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Autore: tixit    20/08/2018    18 recensioni
Breve storia triste con molte licenze cronologiche e un po' di vago soft porn.
Fersen è tornato, è ospite di Oscar ed ha portato con sé il caos.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti

Era stato un bacio dato per gioco - avevano bevuto, proprio tanto.
Ma prima c'era stata una lunga passeggiata lungo il canale, gli stivali immersi nei fiocchi della nebbia bassa di novembre. Avevano osservato insieme le folaghe ed i cormorani che stavano migrando dal Nord verso il Mediterraneo e le oche selvatiche ritardatarie, in un silenzio gonfio di pensieri.

“Io Vi piaccio?” aveva chiesto lui, una volta rientrati nel tepore della casa. Aveva la voce roca e aveva osato prenderla per un polso e attirarla in terra, accanto a sé, dinanzi al fuoco scoppiettante del camino.

“Vi ho stimato sul serio quando ve ne siete andato.” aveva sussurrato lei, con quella sua voce bassa e morbida, dal timbro mascolino. “Mi siete sembrato un cavaliere d’altri tempi di un regno da favola.”

“Camelot?” le aveva accarezzato i capelli biondi arrotolandoli intorno alle dita - cambiavano colore secondo la danza delle fiamme - senza chiederle nemmeno il permesso.

“Camelot.” lei aveva inclinato il volto, osservandolo incuriosita, un universo di azzurro e di stelle, sotto le lunghe ciglia.

“Luigi XVI non è esattamente Re Artù” aveva chiosato lui in tono ironico, ma lei gli aveva posto le dita sulle labbra intimandogli di tacere. Un gesto intimo come un bacio.

“Non lo è, non è un guerriero, ma potrebbe essere un riformatore, se lo volesse. Un uomo che usa il potere per fare qualcosa di buono.” Fersen aveva sogghignato scuotendo la testa e le aveva accarezzato con delicatezza le dita, scendendo lungo il polso con deliberata lentezza per poi slacciarle la manica ed accarezzarle il polso sottile.
“Ci vuole coraggio per usare il potere… è più facile costruire lucchetti.” aveva sussurrato.

“E come Artù” aveva proseguito Oscar porgendogli l’altra mano, ”lui ama teneramente la sua regina, che però ama appassionatamente un altro.”

“Amava…” aveva mormorato  mentre con le dita risaliva le vene azzurrine dai polsi di lei fino all’incavo del gomito - invisibili e complicati sentieri da percorrere senza fretta.

“Amava?” lei gli aveva accarezzato le labbra incuriosita. “Forse.”

”Lancillotto ha una vita dopo Ginevra, ha anche un’altra donna…” aveva detto lui senza guardarla, con voce seria, il leggero accento scandinavo che si faceva più pronunciato “Ci sono leggende che narrano del suo amore per la figlia del Re Pescatore…”

“Elaine di Corbenic?” aveva chiesto lei educatamente, "L'innamorata silenziosa."

Lui aveva annuito, senza alzare lo sguardo “Elaine offre rifugio a Lancillotto nella sua casa, guarisce Lancillotto dalla sua pazzia, e gli da un figlio...” le aveva sfiorato il viso con la punta delle dita, un gesto delicato.

“Leggende…” aveva detto Oscar con dolcezza accarezzandogli le mani. "In altre storie la memoria ha artigli e Lancillotto ha solo un nome ben piantato nel cuore."

“Ma io, almeno un poco, Vi piaccio?” lui aveva insistito, sembrando di colpo un ragazzo, indifeso, con quei capelli lunghi ed incolti e gli occhi che venivano da un altro paese fatto di neve e ghiaccio e boschi pieni di lupi e di giganti.

Lei aveva riso, inarcando la testa all’indietro, la gola scoperta  “Piacete a tante, a quanto mi dicono…” A quel punto lui le aveva baciato il collo, senza fretta, mentre con le dita aveva cominciato a slacciarle il gilet.

Oscar non lo aveva fermato, anzi, aveva fatto scivolare il suo vecchio panciotto grigio muschio lungo le spalle e con un sorriso aveva annunciato di voler conoscere il motore del mondo.

“Dio?” aveva chiesto Fersen perplesso e poi tutti e due avevano riso.

“L’amore?“ aveva poi sussurrato Fersen, accarezzandole una guancia.

“Il sesso.” aveva precisato lei slacciando la fusciacca dorata che le cingeva i fianchi.

“L’amore non Vi interessa?” aveva chiesto lui con voce improvvisamente tenera, mentre le sfilava la camicia dai pantaloni di seta.

“Quello credo di averlo già sperimentato,” gli aveva risposto meditabonda. Poi si era sfilata da sola la camicia, senza timidezza, sfilandola dalla testa. Sotto non portava nulla.
Nemmeno le fasce.

A quel punto André aveva chiuso la porta ed appoggiato le spalle al muro, la fronte imperlata di sudore - nemmeno si era accorta che lui era lì, nella stanza accanto, nemmeno aveva pensato che qualcuno la potesse vedere e giudicarla una...
Imbarazzato cercò con lo sguardo il vassoio, sbatté i bicchieri e la bottiglia facendo rumore, ne ruppe uno e lo rimpiazzò, poi con decisione aprì la porta.

Erano ancora seduti accanto al fuoco - lei fissava le fiamme, imperscrutabile. Indossava di nuovo la camicia, notò André con sollievo. Ma era slacciata e la luce del camino disegnava il profilo dei seni, sotto la stoffa leggera - l’eccitazione palese a malapena trattenuta.
Li aveva interrotti, aveva cancellato il loro momento magico, pensò. Ben gli stava.
Versò da bere per tutti e due, sperando che si sentissero a disagio. Ma quello di troppo, se ne rese conto, era lui.

Per un po’ rimasero tutti e tre in silenzio, osservando le fiamme dal profumo resinoso, poi Oscar si stiracchiò come un gatto, incurante dei bagliori di carne sotto i lembi della camicia, e uscì dalla stanza seguita da Fersen. Li vide salire le scale, seguendoli con lo sguardo, come un vecchio cane da guardia.

Arrivati al primo pianerottolo, Fersen la afferrò e mentre le baciava la nuca, la spinse contro il muro. Con le mani risalì lungo i fianchi di Oscar, fino ai seni, sotto la stoffa della camicia, ma lei si divincolò ridendo.

André chiuse gli occhi - un servo non può prendere a pugni un ospite dei suoi padroni. Non può. 
Anche se se lo meriterebbe.

Quando più tardi salì da lei per portarle una tisana calda - altro alcol era fuori luogo - la trovò sveglia, sdraiata sul letto, con ancora gli stivali indosso.

Il letto era intatto registrò con sollievo. Non lo avevano fatto. Avrebbe voluto sospirare per il sollievo, ma non era proprio il caso - Fersen sarebbe rimasto tra loro per chissà quanto tempo. E in cantina le botti di vino non mancavano certo.

“Ti ricordi quando facemmo a pugni?” la senti chiedere con voce indifferente. “Quando avevo quattordici anni, intendo.”

André annuì.

“Non ti ho mai chiesto scusa.” proseguì la donna brusca. “Avevo tanta rabbia.” Si puntellò sui gomiti mentre lui in ginocchio ravvivava il fuoco, evitando di guardarla. “Quando un altro ha un potere su di te ti mette davanti delle opzioni che ha già selezionato… e tu sei lì, che non comprendi che ci potrebbero essere altre scelte. Scelte più creative.”

“Ci sono anche le scelte sbagliate.”

Oscar alzò un sopracciglio “E’ più facile costruire lucchetti, vero?”

André arrossì, ma non le rispose.

“Tu non sai cosa voglio perché non ascolti mai, nessuno ascolta nessuno eppure tutti dicono in continuazione quello che vogliono.”

“E tu ci credi? Che vogliano bambini?” gli sfuggì e avrebbe voluto rimangiarselo subito. Ma Fersen aveva parlato di bambini... Fersen. Che aveva una lista delle donne con cui era stato a letto a accanto al nome scriveva pure le loro preferenze - a Madame De Tourvelle piace che le si succhino i seni - ma per piacere!

“No.” rispose con voce tagliente. “non ci credo affatto. Ma tu non dovresti origliare, sai? Non ti si addice, sei così perfetto... Santo André da Versailles. Io credo che alcune persone vogliano cose che non possono avere da soli e allora cercano di trovare un complice offrendogli la ricompensa che ritengono adeguata. Un allineamento di desideri, come una eclisse.” sospirò “Solo che nessuno sa davvero cosa vogliono gli altri e tira ad indovinare.”

André scosse le spalle irritato e lei sogghignò, poi abbassando lo sguardo sussurrò “A volte alcune persone vorrebbe solo lasciare andare tutta quella rabbia e smettere di perdersi tutto il resto.”

“Il resto cosa? Il sesso?” voleva ferirla e sperò di esserci riuscito.

“Anche. Non sono una Madonna.” irritata si alzò in piedi e andò a versarsi qualcosa da bere, sotto lo sguardo carico di disapprovazione di André.

Gli fece un segno distratto per invitarlo ad andarsene, poi si mise davanti allo specchio e lasciò cadere a terra la camicia. La vide rimirarsi allo specchio, osservando la cicatrice sul braccio, i suoi capelli dorati ed i suoi seni, per poi guardarlo negli occhi attraverso il riflesso. Prese una spugna e cominciò a lavarsi continuando a fissarlo mentre sfiorava lentamente i capezzoli rosei e le spalle bianche, i rivoli d'acqua e sapone che scivolavano pigri verso l'ombelico.

André per un attimo pensò che sarebbe bastato fare due passi verso di lei e toccarla, sovrapporre le sue impronte a quelle di Fersen, cancellarle come quella spugna e dirle che era bellissima, ma poi decise che la distanza tra loro non era di soli due passi e che erano anni che lui era abituato a proteggerla. Non poteva cambiare le abitudini di una vita.

Si inchinò e la lasciò sola.

La mattina dopo lei era uscita presto a cavallo, nell’aria frizzantina di novembre, e le bottiglie vuote, da raccogliere, coricate in terra accanto al letto, erano ben due - André scosse la testa: era così pallida. Troppo.

   
 
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