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Autore: sweetPotterina    18/08/2018    0 recensioni
“Voglio risparmiarti dall’oscurità”.
Avevano un muto accordo.
La regola? Non parlarsi.
Lo scopo? Qualcuno, sapendo, avrebbe detto tenersi compagnia.
Sembrava meno lacerante il dolore quando si era in due.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Lavanda Brown, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione, Lavanda/Ron, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Ombra costante'
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CAPITOLO XI
LILLA'

 

Un profumo è un gesto, una sensazione.
Un profumo, è la porta aperta sul meraviglioso.
Una questione di pelle, di contatto, di emozione.
La magia in diretta
(Victor & Rolf)



Febbraio 1997

Harry iniziava sul serio a preoccuparla: quel maledetto libro lo stava ossessionando, non c'era attimo che perdesse per studiarlo in tutte le sue sfaccettature, fino a perderci il sonno.
Come se non bastasse, Silente lo mandava in missioni segrete senza dare poi molte spiegazioni, lasciando porte aperte all'immaginazione. Fin troppe volte lei ed Harry avevano perso la cognizione del tempo mentre, tra un indizio e l'altro, cercavano di comprendere qual'era la magia oscura a cui Voldemort si era affidato per vincere la morte; in nessuno dei suoi libri era riuscita a trovare una benché minima risposta soddisfacente, ovviamente.
Ecco perché adesso correva senza fiato per il castello, in fuga dal Reparto Proibito della Biblioteca per l'ennesima sbirciata, dove Mrs Purr per un pelo l'aveva scovata. Certo, aveva il mantello dell'invisibilità di Harry con se, ma non riusciva proprio a non mettere subito chilometri di distanze tra lei e Gazza, che sarebbe ben presto arrivato in soccorso della sua cara gatta spennacchiata.
Scoppiò a ridere della propria stupida paura e si fermò, ormai senza fiato, buttandosi a terra contro un pilastro gelido.
Stava per togliersi il mantello con l'intento di prendere una profonda boccata d'aria, quando vide una sagoma che ormai aveva imparato a riconoscere in lontananza.
Aveva passi decisi e rapidi, lo sguardo guardingo, mentre con poche falcate passava da una parte all'altra del castello stando ben attento che nessuno lo vedesse o lo seguisse. Che ci faceva in giro a quell'ora Malfoy? Era notte fonda.
Istintivamente si alzò e lo rincorse, sistemandosi meglio sotto il mantello per non inciampare. Non le fu facile stare al suo passo, pur mantenendo una certa distanza, dovette persino correre mentre saliva gli scalini due alla volta. Lo vide fermarsi in più di un'occasione per guardarsi le spalle e, nonostante dapprima pensò che fosse lei a far troppo rumore, capì che era la sua paura a bloccarlo ogni dieci passi per accertarsi di non essere seguito. Dove sta andando?
Più volte con Harry avevano notato le sue molteplici assenze, alle lezioni e in sala grande, ma non aveva mai dato peso a questi comportamenti, perché non aveva mai ritenuto pericoloso Malfoy tanto da preoccuparsi di come passasse le sue giornate. Adesso però, la sua mente pullulava di infinite possibili spiegazioni: un'amante, un altro incontro con Piton, la possibilità che sul serio il suo amico potesse avere ragione su di lui.
Ancor prima di accorgersene, si ritrovò al settimo piano. Immobile. D'avanti a lui il niente.
Se ne stava in silenzio, a guardare un muro immenso, mentre dentro in lei iniziava piano piano a crescere il sospetto che si fosse accorto di lei; peggio, che cercasse la cosa che tutti cercano quando hanno qualcosa da nascondere.
Non dovette aspettare molto per scoprirlo, stava per fare un passo verso di lui, nel vano tentativo di avvicinarsi, quando un rumore accanto a lei la fece sussultare: si stava aprendo.
Malfoy si guardò un'ultima volta intorno ed entrò.

Hermione non riuscì a seguirlo anche dentro, la porta si chiuse proprio a pochi passi da lei. Sbatté i piedi in terra come una bambina per la frustrazione, la curiosità che ormai la stava divorando. Provò in tutti i modi a riaprire la stanza delle necessità, ma non ci fu verso. Non sapeva di cosa Malfoy avesse bisogno.
Sfinita, decise di aspettare che uscisse, ma senza che se ne rendesse conto, passarono ore; stanca di attendere sul pavimento gelido, il sonno prese il sopravvento.

Un rumore sordo la risvegliò e ancor prima di realizzare in che posizione si trovava, si portò la mano alla bocca per nascondere un sussulto.
Draco Malfoy era uscito e se ne stava proprio sopra di lei, a battere pugni contro il pilastro di pietra a cui si era appoggiata, facendole ombra da quelle fioche lanterne che illuminavano l'ambiente. Alzando gli occhi al cielo, stando bene attenta a non muovere un muscolo, si rese conto che a differenza della forza che cercava di mettere in quei colpi, il furetto in realtà non aveva una bella cera, si reggeva a malapena in piedi: i capelli come la sua divisa erano sporchi, aveva della cenere sulla fronte e sulla guancia, gli occhi scavati da profonde occhiaie. Morgana, come imprecava, poi, sembrava avercela con il mondo.
Poi si acquietò e puntò lo sguardo vuoto dritto su di lei, con la testa rivolta verso il basso, tra le sue stesse braccia appoggiate al muro.
Se non sapesse di essere invisibile, Hermione lo avrebbe schiantato per correre via, ma più lo guardava, la guardava, più qualcosa dentro di lei si muoveva, sotto pelle. Aveva gli occhi pieni degli occhi suoi, si rifletteva in lui e, lo strazio che in quel momento leggeva in quelle iridi grigie, la stava riempiendo.
Passarono i secondi come se fossero minuti, senza volerlo davvero sentiva la mano prudere per allungarsi verso il ragazzo, in un gesto istintivo di tenerezza.
Poi una goccia di sangue cadde appena vicino la punta delle scarpe di lui ed Hermione trasalì.
Che cavolo aveva combinato?
Draco parve sentire la reazione della ragazza perché improvvisamente scattò sull'attenti, si ripulì la ferita e, dandosi un'ultima occhiata intorno, si apprestò a sparire via.
La Grifondoro voleva ancora seguirlo, chiedergli migliaia di spiegazioni, ma sapeva che sarebbe stato tutto inutile ed era troppo sconcertata per fare alcunché, così lo lasciò andare.

Era a pezzi. Non era riuscito a chiudere occhio tutta la notte.
Aveva di nuovo fallito miseramente, quel maledetto coso non ne voleva sapere di funzionare a dovere. Un altro maledetto pennuto era sparito.
E presto lo sarebbe stato anche lui, lui e tutta la sua famiglia se non trovava presto una soluzione.
Ma il tempo scorreva e le idee finivano, la stanchezza era tanta che faticava ormai persino a pensare.
Pensare, a cosa poi? Lui voleva soltanto fuggire, prendere sua madre e volare via. Invece, era in gabbia, senza via di fuga, senza speranza.



-Non fuggire in cerca di libertà quando la tua più grande prigione è dentro di te.


Sanguesporco. Lei... cosa poteva saperne lei di cosa stava passando.
Eppure il suo essere presuntuoso proprio non riusciva a regalare perle di saggezza fuori luogo e assolutamente inappropriate. Come quel suo maledetto profumo di lillà, forse delicato ma invadente, esattamente con lei, che persino qualche ora prima, mentre cercava di riprendersi dall'ennesimo fallimento, aveva sentito investirlo come se l'avesse avuta accanto.
Si era trovato a scappare via, da se stesso, perché quello era stato decisamente inappropriato.
Lei che non riusciva proprio a non arrossire, a non nascondere mezzi sinceri sorrisi; lei che cercava di schernirlo ancora, quando ormai era evidente che cercava solo una scusa per stargli vicino. Doveva stare proprio male per quel pezzente evidentemente, ma chissà se ne era cosciente; sicuramente no.
Ad ogni modo, si era abituato ad averla intorno, anche se si rivolgevano appena la parola, almeno quelle due stentate sue frecciatine erano innocue rispetto a quelle dei suoi amici che alternavano sguardi preoccupati, di pietà, a battute provocatorie quando la curiosità proprio non riusciva a frenare le loro lingue. Sapeva che non lo facevano con cattiveria, ma davvero non riusciva a sopportare più niente, da nessuno. Tranne che da lei.
Si scrollò di dosso tutti questi oltraggiosi pensieri, sbattendosi un palmo sulla fronte. Come avrebbe voluto trovare uno spazio in cui rifugiarsi da se stesso, dalla sua vita: ci riuscì, alla fine, sotto un filo di luce nascente in quelle prime luci dell'alba, Draco Malfoy finalmente si addormentò.
La notte ormai era diventata troppo oscura per lasciarsi andare.


*




Narcissa Malfoy non era mai stata una madre affettuosa, non perché non sapesse essere dolce, ma per parte. Suo padre non permetteva che gli venissero fatte troppe smancerie, per paura che potessero segnare il suo carattere, che doveva divenire forte e duro.
Eppure, quando era ancora solo un bambino, sua madre concedeva loro delle segrete eccezioni quando Lucius era via per affari e loro potevano godere della reciproca compagnia lontano da occhi indiscreti. Era in quei momenti che poteva sentire il vero calore di una madre, del suo abbraccio, dei suoi piccoli baci. Il momento che più adorava, però, era quando sua madre cercava di farlo ridere, solleticandolo con i suoi capelli lunghi sciolti o con le dita sottili nelle parti più disparate, senza sosta. Gli diceva sempre che non rideva mai abbastanza, lo prendeva in giro dicendogli che sarebbe divenuto presto un piccolo vecchietto nel corpo di un bambino.
La verità era che Narcissa Malfoy odiava vedere suo figlio così piccolo già così serio o, peggio, triste; il suo cuore ne piangeva ogni volta.
Si concesse un sorriso impercettibile in un angolo delle sue fini labbra, quando sentì il suo ricordo prendere il sopravvento tanto da percepire fili invisibili sfiorarlo sul naso, sulle guance, sulla fronte. Ormai stava per svegliarsi, ma non ne aveva voglia; quel sogno era troppo bello.
Poi qualcosa lo destò, portandolo a storcere il naso: lillà, ancora.
Un'ombra sentì sovrastarlo e in pochi secondi aprì gli occhi, scattando a bloccare la mano sopra di lui.
Sempre lei. - Cosa cazzo stai facendo, Mezzosangue?

Aveva il cuore in gola per lo spavento.
La sera prima aveva fatto tardi, con Harry avevano di nuovo perso le ore fino ad addormentarsi sulle poltrone della sala comune, così quando si era risvegliata di soprassalto, invece di ritirarsi in camera, era uscita dritta verso il settimo piano, nella vana speranza di trovarlo uscire dalla stanza delle necessità. Non era stata così fortunata, ma era sorto il nuovo giorno e ormai non aveva più senso tornare a letto, così si era diretta nel bagno dei prefetti per attendere l'ora più appropriata per rientrare nel dormitorio senza insospettire i suoi compagni, magari con la mezza idea di rilassarsi con un bagno caldo.
E invece aveva trovato lui, disteso su degli asciugamani morbidi, perso tra le braccia di morfeo. Dapprima le era apparso svenuto: era di nuovo tutto sporco, pallido e sanguinante grazie a un taglio sulla fronte, di cui evidentemente non doveva essersi accorto. Era evidente che fosse stato di nuovo lì. A fare cosa, stupido furetto?
Le parole di Harry le erano improvvisamente balzate tutte in mente.



- Lo abbiamo visto da Magie Sinister, con gli altri
- Non hai visto cosa ha fatto ai Tre Manici di Scopa?
- E' un Mangiamorte, Hermione!


Un Mangiamorte.
Un istinto rabbioso si impossessò di lei e con sole poche falcate lo raggiunse, puntandogli addosso la bacchetta, pronta a scoprire la verità una volta per tutte. Ferito.
Mentre la mano le tremava per l'ansia che le stava pian piano salendo alla gola, l'immagine di lui, disteso per terra, immobile e impotente, la fece desistere. La sua immagine urlava ferite: non solo sulla fronte, sulla manica strappata, ma anche sul viso, grazie ai suoi lineamenti un po' invecchiati, stanchi, dal suo respiro irregolare nonostante stesse dormendo profondamente. Rivedeva in lui le espressioni sofferenti di Harry quando gli incubi lo tormentavano, quando Lui lo tormentava. Malfoy era ferito, dentro.
- Epismendo.
Lo ripulì, gli chiuse la ferita sulla fronte e prese dalla sua borsa due boccette che portava sempre con se, lasciandogliele accanto: gli sarebbero servite per riprendersi meglio al suo risveglio. Non poteva approfittare in quello stato di lui, era comunque una Grifondoro.
Ricordò a quanto gli era stata vicina due notti prima, a come i suoi occhi vuoti l'avevano investita tanto da sentire il bisogno di toccarlo. Con un dito non resistette alla voglia di sfiorarlo, lungo il punto in cui aveva trovato la ferita ormai sparita, fino alla guancia, sul mento. Il cuore le rimbombava nelle orecchie, ma la sua pelle liscia invitava carezze proibite. Lo osservò per un lungo minuto, quasi dimenticandosi del motivo che l'aveva avvicinata tanto, finché un'impercettibile movimento del ragazzo che stava sistemandosi meglio, le ricordò che era arrivato il momento di controllare. Adesso il braccio del Serpeverde sembrava urlare contro di lei: doveva vedere.
Fece un lungo respiro profondo e si chinò verso di lui, cercando di allungarsi senza far rumore sul suo braccio disteso contro il muro sul lato opposto.
- Cosa cazzo stai facendo, Mezzosangue?
Le faceva male, il suo polso bruciava sotto la sua morsa stretta, ma aveva perso le parole.
Si era mosso così velocemente che non aveva fatto in tempo a capire cosa era appena successo.
L'aveva beccata.
- Malfoy, lasciami – Riuscì a malapena a dire.

Draco si alzò su un gomito e mentre si avvicinava a lei, cancellò tutte le distanze strattonandola a se. Hermione perse l'equilibrio e gli si ritrovò sopra, il suo respiro che le sfiorava il naso.
- Hai un'ultima possibilità- sospirò piano, controllandosi a forza, assottigliando lo sguardo fisso su di lei. - Cosa stavi facendo, Granger?
Ammorbidì il tono, non perché l'istinto violento che l'aveva colto inizialmente stesse affievolendo, la paura che potesse essere scoperto l'aveva fatto scattare con il cuore che sembrava aver voluto uscire. Ma sapeva di dover misurare le parole con lei, era brava a usare la bacchetta e la lingua quanto lui, a differenza dei suoi patetici amici, e non voleva che quel momento potesse rovinare l'ombra e il silenzio che in quei mesi aveva pian piano costruito attorno a se. Non poteva attirare attenzioni, proprio ora.
Finalmente era riuscito a smuovere qualcosa.
Un uccellino era tornato, morto, ma era tornato indietro.

- Tu, cosa stai facendo, Malfoy?
Lo aveva curato, per Merlino, si era persino preoccupata per lui e adesso osava minacciarla!
Se in un primo momento, colta di sorpresa, era entrata nel panico, il suo orgoglio coraggioso le aveva infiammato le vene e, ricambiando il suo sguardo di sfida, gli aveva sputato sibilando la sua provocazione.
Era stata una stupida, un'ingenua, nel farsi lasciare intimorire dallo stato in cui l'aveva trovato. Lui l'avrebbe fatto?, si chiese. Purtroppo temeva la risposta e la rimandò indietro.
Se voleva lo scontro, glielo avrebbe dato.
Notò come i suoi occhi si fecero grandi, per un'istante soltanto, prima di trovarsi capovolta con le spalle a terra e il ragazzo a cavalcioni sopra di lei. Qualcosa nello stomaco in quel momento si attorcigliò.
- Stai lontano da me, Sanguesporco – ringhiò Malfoy, a denti stretti.
Non potendo muoversi, con entrambe le braccia bloccate lungo le orecchie, Hermione non si fece intimidire. - Cosa nascondi, bastardo? Di cosa hai paura?
Il sangue gli ribolliva nelle vene, voleva ucciderla, poteva farlo ora che l'aveva tra le mani. Lei, con quel suo sguardo fiero e temerario non cedeva, nemmeno di fronte al netto svantaggio. Come i suoi due amici, pensava di essere intoccabile, infallibile, ma presto avrebbero visto quanto si sbagliavano di grosso.
Improvvisamente scoppiò a ridere, chinando indietro la testa e lasciando che i ciuffi gli ricadessero subito dopo sulla fronte. Unì le braccia in un unica stretta e con una mano adesso libera le prese un riccio, attorcigliandolo su un suo dito, fino a a portarglielo sulla fronte e a scendere in una fredda carezza fino al collo.
E' anche colpa tua, sai? Ma sei tu che avrai paura, lurida Mezzosangue.
Hermione era ghiacciata dal suo sguardo, non sapeva cosa pensare. Che stava facendo? Perché la toccava così?
Si ritrovò confusa, con la pelle che bruciava sotto il suo tocco.
Cercava di mantenere l'attenzione sul discorso, sui messaggi contorti che lui le mandava, sulle provocazioni che cercava di lanciargli per sperare in una sua mossa falsa.
Ma quella mano, la stava facendo perdere.

Perché lo stava guardando in quel modo? Che vuol dire quello sguardo, Mezzosangue?
C'era qualcosa di inaspettatamente strano negli occhi della Grifondoro, mentre cercava di non abbassare nemmeno per un secondo lo sguardo. Aveva smesso di divincolarsi e anche se aveva ancora le sopracciglia strette, al posto dell'odio, della rabbia, della frustrazione che fino a quel momento l'aveva inondata, adesso sembrava...
C'era calore. Non come quello di sua madre o di Pansy, era qualcosa di diverso, che non aveva mai visto.
Nello sconcerto di un secondo, Hermione rinvenne in se non appena sentì la presa divenire più leggera e si divincolò spingendolo via. Si rimise in piedi ed estrasse la bacchetta puntandogliela contro, più per un gesto automa di difesa che per seria necessità.
- Non... non farlo mai più.
Aveva la voce che le tremava. Doveva essere un velato avvertimento, ma ne uscì quasi come una supplica.
Draco nel frattempo l'aveva seguita con lo sguardo, guardingo, curioso e confuso. Annuì con gli occhi, senza aggiungere altro. Non poteva prometterle niente, ma in quel momento preferì tagliare corto.
Hermione tentennò qualche istante, poi gli voltò le spalle e con passi veloci andò via.
Il Serpeverde la lasciò andare, standosene ancora per terra, portandosi la mano fra i capelli e rendendosi a quel punto conto di non essere più sporco o graffiato.
Perlustrò la stanza e trovò le boccette che le aveva sicuramente lasciato la Granger. Le prese, le aprì e ne annusò il contenuto: rivitalizzante.
La confusione lo pervase ancora.
Che cazzo era successo?

   
 
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