occhi per cercare di ritrovarmi in quell’uomo devastato dai propri demoni … e da qualcosa di più potente di qualunque tentativo di resistervi.
Sono pazzo. Completamente pazzo.


Angolo dell'autrice: aggiorno ora, in vista della partenza per le vacanze. Mi auguro di riuscire a proseguire anche la prossima settimana... confidando in una connessione decente. Se dovessi ritardare... sapete il perchè.
Intanto, ne approfitto per ringraziare tutte le amiche che hanno intrapreso la lettura di questa storia e che mi hanno lasciato il loro pensiero e le loro idee.
Un abbraccio a tutte! E a presto!
mgrandier
  
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