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Autore: Lory221B    05/08/2018    1 recensioni
La GCPD ha un'operazione importante da compiere e niente deve ostacolarli. Per evitare intromissioni da parte di Oswald, Harvey ha il piano perfetto: trovare qualcuno che possa distrarlo. Ma le cose non vanno esattamente come previsto.
(Gobblepot)
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harvey Bullock, Jim Gordon, Oswald Cobblepot
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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È così che fanno gli amici, Jim

Era già passata più di una settimana dall’incontro nel night club e Oswald continuava a ripensare alla conversazione con Jim, a quando gli aveva quasi toccato la mano, a come sembrasse sinceramente preoccupato per lui. Era strano, insolito, soprattutto non era quello che aveva immaginato sarebbe accaduto.

Tamburellò più volte le dita sulla scrivania, era in spasmodica attesa che uno dei suoi uomini, Frank, quello che aveva più agganci e conoscenze, tornasse alla villa per riferire quanto aveva appreso. Quando finalmente lo scagnozzo entrò nello studio di Oswald, quest’ultimo non trattenne minimamente l’impazienza. Si alzò in piedi e trascinò Frank nello studio; prima di chiudere la porta si assicurò che nessun orecchio indiscreto potesse sentirli.

« Capo, ho trovato soltanto questo. Non so quanto possa essere utile » l’uomo pose una cartellina a Oswald, contenente diverse fotocopie che vennero presto sparse sulla scrivania. Oswald le fissava cercando di capire il quadro d’insieme, che stranamente gli stava sfuggendo. Frank capì che era il caso di lasciarlo solo per cui silenziosamente abbandonò l’ufficio, non prima che il capo gli rivolgesse una criptica frase « Sai, Frank, a volte i sentimenti offuscano la vista e non ti permettono di vedere quello che accade attorno a te. Altre volte è l’esatto opposto, vedi più di quello che c’è »

Il tirapiedi annuì, fingendo di aver capito cosa volesse intendere Cobblepot, mentre Oswald si buttò nuovamente sulla poltrona, il gomito appoggiato sul bracciolo e la certezza che doveva cambiare strategia.

Anche Jim era un po’ inquieto, aveva rinunciato ad una serata con Harvey per starsene a casa a guardare la tv. In realtà la sua attenzione per la trama era andata via via scemando ed era ormai perso a chiedersi se non avesse bisogno di parlare con qualcuno di quello che sentiva, o meglio non sentiva. Buttò un occhio al cellulare, quasi sperando in un sms di Oswald ma il display non sembrava essere dalla sua parte, per cui si rassegnò a passare la serata da solo, in compagnia dei suoi pensieri.

Era un periodo in cui si sentiva particolarmente incompreso; voleva un gran bene ad Harvey ma non era esattamente la persona  più profonda con cui parlare. Era un buon amico, un perfetto partner nella lotta contro il crimine, ma non riusciva ad essere del tutto se stesso con lui.

Quando stava con Barbara si erano presto ritrovati su due piani diversi mentre con Lee non riusciva mai ad essere del tutto sincero, né lei era in grado di capirlo fino in fondo. Sofia era stata soltanto un errore e non pensava a lei se non come una donna che si era portato a letto in un pessimo momento della sua vita.

La notte passò tra strani incubi in cui veniva gettato dal molo di Gotham e non riusciva a nuotare a riva finché una mano non lo trascinava fuori dall’acqua per portarlo al sicuro e a dirla tutta gli era sembrato di riconoscere le fattezze di Oswald nel suo salvatore, motivo per cui si svegliò di soprassalto.

L’indomani, per sua fortuna, fu sufficientemente distratto da due rapine da smettere di pensare ai suoi demoni interiori e la giornata trascorse senza ulteriori crisi né preoccupazioni.

Alla fine della giornata si stava già infilando la giacca, pronto per proporre ad Harvey di mangiare un hamburger nel locale che avevano appena aperto di fronte casa sua, quando finalmente il display si illuminò.

“Puoi stasera, cena a casa mia?”

Il fatto che almeno chiedesse se era disponibile e che avesse abbandonato il tono imperativo, era un enorme progresso. Jim prese il cappotto e salutò tutti, seguito dallo sguardo di Harvey che gli aveva anche strizzato l’occhio in segno di approvazione. Gordon scosse la testa ma evitò di specificare che non si trattava di una “pollastra”, più tempo perdeva a negare, più confermava il pensiero di tutti. Inoltre, gridare “non ho un appuntamento” lo avrebbe fatto sembrare in piena crisi di nervi, messaggio che non voleva passasse.

Che poi, in un certo senso, aveva davvero un appuntamento e sapersi impegnato, anche se in una strana relazione in cui dava consigli amorosi e costatava con Oswald quante volte fossero stati presi a pugni da Gotham, gli permetteva di allontanarsi dalle sue preoccupazioni.

Arrivò alla villa e uno dei tanti tirapiedi di Oswald, uno che sembrava la versione più giovane di Butch, gli fece strada verso una stanza che non sembrava essere il soggiorno. Si chiese dove avrebbero cenato e quando si ritrovò in cucina rimase alquanto stupito.

« Ta - daa » esclamò Oswald, indicando con gesto elegante della mano la tavola imbandita.

« Hai cucinato tu? » fece Gordon, osservando con attenzione i piatti, temendo di morire avvelenato « Sai cucinare? »

« Certo che so cucinare, James » rispose quasi offeso « Una volta ho cucinato anche per la mia matrigna, stranamente non ha apprezzato le portate » fece con ton divertito, mentre Gordon continuava a guardare quello che era stato messo in tavola « Tranquillo, per te ho scelto un menù diverso, tradizionale, ricette di mia madre » continuò, come a tranquillizzarlo, anche se Jim non aveva idea in cosa fossero consistite le pietanze che aveva servito all’ex padrona di casa e fortunatamente non lo avrebbe mai saputo.

Nonostante la stranezza, Gordon doveva ammettere che sembrava tutto molto invitante, dagli antipasti, alla pasta, al profumo di pollo che proveniva dal forno, per cui si accomodò, con l’intenzione di non porsi troppe domande ma godersi la serata.

« Molto diverso dai tuoi soliti hamburger, vero? » affermò Oswald, tradendo un certo orgoglio per quello che aveva preparato.

« Molto diverso da qualunque mia cena casalinga » rispose, guadagnandosi un sorriso da Oswald « Insomma, Barbara non sapeva cucinare, Lee ci provava… » e si interruppe, rendendosi conto che in qualche modo stava paragonando Oswald alle sue precedenti fidanzate.

Finse un colpo di tosse, prima di cambiare discorso « Allora, com’è andata la cena, te la sei cavata senza i miei suggerimenti? »

« Non c’è ancora stata » rispose Oswald vago.

« Potreste andare in qualche locale » Jim era partito da casa con l’idea di non dare  troppi consigli di corteggiamento, ma dopo aver visto la cena che aveva preparato era certo che non voleva che la preparasse per qualcun altro, né che lui e l’agente Smith si trovassero già a casa e soprattutto in prossimità della camera da letto, quando avrebbero finito di cenare; un locale pubblico poteva essere la soluzione migliore.

« Tu dove andresti? » fece Oswald.

« Beh, dipende cosa piace a voi » rispose in leggero imbarazzo « Sono sicuro che gli piacerà quello che piace a te. Barbara l’avevo portata sulla torre dell’orologio in uno dei primi appuntamenti, ma Jeremiah l’ha fatta saltare in aria. In effetti, rappresenta perfettamente la relazione che ho avuto con lei » rispose, mimando il gesto di un’esplosione.

« Non credevo pensassi ancora a Barbara » osservò Oswald, con un certo interesse e Jim si sentì come se fosse sotto esame.

« Non penso più a Barbara in quel senso, ma è stata parte della mia vita e non posso rinnegarlo. Lo sarà sempre: quando ami qualcuno, quando sei una relazione, resta sempre una parte di te, seppur piccola, che ricorda i bei vecchi tempi »

« Già » esalò Oswald « Ci sono amori che non passano mai »

Gordon stava per chiedere cosa intendesse, quasi infastidito che fosse un riferimento indiretto ad Ed,  ma Oswald si alzò per recuperare il pollo dal forno per cui tenette per se ogni ulteriore commento.

La cena era superba, Jim pensò che Oswald avrebbe dovuto dedicarsi alla ristorazione più che ai night club e al dominio della città. Assaporò ogni boccone, giurandosi che non avrebbe più mangiato schifezze precotte.

« In ogni caso, Jim, ho un’informazione per te, visto che lo hai nominato. Hanno visto Valeska vicino al deposito di munizioni ieri sera. Non so cosa intenda fare ma lo trovo più matto del fratello, dovreste darci un occhio. Interverrei io ma non voglio rischiare di saltare per aria »

« Molto generoso da parte tua » rispose Gordon « In ogni caso, grazie per aver adempiuto al tuo dovere civico »

« È sempre un piacere, Capitano » rispose annuendo serio, prima di scoppiare a ridere entrambi, come a rilasciare la tensione che avevano accumulato a lavoro.

Oswald stava già sparecchiando per servire il dolce quando Jim sentì l’impellente bisogno di parlare, forse di sfogarsi, perché era da troppo tempo era costretto ad indossare la maschera dell’integerrimo poliziotto, l’eroe della città.

« Mi spiace di non essermi fatto vivo in questi ultimi mesi, credevo fosse meglio così, per la città »

« No, credevi fosse meglio per te e per la tua figura da eroe senza macchia » rispose, senza battere ciglio.

« Temevo di andare oltre, di usare i metodi sbagliati per riportare l’ordine »

« A volte servono e lo sai anche tu » si guardarono intensamente, forse come non accadeva proprio dall’omicidio di Galavan e Jim non poté trattenersi da porgli una domanda che avrebbe sempre voluto fargli « Perché ti sei preso la colpa, per Galavan? »

Oswald sembrava essere sulla stessa linea d’onda di Jim perché non sembrò per niente sorpreso dalla richiesta « Non aveva senso che finissimo dentro entrambi »

« Testimone contro un poliziotto corrotto? Ti avrebbero ridotto la pena, forse non saresti nemmeno andato dentro »

« È così che fanno gli amici, Jim » rispose con un sospiro, tirando fuori due fette di tiramisù.

Jim si sentì ulteriormente in colpa per tutta la storia dell’agente Smith. Appena ritornato in centrale avrebbe parlato con Harvey e avrebbe subito rimosso l’agente dal suo ruolo, prima che le cose precipitassero e si ritrovasse a curare un cuore spezzato. Sempre che Oswald fosse preso davvero, fino a quel momento non aveva mai parlato del contabile e Jim non era più tornato in argomento proprio per non incoraggiare lo sviluppo della relazione.

« Sai dove mi sarebbe sempre piaciuto andare a un appuntamento? » fece Oswald, guardandosi attorno come se stesse immaginando una particolare scena « A ballare, non ci sono mai andato con qualcuno e ora non posso più »

« Perché? » rispose Jim, prima di capire che Oswald si stava riferendo alla sua gamba malridotta, e si guadagnò un’occhiataccia del tipo “un poliziotto dovrebbe essere attento ai dettagli”.

« Non sei mai andato a ballare? Nemmeno al ballo di fine anno scolastico? »

« Non essere ridicolo, Jim. Chi sarebbe venuto con me? »

Jim si grattò il capo, indeciso se Oswald stava tentando di farsi invitare a ballare nel soggiorno della casa o meno, quando venne ulteriormente sconvolto dalla nuova rivelazione.

« E non ho mai baciato nessuno, ecco mi seccherebbe morire senza averlo mai fatto » constatò, stando ben attento a non  guardare nella direzione di Jim ma sperando recepisse il messaggio implicito « E avrei bisogno di fare pratica, nel caso poi trovassi la persona giusta. Non voglio fare brutta figura quando uscirò con il mio appuntamento. Tutti dicono che il primo bacio sia quello più importante » continuò, ora guardandolo negli occhi.

« Oswald, io credo che… »

« Baciare un amico sarebbe un preferibile primo bacio e un bel ricordo, non credi? »

Lo sguardo e soprattutto il discorso di Oswald lo mandarono in confusione al punto che si rovesciò addosso il bicchiere d’acqua che stava bevendo

« Scusami, devo andare. Mi sono ricordato di un impegno con Bullock » affermò, alzandosi di scatto. Quando aveva già attraversato tutta il salotto e aveva già la mano sulla maniglia, pensò che in fin dei conti Oswald gli stava solo chiedendo un favore, nemmeno troppo grosso.

Aveva iniziato a rifrequentare Oswald per tenerlo d’occhio, per essere sicuro che non avrebbe interferito con il lavoro della GCPD e andarsene in quel modo non era la cosa migliore. Doveva scusarsi, spiegarsi, fargli capire che era meglio aspettare di baciare la persona giusta, anche se gli dispiaceva che Oswald credesse di non avere nemmeno un amico; normalmente Jim non si prestava di certo ad insegnare a baciare ai suoi amici ma Oswald sembrava davvero bisognoso di sapere che poteva fidarsi di qualcuno al punto da fare una richiesta del genere. E infine, voleva farlo e non riusciva scendere a patti sul perché.

« Credo che la maniglia si regga da sola, Jim » Oswald doveva averlo seguito fino in atrio, mentre lui combatteva contro la voglia di andare e quella di restare.

« Vuoi che ti insegni a baciare? » chiese Jim, voltandosi lentamente.

« Beh, potrebbe essere un bel modo per sdebitarsi per avermi mandato ad Arkham, due volte » rispose, prima di essere trascinato nel suo ufficio, lontano da occhi indiscreti.


   
 
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