2. Proprio come le eclissi
La Sala Grande si riempiva in fretta, il volume delle chiacchiere era più alto e l’umore sempre più esuberante.
Tra un sorso di succo di zucca bollente e un morso alla crostata di marmellata di cui si era riservata una fetta, Hermione vide avvicinarsi al tavolo di Grifondoro i suoi due amici di sempre.
Harry scrutava il manipolo di Serpeverde chiassosi dall’altro lato della stanza cercando di capire quale fosse il motivo di tanto clamore, mentre con entrambe le mani sospingeva un Ron verdognolo e piuttosto giù di morale.
Quando si accomodarono di fronte a lei, il tavolo esplose in fragorose urla di benvenuto che non fecero altro che far assumere Ron un aspetto ancora più malsano, un uomo al patibolo di fronte alla propria ultima cena.
“Devo essere demente per fare questo” sussurrò con voce roca, “demente”.
“Non fare lo scemo” ribatté Harry con fermezza, passandogli un assortimento di cereali, “andrai benissimo. È normale essere nervosi”.
Hermione non mancò di salutarli calorosamente ma si inserì nella conversazione, non si sarebbe comportata da baby-sitter.
Non che lo avesse mai fatto, si disse, ancora innervosita dall’insinuazione di George.
Ginny la raggiunse e le si sedette di fianco lanciandole uno sguardo insieme indagatore e circospetto, cercando di assicurarsi che le ire della amica non fossero dirette nei suoi confronti.
“Come ti senti?” chiese rivolto a Ron.
“E’ solo nervoso” risposero Harry ed Hermione in coro, quest’ultima per smentire le paure di Ginny circa la scoperta della burla da parte di Ron.
Una manciata di minuti più tardi Angelina Jones, capo della attuale squadra di Quidditch di Grifondoro, chiamò a rapporto i propri giocatori.
Prima che Harry potesse allontanarsi per raggiungere gli spogliatoi insieme a Ron e al resto del gruppo, Hermione si alzò e prese l’amico da parte.
“Non far vedere a Ron cosa c’è scritto sulle spille di Serpeverde” bisbigliò concitata.
Harry la guardò con aria interrogativa, ma lei scosse il capo in segno di avvertimento: Ron stava venendo verso di loro, smarrito e desolato.
“In bocca al lupo, Ron” disse Hermione, si alzò in punta di piedi e lo baciò sulla guancia.
“E a te, Harry...”
Guardò gli amici allontanarsi, si rese conto improvvisamente di come, mai prima di allora, si era azzardata a salutare Ron così affettuosamente come faceva con Harry da ché aveva memoria.
Il proprio comportamento non passò inosservato.
I gemelli la superarono, si portarono nuovamente ai due lati di Hermione e si fecero beffe di lei: George divertito e deliziato dall’esilarante spettacolo che la ragazza aveva offerto loro, Fred accigliato e infastidito, senza alcun diritto, da quanto accaduto.
Quest’ultimo cercava di mascherare il proprio cipiglio e le affibbiò un “baby-sitter” un po' troppo acido mentre passava.
Lasciarono la stanza insieme al fastidioso rumore di baci che George aveva continuato a mandare.
Si sentì traditrice e tradita, quell’insulso insulto di Fred continuava ad agitarle la mente provocando fitte di irrequietezza all’altezza della pancia.
“Andiamo, o si prenderanno i posti migliori e ci toccherà stare vicino a Luna”.
Ginny l’aveva affiancata e le indicò con lo sguardo Lunatica Lovegood che, stramba come era, si era fabbricata un cappello a forma di leone in grado di ruggire a comando.
Gemette alla vista della studentessa di Corvonero e uscì con Ginny dalla Sala, giù per le scale di pietra, nel freddo più intenso del tardo mattino.