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Autore: Leonhard    01/08/2018    2 recensioni
Judy si volse verso la sagoma della lontana Zootropolis. Vixen aveva detto che il cavallo era il pezzo più forte della scacchiera, Alopex aveva scelto un cavallo per guidare gli eventi: forse avevano previsto tutto, forse no, ma in fin dei conti era quasi giusto che fosse stato un cavallo a dare scacco matto e vincere la partita.
E la città, sapeva, avrebbe continuato a bruciare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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È arrivata la cavalleria.

Quel pensiero era strano sotto molti aspetti; Judy lo analizzò distrattamente, come se fosse di scarso interesse, mentre fissava la valanga rossiccia travolgere la baraonda di mammiferi inferociti nella piazza. Howler sopra di loro sembrava completamente dimentico della presenza sua e di Jack: era un’occasione probabilmente imperdibile, ma il suo corpo non assecondò quel pensiero. Rimase ferma alla finestra, guardando le volpi assalire i predatori ed i lupi, immobilizzando a terra chiunque incrociassero con movimenti guizzanti, bassi sul ventre e i denti lievemente scoperti.

Judy si volse verso il vicolo, verso una volpe in particolare che aveva attratto la sua attenzione. Il manto era di un rosso molto più vivace degli altri e lo sguardo vagava per la piazza e gli edifici circostanti, come se cercasse qualcosa; Indossava quello che restava di una camicia bianca ed una paio di pantaloni stracciati.

Era dritta sulle zampe posteriori.

Howler si concentrò su quella stessa volpe; strizzò leggermente gli occhi, annusò l’aria ed un ghigno gli scoprì i denti talmente stretti da sbiancare le gengive.

“Wilde…” ringhiò, prima di lanciarsi fuori dalla porta.

Judy si riebbe all’istante: quell’opprimente odore da predatore folle del lupo stava svanendo, la consapevolezza che probabilmente non dovevano essere lì aveva fatto capolino nella sua mente assieme al sospetto che a Jack a quell’ora era collassato il cuore.

Oppure era per quello che aveva detto Howler, ma l’immagine di Nick ancora non si decideva a comparire. Si volse verso la lepre, trovandola impietrita a guardare la scena della piazza con occhi assenti, vacui e dilatati. Il naso era immobile fatta eccezione per qualche debole spasmo, unico segno che era ancora vivo.

“Jack…” mormorò. Stentò a riconoscere la sua stessa voce. “Jack, dobbiamo andarcene”. La lepre di mosse solo quando Judy lo prese per un braccio: sussultò e scattò all’indietro come se la sua presa fosse stata elettrica. Le lanciò uno sguardo colmo di panico.

“…cosa?” balbettò.

“Dobbiamo andarcene” ripeté Judy.

“E dove?” chiese lui: stava disperatamente cercando di prendere il controllo della situazione. “Se scendiamo lì sotto non ne usciremo vivi”.

“Siamo in pericolo anche qui” obiettò lei. “Siamo molto più in pericolo qui che laggiù”. Jack sapeva che era vero, ma proprio non riusciva a mettere insieme due pensieri coerenti. Prima i lupi, poi le volpi: non poteva finire bene. Istintivamente si concentrò sull’unico punto saldo della situazione.

“Howler…” mormorò. “…ha detto Wilde. lì sotto c’è Wilde”.

“Lo so” replicò lei. “E sta andando a prenderlo”.

Ed infine arrivò: l’immagine di Nick le piombò nella testa con la potenza di una fucilata. Arrivò l’immagine di Nick assalito da un branco di lupi composto da un membro di troppo; Nick colpito da un proiettile che aveva mancato il suo vero obiettivo; Nick che veniva coinvolto in un esplosione troppo vicina e troppo sbagliata; Nick che veniva raggiunto da un Howler fin troppo ansioso di fare la sua idea di lavoro.

L’immagine di Nick che andava in un posto sconosciuto in cui lei non avrebbe mai potuto cercarlo.

“Jack, io vado la sotto” disse con una fermezza aliena anche a sé stessa. “Se vuoi restare fai pure, ma se vuoi fermarmi allora sparami”.
Svanì oltre la porta sfondata dell’appartamento. Jack non le sparò.


 
Correndo per la tromba delle scale, si accorse di come tutta l’enormità della faccenda fosse in realtà così effimera. Si diede lo slancio sul muro per imboccare l’ennesima rampa di scale; l’immagine di Nick stava riprendendosi tutto il tempo in cui era stata assente, dandole le ali ai piedi ma allo stesso tempo distaccandola dalla realtà in un modo tutt’altro che inquietante.

Quando oltrepassò la soglia, il caos ed i suoni della piazza la investì ma Judy non si fermò: deviò dietro una macchina in fiamme evitando l’assalto di tre volpi contro un grizzly particolarmente agitato e corse verso l’ultimo punto in cui aveva visto la volpe in piedi.

Era Nick. Doveva essere Nick. Le prudevano le zampe al solo pensiero di essere a pochi minuti da lui dopo tutti quei giorni passati nel tentativo di raggiungere la fine del suo viaggio.

Ma dove doveva andare? Ed a fare cosa? Non riusciva a ricordarsi perché avesse preso il treno, il motivo per cui aveva rischiato per così tante volte

ma era successo veramente?

di finire veramente molto male. I piccolo branco di torelli nel vicolo cieco, lo sgattaiolare da un seminterrato ad un tombino aperto, le notti passate alla penombra di una lanterna coperta da un telo pregando che non trapelasse nessuna lama di luce all’esterno, i rumori alieni che l’avevano svegliata di soprassalto così tante volte. Tornata a casa avrebbe dormito per una giornata intera.

La volpe su due zampe era sulla cima di un piccolo cumulo di macerie, osservando attentamente la dedalo poco distante da lei con occhi attenti come se stesse cercando qualcosa. Si fermò davanti a lei ed incrociò i suoi occhi indagatori prendendosi qualche secondo per riprendere fiato. Prima che potesse dire qualcosa che nemmeno lei sapeva per certo, la figura rossastra parlò.

“Hopps? Che ci fai qui?” chiese la volpe. Le orecchie di Judy si afflosciarono dietro la schiena.

“Vixen…” mormorò lei, senza riuscire a mascherare la delusione nella voce. La volpe saltò giù dal cumulo e le balzò al fianco, guardinga.

“Veramente una pessima idea uscire allo scoperto” commentò. “Mi auguro che Savage ti stia coprendo da quella finestra”. Scosse la testa.

“Credo di si…non lo so” rispose Judy, cercando di darsi un tono. “Howler sa che eravamo la dentro”.

“Howler vedrà il suo” replicò la volpe con un ringhio. “Ci sono gli estremi per chiudere le sua cella dentro un’altra cella”. Un latrato alle spalle di Vixen ed una macchia rossa intercettò un lupo alle spalle della coniglietta; i due svanirono dietro un bidone in fiamme, tra guaiti e latrati ed accanto a Vixen comparve una volpe: aveva il suo stesso colore ed un paio di occhi verdi indirizzavano a Judy un’espressione ammiccante.

Avvolta attorno al suo collo vi era una sgargiante cravatta blu a righe rosse.

Ehi! L’agente tuut-tuut!

Davanti a quella volpe, la coniglietta seppe solo rimanere immobile: il naso fremette e sentì salirle un sorriso che non si palesò. Vixen si volse verso il fratello e sul muso le comparve il sorriso di Judy.

“Ehilà Nicky” salutò. “Ce l’hai fatta”. Lui si volse verso la sorella e fece guizzare la coda. “Pazzesco: ti lascio solo per un po’ e qui finisce tutto a ferro e fuoco”.

Ops: non tutti vanno d’accordo

Vixen si fece seria: volse uno sguardo verso il palazzo municipale, fissando la vetrata distrutta dietro cui c’era la porta dell’ufficio di Bogo. Sospirò e si volse nuovamente verso di lui.
“Sei sicuro di volerlo fare?” chiese. “Il tuo branco non potrà proteggerti lassù”.

“Cosa succede?” chiese Judy, distogliendo l’attenzione da Nick.

“Ho mobilitato l’esercito: tra qualche minuto sarà qui” spiegò Vixen. “Dobbiamo portare giù Bogo o faranno irruzione. E visto lo stato della piazza, ci andranno pesante nell’istante in cui scenderanno dai camion”.

“E toccherebbe a Nick andare lassù?!!” commentò lei.

“No: vado anche io” rispose lei. “Nick è ricercato: Bogo gli sparerà nell’istante in cui lo vedrà oltrepassare la soglia, senza contare che è incapace di comunicare. Io devo andare con lui”.

“No” commentò la voce di Jack. La lepre fece la sua comparsa alle spalle di Judy: guardava le due volpi con espressione terrorizzata e stringeva la pistola tra le zampe come fosse un salvagente in mezzo alla bufera. Nick abbassò le orecchie e lo guardò con occhi indecifrabili. “Andrò io con lui”.

“Onestamente, non credo sia una buona idea” replicò Vixen pacata. “È evidente che tu sei troppo coinvolto: non ti permetterò di uccidere Bogo”.

“Se avessi voluto ucciderlo l’avrei fatto dal balcone” replicò la lepre. “E poi, proprio perché sono coinvolto voglio essere io a risolvere questa cosa”. La volpe fece per ribattere, ma lui la fermò. “Senza contare che la situazione in piazza richiede la supervisione di un loro simile: tu non sei stata infettata dal siero e puoi dirigere l’azione, persino intervenire se l’occasione lo richiede”. Abbassò lo sguardo. “…al contrario di me: io qui sono inutile”. Nick si volse verso la sorella.

Anche io glielo ripeto di continuo.

“Va bene” rispose infine. “Hai ragione”.

“Vengo anche io” decise Judy. Gli occhi di tutti andarono a lei: era palese che se Nick avesse potuto parlare si sarebbe opposto, ma la sua decisione venne accolta con pochi secondi di silenzio. Vixen, guardandola, non riuscì a scorgere la coniglietta emotiva ed istintiva che aveva conosciuto quando Zootropolis era ancora…beh, era ancora Zootropolis.

“Ok” rispose semplicemente: inutile fare questioni. Nick si diede una rapida scrollata e scattò accanto ai due conigli. Judy e Jack si ritrovarono stretti alla pelliccia rossastra della volpe, lanciati a tutta velocità verso l’edificio. La coniglietta afferrò la cravatta e la strinse, premendosi contro la pelliccia soffice dell’amico.

La cosa ti fa sentire a disagio?

La cacofonia svanì come per incanto: nelle sue orecchie c’era solo il fruscio del vento e l’odore di Nick le invadeva le narici. Era un odore che sapeva di foglie, di sottobosco e di incuria: un odore selvatico, ma suo. Sollevò lo sguardo oltre le orecchie: correvano a tutta velocità verso la porta del palazzo municipale saltando tombini aperti, dribblando zuffe selvagge e schivando attacchi da parte dei pochi lupi rimasti liberi dalla presa delle volpi.

Si volse appena in tempo a vedere Vixen alle prese con un lupo che assomigliava molto a Howler, poi un piccolo schianto ed il muro interno del municipio chiuse fuori quel caotico mondo. Nick non rallentò: si fiondò per scale, corridoi ed uffici vuoti senza mai rallentare; Judy tuffò nuovamente il muso nella pelliccia rossa e solo quando lo sentì fermarsi sollevò nuovamente la testa.

Jack scese in fretta, nervosamente; Judy saltò giù e Nick ne approfittò per grattarsi la schiena e scrollarsi la pelliccia. Davanti a loro, una grande porta in legno lucido con la maniglia in ottone ed una chiave appesa alla toppa; una targhetta luccicante informava che era l’ufficio del sindaco.

Mayor Bogo Beest.

Tra i tre serpeggiò un silenzio nervoso, attento, concentrato. Jack ebbe il coraggio di dare voce ai pensieri di tutti.

“Abbiamo solo questa possibilità” disse. “Nervi saldi tutti quanti: ci penso io”. Bussò tre colpi alla porta: dall’altra parte, la voce vagamente annoiata dell’ex capo della polizia li invitò ad entrare.
   
 
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