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Autore: mgrandier    12/08/2018    16 recensioni
Una licenza, in un periodo davvero difficile, quando la stanchezza del corpo e della mente non lasciano scampo, e i nervi sembrano destinati a cedere. E poi quegli strani momenti ai quali davvero non riesce a dare una spiegazione logica …
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parole
 
- Hai l’aria stanca. –
La sentenza della nonna non mi coglie di sorpresa; vorrei risponderle qualcosa, ma le parole mi muoiono in gola mentre cerco inutilmente di accampare una scusa plausibile al mio pessimo sonno. Lei è indaffarata a preparare le mele per la composta ed evidentemente si aspetta da me una giustificazione convincente; si volta i mi punta addosso il suo sguardo indagatore, ma il mio volto è così segnato dalla notte trascorsa che evidentemente continua a risultare inespressivo e lei torna alla carica.
- Ti si vede sempre più di rado, resti una notte appena e poi torni in città. Dovresti fermarti a casa più a lungo: così potresti riposare davvero. – il tono è ancora bonario, tuttavia conosco la nonna abbastanza bene da prevedere dove andranno a finire le sue lamentele. Porto alle labbra un boccone di pane e resto silenzioso, in attesa che riprenda.
- Non riesco nemmeno a prepararti l’uniforme per darti un cambio da portare con te! – mi rimprovera ancora – Non è bene che tu ti trascuri in questo modo. –
- Non mi trascuro, nonna: faccio tutto quello che mi è possibile, in caserma, per mantenere le mie abitudini in fatto di cura personale. – so che questo non le basterà, ma ci provo ugualmente, mentre consumo la mia colazione sollevando appena lo sguardo sulla nonna.
- Dovresti tornare a casa più spesso. – riprende tornando a darmi le spalle, ignorando del tutto quello che le ho detto – E non attaccare con la storia delle licenze: so bene che a volte resti chiuso in quella topaia puzzolente anche durante le licenze. –
E’ una conversazione a senso unico; inutile ribattere. Tuttavia, mosso da un certo senso di colpa nei confronti della nonna, mi sento di doverle una spiegazione – Lo faccio per i miei compagni: cerco di sostituirli perché possano usufruire di qualche permesso in più … -
- Eh bravo! Tu stai in servizio anche quando sei in licenza e gli altri se la spassano con le fidanzate! – commenta prontamente lei, con piglio crescente – Questo è il punto: dovresti farti una famiglia come tutti gli altri; scegliere una brava ragazza e … -
- Nonna, basta. – la interrompo perentorio, non appena lei sfodera il pezzo forte – Sai che non voglio nemmeno parlarne: io non sono tutti gli altri. Per me è diverso; io non ho scelta perché la mia vita è questa e non ce ne potrebbe essere un’altra per me. –
La nonna si irrigidisce; è ancora di spalle, ma intuisco chiaramente le sue mani immobili, strette al bordo della cesta colma di frutta. Mi sta ascoltando.
- Come posso spiegartelo? – riprendo allora io – E’ come un viaggio tra due città: un uomo può percorrere la via maestra, dritta, larga e comoda; oppure seguire faticosamente le strade secondarie, tortuose e malmesse … ma se la sua meta è quella città, il suo viaggio non lo potrà portare altrove. –
Le sue spalle sussultano, mentre le parlo, ma poi sembrano rilassarsi appena, e lei scuote il capo; in silenzio, torna al suo lavoro.
Per qualche istante in cucina torna la pace; una tregua greve e densa, colma dei nostri pensieri e delle giustificazioni che entrambi vorremmo portare all’altro, ma a cui nessuno dei due osa dare voce. Confidando in questa tregua instabile, mi concentro sul mio piatto, riprendendo a consumare la mia colazione e sono così assorto da non accorgermi nemmeno dei passi nell’atrio.
- Nanny, sei qui? –
La sua voce gentile mi fa sussultare; è poco più di un sussurro, ma riesco a comprendere le sue parole. Io sono seduto al tavolo, in un angolo dell’ampio locale, e certamente non ha notato la mia presenza. Resto immobile; vorrei essere evanescente, niente più di un’ombra scura, un alone sfocato sul muro dipinto a calce.
La nonna abbandona il suo lavoro con le mele e, premurosa, la raggiunge sulla soglia della cucina – Oscar, bambina mia! Hai bisogno? Hai finito la tua colazione? Era di tuo gusto? –
- Sì, certo nonna. Come sempre. – risponde lei cortese – In realtà io cercavo Jean per chiedergli di prepararmi Cesar per una cavalcata … ma non l’ho trovato alle scuderie. –
La nonna scuote il capo, mortificata – Mi dispiace, bambina, ma anche Jean è andato con gli altri a ritirare il raccolto dalle campagne. Sono desolata … - ammette poi sfregandosi le mani nel grembiule, nervosa – Io non sapevo che saresti rientrata e ieri sera ho disposto perché anche il ragazzo … Oh! – e poi si interrompe, mentre il viso le si illumina e si volta nella mia direzione.
- André! Cosa fai ancora lì seduto? – il tono con cui la nonna mi si rivolge non ha nulla a che vedere con quello con il quale, solo un istante fa, stava parlando a lei – Forza! Corri alle scuderie a preparare Cesar! –
Non posso nemmeno rispondere: ho visto chiaramente la sua espressione serena sciogliersi nel preciso istante in cui lei, seguendo le parole della nonna, si è accorta della mia presenza in cucina. Probabilmente, dalla soglia dell’ingresso, mi aveva a mala pena intravisto … ma solo allora, al richiamo della nonna, mi aveva guardato davvero. Mi si spezza il fiato nel vederla tremare fissando lo sguardo sul mio viso, con un’espressione indecifrabile di sgomento e sorpresa; un brivido attraversa il mio corpo e d’istinto chino il capo e porto lo sguardo a terra in segno di rispetto.
- Perfetto. Allora io … io passerò tra poco alla scuderia. – le sento appena mormorare, come a chiudere in tutta fretta la questione, mentre l’eco dei suoi passi svanisce nell’atrio.
 
Mi prendo cura di Cesar con una sorta di piacere, ormai. Per anni è stato compito mio, e l’ho svolto con dedizione, e solo da quando mi sono arruolato ad occuparsi di lui è stato assegnato Jean, il giovane apprendista dello stalliere ufficiale di palazzo. Eppure è una soddisfazione ritrovare Cesar docile e amichevole con me come so che non è mai stato con nessun altro. Anche in caserma, Gilbert si lamenta del carattere particolare dello stallone del Comandante tanto che spesso, in caso di difficoltà, vengo chiamato ad intervenire perché ormai è noto come io sia in grado di tranquillizzarlo; ormai le battute si sprecano su chi sia più ribelle e scontroso, tra lo stallone e il suo cavaliere.
Dopo aver terminato di assicurare i finimenti, mi soffermo con Cesar, accarezzandogli il muso mentre gli offro una mela sottratta alla scorta della cucina. Lo stallone gradisce e addenta vorace il frutto succoso.
- Sei sempre stato goloso, vecchio mio … - commento divertito, porgendo al cavallo un altro pezzo del frutto.
- E tu lo hai sempre viziato. –
La constatazione, alle mie spalle, mi coglie di sorpresa. Il tono è sottile, la voce appena udibile e proviene, credo, dall’ingresso della scuderia, ma io sussulto e mi volto di scatto, incerto su come sia meglio comportarmi.
Sapevo bene che sarebbe arrivata; eppure, in un certo modo, ero riuscito ad illudermi che non l’avrebbe mai fatto, pur di evitare di incontrarmi di nuovo; e invece, adesso, lei è qui.

Angolo dell'autrice: finalmente è comparsa. Qualcuno aveva forse il dubbio che non sarebbe mai arrivata... eppure eccola, Oscar, colta quasi di sorpresa, ormai incastrata in un incontro che, a quanto pare, non si aspettava di fare. E adesso?
Intanto... grazie a tutte per l'affetto che mi dimostrate. A presto!
mgrandier

 
  
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