Ecco
qui nel LavYu day l'ultimo capitolo di questa fic, senza grosse pretese.
Ringrazio
tutti quelli che l'hanno letta, soprattutto Bulma90 (o Kuroi.Ren) per averla letta in anticipo e avermi dato il
fiat al postaggio.
Ringrazio
anche coloro che vorranno fare una capatina del forum BlackOrder di cui sono
amministratrice e lasciare un piccolo segno del loro passaggio.
Vi
lascio alla lettura. Aspetto vostri
commenti.
BUON LAVYU DAY!!!!!
Un
bacione
Rebychan
CAPITOLO 4
“Cosa
stai nascondendo?”, chiese Lavi con voce suadente e maliziosa mentre allungava
il collo per guardare oltre le spalle di Kanda.
“Tsk.
Niente.”, ringhiò il giapponese
spostandosi in modo che l’altro non vedesse quello che teneva in mano.
“Come
niente? E allora perché nascondi la mano dietro la schiena?”, disse
innocentemente il ragazzo dai capelli rossi.
“Perché
di sì. Non sono affari tuoi.”, digrignò i denti il giapponese.
Lavi
sospirò e, notando che con quel tipo di domande non otteneva niente, decise
allora di cambiare tattica.
“Come
mai sei qui a quest’ora della notte? Da come ti sei comportato una volta
entrato nella stanza mi sembrava volessi distruggere qualcosa.”, chiese, a quel
punto, Lavi tentando di essere più specifico per vedere se riusciva a far
sbottonare l’altro.
Kanda,
però, non rispose. Si limitò a guardare furioso l’altro e a rigirare la
frittata facendogli quasi la stessa domanda: “E tu invece cosa ci facevi
nascosto qua dentro?”
Il
giapponese, infatti, non aveva sentito la porta aprirsi mentre era dentro alla
stanza, per cui l’altro, quando era arrivato, doveva essere già lì nascosto da
qualche parte.
Lavi nell’udire quelle parole sorrise. Gli
offrivano, infatti, l’occasione di cui aveva bisogno per far girare il discorso
dove avrebbe voluto. Rispose, quindi, sinceramente e semplicemente: “Aspettavo
te.”
Gli
occhi di Kanda strabuzzarono fuori dalle orbite. “Cosa?”, esclamò incredulo.
Non poteva aver sentito quello che le sue orecchie avevano captato.
“Aspettavo
te.”, ripeté il ragazzo dai capelli rossi.
Kanda
non disse più nulla. Si limitò a guardare l’altro sospettoso. Cosa significava
che aspettava lui? Non aveva senso! Non poteva sapere che sarebbe andato lì
oppure… sì?
Chi
capiva lo stupido coniglio era davvero bravo. Si disse scrollando le spalle.
Lavi
allora gli si avvicinò per spiegarsi meglio: “Sapevo che oggi saresti venuto
qui, dopo quello che hai visto questo pomeriggio, per liberarti di alcune cose
che hai raccolto in queste anni e che ormai ritieni inutili o compromettenti.”
Kanda
guardò intensamente Lavi per qualche istante e poi fece qualche passo indietro.
Improvvisamente,
infatti, si era reso conto di cosa
sottintendessero quella parole del ragazzo dei capelli rossi.
Lavi
sapeva quello che aveva fatto in quegli anni. Lui già sapeva quello che teneva
nascosto.
Come
era riuscito a capirlo? Non lo sapeva, ma non gli importava.
C’era
altro che lo preoccupava.
Probabilmente,
infatti, Lavi, se sapeva quelle cose, aveva capito anche i suoi sentimenti e se,
in quel momento, era lì era solo per mettere le cose in chiaro con lui, perché
essendo gentile non voleva che fra loro le cose continuassero come nell’ultimo
periodo, con lui che l’evitava e con l’altro che lo rincorreva.
Voleva
spiegargli che si era innamorato di quella ragazza e che gli dispiaceva di non
poter corrispondere i suoi sentimenti, che lui gli piaceva come amico ma nulla
più e che non voleva perderlo.
Le
solite frasi di circostanza, insomma, che si utilizzano con chi si scarica.
Kanda
non era così fuori dal mondo, come qualcuno pensava, da non sapere quelle cose.
Sapeva
perfettamente come andavano certe cose, era per quello che mai avrebbe voluto
che Lavi sapesse ciò che provava.
A
lui in quel momento dell’amicizia dell’altro, infatti, non gliene fregava
niente. Non riusciva a sopportare di vederlo insieme a quella tizia, a
discapito dei buoni propositi che si era fatto in passato, di farsi bastare
quel poco che l’altro poteva offrirgli.
Le
sue parole gentili ora come ora non potevano consolarlo. Gli avrebbero arrecato
ancora più dolore, perché avrebbero reso certo quello che già sapeva
perfettamente.
Sospirò
rassegnato, recuperando il controllo della sua emotività.
Ormai
era inutile tergiversare.
Se
le cose dovevano andare in quello stupido e odioso modo, era meglio farla
finita quanto prima.
Si
sarebbe comportato da uomo, e avrebbe accettato l’inevitabile, facendo di tutto,
però, perché l’altro non pronunciasse quelle parole che l’avrebbero solo
angosciato maggiormente.
Nel
frattempo, Lavi stava continuando a parlare: “Hai in mano qualcosa che mi apparteneva,
vero? Credo siano delle cose tonde, e decorate ovvero dei bottoni.”
Kanda
vedendosi completamente scoperto riportò il braccio davanti a sè, in modo che
l’altro ne vedesse il contenuto. Ormai era inutile tentare di nasconderlo.
Lavi
sorrise a quella vista, mentre il suo cuore cominciava a battere all’impazzata.
Allora aveva visto davvero giusto. Era arrivato all'esatta conclusione.
Le
parole che pronunciò Yu dopo, però, ebbero il potere di gelarlo sul posto.
“Te
li restituisco. Immagino che la tua ragazza, essendo metà giapponese, ti abbia
raccontato della tradizione del secondo bottone e vorrai darli a lei, come hai già
fatto con l’ultimo questo pomeriggio.”
Kanda
fece scivolare i bottoni sulla mano di Lavi, in tutto erano cinque, poi
continuò dicendo: “Non serve che mi dici niente. Ho capito tutto. Sto bene come
sto.”
Poi
fece il gesto di andarsene.
Lavi
si risvegliò dalla catarsi in cui era caduto nell’udire le ultime parole, e lo
afferrò per un braccio per impedirglielo.
“No,
Yu, non è vero. Non hai capito niente.”
“Non
chiamarmi per nome.”, disse il giapponese più per abitudine che per altro, mentre
tentava di liberarsi dalla presa dell’altro.
Qualunque
cosa Lavi volesse dirgli, lui infatti non voleva sentirla.
Quando
il ragazzo dai capelli rossi disse le successive parole, però, improvvisamente
smise di fare ostruzionismo e si voltò verso l’altro per guardarlo perplesso.
“Ashanti
non è la mia ragazza e sì mi ha raccontato di quella tradizione, però, io non
le ho dato il secondo bottone della divisa, ma solo il terzo e in segno
d’amicizia.”
“Non
ci credo.”, dichiarò Kanda che non riusciva a capire perché Lavi gli stesse
raccontando quelle bugie. Era palese che a Lavi, Ashanti piacesse davvero. “Ti
ho visto mentre le davi il bottone, e poi lei ti ha baciato.”
“L’ha
fatto solo per amicizia, per ringraziarmi di essere stato finalmente sincero
con lei.”
Kanda
gli lanciò un occhiataccia e Lavi capì che
continuava a non credergli. Era davvero di coccio, quando s’impuntava su
una cosa.
Sospirò
e disse: “Lasciami spiegare tutto, invece, di essere così astioso e vedrai che
capirai.”
Gli
mollò il braccio e Kanda istintivamente decise di rimanere a ascoltare quello
che aveva da dire. Voleva sapere perché gli stava raccontando quelle cose.
Se
stava insieme con Ashanti perché doveva raccontargli quelle frottole e se,
invece, come diceva non erano fidanzati, quello per lui cosa comportava? Perché
l’aveva aspettato lì? Perché ci teneva così tanto a raccontargli la sua storia?
Possibile
che anche Lavi fosse interessato a…
Sospirò
dando la sua completa attenzione a Lavi, il quale cominciò a dire: “Ashanti, come
ti ho già detto, mi ha raccontato sì, di quella tradizione di origine
giapponese dei bottoni, ed è stato proprio grazie a quello che ho capito chi
era che s’impossessava del mio secondo bottone ogni volta che consegnavo la mia
divisa per essere distrutta. E’ stato Johnny, infatti, a dirmi che sparivano.
Quando ho capito che eri tu che lo facevi e ne ho intuito il motivo, ne sono
stato davvero felice. Solo che poi tu mi hai beccato in un momento
compromettente con Ashanti e hai frainteso andandotene senza darmi il tempo di
spiegarmi, ma credimi fra me e lei non è successo niente. Siamo solo amici.
Avevo anche pensato di venire a cercarti per spiegarti come stavano veramente
le cose perché non volevo che soffrissi per qualcosa di non vero, ma ho capito
che ti saresti negato, che non avresti voluto parlarmi. L’unica soluzione che
mi rimaneva, quindi, per capire se effettivamente le mie intuizioni erano
giuste, se davvero eri tu quello che portava via i bottoni, era di aspettarti
qui e attendere se saresti venuto a distruggerli. Ho pensato, infatti, che dopo
quello che hai visto, se davvero avevi frainteso i miei rapporti con Ashanti, avresti
voluto liberarti di alcune cose che ti avrebbero fatto pensare a me, che
avrebbero continuato a arrecarti dolore. ”
“Eh?”,
disse sorpreso Kanda, a quelle parole, sempre più perplesso, mentre il suo
cuore batteva irregolarmente nella cassa toracica, intuendo prima del suo
cervello quello che l’altro stava per dirgli.
“Io
non voglio dare a nessun altro questi bottoni, o meglio voglio che sia tu a
continuare a tenerli. Vorrei anche poi che accettassi questo.” Estrasse dalla
tasca destra il secondo bottone della divisa portata al macero quel pomeriggio
e lo mise insieme agli altri nella sua mano sinistra. “E’ il secondo bottone, a
partire da sopra, della divisa che ho indossato fino all’altro ieri.”
Fece
una piccola pausa e poi concluse dicendo: “E vorrei potermi tenere
quest’altro.”
Dalla
tasca sinistra prese in mano il bottone, invece, che aveva tolto dalla divisa
di Kanda. “E’ il secondo bottone della tua divisa, me lo concedi?”
Kanda
a quella richiesta aggrottò la fronte
incredulo. Non poteva credere alle sue orecchie. Quello che nemmeno mai aveva
osato sperare si stava improvvisamente realizzando.
A
Lavi lui piaceva, possibile?
Il
ragazzo dai capelli rossi, vedendo che l’altro non aveva nessuna reazione,
allora decise di essere ancora più chiaro. Ashanti gli aveva dato come
consiglio di essere sincero, e voleva esserlo davvero. Gli aveva consigliato di
dichiararsi e l’avrebbe fatto.
Per
la prima volta nella sua vita era riuscito a zittire completante il suo falso
io che l’avrebbe spinto a continuare a nascondere i suoi veri sentimenti, e a
far emergere definitivamente quello vero.
Voleva
stare con Kanda, ovviamente se anche l’altro era d’accordo.
Gli
voleva bene.
“Mi
piaci, Yu. E penso che anche tu provi i miei stessi sentimenti, visto che hai
collezionato questi miei bottoni, che rappresentano una promessa d’amore, una
promessa di stare sempre insieme, per tutto questo tempo. Lo hai fatto,
infatti, per quasi due anni, visto che ce ne sono ben cinque, beh ora sei, il
tuo, quindi, non può essere solo un capriccio. Se per tutto questo tempo mi hai
voluto bene in silenzio e non mi hai detto niente, posso anche capire perché
l’hai fatto visto che probabilmente pensavi di non interessarmi, ma non era
così. Te lo ripeto ancora. Mi piaci davvero tanto, Yu. Ora finalmente io sono
stato sincero, adesso, però, spetta a te fare altrettanto. Dimmi ciò che
provi.”
Kanda,
però, continuò a tacere.
Non
era nel suo carattere, infatti, estraniare tanto facilmente i suoi sentimenti a
parole.
Quando
il suo cervello riuscì finalmente a capire al cento per cento che Lavi si stava
dichiarando, però, fece qualcosa e quel qualcosa soddisfò anche il ragazzo dai
capelli rossi.
Si
riprese i bottoni che l’altro gli porgeva quasi meccanicamente e se li mise in
tasca. Poi di getto, fece scivolare le braccia dietro il collo di Lavi e lo
abbracciò.
Dall’imbarazzo
per l’audacia che aveva appena dimostrato, cominciò a tremare, ma Lavi lo
rassicurò abbracciandolo a sua volta.
Quell’abbraccio
gli aveva fatto capire, infatti, che il giapponese non solo accettava i suoi
sentimenti, ma anche che li ricambiava.
Passarono
diversi secondi e solo allora finalmente Yu si decise a dire qualcosa: “Puoi
tenerlo pure il mio bottone.”
Con
quello, Lavi capì che la dichiarazione dell’altro ragazzo si poteva
definitivamente ritenere conclusa.
Fargli
ammettere apertamente un ‘mi piaci’, così su due piedi, infatti, era troppo per
il caratteraccio da orso che si ritrovava.
Lavi
sorrise, decidendo che per il momento poteva accontentarsi.
“Grazie.”,
sussurrò, tirando un profondo respiro di sollievo.
Avvicinò
poi il suo volto a quello dell’altro e titubante lo baciò.
Kanda
ricambiò.
Continuando
a baciarsi, si sedettero sul pavimento alla ricerca di una posizione più
comoda.
L’uno
accanto all’altro, abbracciati in modo che fosse più semplice continuare a
sfiorare l’uno le labbra dell’altro, quando avessero voluto.
In
quel momento, quella era, infatti, l’unica cosa di cui avevano bisogno.
Volevano
semplicemente sincerarsi che davvero i loro sentimenti erano ricambiati, attraverso
quei continui leggeri baci.
Ci
volle una mezz’ora buona prima che Lavi trovasse abbastanza coerenza di
pensiero, era, infatti, stato sopraffatto dal piacere di stare, in quel modo, con
il suo Yu, per dire: “Ti è già chiaro che voglio anche quest’altro bottone, quando cambieremo nuovamente divisa,
vero?” Sfiorò il secondo bottone della divisa nuova fiammante che portava Kanda
in quel momento.
Yu
sollevò leggermente le labbra in un lieve sorriso, mentre rispondeva sfiorando
il secondo bottone dell’altro: “E’ tuo se lo vuoi, ma solo se tu mi darai
questo.”
“E’
già tuo, te lo posso assicurare.”, disse Lavi sorridendo sinceramente.
Poi
tornarono a occuparsi l’uno della bocca dell’altro e quel rituale antico di
baci dolci alternati a quelli più passionali durò fino al mattino.
Finalmente
i due erano stati sinceri con i loro sentimenti, li avevano fatti emergere
calpestando il loro io fasullo, e avevano trovato così la felicità.
FINE CAPITOLO 4
FINE IL MISTERO DEI “SECONDO
BOTTONE” SCOMPARSI
Ringrazio
tutte le persone che hanno letto questa fic, che l'hanno messa tra i preferiti
o tre le seguite, in particolare ringrazio coloro che leggeranno quest'ultimo
capitolo e lo commenteranno.
E
ora un ringraziamento speciale va a:
_NaNa_: Allora hai la consapevolezza di
un esame finito bene o no? Spero che anche il finale ti piacerà quanto il resto
della fic. Ebbene sì, Yu ha imparato la lezione. Quando si entra in una stanza
è meglio sempre accendere la luce. Grazie per il commento.
Un
bacione
Rebychan