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Autore: Redferne    05/08/2018    8 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 51

 

 

 

 

 

 

A PEZZI (SESTA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il piccolo capannello stava avanzando lungo la rete di passatoie transennate che dal piano terreno consentivano di raggiungere le varie zone ed abitazioni sopraelevate che costituivano i tipici quartieri prensili del settore di RAINFOREST, la foresta pluviale.

Judy era in testa, ed avanzava tradendo una certa frenesia. Sembrava che non vedesse l’ora di mostrare ai suoi colleghi ciò che aveva scoperto. Nel frattempo, mentre si faceva largo tra le frasche della fitta vegetazione tropicale che lambiva la passatoia, stava illustrando al capitano Bogo i più recenti avvenimenti. In particolare quello che l’aveva costretta ad effettuare la chiamata d’emergenza alla centrale.

Quest’ultimo procedeva alle sue spalle, con aria annoiata.

“Stai parlando sul serio, agente Hopps?” Le chiese, con poca convinzione e con tono scocciato.

“Glielo giuro, signore.” esclamò la coniglietta. “Roba da non credersi. Quel tipo era come impazzito. Tutto ad un tratto ha iniziato a ringhiarci contro, e poi ci ha inseguito. Voleva...voleva sbranarci!! E lo avrebbe fatto, se non lo avessi immobilizzato con la coppia di manette che avevo in dotazione. Lo so che sembra pazzesco, ma sembrava...sembrava regredito ad una sorta DI STADIO PRIMITIVO.”

Il grosso bufalo sbuffò.

“Sarà...” disse, sempre più perplesso. “Ma per me devi aver avuto UN ABBAGLIO. Oppure LE TRAVEGGOLE. Da quanto tempo é che NON TI FAI UNA DORMITA, Hopps?”

“Le giuro che non ho avuto alcuna allucinazione, signore. Manchas era tornato ALLO STATO SELVATICO! Era...era un autentica BESTIA FEROCE!! Stava...stava per UCCIDERCI, gliel’ho detto!!”

“Bah. SBRANARE...UCCIDERE...i TEMPI ANTICHI sono passati da un pezzo, Hopps. Non siamo più ALL’ ETA’ DELLA PIETRA! I MAMMIFERI NON DIVENTANO SELVAGGI! E soprattutto...NESSUNO MANGIA PIU’ NESSUNO. SON STATO ABBASTANZA CHIARO?!”

“Signorsì, signore. Ma...”

“Non c’é MA che tenga!!” La bloccò lui. Judy ebbe un sussulto.

“Guarda che se scopro che TI SEI INVENTATA TUTTO QUANTO E MI HAI FATTO USCIRE PER NIENTE, non la passerai liscia.” Buttò lì poi il comandante, con eloquente tono di minaccia.

“Io...non mi sto inventando proprio NULLA, signore!” Ribadì convinta la coniglietta. “E comunque...tra poco lo vedrà coi suoi occhi, a cosa mi riferisco.”

Spostò con le zampine anteriori la barriera composta dall’ultimo gruppo di fogliame.

Finalmente avevano raggiunto il ballatoio con balaustra al cui fianco scorrevano, con ritmo cadenzato e regolare, le cabine del sistema di trasporto funicolare del GONDOLA LIFT.

Il giaguaro, dopo averli aggrediti, li aveva inseguiti fino a lì, e proprio in quel punto era terminata la loro fuga. Con tanto di rocambolesco volo sulle liane, atterraggio su un cespuglio di rampicanti e, giusto per concludere in bellezza, tuffo a rotta di collo nel vuoto. Fortunatamente ammortizzato dalle numerose piante lì presenti, giusto quel tanto che era bastato a non renderlo MORTALE.

Già, una vera fortuna.

E alla fine, come in ogni film o telefilm di genere poliziesco che si rispetti, all’ultimo erano arrivati I NOSTRI. I rinforzi, chiamati proprio da Judy un attimo prima che la ricetrasmittente le cascasse di zampa per precipitare svariate decine di metri più sotto. E adesso?

Adesso era giunto il classico momento della RIVELAZIONE o della TROVATA SCONVOLGENTE, che avrebbe cambiato le carte in tavola. E che avrebbe portato alla risoluzione del caso. Ma che soprattutto avrebbe fatto salire alla ribalta e agli onori delle cronache il coraggioso agente che, con la sua abnegazione ed il suo spirito di sacrificio, aveva permesso di scoprire tutto quanto.

LA CORAGGIOSA AGENTE, in questo caso.

La REIETTA. L' ESCLUSA. Colei che avevano confinato unicamente a rifilare multe per sosta vietata ed infrazioni stradali. Finalmente avrebbe avuto la tanto sospirata rivincita su chi le voleva male.

Finalmente aveva avuto LA GRANDE OCCASIONE. La SUA grande occasione. L’occasione che aspettava da un pezzo.

Era sempre più che certa che sarebbe arrivata, prima o poi. Bastava solo TENER DURO. E continuare ad IMPEGNARSI.

A dare il massimo, e a fare del proprio meglio.

Finalmente qualcuno avrebbe riconosciuto i suoi meriti. E le sue capacità. E le avrebbero conferito il giusto apprezzamento.

Ce l’aveva fatta.

Le cose stavano finalmente prendendo la giusta piega. Tutto stava iniziando ad andare come doveva andare. E così che doveva essere. Ed invece…

Invece non ci fu nulla di tutto questo.

La scena in questione venne tagliata ancora di fare capolino nelle fantasie e nella testolina dell’agente Hopps.

Il ballatoio era deserto. Del giaguaro non vi era alcuna traccia.

Renato Manchas era sparito, svanito nel nulla. Persino la coppia di manette era scomparsa.

Ed infatti la prima cosa che fece Judy fu proprio quella di correre verso il palo del lampione a cui aveva fissato uno dei due anelli d’acciaio temprato, subito dopo aver utilizzato l’altro per bloccare una delle zampe posteriori del grosso felino inferocito. Impedendogli così di saltare addosso a Nick e sbranarlo.

“Non...non é possibile!” Gridò, affranta. “Era...era qui! Era proprio qui, fino ad un attimo fa!!”

“Che cosa, era qui?” Domando Bogo, mentre la coniglietta cominciava ad estendere la sua febbrile ricerca per ogni dove, scattando all’impazzata da una parte all’altra. Aveva l’aria di essere davvero disperata.

Ovviamente, ciò non commosse minimamente il bufalo.

Figurarsi. A detta sua, la missione dell’agente Hopps era fallita ancora prima di cominciare.

Anzi...non avrebbe dovuto NEMMENO COMINCIARE. Perché IL VERO FALLIMENTO era stato CONSENTIRE AD UNO DI QUELLA SPECIE DI ENTRARE NELLE FORZE DI POLIZIA.

Quella piantagrane in miniatura aveva fallito NEL MOMENTO STESSO IN CUI AVEVA MESSO PIEDE PER LA PRIMA VOLTA ALL’ INTERNO DEL DISTRETTO. Del SUO distretto.

“Allora?” Ribadì. “Che cosa, non c’é più? Forse IL FANTOMATICO GIAGUARO SELVAGGIO?”

Il tono del suo vocione stava iniziando a prendere una piega decisamente canzonatoria. Una vaga impressione che venne spiacevolmente accentuata dai grugniti, misti a risate, che cominciarono a provenire dalle bocche dei quattro nerboruti rinoceronti che stavano facendo da scorta al nerboruto comandante, facendo da coro alle sue sprezzanti esternazioni.

E a Nick, che in quel momento si trovava in mezzo a loro, la cosa non era affatto sfuggita. Ma proprio per niente.

“Era...era qui, signore!!” Disse di nuovo Judy, allargando entrambe le braccia e spingendole con forza verso il basso. Forse le sembrava di poter dare maggior forza alle sue argomentazioni, con quel repentino gesto di stizza.

Qualunque cosa, pur di riuscire a convincere capitan bufalo muschiato.

“Era qui!!” Ripeté ancora. “Proprio qui! Glielo assicuro!!”

“Certo, come no.” asserì l’altro. “O magari...AGLI OCCHI DI UN CONIGLIO COME TE QUALUNQUE MAMMIFERO ANCHE SOLO DI POCO PIU’ GRANDE PUO’ APPARIRE FEROCE, DICO BENE?”

Lei assunse un’aria sconsolata. Le braccia le cascarono inerti lungo il corpicino.

“Cosa...cosa?!”

“Hai sentito benissimo, Hopps. Non stiamo a prenderci in giro, per favore. Lo sanno TUTTI come siete fatti voi conigli. Per voi qualunque animale di stazza, peso o dimensioni superiori alla vostra é POTENZIALMENTE PERICOLOSO. Avete paura di tutto. La vostra stessa ombra é sufficiente a farvi spaventare!!”

“Ma signore, questo NON E’ ASSOLUTAMENTE VERO! Io...”

“SILENZIO!!” La zittì lui. “Non ti permettere mai più di contraddirmi! Ti ho appena detto che non ci tengo ad essere PRESO PER FESSO. Specie da una NOVELLINA IN ERBA CHE DOPO NEANCHE UN MESE DI LAVORO PENSA GIA’ DI ESSERE CHISSA’ CHI!! MI STAI SOLTANTO FACENDO PERDERE TEMPO!! IO E GLI ALTRI AGENTI NON POSSIAMO VENIRTI APPRESSO OGNI VOLTA CHE CREDI DI AVER VISTO UNA MINACCIA, CAPITO?!”

“Signor comandante...” rispose Judy. “Con tutto il rispetto, ma lei...lei sta forese insinuando che io...che io MI SIA INVENTATA TUTTO QUANTO?!”

“No, Hopps...” intervenne Bogo. “Io non insinuo. Io AFFERMO, ecco la differenza!!”

“Signore...guardi che io...guardi che io NON HO AVUTO LE ALLUCINAZIONI, se é questo ciò che crede. Sono SICURA di quel che ho visto, glielo giuro! E poi...ho UN TESTIMONE.”

Bogo sgranò gli occhi.
“Un...UN TESTIMONE?!” Esclamò. “QUALE TESTIMONE?!”

“LUI.” annunciò risoluta la coniglietta. “Anche lui HA VISTO TUTTO.”

Alzò il ditino e lo puntò oltre il colossale corpo del bufalo, alle sue spalle.

Stava indicando Nick.

Stava indicando PROPRIO LUI.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oh – oh. Tempo di andare in scena, a quanto pare.

Pare proprio che sia arrivato il mio momento.

 

Sentendosi tirato in causa, Nick aveva già iniziato a gongolare.

 

Forza, vecchio mio. Si disse. Carotina CONTA SU DI TE.

Coraggio. Facciamole fare BELLA FIGURA.

 

Si lisciò la camicia hawaiiana con entrambi i palmi delle mani e poi gli assestò un bello strattone per lato. Quindi si aggiustò la cravatta. Infine, prese ad avanzare tutto bello impettito e tronfio, sfoderando il migliore e più diplomatico sorriso di circostanza.

Ma qualcosa lo bloccò sul colpo, costringendolo a sospendere la sua entrata ad effetto che aveva studiato così a lungo.

Ok, forse non così a lungo. A certe cose aveva ormai finito col FARCI IL CALLO, al punto che gli venivano naturali. In special modo tutto quel che concerneva l’adattarsi all’interlocutore di turno e metterlo a proprio agio. Per spillargli preziose informazioni, ad esempio. Oppure...per tirarselo dalla propria parte, a sostenere le proprie convinzioni. Però…

Però si sentiva come se gliene fosse passata inspiegabilmente la voglia.

Così, di botto. Aveva persino mutato espressione, facendosi serio e cupo.

Ed il motivo era presto detto.

Gli era bastato vedere la faccia del bestione gallonato che a quanto pare doveva essere il capoccia di Carotina. Si era voltato verso di lui, soltanto per pochi secondi. Ma gli erano bastati.

Perché gli aveva rifilato una di quelle occhiatacce che già DICEVANO TUTTO. Tutto su come doveva pensarla, in tal proposito. A proposito DELLE VOLPI IN GENERALE.

Lo aveva guardato allo stesso modo in cui si guarda uno straccio o un mucchio di cenci buttati lì in un angolo, alla rinfusa. O una lattina. O una bottiglia. Oppure un avanzo di cibo ammuffito o marcito. O qualunque altro tipo o genere di rifiuto analogo che si può trovare all’angolo o alla base di un marciapiede, dopo aver mancato di un soffio il cestino o il bidone adibito alla raccolta.

Aveva fatto una smorfia di DISGUSTO. Di disgusto AUTENTICO. La smorfia di chi non vuol vedere una cosa. O fa finta di non vederla. O peggio ancora, NON L’ AVREBBE MAI VOLUTA VEDERE. E quindi dall’attimo successivo inizia a sforzarsi e a fare di tutto per VOLERSI DIMENTICARE DI AVERLA VISTA. Fosse anche solo per puro sbaglio.

PERCHE’ GLI FA TROPPO SCHIFO.

L’aveva notata fin troppe volte sui volti delle persone che aveva incontrato ed incrociato, perché si potesse sbagliare.

Ebbe un pessimo presentimento. Che venne confermato subito dopo dalle sprezzanti parole del capitano.

“COSA?!” Urlò quest’ultimo, fuori di sé. “LUI? UNA VOLPE?! E IO DOVREI FIDARMI DI QUEL CHE DICE UNA VOLPE? DOVREI PRENDERE PER BUONA LA SUA VERSIONE DEI FATTI?! MA CHI PENSI CHE POSSA MAI CREDERE AD UNA VOLPE? NO, DICO!! MA QUI STIAMO SCHERZANDO!!”

E infatti.

Era tutto chiaro. CHIARO E LIMPIDO.

Aveva capito la situazione al volo.

Carotina, incredibile a dirsi, AVEVA RIPOSTO FIDUCIA IN LUI. Ed aveva dimostrato di avercela ancora, tirandolo in mezzo perché prendesse le sue difese.

Qualcuno AVEVA AVUTO FIDUCIA IN LUI. IN UNA VOLPE.

QUALCUNO AVEVA AVUTO FIDUCIA IN LUI, PER LA PRIMA VOLTA NELLA SUA VITA.

E per la prima volta nella sua vita, forse ANCHE NICK…persino Nick AVREBBE POTUTO...

Ma quel tizio…

Quell’ottuso di un bufalo cornuto, e senza offesa alcuna per chiunque tiene un bel paio di corna...NON STAVA NUTRENDO LA BENCHE’ MINIMA FIDUCIA.

NE’ IN LEI, NE’ IN LUI.

E lo stava dando a capire, senza tanti giri di parole.

E tutto per un motivo semplice quanto terribile e spietato.

Quell’energumeno DISPREZZAVA SIA I CONIGLI CHE LE VOLPI.

Non sarebbe mai stato possibile indurlo a ragionare, ecco l’amara verità.

Così come non li avrebbe mai ascoltati, qualunque cosa avessero da riferirgli.

Perché NON GLI INTERESSAVA.

Non gli interessava ciò che avevano da dirgli.

NON GLI IMPORTAVA. NON GLI IMPORTAVA ASSOLUTAMENTE NULLA.

Perché non si ha NE’ MEMORIA NE’ ORECCHIE per ciò che NON SI VUOL TENERE MINIMAMENTE IN CONSIDERAZIONE.

Le cose si stavano mettendo male.

MOLTO, MOLTO MALE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“NO, TU DEVI ESSERE COMPLETAMENTE AMMATTITA, HOPPS!! SUL SERIO!! CREDI DAVVERO CHE ESISTA AL MONDO UN PROCURATORE CHE POSSA APRIRE UN’INDAGINE BASANDOSI SULLA DEPOSIZIONE DI UNA VOLPE? E’ PER QUESTO, CHE MI HAI CHIAMATO QUI?! MI STAI FACENDO SOLO PERDERE TEMPO, COME TI HO GIA’ DETTO. TEMPO FIN TROPPO PREZIOSO!! E LO SAI BENISSIMO, COSA C’E’ IN BALLO!! CI HAI COSTRETTO A SOSPENDERE LE INDAGINI PER STARE DIETRO AI TUOI DELIRI!!”

“Beh...é un TESTIMONE CHIAVE...” disse lei, tentando di giustificarsi. “...Quindi...”

“PIANTALA!!” Gli gridò dietro Bogo, zittendola di nuovo.

La coniglietta si ammutolì di colpo, mortificata.

“E va bene” aggiunse il bufalo. “Adesso ne ho veramente abbastanza, di questa storia.”

“Ma, signore...”

“DUE GIORNI, Hopps. Ti avevo dato QUARANTOTTO ORE di tempo per riuscire a trovare quella lontra, il signor OTTERTON. O almeno per riuscire a scoprire qualcosa che potesse risultare utile. Ma, stando così le cose...credo proprio che non ci sia bisogno di attendere LA SCADENZA DEI TERMINI PREVISTI.”

“C – cosa?!” Balbettò la coniglietta, incredula. “M – ma i – io...”

“NIENTE MA!!” Sentenziò lui. “Non c’é proprio NESSUN MA che tenga!! Erano QUESTI i patti, mi risulta. E’ fin troppo chiaro come tu NON ABBIA CAVATO UN SOLO RAGNO DAL BUCO, fino ad ora. Non hai combinato né risolto NULLA. Così come é lampante che NON SEI ADATTA A FARE QUESTO TIPO DI LAVORO, giunti a questo punto.”

“M – ma...”

“NIENTE MA, ho detto. Hai voluto fare IL PASSO PIU’ LUNGO DELLA ZAMPA, quando invece avresti dovuto rimanertene tranquillamente dov’eri. E cioé a fare L’ AUSILIARE DEL TRAFFICO, e a COMPILARE MULTE. Ma tu no. Ti sei voluta mettere in testa di VOLER DIMOSTRARE CHISSA’ COSA. E, come ti ho già detto poc'anzi...DI ESSERE CHISSA’ CHI. Beh...TANTO PEGGIO PER TE.”

Tese l’enorme mano verso Judy.

“IL DISTINTIVO, Hopps.” la esortò. “CONSEGNAMELO. SUBITO.”

Lei lo guardò, con aria smarrita. Poi guardò il suo stemma e d’istinto portò la sua mano destra al petto, lo afferrò e lo strinse con tutte le sue forze, come se si trattasse di un TESORO.

Del SUO tesoro, unico ed inestimabile.

L’unica cosa di valore che le era ancora rimasta. L’unica cosa che che la separava dal PERDERE TUTTO.

Le sue pupille si posavano ora sulla coccarda dorata, ora sugli occhi severi del capitano, in un’alternanza continua ed incessante.

Non voleva. Ma non poteva nemmeno opporsi agli ordini.

Non sapeva davvero più che pesci pigliare.

“M - ma signore, i – io...”

“IL DISTINTIVO, ho detto.” Ripeté Bogo.

“L – la prego, signore...m – mi ascolti, i – io...”

“IL DISTINTIVO, HO DETTO!! MUOVERSI!!” Incalzò il grosso bufalo senza alcuna pietà, ed agitandole ancora la mano davanti al suo musino in modo minaccioso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick stava osservano la scena dal punto in cui si era fermato, completamente allibito.

Non riusciva a credere a quello a cui stava assistendo, davvero.

E nemmeno a ciò che aveva appena udito.

 

Due...DUE GIORNI? Pensò.

DUE GIORNI PER TROVARE UNA PERSONA SCOMPARSA?!

Ma...MA CHE RAZZA DI STORIA E’ QUESTA?!

 

Alla parola SCOMPARSO il suo cervello fece una fulminea associazione di idee. Non che ci volesse questa gran scienza visto che tra televisione, radio e quotidiani le notizie non parlavano d’altro, di recente.

 

Aspetta, aspetta…

Ho...HO CAPITO BENE?

Ha forse parlato di un MAMMIFERO SCOMPARSO?

Non...non sarà...non sarà forse…

 

ERA, invece.

Era senza dubbio il caso che stava sconvolgendo e turbando l’ordine dell’intera città.

IL CASO DEI QUATTORDICI MAMMIFERI SCOMPARSI.

 

No, si disse.

Non può essere.

NON PUO’ PROPRIO ESSERE.

DUE SOLI GIORNI PER SCOPRIRE QUALCOSA?!

DUE SOLI GIORNI PER RISOLVERE IL CASO DEI QUATTORDICI MAMMIFERI SCOMPARSI?!

AD UNA RECLUTA?!

MA COME E’ POSSIBILE?!

 

Era INAUDITO. A dir poco INAUDITO.

 

Che...CHE RAZZA DI ACCORDO SAREBBE, QUESTO? Si chiese, sempre più esterrefatto.

Che...CHE RAZZA DI ACCORDO HAI FATTO, CAROTINA?!

 

Non era giusto.

NON ERA PROPRIO GIUSTO, dannazione.

L’aveva osservata bene.

L’aveva osservata più che bene, nel corso della giornata e mezza in cui lo aveva praticamente costretto, volente o nolente, a partecipare e collaborare alle indagini. Abbastanza da capire molte cose, su di lei. E abbastanza da potersi rendere conto di non aver mai conosciuto in vita sua un agente di polizia così CORAGGIOSO, GRINTOSO E DETERMINATO.

Aveva dimostrato di possedere una forza di volontà dir poco ferrea, che rasentava L’ OSSESSIONE.

Non aveva mai incontrato un poliziotto simile. Mai.

La maggior parte degli sbirri con cui aveva avuto a che fare, almeno in passato, era costituita da gente SPENTA E DEMOTIVATA. Persone a cui ormai interessava soltanto tirare la fine del proprio turno o della giornata e portarsi a casa la busta paga a fine mese.

Alcuni lo era già dall’inizio. Rassegnati e disillusi ancora prima di iniziare a pattugliare le strade. In altri casi, beh...non era nemmeno colpa loro. Magari partivano con le migliori intenzioni, convinti di poter fornire il loro contributo e di poter fare la differenza. Ma ben presto scoprivano loro malgrado che le cose non stavano affatto come pensavano, e finivano per rinunciare ai loro nobili propositi. E finivano con l’arrendersi. Si lasciavano inghiottire dall’onda di mediocrità generale, fino a farsi sommergere. Ma lei…

LEI NO.

Carotina era DIVERSA. DIVERSA DA CHIUNQUE ALTRO.

Nick non aveva potuto fare a meno di constatarlo.

Il modo in cui aveva affrontato a muso duro nientemeno che MR. BIG in persona, il boss della malavita di Tundratown. Nonché il capo della malavita più temuto dell’intera città…

Il cui solo nome, una volta pronunciato, bastava a far letteralmente SQUAGLIARE DI TERRORE anche i peggiori avanzi di galera…

Se i suoi scagnozzi ti venivano a cercare, tanto valeva che ti facessi il segno della croce ed iniziassi a mormorare scongiuri, raccomandando la tua anima al miglior offerente.

Perché avere un conto in sospeso con Mr. Big equivaleva a MORTE CERTA. SICURA.

E lui lo sapeva bene. Conosceva bene la paura di dover andare in giro guardandosi le spalle ogni secondo.

Altro che spavalderia. Quella era tutta scena, fatta al solo scopo di salvare le apparenze.

Dopo il tiro che gli aveva giocato col famoso TAPPETO PREGIATO A BASE DI PELLICCIA DI CHIAPPE DI PUZZOLA, nel distretto artico era meglio che non si facesse nemmeno più vedere. Altrimenti, nel momento stesso in cui vi avrebbe rimesso piede non ne sarebbe mai più uscito. NON VIVO, ALMENO. E NEMMENO PIU’ TUTTO INTERO.

Cosa gli era saltato in testa di accompagnare quella coniglietta fino alla rimessa auto del TUNDRA LIMO CAR SERVICE, l’agenzia specializzata in chaffeurs e trasporti privati di lusso, alla ricerca della vettura che aveva trasportato il signor Emmitt Otterton fino a poco prima che fuggisse, dopo aver dato fuori di matto e aver ferito l’autista, arrivando a staccargli quasi un occhio?

Avrebbe dovuto scappare a zampe levate non appena aveva letto l’indirizzo sopra al foglio stampatogli e consegnatogli dalle lentissime ed unghiute zampacce del buon vecchio Flash.

E al diavolo ciò che aveva registrato su quel giocattolo a forma di carota. Tanto non avrebbe avuto alcuna valenza giuridica. Non era altro che una dichiarazione estorta con l’inganno ed estrapolata totalmente dal contesto. Anche il più scalcinato degli avvocati ci si sarebbe aggrappato mani e piedi. In quanto ai giudici...avevano sicuramente ben altro da fare, nonché somme ben più cospicue da intascare che stare dietro a perdere tempo a condannare un mariuolo di quart’ordine basandosi su un mucchio di scemenze dette in un attimo di distrazione.

O forse no. Perché...lo sanno anche i sassi. Ruba una mela e ti sbattono a marcire in galera. Mettiti invece a rubare milioni e con un po' di fortuna ti faranno DEPUTATO. O addirittura SENATORE.

Basta DARLI ALLA PERSONA GIUSTA. E le persone in questione...DI UNA MELA NON SE NE FANNO NULLA. E NEMMENO DI UN CHILO. A loro interessa LA GRANA.

E così che si ritiene di RISPETTARE e FAR FUNZIONARE LA LEGGE, al mondo.

E in ogni caso...nessuno avrebbe mai prestato la minima attenzione o considerazione alle accuse mosse da una semplice AUSILIARE DEL TRAFFICO.

E comunque...non lo obbligava nessuno. AVREBBE POTUTO PIANTARLA IN ASSO IN QUALUNQUE MOMENTO E SPARIRE, ecco la verità.

Gli stava dietro solo ed unicamente per SUA LIBERA SCELTA.

E lei che aveva pure pensato di AVERGLIELA FATTA, quella volta. Povera ingenua.

POVERA CONIGLIETTA INGENUA.

Lui non aveva MAI PERSO IL CONTROLLO DELLA SITUAZIONE, nemmeno per un istante. Se aveva deciso di seguirla, lo aveva fatto PER SUA PRECISA VOLONTA’.

ERA LIBERO DI ANDARSENE IN QUALUNQUE MOMENTO, ecco la verità. Ma allora…

Allora perché diamine aveva continuato a starle appresso in quell’assurda ricerca?

Perché l’aveva COLPITO.

Il fatto che fosse riuscita a fregarlo con quel micro – registratore, almeno all’inizio, lo aveva sorpreso. Per non parlare di tutto il resto. Per riuscire a colpirlo al momento più opportuno doveva aver fatto ricerche minuziose, ed una nutrita serie di cauti e pazienti appostamenti. Era raro riscontare una simile dedizione, in un poliziotto. Voleva vedere fino a dove sarebbe stata capace di arrivare. Voleva vedere se ci aveva visto giusto.

E per lo stesso motivo aveva deciso di continuare a stare al gioco anche dopo che lei lo aveva gabbato per la seconda volta di fila davanti al parcheggio delle limousine, ormai chiuso per l’ora tarda.

Ad una prima impressione non gli era sembrata altro che una di quelle persone col cervello pieno zeppo di aria, e la bocca pronta ed adibita ad aprirsi solo in funzione di ricambio della stessa.

Un’altra di quegli stupidi convinti che nella vita sia sufficiente l’ottimismo innato, e la fiducia totale ed incondizionata in sé stessi e nei propri mezzi, per poter ottenere qualunque cosa e raggiungere qualunque traguardo. Stupidi che si ostinavano a non voler guardare in faccia la realtà, e nemmeno a fare i conti con essa. Ma…

Ma forse c’era QUALCOSA DI PIU’, stavolta. E lui era intenzionato a volerlo SCOPRIRE ASSOLUTAMENTE.

E la prima prova ce l’aveva avuta proprio al cospetto di quel mafioso di un toporagno e la sua sordida cosca.

Carotina NON AVEVA PAURA DI LUI. NON AVEVA PAURA DI NULLA.

Ok, c’era da ammettere che la coniglietta era giunta da poco in città, e molto probabilmente non aveva la minima idea DI CHI ACCIDENTE FOSSE, il fantomatico Mr. Big in questione. Tizi del genere appartengono al cosiddetto LATO OSCURO della metropoli. QUELLO SOMMERSO. Quello che nessuno deve conoscere, a parte pochi. E molti di quei pochi non avrebbero mai voluto conoscerlo.

Il suo doveva essere il coraggio DETTATO DALL’INCOSCIENZA.

IL CORAGGIO DEI PAZZI, senza dubbio.

QUELLO CHE FA FINIRE MALE, prima o poi.

Certe volte NON SAPERE NULLA é proprio bello. Ma può anche essere MOLTO, MOLTO PERICOLOSO.

E invece...le cose non stavano affatto così. Carotina si era comportata a quel modo perché trattava TUTTI I DELINQUENTI allo stesso modo. Si trattasse DELL’ ULTIMO DEGLI SCIPPATORI come DELLA MAGGIOR MENTE CRIMINALE DI QUESTO PIANETA.

Perché é così che fa un poliziotto. E’ così che DEVE FARE un poliziotto. UN VERO POLIZIOTTO.

ARRESTARE E FERMARE CHI SBAGLIA. E SOCCORRERE E PROTEGGERE CHI HA BISOGNO DI AIUTO. E in tal proposito…

La seconda e definitiva prova a sostegno della sua tesi gliel’aveva fornita proprio poco fa, mentre era alle prese con Manchas.

Carotina aveva affrontato a zampe nude un giaguaro inferocito. Un predatore molto più grosso e di svariate decine di chili più pesante di lei, in preda ad un inspiegabile quanto inarrestabile furia assassina. Perché stava per balzargli addosso e divorarlo. Dopo averlo fatto in tanti minuscoli pezzettini, ovviamente. E non solo.

Si era anche gettata nel vuoto senza la minima esitazione, non appena lo aveva visto precipitare. E lo aveva afferrato al volo, con una mano sola, reggendolo per intero. E non aveva mollato la presa nemmeno per un istante, fino a che non lo aveva messo al sicuro. A costo di slogarsi l’intero braccio, fino alla spalla. A costo di rischiare di staccarselo di netto. E tutto per salvare la misera vita di un ancor più miserabile truffatore da quattro soldi quale era lui.

 

T – tu...MI HAI SALVATO LA VITA!!”

Beh…é quello che facciamo NOI POLIZIOTTI...”

 

Già. Sembrava pazzesco. Eppure era proprio così. Agli occhi di lei, in quel momento, lui non era più un criminale. Era un cittadino. Una persona qualunque. Una persona IN PERICOLO DI VITA.

Una persona DA SALVARE E PROTEGGERE, A QUALUNQUE COSTO.

Quella piccoletta aveva un senso della morale ferreo ed inattaccabile. Ed inossidabile.

Era pronta, più che pronta a mettere in manette anche il più stimato ed irreprensibile dei cittadini, qualora abbandonasse la retta via. Così come non esitava a mettere a repentaglio sé stessa per trarre fuori dagli impicci anche il più incallito e, almeno all’apparenza, più irrimediabile dei delinquenti.

Trattava tutti allo stesso modo. Metteva tutti sullo stesso piano.

Con lei...NESSUNO POTEVA PERMETTERSI DI SGARRARE. E NESSUNO DOVEVA MORIRE. E TUTTI DOVEVANO AVERE DIRITTO AD UNA POSSIBILITA’.

AD UN GRAMMO DI FIDUCIA.

Era...ERA DAVVERO INCREDIBILE, quella coniglietta.

UNICA.

Non...non aveva mai incontrato nessuno di SIMILE, anche solo lontanamente. MAI.

Ma cosa la spingeva a farlo?

Domanda idiota. Era fin troppo ovvio.

Lei lo faceva perché credeva...no.

Lei faceva tutto questo perché...perché VOLEVA davvero rendere il mondo UN POSTO MIGLIORE.

Non voleva né FAMA, né tanto meno GLORIA. O SUCCESSO.

Lo faceva solo ed esclusivamente per SE’ STESSA. E NESSUN ALTRO.

Ma...ma allora perché…

Per quale motivo aveva accettato una cosa simile?

 

Per quale motivo hai accettato una cosa del genere, Carotina?

Ti hanno forse promesso una...una PROMOZIONE, O QUALCOSA DI SIMILE?

O magari...UN AVANZAMENTO DI CARRIERA, se avessi risolto il caso?

 

Tsk. Povera sciocca.

Che povera sciocca, era stata.

 

Non sei stata altro che un’illusa, Carotina.

Ma come hai potuto lasciarti ingannare così?

Ma non capisci?

E’ davvero possibile che tu non abbia capito?

Come hai potuto essere così sprovveduta?

 

Come aveva fatto a non comprendere che era stato tutto un TRANELLO? Uno SPECCHIETTO PER ALLODOLE?

L’avevano USATA, ecco tutto. Come CARNE DA CANNONE.

Le avevano raccontato una bella favoletta promettendole chissà quale sontuosa ricompensa e intanto l’avevano gettata allo sbaraglio. Ed ora…

Ora che aveva fallito il compito assegnatole, l’avevano tramutata di colpo in un comodo CAPRO ESPIATORIO per giustificare le loro inadempienze, la loro inettitudine e la loro incapacità.

Era ingiusto, certo. E crudele. Ma procedeva tutto secondo uno schema ben collaudato e, cosa più importante...funzionava che era una meraviglia. Specie quando si era alle prese con un problema o un caso che non si riusciva in alcun modo a risolvere.

Quanti novellini di belle speranze aveva visto finire così. E Carotina non era che l’ennesima.

Solo una in più, e basta. Però…

Però lei era in gamba. ERA DANNATAMENTE IN GAMBA, accidenti.

E SVEGLIA. Almeno per quel che riguardava il suo impiego di sbirro.

Come diamine aveva fatto a cascarci, dunque?

Come diavolo aveva fatto a non accorgersi della trappola in cui l’avevano ficcata?

Dopo la brutta esperienza che aveva avuto da cucciolo, Nick aveva imparato una cosa. Dopotutto, per quanto terribile fosse stata, non gli era capitata invano. E la sua deformazione professionale di TRUFFATORE PROVETTO aveva fatto il resto.

Non poteva cancellare il ricordo di quanto era avvenuto, e nemmeno il carico di dolore congiunto ad esso. Ma col tempo aveva scoperto di poter riuscire a CONTENERLI. A LIMITARLI. Ad ARGINARLI.

Poteva ISOLARSI e DISSOCIARSI da loro. Ogni volta che voleva o lo avesse ritenuto necessario. Davvero l’ideale per uno che si ritrovava a FINGERE e a SIMULARE per tutto il santo giorno.

Ma ben presto il prezzo da pagare, in termini di EMOZIONI, si era rivelato ALTISSIMO.

Certe volte aveva come l’impressione si essere diventato eccessivamente FREDDO.

Davvero TROPPO, TROPPO FREDDO.

UN PEZZO DI GHIACCIO.

NON PROVAVA PIU’ NULLA.

E spesso a tutto ciò si accompagnava la sgradevole sensazione che stesse tentando disperatamente di TRATTENERSI, piuttosto che di riuscire a DOMINARSI.

Ma anche quello era un meccanismo OLIATO e BEN COLLAUDATO. E come sempre entò in funzione in automatico, e con la precisione del meccanismo di un orologio di fabbricazione svizzera.

Mentre era intento a trovare una risposta che potesse soddisfare quei suoi angosciosi interrogativi, in mezzo a tutta quell’ansia gli riuscì di ritagliare per sé stesso un momento di pura QUIETE.

E in quell’angolo di spoglio silenzio iniziò a riflettere sul quadro generale della situazione.

E CAPI’.

Capì che in tutta quella storia c’era qualcosa che non tornava. Che non aveva quadrato sin dall’inizio.

Ripensò a quando l’aveva conosciuta. A quando l’aveva sentita nominare per la prima volta.

Mentre erano a zonzo e alla ricerca di nuove vittime da turlupinare lui e Finnick avevano avuto modo di osservarla a lungo, mentre scorrazzava in lungo ed in largo con quella sua specie di triciclo a motore. E avevano iniziato a raccoglier informazioni su di lei. Non che fosse stato poi così difficile, visto che del suo arrivo in città ne avevano parlato praticamente tutti i giornali e i telegiornali, giusto il tempo di trovare qualcosa d’altro di più interessante di cui spettegolare.

Scoprire cose sulla gente da parte di un malandrino non é poi così difficile come sembra. Basta limitarsi a stare fermi, tranquilli ed OSSERVARE, il più delle volte. IN SILENZIO. Già solo così si possono ricavare un sacco di informazioni utili.

La gente normale non bada a queste cose, di solito. E questa mancanza di attenzione alle cose FUTILI, almeno dal loro punto di vista, rappresenta la loro CONDANNA. Perché IL DIAVOLO SI NASCONDE NEI PARTICOLARI. E se le volpi come lui erano GLI EMISSARI DEL DIAVOLO, da come si diceva…

Superstizioni a parte...la gente lavora, compra, esce. Va avanti e indietro. Ed in genere...SI SBATTE TUTTO IL GIORNO. NON HA MAI TEMPO.

Ma tu, invece...in quanto LADRO, RAPINATORE, TRUFFATORE o MALVIVENTE in genere, HAI TUTTO IL TEMPO CHE LORO NON HANNO. Per BRACCARLI. SEGUIRLI. STUDIARLI. E COLPIRLI AL MOMENTO PIU’ OPPORTUNO.

Ci vuole solo pazienza. E lui ne aveva da vendere. Perché ASSAI LUNGO E’ IL TEMPO DELL’ATTESA. E l’attesa...FA PARTE DELLA CACCIA.

E lui era UN PREDATORE. Aveva tutto il TALENTO e la PREDISPOSIZIONE NATURALE CH GLI OCCORREVANO. NON AVEVA BISOGNO D’ ALTRO.

Un criminale non improvvisa. MAI. Se si va ad indagare, e a scavare come si deve...si scoprirà che STAVA PEDINANDO E TENENDO D’OCCHIO LA POTENZIALE VITTIMA DA INTERE SETTIMANE.

Era quindi cambiato poi tanto, rispetto a una volta?

Il mondo continuava ad essere diviso tra PREDE E PREDATORI. Entrambi avevano solamente MUTATO FORMA, tutto qui.

La LEGGE DELLA GIUNGLA era ANCORA VALIDA.

PIU’ VALIDA CHE MAI.

E quindi cosa avevano scoperto di bello, sul conto di Carotina?

Judith Laverne Hopps, detta JUDY. Il primo agente CONIGLIO nella storia del corpo di polizia urbana. Uscita fresca fresca di accademia. Allieva modello, promossa col massimo dei voti. E prima assoluta del suo corso.

Eppure...l’avevano messa a strappare multe per divieto di sosta con una pettorina arancio, bianco e giallo fluorescenti.

Fu in quel momento stesso che comprese.

Fu come un fulmine a ciel sereno. Persino spiazzante, nella sua assoluta semplicità.

Gli aveva dato la stessa sensazione che si prova quando si trovano le chiavi di casa all’interno di uno dei propri taschini oppure gli occhiali sulla punta del proprio naso, dopo averli cercati a lungo e senza alcun esito. Erano sempre stati lì, eppure non li si sentiva.

L’avevano piazzata lì perché era UNA CONIGLIETTA, ecco perché. Puro e semplice.

I conigli sono DEBOLI e PAUROSI PER NATURA. E quindi...NON ADATTI AL MESTIERE DI POLIZIOTTO.

Quel misero impiego era l’unico modo in cui poteva essere TOLLERATA, dentro al dipartimento. E con tutta probabilità, il massimo a cui avrebbe potuto aspirare UNA COME LEI.

Era così ovvio, maledizione. Talmente ovvio che GIA’ LO SAPEVA, visto che era stato èproprio questo il motivo per cui l’aveva così pesantemente sfottuta dopo che lei aveva scoperto la truffa dei ghiaccioli.

Che stupido che era stato. Un vero idiota.

Carotina aveva accettato un accordo così scellerato perché era L' UNICA OPPORTUNITA' che aveva avuto per poter partecipare ad un’indagine. Una indagine che fosse SERIA E DEGNA DI QUESTO NOME.

L’unica opportunità che le avevano concesso. E anche la PRIMA E L’ ULTIMA, a quanto pare.

Non avrebbe avute altre.

E quindi lei doveva...doveva aver deciso che l’unica cosa da fare...l’unica cosa che le era rimasta da fare era di GIOCARSI TUTTO, di PUNTARE TUTTO su quell’unica chance che si erano degnati di offrirle.

Il tornaconto personale non c’entrava nulla. Non lo aveva fatto per ottenere qualcosa in cambio.

Quella coniglietta era solo un’altra vittima della DISCRIMINAZIONE E DEI PREGIUDIZI TRA LE VARIE SPECIE.

PROPRIO COME LUI.

VOLPE INFIDA E DISONESTA, CONIGLIETTA VIGLIACCA E PAUROSA.

Ed ecco spiegato anche il motivo per cui lo aveva ricattato. Non per vendetta o rivalsa. E nemmeno per disprezzo nei confronti di un delinquente. Ma perché era semplicemente DISPERATA, con poco tempo a disposizione. E non sapeva proprio più a che santo votarsi. Al punto da dover chiedere aiuto e rivolgersi AD UNA VOLPE.

Proprio ad una volpe. Che in teoria rappresentava il suo NEMICO NATURALE E GIURATO.

Le loro due stirpi erano in lotta dall’alba dei tempi, da prima che loro nascessero. Eppure…

Eppure lei AVEVA VOLUTO FIDARSI LO STESSO.

E lui, per contraccambiare la sua fiducia, non aveva escogitato niente di meglio che provare ad ostacolarla in tutte le maniere possibili. E a farle perdere solo tempo prezioso.

Perché, maledizione?

Perché era stato così OTTUSO?

Se soltanto avesse capito prima, come stavano veramente le cose…

E adesso, forse...forse ERA GIA’ TROPPO TARDI.

Stavano per DISTRUGGERE DEFINITIVAMENTE IL SUO SOGNO.

Stavano per PORTARGLIELO VIA, E NON GLIELO AVREBBERO RESTITUITO MAI PIU’.

Proprio come avevano fatto con IL SUO.

NO.

Forse...NON ERA ANCORA TROPPO TARDI.

Ma doveva sbrigarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“TI HO DETTO DI DARMELO, HOPPS!! SUBITO!! O GIURO CHE TE LO STRAPPO DA QUELLE MANI!!”

Di nuovo il vocione tonante del bufalo. E poi vide la coniglietta staccare il distintivo che teneva appuntato sul petto, emettendo un sospiro rassegnato.

Era sul punto di consegnarlo direttamente tra le mani del suo capo.

Era LA FINE DI TUTTO, dunque?

No, dannazione. NEANCHE PER SOGNO.

NEANCHE PER IDEA.

Non poteva finire così.

NON DOVEVA FINIRE COSI’.

NON CON LEI, almeno.

NON QUESTA VOLTA.

Lui aveva dovuto rinunciare ai suoi desideri ed alle sue aspirazioni, anche se gli era costato molto. Ma Carotina…

No. Lei non doveva.

Lui non poteva lasciarglielo fare.

Non DOVEVA lasciarglielo fare.

E infatti...NON GLIELO AVREBBE LASCIATO FARE.

 

Ti hanno insultato, schernito e preso a calci I TUOI SOGNI, vecchio mio.

E per te, ormai...E’ TROPPO TARDI per poter tornare indietro.

Ma, questa volta…

Questa volta PUOI FARCELA.

PUOI ANCORA RIMEDIARE, Nick.

Non lasciare...NON LASCIARE CHE FACCIANO LA STESSA COSA ANCHE CON LEI.

Fà in modo che quella coniglietta possa CONTINUARE.

AIUTALA A CONTINUARE IL SUO SOGNO.

Fallo, Nick.

FALLO.

SEI ANCORA IN TEMPO.

 

Si fece largo tra i quattro rinoceronti della scorta, che lo guardarono attoniti.

E prese ad avanzare verso Bogo, guardandolo fisso. Anche se il bufalo non si era ancora accorto del fatto che si stesse avvicinando. O forse si stava limitando ad ignorarlo, proprio come aveva fatto qualche attimo prima.

 

Scordatelo, pensò.

Scordatelo, AMICO.

Mi hai sentito? TE LO PUOI SCORDARE.

Non te lo lascerò fare. NON STAVOLTA.

NON OGGI.

Mi hai capito, amico? NON – OGGI.

 

Apri la bocca per pronunciare una semplice sillaba. Una sola, semplice sillaba con cui avrebbe potuto cambiare il corso del destino. Con cui avrebbe potuto cambiare TUTTO.

 

No.

 

La scandì per bene mentalmente, poi si preparò a pronunciarla.

 

N…

 

Un attimo.

L’aveva pensata ancora, quella parola. Già. Ma l’aveva pensata e basta. Al pensiero non era seguita l’azione.

Non...NON AVEVA EMESSO UN SOLO FIATO.

Dalle sue labbra NON ERA USCITA UNA SOLA PAROLA, nonostante fossero ben aperte.

Riprovò.

 

N…

 

Niente, dannazione.

NIENTE.

Non...NON RIUSCIVA A PARLARE. Era…

ERA COME MUTO.

Ma...MA CHE STAVA SUCCEDENDO, PER LA MISERIA?

Intanto che cercava di capirlo riprese a muoversi un direzione del capitano e di Judy. Doveva fermarli, in qualche modo. In QUALUNQUE modo. Fosse anche solo con un cenno, un gesto...in qualunque maniera.

Avrebbe persino frapposto il suo stesso corpo tra loro due, se fosse stato necessario. L’importante era BLOCCARLI. Ma…

Ma non riusciva a muoversi. Era come paralizzato.

No. Non era paralizzato. Una forte pressione in corrispondenza dei suoi quattro arti gli fece capire all’istante come stavano veramente le cose.

Non era paralizzato. Qualcosa o meglio, QUALCUNO lo stava trattenendo per le braccia e per le gambe, costringendolo a rimanere lì dov’era.

Si voltò leggermente a destra e…

No, non era possibile. Due zampe anteriori di volpe.

No. Non erano di volpe. Erano le mani di un leone e di un lupo, ma di quei due mammiferi avevano solo la forma. Il colore...il loro colore era come quello del suo manto. Rosso del fuoco con le punte tendenti al nerastro. E dotate di artigli sottili ma acuminati e taglienti, della stessa tonalità.

La sua testa proseguì la manovra per vedere meglio. Per vedere chi fossero. Avrebbe tanto voluto farne a meno, ma fu un gesto automatico. Quello di quando la curiosità arriva ad essere più forte della paura. Si sa già in cuor proprio che ci si pentirà di ciò che si sta per vedere, probabilmente per sempre. Ma non se ne può fare proprio a meno.

Girò il capo, pronto comunque a tutto. Anche se NIENTE avrebbe potuto prepararlo a ciò che avrebbe visto di lì a poco.

Vide gli agenti Delgato e Grizzoli che lo stavano tenendo, con forza. Non gli riusciva di divincolarsi.

Poi si girò dal versante opposto e scorse una tigre ed un orso polare. Erano Fangmeyer e Snarlov, altri due colleghi del distretto dove lavorava.

I quattro lo stavano tenendo inchiodato sul posto, impedendogli di fare anche un solo passo avanti.

Erano davvero loro. O meglio…

SEMBRAVANO LORO. MA NON LO ERANO. NON POTEVANO ESSERLO DAVVERO.

I loro volti e i loro corpi erano identici agli originali, ma avevano la pelliccia color della fiamma. Come la sua. Come quella DELLE VOLPI.

E poi i loro occhi.

Quegli occhi, mio Dio. GLI OCCHI. Non…

NON ERANO OCCHI.

Erano...erano orbite prive di pupilla. Come quelle delle sculture in marmo raffiguranti le varie specie e tipologie di animali che aveva visto al museo di storia naturale di Savana Central durante la sua re – inaugurazione, una volta che si erano degnati di farla finita con quelle dannate operazioni di restauro che sembravano davvero non aver mai termine. Però...a differenza di quelle, NON ERANO BIANCHE.

Erano verde smeraldo, proprio come le sue pupille che loro non possedevano. E persino FLUORESCENTI, con i capillari ribollenti ed in rilievo, di una gradazione di verde leggermente più scuro.

“VUOI AIUTARLA, EH?” Gli disse l’orso, con voce sprezzante. “BEH...SCORDATELO!!”

“NON TI IMMISCHIARE, VOLPE!!” Gli fece eco il lupo bianco.

“NON CAPISCI?! NON PUOI CAMBIARE IL SUO DESTINO!!” Aggiunse la tigre.

“E NON PUOI NEMMENO SALVARLA!!” Concluse fatalmente il leone.

Mentre parlavano esibivano tutti quanti un ghigno feroce e soddisfatto, mettendo in mostra le loro grosse zanne.

 

S – salvarla?! Pensò.

SALVARLA?! E’ così che hanno detto?!

 

Guardò dritto davanti a lui.

Era finita. Judy aveva appena restituito il proprio distintivo tra gli zoccoli della mano del grosso bufalo. Bogo lo afferrò avidamente, in modo brusco e senza tante cerimonie. Poi si mise ad osservarlo lentamente, tenendolo nell’enorme palmo.

Poi...iniziò a stringerlo al suo interno, sempre più forte. Fino a ridurlo in POLTIGLIA.

Judy alzò la testolina e lo fissò, incredula.

“S- signore?!

“Bene, bene, bene...”disse il bestione. “Hai fatto la scelta giusta, Hopps. Quella di ARRENDERTI.”

“C – cosa?!”

“Hai capito benissimo, agente Hopps. ARRENDERTI. E SOCCOMBERE SENZA PIU’ COMBATTERE. E non ti preoccupare per la patacca che ho appena sbriciolato...ti assicuro che tra pochi istanti ACCADRA’ LA STESSA COSA ANCHE A TE.”

Judy sgranò gli occhi.

“C – come?!”

“Proprio così” confermò il comandante. “Ho intenzione di farti fare LA STESSA FINE.”

Detto questo, e sfruttando la sua sorpresa, la colpì con un violento manrovescio effettuato col dorso della zampa anteriore sinistra, facendola volare a mezz’aria e buttandola contro il bordo della balaustra opposta a dove si trovavano.

La coniglietta atterrò contro di schiena, emettendo un gemito di dolore. Le sue costole, invece, avevano prodotto uno scricchiolio assai poco rassicurante, in seguito al tremendo impatto.

Non ci volle un genio, per capirlo.

Judy era in pericolo!

Malgrado l’angoscia che gli stava serrando la gola, Nick si ricordò di avere ancora i piedi liberi. Cominciò a scalciare furiosamente avanti ed indietro. Come un impiccato che, poco prima di soffocare a causa dello stretto cappio, si mette a menare pedate al vento e all’aria. Ma, in quel caso specifico, il più delle volte si rivelava essere una manovra assolutamente inutile. Buona solo per far sghignazzare gli aguzzini e chi stava assistendo all’esecuzione. Ma forse, questa volta…

Tentò alcuni scatti, cambiando ripetutamente direzione. Ma proprio mentre stava iniziando a sentir cedere la morsa da parte delle quattro repliche mostruose dei suoi colleghi...si sentì avvinghiare anche là sotto.

Abbassò il muso, con una crescente sensazione di terrore. Aveva di nuovo il presentimento che non avrebbe affatto gradito ciò a cui avrebbe assistito tra pochi istanti. Ma anche stavolta non gli riuscì di distogliere la faccia.

Ai suoi piedi c’erano Stu e Bonnie, rannicchiati. Uno per estremità. Il padre di Judy su quella di destra e la moglie sull’altra. Anche loro due con quel ghigno famelico in bella mostra, occhi verde putrefatto e pelo arancione. Ma con una differenza.

Più che una ghigna, il loro sembrava un sorriso candido e gaio. E la cosa, se possibile, li rendeva ancora più spaventosi. Sembravano...FELICI.

Felici per quel che stava accadendo alla loro figlia.

“NON SI E’ MAI VISTO UN CONIGLIO POLIZIOTTO!!” Trillarono all’unisono, giulivi.

Roba da prenderli a schiaffi, se soltanto avesse potuto farlo. E muoversi. Ma nelle condizioni in cui versava, e con la paura che gli attanagliava il petto...non avrebbe potuto fare altro che farsela nei pantaloni. Oltre che riprendere a guardare Judy.

Così fece, infatti. E vide...vide…

Era giunto anche il turno di Bogo, a quanto sembrava.

Vide il manto del bufalo mutare colore, passando dal grigio scuro al rosso acceso. Le sue pupille scomparvero, lasciando posto a due globi verdi iridescenti e putrescenti. I suoi denti anteriori iniziarono ad allungarsi a dismisura, fino a diventare una fila di canini acuminati e grondanti sangue. Zaffate di fumo nero pece gli fuoriuscirono dalla bocca e dalle narici, insieme all’ultima espirazione. I suoi zoccoli cambiarono forma e si schiarirono, fino a diventare artigli affilati.

Come gli altri...proprio come tutti gli altri prima di lui era diventato LA SINTESI, IL PERFETTO CONNUBIO TRA LA SUA SPECIE DI APPARTENENZA ED UNA VOLPE ROSSA.

Un BUFALO MUSCHIATO, nel suo caso.

UN MOSTRO, in ogni caso. UN MOSTRO ASSETATO DI CARNE E SANGUE.

 

Judy!

JUDY!!

VA’ VIA, JUDY!! SCAPPA!!

NON RESTARTENE LI’ IMPALATA!!

CORRI!! VA’ VIA!!

 

Questo.

Questo le avrebbe voluto tanto urlare. Ma le parole…

Le parole NON USCIVANO.

CONTINUAVANO A NON USCIRE.

La coniglietta, comunque, ci arrivò da sola a capire quel che doveva fare senza bisogno di ulteriori indicazioni. Pur tremante ed atterrita che fosse poggiò gomiti e talloni bene a terra, e cominciò a sgattaiolare disperatamente all’indietro nel tentativo di sfuggire tra lei e quell’essere terrificante, che nel frattempo aveva iniziato ad avanzare deciso nella sua direzione.

Arretrò ancora un altro po', cercando di guadagnare maggior terreno possibile. Poi, sentendo il vuoto dietro di sé con una delle zampine anteriori, si arrestò.

Si voltò. Si trovava sul bordo della balaustra, e sul ciglio di un ripido strapiombo. Alberi secolari, liane e mangrovie degradavano verso il basso fino a finire inghiottiti dalle tenebre più fitte. Sarebbe finita anche lei lì sotto, se non si fosse accorta ed arrestata in tempo. Ma ciò non era detto che fosse un bene, vista la situazione. Precipitare lì dentro sarebbe stata un’autentica passeggiata di salute, messo a confronto con quel che gli stava per capitare lì sopra.

Si girò di nuovo sul davanti a guardare Bogo, che ormai si trovava a pochi passi di distanza. Che colmò nel giro di pochi secondi.

Era proprio sopra di lei. Sopra il suo corpicino atterrito.

Incombente. Minaccioso.

“No...la prego...” si mise ad implorarlo, con un flebile filo di voce. “L – la scongiuro, non...”

Il bufalo rispose a quel tentativo di supplica con un ringhio accompagnato da una nuova sbuffata di fumo. Si, era stato proprio un ringhio. Il ringhio di una belva assetata di sangue. Lo stesso che gli stava colando copioso dalle fauci spalancate.

“Sai, Hopps...” disse, con voce crudele. “...Voi conigli state esattamente A META’. A CAVALLO TRA DUE MONDI. E DISPREZZATI DA ENTRAMBE LE PARTI. Siete TROPPO PICCOLI per poter vivere assieme al resto degli altri mammiferi, e TROPPO GRANDI per starvene con il resto degli altri roditori vostri pari. Quelli, se non altro, hanno il loro LURIDO ghetto DOVE POTER SVERNARE, giù A Little Rodentia. Ma voi...voi SIETE SEMPRE IN MEZZO AI PIEDI. Uno non é libero di andarsene in giro dove vuole, e come gli pare e piace, senza correre il rischio ogni volta di SCHIACCIARVI. Non siete altro che una SECCATURA, eco cosa siete. NON AVETE IL DIRITTO DI STARE QUI. NON AVETE NEMMENO IL DIRITTO DI VIVERE. DOVETE SPARIRE. PER SEMPRE, DAL PRIMO ALL’ ULTIMO!!”

Nick fece un ultimo tentativo di liberarsi, ma fu del tutto inutile. Un altro guastafeste si era aggiunto alla combriccola che lo teneva immobilizzato.

Vide un altro braccio spuntare tutto ad un tratto proprio sotto al suo muso e cingere il suo collo, da dietro. E stavolta…

Stavolta era un braccio come il suo.

Il braccio di un suo simile.

IL BRACCIO DI UNA VOLPE. DI UNA VOLPE ROSSA.

Udì un bisbiglio sommesso e maligno. Una bocca gli si doveva essere avvicinata alla base dell’orecchio sinistro.

“Lasciala perdere” gli suggerì la voce. “Non é altro che UNA SCIOCCA CONIGLIETTA COLTIVA – CAROTE!!”

Non la riconobbe. Volle girarsi a vedere il nuovo e misterioso interlocutore, ma non vi riuscì.

Si sentì quindi afferrare per la nuca e sollevare la testa, contro la sua volontà. Il corpo gli era diventato improvvisamente goffo, come intorpidito di colpo. E pesante da muovere, peggio di un sacco di mattoni.

“Guardala!” Disse la voce. “GUARDALA BENE!!”

Vide Bogo alzare l’enorme piede sopra la povera Judy ormai inerme e…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cercò almeno di chiudere gli occhi. Non gli era rimasto che quello, da poter fare.

Almeno non avrebbe visto più nulla.

Ma neanche quelli rispondevano. E fu quindi costretto ad assistere all’orribile scena attimo per attimo, fotogramma per fotogramma. Fino al suo tragico e scontato epilogo. Coadiuvato per tutto il tempo da quel coro di voci canzonatorie, come in una sorta di tragica cantilena. Che strideva totalmente con quanto stava accadendo davanti alle sue pupille sbarrate.

 

“NON SI E’ MAI VISTO UN CONIGLIO POLIZIOTTO!!”

“NON TI IMMISCHIARE!!”

“E’ SOLTANTO UNA SCIOCCA CONIGLIETTA COLTIVA – CAROTE!!”

“NON PUOI CAMBIARE IL SUO DESTINO!!”

“SCORDATELO!!”

“NON PUOI NEMMENO SALVARLA!!

 

Già.

 

Non puoi più salvarla.

E’ colpa tua se STA PER MORIRE.

E’ colpa tua se STA MORENDO.

E’ solo COLPA TUA.

COLPA TUA.

 

Vide la zampa di Bogo farsi strada tra le morbide membra della coniglietta.

La sentì urlare. Uno stridio acuto che perse progressivamente di intensità, scendendo di ottava in ottava fino a diventare un rantolo gorgogliante e mezzo soffocato mano a mano che lo zoccolo triturava e spezzava muscoli, tessuti, organi ed ossa.

Schizzi vermigli partirono dal corpo maciullato di Judy e si diressero verso ogni punto cardinale disponibile.

Uno di essi...il più grosso, scuro e denso, lo centrò in piena faccia e negli occhi aperti, lordandoglieli completamente.

Per una frazione di secondo vide tutto quanto scarlatto. Odore e sapore di sangue rispettivamente nelle nari e nella bocca.

IL SANGUE DI LEI.

IL SANGUE DI CAROTINA.

IL SANGUE DI JUDY.

Calde lacrime gli scesero dalle palpebre. Gli rigarono le gote e formarono piccole strisce dall’andatura irregolare, che restituirono un minimo di arancio torbido al colore naturale del suo pelo, ormai diventato rosso scuro a causa della linfa venosa e arteriosa che stava già iniziando a rapprendersi a contatto con l’aria umida. Terminarono la loro corsa ai lati delle labbra, salandogliele. Il sale che si mischiava al ferro dell’emoglobina.

Percepì quindi qualcosa che si stava facendo prepotentemente largo dentro di lui. Qualcosa di inarrestabile e di incontenibile.

La sensazione che non avrebbe retto, sopportato un solo minuto di più un simile orrore. Nemmeno un singolo istante.

Forse era davvero sul punto di impazzire. Di perdere completamente il senno.

Spalancò la bocca ed alzò il uso verso l’alto, come a voler urlare verso il cielo scuro e promettente pioggia. Anche se da esso, così come dalla sua lingua, seguitava a non uscir nulla.

 

Ti...ti prego...fammi MORIRE.

VOGLIO MORIRE, MI HAI SENTITO?!

QUI.

ORA.

SUBITO.

Non posso più assistere ad un simile SCEMPIO.

Non resisto più. Il dolore é TROPPO FORTE.

TROPPO GRANDE.

Ti giuro...ti giuro che farò qualunque cosa tu mi chiederai. Ma tu, in cambio…

Fammi morire.

Fammi morire, ADESSO!!

FAMMI MORIRE!!

 

Un lampo bianco travolse ogni cosa. Al punto che continuò a vederlo attraverso le palpebre, che finalmente era riuscito a richiudere. Anche se non abbastanza in fretta da permettergli di risparmiarsi l’orrida esecuzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Li riaprì in men che non si dica.

Era sdraiato sulla branda della cella. Quella su cui di solito si sdraiava per tentare di dormire. Spesso senza riuscirci. E vedendo ciò che aveva appena subito, c’era da intuirne perfettamente la ragione.

Di nuovo quel dannato incubo. Sempre lo stesso, ogni volta. Tutte le volte che provava a chiudere gli occhi, quasi mezzo vinto dalla stanchezza e dal torpore, partiva l’ennesima replica. Ma non per questo meno sconvolgente. Proprio come quel vecchio film dell’orrore che si é visto e stra – visto per decine e decine di volte, ma non per questo cessa di spaventare e terrorizzare.

“Nick...”

Un altro sussurro. Di voce femminile. Una voce che ben conosceva, questa volta.

Non era possibile.

Lei...era lì?

JUDY...JUDY ERA LI’, FORSE?!

Sgranò di nuovo gli occhi per lo stupore e per la gioia.

Che l’incidente, l’arrivo a quello sputo di cittadina e tutto quel che ne era conseguito...non fossero altro che UN SOGNO?

O magari lei aveva RIPRESO CONOSCENZA, finalmente. Ed era guarita. O magari...NON ERA MAI STATA VERAMENTE INFERMA. Forse la ferita ala schiena non era così grave come avevano asserito i medici. E appena aveva saputo dove fosse finito, lo aveva raggiunto di fretta e furia.

Cosa importava, comunque. Ciò che importava era che FOSSE LI’. CON LUI.

DI NUOVO INSIEME. E PER SEMPRE, STAVOLTA.

Non l’avrebbe abbandonata

“Nick...”

A quell’ennesimo richiamo decise finalmente di rispondere, voltandosi sul fianco da dove era provenuto.

“Car...”

Non riuscì a terminare quella parola.

Gli si era bloccata sul fondo della gola, con la stessa velocità con cui il sangue gli si era ghiacciato all’interno delle vene.

Ad un palmo dal suo tartufo, rivolta verso di lui, c’era ciò che rimaneva della sua ex -partner dopo la seduta intensiva di shiatsu a base di pedate da parte di capitan bufalo muschiato.

L’orbita di destra era vuota. Il contenuto penzolava appena più sotto, ed era tenuto attaccato alla sua sede naturale da un tenue filamento composto da cartilagine e nervo ottico. L’altro bulbo si trovava ancora al suo posto, e lo fissava. Ma sia la pupilla che l’iride, e così il cristallino, erano grigi e opacizzati. Privi di qualsiasi luce. Completamente spenti. Non proveniva alcun segno o barlume di vita, da essi. Non riusciva nemmeno a scorgervi la maschera di terrore che doveva essere diventata la sua faccia, in quel preciso momento. Era come volersi ostinare a rimirare dentro ad uno specchio coperto da uno spesso strato di polvere o cenere. O da una pesante mano di vernice del medesimo colore.

Un braccio ed una gamba erano piegati in maniera innaturale. Da essi e dal torace, in questo caso con contorno di intestini e budella appese e mezze pesticciate, bianchi frammenti di osso spuntavano dalla pelliccia coperta di tessuto sanguigno secco ed ormai raggrumato.

“E’ perfettamente inutile che preghi” gli disse lei. “Lassù non ascoltano. Lassù non ci ascolta nessuno. Non hanno orecchie per udire le nostre invocazioni e le nostre suppliche.”

Era...era terrificante. E non erano tanto le parole che aveva appena pronunciato. E nemmeno il fatto che avesse potuto ancora parlare, nonostante fosse ridotta all’ammasso sanguinolento che era.

E non c’entrava neanche il modo in cui lo aveva fatto. Le sue labbra rosa incrostate di rosso scuro erano rimaste completamente immobili. Sembrava...sembrava che fossero semplicemente USCITE, dalla sua boccuccia rimasta semiaperta. Fischiate attraverso i due enormi incisivi anteriori e i pochi denti ancora rimasti che si potevano scorgere attraverso la fessura.

A Nick venne un altro e forte attacco di nausea al pensiero che quella boccuccia, una volta, l’avrebbe voluta tanto BACIARE. Sarebbe stato disposto a qualsiasi cosa. Sarebbe persino arrivato a MORIRE, pur di riuscirci.

Già. Persino morire. Ma, adesso come adesso...pur con tutto il bene e l’amore che poteva nutrire nei suoi confronti, non gli era proprio possibile. Non gli sarebbe stato proprio possibile senza dare nuovamente e fragorosamente di stomaco.

Sin da quando aveva iniziato a lavorare al fianco di lei, Nick era stato sempre pronto a tutto pur di riuscire a difenderla e a proteggerla. Anche a FARSI UCCIDERE AL SUO POSTO. Ma invece...

Invece era JUDY AD ESSERE MORTA, ora. MORTA E STECCHITA.

Eppure...eppure riusciva ancora a parlare.

I conati gli stavano squassando stomaco ed esofago. Un violento ed acuto dolore di reflusso gli risalì fin quasi alle tonsille. Meno male che non aveva nulla, in pancia. E poi...la paura era più forte del disgusto. ERA TROPPA. Gli impediva di muoversi, ragionare. Persino di respirare, a momenti.

Figurarsi se poteva trovare anche solo la forza di vomitare, in una simile situazione.

Si perché in tutto quell’assurdo ed allucinato insieme la cosa più agghiacciante era LA VOCE, della coniglietta. Ed il tono con cui aveva pronunciato le sue ultime parole. Non pareva più nemmeno la sua. Aveva un che di elettrico, di meccanico. Era quella che avrebbe potuto avere un frullatore o una centrifuga da cucina o una lavatrice o un qualunque altro apparecchio domestico se di colpo, grazie ad una sorta di miracolo o di qualche oscuro incantesimo, gli fosse stato fatto il dono della favella ed avesse non si sa come imparato a parlare. Non era la stessa voce con cui prima lo aveva esortato a girarsi, per guardarla. Non era più neanche una voce. Pareva più una sorta di riverbero sonoro, un’eco remota proveniente a qualche abisso talmente lontano e spaventoso che nessuno abbastanza sano di mente avrebbe mai trovato la forza di decidere di mettervi piede. Non di sua spontanea volontà, almeno.

Una sola cosa era certa: da qualunque posto provenisse, non doveva...NON POTEVA ESSERE DI QUESTO MONDO.

Veniva...VENIVA DA ALTROVE.

“Non hai potuto salvarmi, Nick” fece la voce da dentro la coniglietta. “Non hai MAI POTUTO VERAMENTE SALVARMI. Ho sempre avuto la vita appesa ad un filo. Un filo talmente sottile che avrebbe potuto spezzarsi da un momento all’altro. E tu lo sai bene. Lo hai sempre saputo, in fondo. Hai sempre saputo che sarebbe finita così, e che non avresti potuto farci nulla.”

Nick spalancò le fauci per urlare e scoprì, con una lieve sorpresa, di aver finalmente recuperato la propria voce, oltre che il fiato. Ne approfittò per lanciare un grido con tutte le sue forze. Uno strillo talmente acuto che le sue corde vocali si sarebbero potute lacerare e strappare da un momento all’altro. A quel suo urlo improvviso se ne aggiunse subito dopo un altro, proveniente da sopra le loro teste, oltre il muro del soffitto. Sembrava provenire dal cielo stesso. Molto probabilmente da quel luogo in cui, secondo il modesto parere espresso dalla carcassa mezza sfatta di Judy, nessuno si degnava mai di rispondere a nessuno.

“GLI IMPUTATI SI ALZINO IN PIEDI!!”

Nick trasalì, nell’udirla. Nonostante stesse ancora gridando.

Riuscire a gridare e riflettere in contemporanea. A quanto pare, il terrore favorisce il MULTITASKING.

La voce che si era intromessa ad aggravare quella situazione già orrida di per sé aveva la consistenza ed il fragore del rombo di un tuono, talmente potente da far tremare i muri tutt’intorno. Ma aveva anche una cadenza sibillina, beffarda e vagamente compiaciuta.

PERFIDA, si sarebbe detto. Chiunque stesse parlando...stava GODENDO UN MONDO, a vederli ridotti così.

Naturale, visto che Nick l’aveva riconosciuta al volo.

Era una voce il cui proprietario o meglio, la PROPRIETARIA era ben nota, a loro due. Visto il loro decisivo contributo a farla INGABBIARE, parecchio tempo addietro.

L’ex assistente di Leodore Lionheart, non ché ex – sindaco di Zootropolis, anche se solo per un brevissimo periodo.

DAWN BELLWETHER.

 

“NICHOLAS PIBERIUS WILDE E JUDITH LAVERNE HOPPS!!” Sentenziò spietata la voce della maligna pecorella. “PER ALTO TRADIMENTO RECIPROCO QUESTA SUPREMA, ECCELSA ED ASSOLUTA CORTE CELESTE VI CONDANNA RISPETTIVAMENTE ALLA VITA E ALLA NON – VITA INSIEME, DA CONDURRE DENTRO LA MEDESIMA CELLA DI DETENZIONE, FINO A CHE LA MORTE NON SOPRAGGIUNGA PER ENTRAMBI!!”

 

Nick cacciò un urlo ancora più grande, in preda alla più cupa e nera disperazione. Quasi a voler coprire quel crudele ed atroce verdetto.

Era ormai una gara a chi dei due urlava di più, anche se per motivi differenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buio.

Silenzio.

Pace.

Non vedo e non sento più nulla.

Però sono...sono tranquillo. MI SENTO TRANQUILLO.

Forse...forse sono davvero MORTO. E forse…

FORSE LO E’ ANCHE JUDY.

Forse sono passati anni. O forse DECENNI. O forse...ADDIRITTURA UN SECOLO.

Forse...forse abbiamo già finito di scontare tutta quanta la pena. Forse…

Forse sono IN PARADISO. O in una specie di limbo. E forse…

Forse C’E’ ANCHE LEI.

ANCHE LEI SI TROVA QUI.

Forse, finalmente...potremo RIVEDERCI, SFIORARCI...TOCCARCI.

FINALMENTE.

Non mi basta che QUESTO. SOLO QUESTO. Non…

NON MI IMPORTA DOVE SONO. NON MI IMPORTA DOVE MI TROVO.

Qualunque posto...QUALUNQUE POSTO SARA’ IL PARADISO, per me. Basta...basta che ci sia LEI.

BASTA CHE CI SIA JUDY, CON ME.

 

Aprì gli occhi, di nuovo, seppur con un certo timore relativo a quel che si sarebbe potuto trovare davanti. Ma anche con un filo di curiosità misto a speranza.

Vide il soffitto della cella dove si trovava, anche se non era la solita che utilizzava durante buona parte della notte per tentare di dormire. Senza riuscirci.

Doveva essere l’ultima della fila, quella più vicina al muro esterno, a giudicare dalla composizione e dall’aspetto della branda che lo stava ospitando. Aveva avuto modo di osservarle a lungo, ed aveva ormai imparato a riconoscerle al volo. A prima vista o ad un occhio poco attento potevano sembrare tutte quante identiche ma vi era sempre qualche particolare a differenziarle l’una dall’altra, anche se minimo. Una anello che componeva una delle catene che sorreggeva, la brandina, un segno su uno dei mattoni del muro o sul ferro della sbarre…

Niente é identico, nel suo piccolo.

Si guardò attorno. Era solo. Niente incubi, né mostri. E nemmeno Carotina.

 

E’ tutto inutile, constatò con amarezza.

Non la rivedrò nemmeno stavolta.

Siamo ancora SEPARATI.

Lei si trova ancora PRIGIONIERA.

AVVOLTA NEL SUO SONNO SENZA SOGNI. Mentre io…

Non sono in PARADISO.

Mi trovo ancora ALL’ INFERNO.

SONO ANCORA ALL’INFERNO, purtroppo.

 

Cercò con fatica di rialzarsi. Ci riuscì al quarto tentativo, mettendosi a sedere. Afferrò con la mano destra un lembo della propria uniforme e se lo portò vicino al tartufo, annusandolo.

Puzzava. Puzzava decisamente. Di alcool e di sudore. Doveva essersi ridotto decisamente male, la sera prima. Però non si ricordava un granché. Non avrebbe potuto nemmeno dire con certezza se alla cella ci fosse arrivato da solo sulle sue gambe o ce lo avesse portato qualcuno. O QUALCUNA.

Ricordava solo una voce che lo chiamava. Che tentava disperatamente di rinfrancarlo e di rincuorarlo. Una voce FEMMINILE. Che fosse…

Un lieve solletico alla parte anteriore del muso gli fece portare d’istinto le dita a controllare.

Era proprio come pensava. Come temeva.

Da non credere. Gli stavano persino ricrescendo LE VIBRISSE, ai lati del naso.

A lui, che curava sempre il suo aspetto in modo a dir poco maniacale! Al punto di estirparsele una per una, mediante un’apposita PINZETTA, non appena riprendevano a ricrescere e a far capolino lungo le gote!

Proprio una deplorevole carenza di stile, sissignori.

Come aveva potuto cadere così in basso? Come?!

Di questo passo non avrebbe mantenuto più nulla del raffinato e sofisticato aspetto cittadino. Avrebbe finito col diventare come una di quelle VOLPASTRE ZOTICHE, SCONTROSE ED IGNORANTI COME SE NE POTEVANO RIMEDIARE A IOSA IN CAMPAGNA, E CHE VESTIVANO TUTTO IL SANTO GIORNO IN TUTA DA LAVORO O IN SALOPETTE. Tipo dalle parti di BUNNYBURROW, tanto per intendersi. Proprio come quel buzzurro che aveva osato aggredire Carotina da piccola ai tempi della scuola, come spesso gli aveva raccontato…

Si mise in piedi e...un passo dopo l’altro, uscì nel corridoio e da lì si diresse verso le scale.

Cominciò a salire, lentamente ed un gradino alla volta. Non fece in tempo ad iniziare la scalata che la brusca variazione di altezza, seppur miserrima, gli iniziò già a far vorticare la testa. Lo stomaco era in subbuglio, e la nausea montava sempre più. Era più che certo che sarebbe stato un autentico miracolo se non avesse finito col vomitare ancora prima di giungere in cima.

Per fortuna, il miracolo avvenne. Ciò che aveva tanto temuto non accadde. Anche perché non c’era più niente, dentro a quel suo stomaco. Aveva già buttato fuori tutto quel che c’era da rigettare la sera prima.

Non appena fu sopra vide Maggie seduta come di consueto alla sua scrivania, alle prese con l’ennesima pratica rimasta insoluta.

Tsk. Sembravano davvero NON FINIRE MAI, quelle dannate pratiche. Proprio come in ogni FILM o SCENEGGIATO POLIZIESCO che si rispetti, proprio quando sembrava non ce ne fossero più...NE SBUCAVA FUORI SEMPRE UNA.

Vicino a lei e al pc c’era una tazza bella fumante, che emanava un magnifico aroma di caffè di montagna. E a lato c’era un piattino azzurro con alcune compresse di medesimo colore bianco ma dalle diverse forme, che spaziavano dal perfettamente tondo al rettangolare, con i bordi leggermente bombati e concavi.

Doveva aver preparato tutto quanto lei. E, a giudicare da ciò...lo aveva sentito alzarsi. E lo stava aspettando.

Davvero gentile. Ma ancora non si doveva essere accorta della sua ritrovata presenza. Oppure...stava facendo finta.

Nick decise di fare più rumore possibile, avanzando a passi pesanti e sbuffando, in modo da darle la possibilità di rendersi conto che lui fosse lì.

“Oh...” fece lei, con un sorriso dolce ma al contempo beffardo. “Ben svegliato!!”

“Ciao, Maggie.” rispose la volpe, grattandosi la nuca ed ondeggiando il collo alternativamente a destra e a sinistra, fino a farlo scrocchiare.

“E’ proprio il caso di dirlo...” commento sarcastica la daina, a quella desolante vista. “...LAZZARO, ALZATI E CAMMINA. Anche se il buon Lazzaro SCOPPIAVA DI SALUTE, al tuo confronto.”

Gli scappò una risata. Non c’era da darle torto, dopotutto. Doveva avere un aspetto tale da sembrare davvero tornato DAL REGNO DEI MORTI. Con una sostanziale differenza, però.

Il buon Lazzaro in questione era un bravo padre di famiglia, probo e ligio al dovere. E senza vizi. Se ci fosse stato lui, al suo posto...il NAZARENO lo avrebbe riportato in vita A SUON DI SCOPPOLE SUI DENTI, altro che con la voce e l’imposizione delle zampe…

Certi comportamenti riprovevoli finivano col far perdere la pazienza pure AI SANTI. E Nick, in quel preciso momento...più che un NOVELLO LAZZARO si sentiva UN EMERITO LAZZARONE.

“E comunque...CIAO ANCHE A TE, Nick.” Aggiunse la vice con tono quasi divertito, notando l’espressione affranta del suo superiore.

“Ti prego...disse lui, con voce quasi implorante. “...Dimmi che quello E’ IL CAFFE’ DI TUA MADRE. Dimmelo, ti prego.”

“Sei fortunato. Lo é. Sono riuscito a salvarlo per un pelo dalle grinfie di Finnick. Con la scusa di rimanere qui a fare la guardia mentre io mi sono dovuta assentare per un attimo...stava per SBEVAZZARSELO TUTTO D’ UN BOTTO. Sono riuscita a fermarlo a stento. Giusto un istante prima.”

“Meno male. Per uno nelle mie condizioni ne serve TANTO. E BELLO NERO E FORTE.”

“Serviti pure. Ce n’é quanto ne vuoi. Nel caso...il thermos é laggiù in fondo.”

E gli indicò l’altra scrivania.

“Oook.” fece la volpe. “Ma giusto per sapere...come mai ti sei dovuta assentare? Per quale motivo, se é lecito conoscerlo?”

“Niente di particolare” replicò Maggie. “E non ho nulla da nascondere, giusto perché tu lo sappia. Ho fatto semplicemente un salto in farmacia, tutto qui. E ti ho comprato QUELLE.”

Indicò le compresse sopra al piattino.

“C’é tutto quello che ti può occorrere” gli spiegò. “Analgesici per l’emicrania, ricostituenti ed anti – emetici, a seconda delle necessità. Non hai che l’imbarazzo della scelta.”

“Non so come ringraziarti. Sei un angelo, Maggie. Davvero.”

“See, come no. UN ANGELO, proprio. Mi mancano giusto le ALUCCE e L’ AUREOLA, ma ti informo che ho già provveduto ad ORDINARLE PER CORRISPONDENZA. Mi dovrebbero arrivare a breve, A STRETTO GIRO DI POSTA.”

Nick non commentò, a quella battuta. Prese la tazza, ci rovesciò dentro tutte quante le pastiglie e, dopo aver agitato il recipiente un poco per il manico, lo portò alla bocca e lo sguardo sbalordito di lei.

“Aaahhh!!” fece soddisfatto, passandosi l’avambraccio sulle nere labbra ancora bagnate di altrettanto scuri residui di caffè. “Mi ci voleva proprio!!”

“M – ma che hai fatto?!” Esclamò la daina, sbalordita.

“Non ti preoccupare” la rassicurò prontamente lui. “Non avevo bisogno di prenderle una alla volta. Tanto...”

“...Tanto?”

“Tanto NELLO STOMACO SI MESCOLA TUTTO. Non mi dire che non lo sapevi.”

“Certo...” asserì Maggie. “Allora perché la prossima volta non provi A MANGIARE AL CONTRARIO? Almeno VOMITERAI IN ORDINE!!”

Il suo comandante fece tanto d’occhi, a quella risposta.

“Come...come hai detto?” Le domandò.

“Niente” disse lei. “Era solo una battuta, non te la prendere. In ogni caso...temo che il tuo compare Finnick stia iniziando ad avere UNA PESSIMA INFLUENZA, sulla sottoscritta. Il mio linguaggio sta decisamente peggiorando di giorno in giorno. E sto cominciando anche a fare anch’io le sue PESSIME E PENOSE BATTUTE.”

“Guarda...in tutta sincerità, a me basta che tu impari A MENARE LE MANI COME LE MENA LUI. Per il resto...sentiti libera di dire TUTTE QUANTE LE PAROLACCE E LE VOLGARITA’ CHE TI SENTI, in cambio. Ma, da quel che ho visto...sul menare le mani TE LA CAVI PIU’ CHE EGREGIAMENTE.”

“Già...almeno da quel punto di vista NON DEVO PROPRIO IMPARARE UN BEL NIENTE, da lui. E visto che si parla DEL DIAVOLO...mi ha detto di riferirti che ti aspetta stasera da Tobey per una bella bevuta. Perché, stando a quel che sostiene lui...NON IMPORTA DI CHE COSA E CON CHE COSA TI SEI STONATO LA SERA PRIMA. L’importante...E’ RICOMINCIARE SUBITO.”

“Hmm...visto che si parlava DI MANGIARE, poco fa...credo che Laureen non si sia limitata a portare solo il caffè.” Disse Nick. “Doveva esserci anche QUALCOSA D’ ALTRO, insieme a loro.”

“Ah, si?” Disse Maggie. “E cosa...cosa te lo fa pensare.”

La volpe si toccò le narici.

“Il mio FIUTO INFALLIBILE non si sbaglia. Dal piatto su cui si trovavano le pastiglie ho percepito chiaramente UN ALTRO ODORE, provenire da esso. Dovevano esserci sopra delle FRITTELLE, se non vado errato.”

“Oh, beh...” aggiunse poi. “...Tanto, non le avrei mangiate comunque. Adesso come adesso, ti assicuro che non riuscirei a mandare giù NEMMENO UNA BRICIOLA. Vorrà dire che mi accontenterò del caffè e basta, almeno per ora.”

Ma non era vero. Non del tutto, per lo meno. Il pensiero e la contemporanea visualizzazione di una pila di frittelle belle fumanti che ora non c’erano più gli produsse una nuova fitta nelle viscere, accompagnata da un sommesso brontolio. Ma non seppe interpretare con chiarezza se si fosse trattato di un allarme di ritrovato malessere o piuttosto di un recuperato quanto inatteso appetito. Che spesso é la naturale conseguenza del precedente, una volta che aveva esaurito il suo effetto.

In quanto a Maggie...a vederlo così era finita vittima di fosche, FOSCHISSIME considerazioni.

Accidenti a lui, al suo naso e al suo INFALLIBILE senso dell’olfatto.

Ma non lo colpevolizzò di certo, per questo. Anche se non fu altrettanto clemente nei suoi confronti.

La vice pensò che avrebbe dovuto pulirlo meglio e con più attenzione, quel cavolo di piatto.

Forse non gli aveva fregato sopra sufficiente sapone. Ho forse lo aveva lavato troppo in fretta, perché aveva perso tempo mentre era impegnata a fare altro.

ASCOLTARE DI NASCOSTO UNA PENNA – MICROREGISTRATORE A FORMA DI CAROTA, ad esempio.

Maledì se stessa e la propria ansia ed incapacità, per una frazione di secondo.

Ah, già...il micro – registratore. Meglio stare al gioco. E far finta di nulla.

“Proprio non ti si può nascondere niente, eh?” osservò lei, simulando indifferenza. “C’erano anche quelle. Ma non ho fatto in tempo a proteggerle dalla furia del famelico appetito del tuo SOCIO IN AFFARI. Ma ti posso assicurare che sono CADUTE CON ONORE. Inoltre, visto che l’ho tirato in ballo...ho da restituirti QUALCOSA CHE TI APPARTIENE.”

Nick la guardò.

“Qualcosa...QUALCOSA CHE MI APPARTIENE?”

“Già” confermò la daina. “QUESTO.”

Gli mostrò l’apparecchio.

Lui trasalì.

Il registratore. Quello che apparteneva a Carotina. E che gli aveva donato direttamente dalle sue zampine, come regalo di addio. Poco prima di salutarsi alla stazione. E da cui non si era mai più separato.

DA CUI NON SI SEPARAVA MAI.

Ma…ma come ci era finito, in mano sua? Non...non si era nemmeno accorto che gli si era sfilato dalla tasca dei pantaloni.

Non si era nemmeno accorto di AVERLO PERSO.

“Il...Il...” balbettò, al pari di un ebete. “Q – quello é il...il...”

“Finnick lo ha trovato sul pavimento. E me lo ha consegnato.”

Glielo porse.

“Tieni” disse. “E’ tuo.”

Nick si precipitò alla sua scrivania, e lo prese al volo, strappandoglielo quasi dalla mano. Notò qualcosa, appena sopra al polso, ma...era troppo preso dalla felicità di averlo ritrovato. Logica conseguenza del timore di AVERLO POTUTO PERDERE, anche se non era durato che qualche istante.

Lo girava e lo rigirava tra i suoi palmi, guardandolo e riguardandolo senza sosta, proprio come un cucciolo che aveva recuperato IL SUO GIOCATTOLO PREFERITO sul fondo di un’umida, buia e polverosa cantina. Proprio quando NON CI SPERAVA PIU’.

“Visto che é COSI’ PREZIOSO PER TE, come hai già avuto modo di dimostrami in passato...” osservò Maggie, “...Ti converrebbe averne più cura, in futuro.”

Ma Nick non la stava ascoltando. Stava tutto rapito ad osservare il suo tesoro. IL SUO TESORO PREZIOSO.

Si mise a guardare la spia rossa che indicava la presenza di un messaggio e successivamente il livello di entrambe le bobine, come a volersi assicurare che il nastro si trovasse allo stesso punto di dove l’aveva lasciato.

“Stà tranquillo” gli fece lei, quasi che avesse immediatamente intuito i suoi pensieri e i suoi dubbi. “Ti garantisco che né io né Finn lo abbiamo ascoltato. Ti do la mia parola.”

Lui non disse nulla, a quell’affermazione. E lei poté tirare un grosso sospiro di sollievo.

Era andata. L’aveva bevuta.

Poi, finalmente, la volpe si decise a rispondere.

“Io...sei davvero...sei davvero UNICA. Io non so...n – non so davvero come...come...”

Fu proprio allora che se ne accorse.

Vide i bendaggi e l’abbondante fasciatura sull’avambraccio destro della daina. Le associò all’istante a quella voce implorante di femmina che aveva udito la sera prima, nel bel mezzo di quell’indistinta e vaporosa nebbia che gli aveva fluttuato dentro al cervello e davanti a gli occhi, e gli ci volle davvero poco, pochissimo, per fare all’istante due più due.

Come in preda ad una sorta di sinistro presentimento, aprì le dita della mano destra e fece spuntare gli artigli di pochi millimetri, come a cercare una subitanea conferma.

E la ebbe subito. C’era DEL SANGUE RAPPRESO, sulla punta delle unghie.

E NON ERA IL SUO.

Per prima cosa trasalì. E successivamente guardò Maggie.

“Io...io non...non so cosa...non so che diavolo deve avermi preso, ieri sera.” disse con voce mortificata e chinando la testa. “A – ascolta...per qualunque cosa sia...per qualunque cosa sia accaduta...ti chiedo scusa.”

“Non ti preoccupare” rispose lei, con tono conciliante. “E’ tutto a posto.”

Lui le indicò il braccio ferito.

“Anche...anche quello suppongo sia COLPA MIA...” osservò. “...Io...non so davvero come...”

“Ti ho detto che non importa” lo interruppe nuovamente Maggie. “A qualcosa dovevi pure aggrapparti, visto com’eri ridotto.”

“I – io...”

“Eri conciato davvero male, Nick. E lo credo bene, visto tutto l’alcool che ti eri trangugiato.”

A quella sua dichiarazione Nick non potè fare altro che accusare il colpo.

Deglutì, rimanendo in silenzio.

“Beh...meno male che c’ero qui io, a darti una mano.” proseguì lei, togliendolo da quell’imbarazzata situazione di stallo e mutismo. “E direi che ti é andata persino di lusso. Hai dimostrato di avere UNA BELLA TEMPRA, nonostante tutto. Molta altra gente non é stata altrettanto fortunata. Ad alcuni, in passato, li hanno portati via IN POSIZIONE ORIZZONTALE per molto meno, te lo garantisco.”

Nick si passò ripetutamente una mano dietro la nuca, continuando a guardare basso. Sembrava proprio che non sapesse più dove volgere il muso, pur di non incrociare i suoi occhi. Nonostante fossero tutt'altro che inquisitori.

C'era solo COMPRENSIONE, in essi.

E PAZIENZA. TANTA PAZIENZA.

E DOLCEZZA.

Ma anche FERMEZZA.

“Ehm...pare proprio che io abbia dato il PEGGIO DI ME STESSO, la scorsa sera...” fece, imbarazzatissimo. “...Per...per quel che é successo...per QUALUNQUE COSA sia successa, io...io...mi dispiace. Mi dispiace davvero. Sappi che mi...MI VERGOGNO PROFONDAMENTE. Di me stesso e per come mi sono comportato. E ti posso...ti garantisco che NON ACCADRA' PIU'. MAI PIU'. E' stata...sarà LA PRIMA ED ULTIMA VOLTA, te lo giuro.”

“Ti credo, Nick. Almeno per quel che riguarda L' ULTIMA, me lo auguro vivamente. Ne va sia di te, che della tua salute. Mentre sulla PRIMA...diciamo che non sarei disposta a METTERE LA ZAMPA SUL FUOCO, in proposito.” Commentò lei perplessa, con tono alquanto sibillino.

Nick la guardò strano.

“C – che vuoi...cosa intendi dire?” Le chiese.

“E dai, Nick...pensi che io sia SCEMA, forse? Oppure CIECA? Anche se non ho il dono di una vista acuta come la tua, so osservare anch'io. E le cose le vedo. Pensi forse che non sappia quello che fai tutte le sere, prima di andare a dormire?”

La volpe sembrò sbiancare da sotto al suo rosso manto, a quell'inattesa rivelazione da parte sua.

“T – tu!!” Balbettò, come inebetito. “C – come...”

“Potrei indicarti tutti i posti dove tieni nascoste le bottiglie di liquore, uno per uno.” continuò la daina. “Anche adesso, se solo volessi.”

“I – io...”

Lui tentò di abbozzare una pallida imitazione di risposta, ma la bloccò sul nascere. E da quel momento in poi ritenne opportuno non dire più nulla. Non riusciva a trovare una sola parola che fosse valida per giustificarsi. E non che ci fosse molto da giustificare o da poter aggiungere, ormai.

“Ehi, non fare quella faccia” lo confortò Maggie. “Guarda che io non intendo proprio fare la morale a nessuno, se questo é ciò che credi. Non sono mica tua madre. Come ti ho già detto e ripetuto in passato...ti ritengo ADULTO E BEN VACCINATO, Nick. E della tua vita si liberò di fare CIO' CHE PIU' TI PARE E PIACE. Io, dal canto mio, posso solo limitarmi a fornirti dei buoni consigli. Per quel che possono valere i consigli di UN' ESTRANEA...”

“Tu NON SEI AFFATTO UN ' ESTRANEA, per me.” intervenne lui.

“Ah, no?” disse lei, ironica.

“No” ribadì Nick. “Nella maniera più assoluta. Sei la mia vice, nonché la mia collaboratrice più fidata. Non direi proprio che sei una semplice estranea. Ogni tuo consiglio può essere PREZIOSO, per il sottoscritto.”

“Come immaginavo...” disse la vice, emettendo un sospiro.

“Ho...ho detto forse qualcosa che non va?” Domandò Nick incuriosito mentre, dopo aver raggiunto la propria scrivania e svitato il thermos, si versava ancora un'abbondante e generosa dose di caffé nella tazza ormai completamente svuotata ed appoggiata lì vicino.

Se la riportò alla bocca e trangugiò tutto quanto in una bella sorsata.

“Aah...ora sì che mi sento di nuovo in pace col mondo.” declamò soddisfatto. “Questa roba deve avere un non so che di miracoloso. Sul serio!”

“No, assolutamente.” rispose intanto la daina.

“No, davvero. Ho parlato male, per caso?” Incalzò lui. “O forse ho appena detto qualcosa di sbagliato? Perché se é così...dimmelo pure. Non devi farti certo problemi.”

“Ma no, figurati.”

“Dicevi, comunque?”

“Volevo solo dirti...dicevo che visto che a quanto hai appena detto i miei consigli risultano SEMPRE MOLTO UTILI, beh...LASCIA CHE TE NE DIA UNO, allora.”

“Sentiamo. Sono tutto orecchie.”

“Ieri sera...ieri sera tu HAI CHIESTO IL MIO AIUTO, Nick. E io TE LO DARO', se tu lo vuoi. A patto...a patto che tu FACCIA ESATTAMENTE QUEL CHE CHE TI DIRO' DI FARE. Io...io capisco che un posto sperduto come questo non offra MOLTE ATTRATTIVE, riguardo al divertirsi e a passare il tempo. Ma se ci tieni a sapere come la penso, ecco io...io penso che tu BEVA TROPPO, Nick. DOVRESTI DIMINUIRE.”

La volpe, a quelle parole, bevve in un sol colpo quanto era rimasto del caffé di Laureen dentro la tazza. Poi la mise definitivamente sulla scrivania e si asciugò le labbra passandovi sopra l'avambraccio. Lo stesso della mano che aveva appena usato per compiere l'operazione appena conclusa.

“Sai che ti dico, Maggie? Credo tu ABBIA RAGIONE.”

“C – cosa?!” Fece lei, incredula.

“Si. Hai capito bene. HAI PERFETTAMENTE RAGIONE” confermò lui. “Ed ora seguimi, per favore.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tornarono giù, nello scantinato.

Nick si diresse senza alcun indugio nel fu ripostiglio e cominciò a trafficare tra le cianfrusaglie ammassate ad un angolo, immergendosi quasi completamente tra di esse.

“Ma dove...” imprecò. “...Eppure mi sembrava di averle viste proprio lì, quando mi sono messo a spostare la roba...ah, eccole.”

Se ne tornò fuori con quattro grossi sacchi di iuta stretti tra le mani, due per ognuna. Sfilati uno ad uno da un grosso mucchio che si trovava nel mezzo della catasta composta da cose ammonticchiate più o meno alla rinfusa.

“Come dice sovente il sottoscritto...AL DIAVOLO LE MEZZE MISURE!” Annunciò.

Cominciò quindi la ricerca procedendo a colpo sicuro, nei posti e nei punti dove ben si trovavano. E che ben conosceva, avendoceli messi di proprio pugno.

Da ognuno di essi sbucava, pochi istanti dopo, una bottiglia di superalcoolico.

Passò poi in rassegna tutte quante le celle, a partire da quella in cui pernottava abitualmente. Frugando tra e sotto alle brande e spostando assi e mattoni, che rivelavano nicchie ed intercapedini nascoste con sorprendente generosità e disinvoltura. E man mano che la ricerca proseguiva saltavano fuori bocce di whiskey, bourbon, gin, rum, vodka e persino grappe e centerbe.

Finirono all'interno dei sacchi, equamente distribuite. Poi risalì di sopra portandoli con sé, mentre le bottiglie che vi erano dentro cozzavano contro i gradini della scala a chiocciola emettendo un sinistro tintinnio di slitta natalizia.

Perquisì quindi la scrivania e lo scaffale, requisendo tutti i liquori che gli riusciva di trovare. Si tenne per ultimo il bagno, dopo esservi giunto, estrasse alcune fiaschette dall'armadietto dei medicinali, ben nascoste dietro le bende e le confezioni di farmaci vari.

Li tirò fuori persino da un paio di posti che Maggie, che nel frattempo gli era rimasta a fianco per tutta la durata di quella sorta di auto – perquisizione con relativo auto – sequestro, non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare.

Come l'acquaio del water, ad esempio.

 

Non per volerla buttare sui soliti luoghi comuni, pensò lei. E lungi da me dal tirare in ballo i consueti discorsi sulle DOTI INNATE delle volpi. Ma, in quanto ad astuzia, beh...NON LE BATTE PROPRIO NESSUNO.

Mi vedo costretta a CEDERE, ammise.

MI ARRENDO.

 

Comunque, Nick non aveva certo deciso di tenersi il gabinetto per ultimo per niente.

Ci doveva essere un motivo. E infatti.

Non appena ebbe terminato, Nick sosto con l'intero malloppo davanti al lavandino. Poi prese le bottiglie e le svuotò interamente del loro contenuto, gettandolo dentro lo scarico. Fece la stessa cosa addirittura con il flacone del COLLUTTORIO, giusto mper evitare pericolose tentazioni durante il futuro periodo di ASTINENZA FORZATA che lo attendeva.

I pesci e i gamberoni di fiume avrebbero avuto sicuramente da far FESTA GRANDE quel giorno, con tutto quel ben di BACCO. E lui avrebbe salvaguardato il fegato.

Ci mise un quarto d'ora abbondante. Infine portò i sacchi con le bottiglie ormai ridotte a vuoti a rendere in strada. Una volta fuori, percorse un tratto di perimetro della centrale e li buttò contro l'angolo composto dalla parete laterale destra ed il retro.

“Se non sbaglio...la raccolta del vetro passa tra due giorni.” disse a Maggie.

“Esattamente” si limitò a rispondere lei.

Nick alzò le braccia e le stiracchiò verso il cielo, insieme a buona parte della schiena. E fece un grosso sbadiglio accompagnato da un flebile guaito.

Buttò persino la lingua all'esterno, arricciandola poi all'indietro verso il palato.

“Non so perchè...” aggiunse, “...ma all'improvviso mi sento MEGLIO. MOLTO, MOLTO MEGLIO.”

“Mph. Ne sono felice.” Osservò la daina, appostata dietro di lui.

“Bene...” fece a quel punto la volpe, “...per prima cosa tornerò dentro a finirmi quel goccio di caffé che é rimasto. Poi, visto che berlo a stomaco vuoto mi ha messo un certo appetito...farò un salto da tua madre a vedere se ha voglia di prepararmi qualcuna delle sue gustosissime frittelle. E già che ci sono...ci farò versare sopra un altro po' di eccellente caffé.”

“Ok. E poi?” Chiese la vice.

“Poi tornerò qui e io e te ci faremo il consueto giro di ricognizione prima di sera.”

“E poi?”

“Poi, non appena avremo fatto ritorno qui al commissariato...telefonerò a Laureen e mi auto - inviterò a cena, magari per farmi un bel BIS di frittelle. Anzi...visto che già mi devo recare lì, glielo dirò direttamente. Si fa prima. E almeno mi sarò risparmiato una telefonata. Tanto...la conosco fin troppo bene, ormai. Non mi dirà mai di no. Mi ha sempre raccomandato di andare da lei tutte le volte che mi pare e piace.”

“E poi?”

“Poi farò la consueta ronda notturna.”

“...Capisco. E...hai intenzione di fartela TUTTA DA SOLO?”

“NIENT' AFFATTO. Da oggi in poi la faremo INSIEME, alla pari di tutte le altre.”

“E proprio quel che volevo sentirti dire. GRAZIE, Nick.”

“Mph. Grazie A TE SE MAI, mia cara. E comunque...una volta finito anche l'ultimo giro...faro un salto DA TOBEY.”

A Maggie cascarono entrambe le braccia.

“Da...DA TOBEY?!” Esclamò, assumendo un espressione sconsolata.

“Si” precisò Nick. “Proprio da Tobey. Devo andare a trovare Finn.”

“A...a trovare Finn? E che gli devi dire di tanto urgente, si può sapere?”

“Ma niente di particolare, a dirla tutta. In primo luogo, devo fargli vedere che STO BENE, e che mi sono ripreso del tutto. Sai, sarà senza dubbio in pensiero...”

“Certo, certo...” fece lei, poco convinta. “Come no. CREDICI PURE, se ti fa tanto piacere.”

“Inoltre, vedi...si tratta del mio ritorno ad una vita SOBRIA E DI COMPLETA LUCIDITA', dopo tanto tempo. Capirai anche tu che...BISOGNA FESTEGGIARE.”

“Ah, si? E sentiamo...come intendi farlo? RICOMINCIANDO SUBITO, proprio come ti ha consigliato lui? SBRONZANDOTI DI NUOVO, per caso?”

“Naah” la rassicurò lui. “Niente di tutto questo. Finn é libero di AVVELENARSI IL FEGATO con ciò che vuole, per quel mi riguarda.”

“E tu invece?”

“Io HO CHIUSO. Da ora in poi...solamente SUCCO DI MIRTILLO, per il sottoscritto.”

Maggie sembrò più sollevata, a quella dichiarazione.

“Dici...dici davvero?”

“Sicuro” confermò la volpe. “Puoi starne certa. Spero solo che Tobey ce l'abbia.”

“Tranquillo. E' attrezzato, a quanto mi risulta.”

“Ottimo. Ah, quasi mi dimenticavo...”

“Se vuoi...SEI INVITATA ANCHE TU, naturalmente” le propose. “Per questa sera la stazione di polizia resterà CHIUSA. Tanto...se dovesse accadere qualcosa, possono sempre contattarci tramite i nostri smartphone. I numeri ce li hanno.”

“Verrò volentieri” rispose lei. “A patto che tu mantenga quel che hai detto.”

“Lo farò” confermò lo sceriffo. “E' una promessa.”

“E...la manterrai?”

“La manterrò. Hai la mia parola. FIDATI DI ME. E un'altra cosa...”

“Si?”

“Grazie ancora per tutto, Maggie. Per tutto quanto. E' stato...TUTTO MERITO TUO.”

“Oh...”

“No, sul serio. TI DEVO LA VITA. E come ti ho già detto...sei stata UNICA. Davvero FANTASTICA.” concluse lui, con un sorriso sincero.

“Non ti preoccupare. Per il mio comandante...QUESTO ED ALTRO.” rispose lei, ricambiando il suo sorriso con uno altrettanto caldo e sincero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Per quest'ultimo appuntamento prima delle ferie estive.

Finalmente, oserei aggiungere.

Non so voi, ma qui a Milano si sta crepando dal caldo. Di pomeriggio bisogna stare tutti rifugiati dentro le proprie case, manco fossimo nel deserto radioattivo di MAD MAX o KEN IL GUERRIERO...

Non vedo l'ora di andarmene per un paio di settimane, sul serio.

Già. Ci siamo arrivati. Come di consueto...THE PROMISE YOU MADE si prende la consueta pausa estiva. Ci si rivede a Settembre.

E, detto fra noi...per un attimo ho rischiato davvero grosso.

Di NON PUBBLICARE, eh. Ci mancherebbe.

No, almeno per una volta...niente sfighe personali.

Giusto un paio di giorni fa...mi si é CRASHATO IL PORTATILE (AAARRRGGGHHH!!).

L'ho portato di corsa al primo centro assistenza, che tra l'altro questa settimana chiudono.

Fortunatamente...me lo hanno rimesso in sesto. Ma pare che abbia un danno al disco fisso.

AHIA.

Purtroppo andrà cambiato, presto o tardi. Altrimenti...non mi ha garantito QUANTO e SE riuscirà a sopravvivere.

Mettiamola così: almeno vi ho avvisato.

L'importante, almeno per adesso, é che sia durato abbastanza per permettermi di pubblicare questo episodio. Riguardo al resto...incrociamo tutte quante le dita e speriamo che la vecchia carcassa regga ancora per un altro po' (francamente, di soldi da tirar fuori ne farei volentieri almeno

Se poi...dovessi assentarmi per qualche periodo, almeno saprete il perché.

E veniamo al capitolo.

Allora, che ve ne pare?

So già che penserete. Da quando ha cambiato il rating, questo si é scatenato.

Dopo le risate dello scorso capitolo, un altro bel cazzottone allo stomaco di quelli belli pesanti da lasciare stramazzati a terra.

Giusto per lasciarci bene, va.

In realtà...a mio modesto parere una scena simile sarebbe potuta passare tranquillamente anche a rating VERDE, visto che si tratta solo di un brutto sogno...

Anche se vedere la povera Judy ridotta ad una schiacciatina di coniglio al sangue nientemeno che dal vecchio bufalo fa un certo effetto...per non parlare del povero Nick che si trova davanti al suo cadaverino putrescente...da BRIVIDI, davvero.

Meglio aver messo rating GIALLO, dopotutto. Almeno ho preso le mie precauzioni.

Per il resto...si tratta della mia prima escursione nel campo del PIU' PURO ED AUTENTICO HORROR.

Come vi é sembrato?

E in tal proposito...

Ritengo che non ce ne sia affatto il bisogno, ma preferisco chiarire, nel caso vi possa venire qualche dubbio. Sapete com'é, ci si può sempre fraintendere...

Nonostante quel che avete letto...JUDY NON E' MORTA.

NON E' MORTA, OK?

E quello che ha avuto Nick NON E' UN SOGNO PREMONITORE. Da quel punto di vista NON SIGNIFICA ASSOLUTAMENTE NULLA.

E stato solo UN INCUBO, causato da tutte le schifezze che si é ingollato la sera prima.

Solo UN TERRIBILE INCUBO, niente di più.

Judy, fino a nuove notizie, si trova ancora dove l'avevamo lasciata.

E cioé nella camera dell'ospedale di Wyndham City, ancora in coma.

Casomai DOVESSE MORIRE, ve lo farò sapere.

See...andiamo, ragazzi. Ma ci crede ancora qualcuno, sul fatto che Judy MORIRA'?

Voglio dire...se avessi voluto farla DAVVERO MORIRE, beh...LO AVREI GIA' FATTO. SENZA DUBBIO.

Ma con questo non voglio certo dire che sarà una passeggiata di salute. Ora di rivederla, ma soprattutto di RIVEDERLI INSIEME, ce ne vorrà di tempo...SEMPRE AMMESSO CHE ACCADA.

Comunque...a questi due poveretti li sto SPREMENDO PEGGIO DEI LIMONI.

GLIENE STO FACENDO PASSARE DI TUTTI I COLORI.

Certe volte...MI VERGOGNO DI ME STESSO, lo ammetto. E ritengo di essere pure UN POCO SADICO.

Ma d'altra parte...Nick e Judy sono lì per intrattenere noi che leggiamo.

Se non succedesse nulla...non sarebbe così divertente.ù

E poi...non é mica tutto tragico. Alla fine dell'episodio...Nick ottiene una piccola vittoria, finalmente.

HA SMESSO DI BERE. E VI SEMBRA POCO?

E MENO MALE, aggiungerei. Dovrà essere al pieno delle sue forze, per affrontare ciò che sta per abbattersi su quella cittadina.

Altrimenti...NON NE USCIRA' VIVO.

Ancora una cosa riguardo alla parte iniziale che parte direttamente dal dialogo tra Judy e Bogo subito dopo l'attacco di Manchas, come ricorderete molto bene nel film.

Ammetto che NON E' IDENTICA. L'ho corretta ed arricchita. Ma, dopotutto...E' UN SOGNO. E nei sogni, così come nei ricordi...non sempre ciò che vediamo (o rivediamo) é uguale a quello che abbiamo vissuto.

Però occorre fare una piccola premessa. Nei fumetti, di solito, esistono alcuni punti fermi nella storia del personaggio che finiscono per costituirne LA MITOLOGIA.

Per fare un esempio...nei comics di supereroi la parte mitologica in questione potrebbe essere rappresentata dalle ORIGINI dei supereroi in questione. O da un avvenimento tragico.

Tipo la nascita di Devil (o Daredevil), su cui hanno realizzato molte versioni diverse. E tutte belle, tra l'altro. O, tirando in ballo Spider Man (l' Uomo Ragno, per intenderci) la morte di Ben, lo zio di Peter Parker (l'alter ego del protagonista in abiti civili), oppure...la morte di Gwen Stacy, la sua fidanzata.

Spostando l'esempio sui manga...quelli che sono entrati a far parte del mito sono la prima serie di KEN IL GUERRIERO, che va da Shin fino alla morte di Raoul (di cui hanno fatto una serie di lungometraggi, negli anni passati). Oppure la primissima serie di HOLLY E BENJI, di cui hanno realizzato innumerevoli remake (ormai ho perso il conto). Oppure...la corsa delle dodici case ne I CAVALIERI DELLO ZODIACO.

Nel caso di ZOOTROPOLIS...la parte mitologica é costituita DAL FILM STESSO.

Varrebbe a dire che ogni volta che si decide di utilizzare i dialoghi e le scene del film...le si dovrebbe riproporre TALI E QUALI.

Ma, fortunatamente...non sempre é così. I cosiddetti punti fermi possono essere leggermente PIEGATI, RIADATTATI O REINTERPRETATI A SECONDA DELLE ESIGENZE NARRATIVE.

Dopotutto...se vediamo le versioni anime dei manga...quasi mai sono identiche alla controparte cartacea. I realizzatori cambiano o aggiungono SEMPRE delle cose.

Comunque...gran trovata, questa storia delle esigenze narrative. Praticamente ti danno UNA GIUSTIFICAZIONE PER TUTTO, e ti salvano il fondoschiena.

Molto comode, davvero.

Ok, fine del pistolone. Scusate.

Bene. Visto che ci siamo...progetti per il rientro?

Beh, prima di tutto vedere se il computer tira per un altro po'...

Ok, scherzi a parte...ovviamente, ricominciare questa long.

Poi...pubblicare finalmente quella benedetta one – shot su BRISBY E IL SEGRETO DI NIMH, che ho terminato e che tengo nel cassetto da mesi, prima che prenda la muffa.

Finita quella...pubblicherò un'altra storia che ho appena concluso.

Una miniserie di cinque – sei episodi ambientata nel mondo di HOKUTO NO KEN / KEN IL GUERRIERO, giusto per tirare in ballo un'altra di quelle serie immortali che hanno marchiato a fuoco la mia infanzia.

E veniamo all'angolo della colonna sonora.

Per la parte dell'incubo...inizialmente volevo consigliarvi il celeberrimo brano strumentale SUSPIRIA, tratto dall'omonimo film di Dario Argento e realizzato dai mitici GOBLIN.

Ma, ripensandoci...meglio di no.

E' un pezzo sublime ma davvero TROPPO, TROPPO INQUIETANTE.

Questa roba farebbe DAVVERO VENIRE GLI INCUBI, dopo.

Se volte provare...ascolatatelo. Ma sappiate che io VI HO AVVERTITO.

Meglio puntare su un pezzo di altrettanto impatto, ma più morbido.

Direi che FLASH IN THE NIGHT dei SECRET SERVICE va più che bene.

Per la scena di Nick che si ritrova semi – abbracciato al cadaverino di Judy...mettete I' M GOING TO SLIGHTLY MAD dei QUEEN.

E' un pezzo un po' anomalo e non tanto conosciuto, paragonato ad altri ben più celebri. Ma é molto toccante. Il grande Freddie Mercury lo ha composto pensando alla sua malattia, e lo ha realizzato proprio nel periodo in cui i sintomi del male che lo stava uccidendo stavano entrando nella fase culminante, rendendogli il lavoro che tanto amava oltremodo faticoso e penoso. Ma a continuato fino all'ultimo e fino a che le forze glielo hanno consentito, come ogni professionista che si rispetti.

Un grande, davvero. Un artista visionario e a tutto tondo come pochi ne sono esistiti. E morto troppo presto. Una perdita immensa per la musica tutta. Chissà cos'altro avrebbe potuto fare.

Può sembrare un discorso macabro, ma...la sua morte imminente ha stimolato l'ispirazione e la creatività di quel gruppo come nessun'altra cosa al mondo.

Sarebbero riusciti a dar vita d un brano come WHO WANTS TO LIVE FOREVER, altrimenti?

E poi...incredibile a dirsi, ma ci metto due pezzi italiani. Ok che nulla può battere la musica anni 80 come colonna sonora, ma...le ho provate, e mi sono piaciute.

La prima mettetela nella scena in cui Nick si sveglia di colpo e scopre che era tutto un sogno. UN ORRIBILE SOGNO. E si rende conto di essere ancora vivo. Ma soprattutto...che JUDY NON C'E'. E poi, di nuovo in piedi ed ancora mezzo intontito dai postumi, risale le scale.

Trattasi de GLI ANGELI del grande VASCO ROSSI.

E L'ultima...é piuttosto recente.

Fatela partire dl punto in cui Nick e Maggie si ritrovano ed iniziano a parlare.

Il brano in questione é NESSUNO VUOLE ESSERE ROBIN di CESARE CREMONINI.

A proposito...io queste scene di vita quotidiana tra la nostra volpe e la daina li trovo a dir poco COMMOVENTI. Nick ha avuto una gran fortuna, ad incontrarla.

GLI STA DAVVERO SALVANDO LA VITA.

Per concludere...un episodio molto cupo, che nella crudezza di certe scene più che paura mi ha messo una gran TRISTEZZA. Ma che si chiude con un filo di speranza.

E arriviamo al momento dei ringraziamenti.

Un GRAZIE DI CUORE, come sempre, a Plando, Sir Joseph Conrard, Lord_Fener, hera85, Devilangel476 e DANYDHALIA per le recensioni all'ultimo capitolo. E a Freez shad per la recensione del capitolo numero 46 (noi della VECCHIA GUARDIA non molliamo mai!! Ma neanche quelli della nuova, a quanto vedo. Continuate così, ragazzi!!).

E un altro GRAZIE per l'affetto, la dedizione e la costanza con cui seguono e commentano la mia storia.

Un saluto inoltre alla stimatissima collega claire_ari per aver portato a conclusione la sua opera MOMENTS. Mi manca ancora qualche capitolo per giungere al termine, ma...lì recensirò tutti. E so già che mi mancheranno, i tuoi racconti brevi. Ormai erano diventati una piacevole abitudine. Spero di rivederti presto su questi lidi.

Infine...anche se per questa volta non faccio l'elenco completo...un grazie anche a tutti coloro che hanno messo la mia long tra le loro PREFERITE, le RICORDATE e le SEGUITE.

Grazie a tutti quanti, davvero. Se siamo giunti fino a qui...il merito E' TUTTO VOSTRO.

DI TUTTI VOI.

Uff...ho finito!

Buone vacanze a tutti, e...ci si rivede a Settembre!!

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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