PARTE SECONDA - Extra
A fine Agosto, Mu aveva lasciato il Santuario per
una settimana per dirigersi verso il Jamir e, su
commissione di Shion, recuperare alcuni occorrenti
per la riparazione delle armature. Era stato proprio al suo rientro che aveva
scoperto che non solamente Angelo, Elias e Shura avrebbero lasciato il
Santuario il giorno successivo, l'ultimo di Agosto, ma anche Shaka sarebbe
partito, anticipando il suo allenamento sulle rive del Gange.
Era stato lui a dirlo agli altri, durante la pausa
dall'allenamento. Non che se la fosse presa per qualcosa, ma aveva la
sensazione che Shaka li stesse lasciando indietro, nonostante avessero la
stessa età, e questo un po' lo faceva stare male. Non poteva fare a meno di
chiedersi se, una volta tornati tutti lì investiti delle loro armature, per
Shaka sarebbero stati solo esseri inferiori da guardare dall'alto al basso o
se, invece, potessero riuscire ad essere amici come non avevano avuto il tempo
di diventare in quel periodo.
"Però non vale!" borbottò Milo, mettendo
il broncio, "Avevamo appena iniziato a fare amicizia!"
Camus inarcò un sopracciglio, con quel fare snob e
irritante che innervosiva Milo più di qualunque altra cosa, "Veramente, mi
pareva che la cosa fosse a senso unico. Lui vi rispondeva appena, solo per
carineria!"
"Solo perché è timido," berciò Milo,
"Vero, Lia? Chiacchieriamo sempre, la sera!"
Aiolia portò un dito al mento, inclinando il capo,
"Lui parla poco con tutti, quindi chi lo sa!"
Milo sbarrò gli occhi, "Traditore!"
"Però anche secondo me è un poco timido,"
fece anche Thiago, ricevendo in cambio tutta la
gratitudine di Milo, "Ma perché se ne va prima? Io pensavo che saremmo
partiti tutti insieme..."
"Boh," scrollò le spalle Mu, "Forse
Aiolos lo sa?"
"Sicuro!" saltò su Aiolia, "Glielo
vado a chiedere!"
"Aspetta, aspetta! Io ho un'idea migliore,
Lia! Andiamo direttamente da Shaka, così se domani parte anche lui possiamo
salutarlo per bene!"
"Magari non gli fa piacere."
Milo sbuffò alle parole di Camus, "Ma solo
perché non fa piacere a te non è che non deve far piacere agli altri. Sei tu
quello antipatico! Io vado!"
"Vengo anche io!" decise Aiolia alla
fine, seguendo subito l'amico verso i Dodici Tempi. Mu aveva detto che Shaka
passava lì a meditare quasi tutto il tempo, e visto che era pieno pomeriggio, è
lì che doveva essere.
"Secondo me si arrabbierà," sorrise Thiago, ma era già in piedi a sua volta, "Tu vieni,
Mu?"
"Sì!"
Camus sbuffò, fermo al suo posto, "Se sapete
che si arrabbierà, che ci andate a fare?"
"Per salutare, no? Vieni, Camus?"
"No, grazie Thiago.
Io resto qui."
Shura, Elias e Angelo erano ancora sotto l'albero,
all'ombra, con le bottigliette d'acqua che Angelo aveva reperito anche per gli
altri due, quando si videro passare davanti quattro dei loro piccoli compagni.
Mancavano solo Camus e Shaka, ma affacciandosi oltre il grosso tronco Elias
notò subito che Camus era lì, anche se da solo e non vedeva bene cosa stesse
facendo.
"Dove corrono tutti compatti? Guardali,
sembrano una manica di pecorelle!" li prese in giro Angelo con un
sogghigno.
"Ad occhio stanno andando verso le
Dodici."
"E non è vietato?" inclinò il capo Elias,
guardando lo spagnolo.
Shura scrollò le spalle, "Non so. Ma Shaka è
lì, se non sbaglio."
"Ah, ho capito. Vanno a salutarlo prima della
partenza. Non è più uscito da quando ha attaccato per sbaglio Angelo. E pensare
che questo qui se lo meritava proprio, povero piccolo. Secondo me, si è
spaventato più lui che te!" esclamò Elias, piantando il dito nel fianco
dell'amico, "Ed è tutta colpa tua che sei un cafone maleducato!"
"Ahia! Bastardo, Elias, questa me la paghi! E
poi non è stata colpa mia!" sbottò il diretto interessato.
"Mia no di certo!" gli fece notare Elias,
"Sei stato cattivissimo."
"Ma non pensavo che quel santone si
arrabbiasse davvero!"
"Nemmeno Athena in persona riuscirebbe a
mantenere la calma con uno come te, Angelo," borbottò Shura, storcendo le
labbra, "Sei insopportabile certe volte."
"E tu un amico di merda."
Shura scrollò le spalle, indifferente all'insulto.
"Ho deciso che lo vado a prendere," trillò Milo, già pronto a varcare
la soglia della Prima Casa, incustodita, per raggiungere di corsa la Sesta,
dov'era Shaka. "Così andiamo a mensa tutti insieme e lo salutiamo prima
che parta!"
"Però se sta meditando forse ha ragione Camus,
e non gli farà piacere..." esclamò Mu, che li aveva seguiti fiducioso fino
a lì, ma adesso iniziava ad avere un po' di tentennamenti. Lui ci teneva
tantissimo a salutare l'altro prima che partisse, perché anche se per troppo
poco tempo avevano iniziato a fare amicizia e per Mu lo erano già, amici. Solo
che credeva di aver anche un po' capito com'era, e di certo adesso voleva
rimanere da solo. "Per non parlare del fatto che non dovremmo nemmeno
essere qui!"
"E va bene, allora smetterà di meditare, no?
E' quasi ora di pranzo, anche!" ribatté il piccolo greco, guardando
l'amico del Leone in cerca di manforte. E stavolta, Aiolia glielo diede.
"E' vero! Anche il fratellone dice sempre che non deve saltare i pasti! Ha
detto che glielo ha detto il medico!"
"Sì, sì, l'ho sentito anche io!" annuì
Milo, "Quindi lo andiamo a prendere noi, così se lo ricorda e possiamo
anche salutarlo per bene come avevamo deciso. Non pensi anche tu, Mu?"
Mu sporse il labbro inferiore, spostando lo sguardo
da Milo all'ingresso della Sesta, "Sì, però non voglio nemmeno che si
offenda. E vi ripeto che in teoria non dovremmo essere qui!"
Thiago, vicino a Mu, inclinò un po' il capo, una mano al mento, "E' vero,
non ci stavamo pensando. Non avremmo il permesso..."
"Secondo me esagerate," mise il muso
anche Aiolia, "Alla fine non stiamo facendo niente di male, no? E anche
Shaka non se la prenderà, in fondo stavamo facendo amicizia, no?"
"E allora perché se ne va?" domandò
ancora Thiago, sinceramente curioso e per nulla
intenzionato a litigare con nessuno. Alla fine, l'unica cosa che sapeva di
Shaka era che la sera chiacchierava un po' con quei due, anche se più che altro
rispondeva a monosillabi, e che di giorno preferiva rimanere da solo, in
disparte nella sua futura Casa. Per il resto, non ci aveva mai parlato, se non
il primo giorno, anche se la colpa probabilmente era sua: a differenza di Mu,
Milo e Aiolia, lui non si era mai fatto avanti in prima linea con Shaka. Lo
rispettava nel suo desiderio -sempre che lo fosse- di stare da solo e lo
lasciava in pace.
"Secondo me se ne va per colpa di
Angelo!" squittì Milo, "Quel brutto antipatico lo ha fatto proprio
arrabbiare, l'altra volta, avete visto!"
"Però lì ha vinto Shaka..."
Aiolia sobbalzò come colto da un pensiero funesto,
gli occhi sbarrati, "E se lo hanno mandato via perché ha fatto male ad
Angelo? Il fratellone a volte lo dice, che non si litiga fra di noi o verremo puniti:
perché dobbiamo essere tutti amici!"
Mu, a quelle parole, si aggrappò alla manica di Thiago, quasi spaventato, "Allora lo mandano via e non
torna più? Ma il maestro me l'avrebbe detto!" Shion
aveva rivelato solo che sarebbe partito in anticipo, e Mu era stato tranquillo
perché era sicurissimo che comunque prima o poi l'avrebbero rivisto, anche se
fra diversi anni, magari già investiti dell'armatura.
Però, se lo mandavano via perché aveva sbagliato,
allora non sarebbe tornato e non si sarebbero più potuti incontrare.
"Non voglio che se ne vada per non tornare
più!"
Thiago, trovandosi il piccolo tibetano praticamente addosso e sull'orlo delle
lacrime, lo strinse subito in un abbraccio fraterno, "Non fare così, Mu,
sono sicuro che tornerà anche lui!"
"Dovevamo chiedere al fratello, lui di certo
lo sa," mormorò anche Aiolia, abbassando il capo con rammarico.
Anche lui non voleva che cacciassero Shaka. E poi,
era convinto anche che Angelo un po' se lo meritasse, era lui che doveva essere
mandato via.
Erano ancora tutti lì, in silenzio assoluto, gli
sguardi bassi, quando Shura, Elias e Angelo li raggiunsero.
In verità, non sarebbero dovuti essere lì, né loro
tre né i quattro più piccoli, ed era proprio per questo che erano andati a
prenderli, prima che Saga e Aiolos li beccassero, considerando anche che la
pausa data loro era quasi terminata.
Shura non era molto d'accordo nell'andarli a
prendere, visto che significava raggiungere le case senza permesso, ma alla
fine aveva ceduto.
"Che succede qui? Lo sapete che dovete tornare
all'Arena?!" berciò Elias, guardandoli uno ad uno. Se volevano salutare
Shaka, non aveva senso che restassero lì fuori, "Andate a pranzo e poi ad
allenarvi, coraggio!"
Mu fu il primo ad alzare il capo, indeciso,
"Però..."
"Shura!" la voce acuta di Aiolia lo
anticipò, impedendogli di continuare. Il piccolo Leo corse subito verso l'amico
più grande, che lo accolse gentilmente quando gli si gettò addosso e gli mise
una mano sulla testa.
"Che succede?"
"Shura, senti, è vero che mandano via Shaka?
Per punizione per aver fatto male ad Angelo? E non torna più? Tu lo sai,
Shura?"
Shura aggrottò le sopracciglia, piegandosi un po'
per essere all'altezza dell'altro, "Chi ve lo ha detto, questo?"
"Beh, ecco, veramente..."
"Ve lo siete inventati?" li prese in giro
Angelo, il sogghigno divertito sul volto, "Ma che avete in testa voi
microbi? Certo che ne avete di fantasia!"
"Non è fantasia, è stata colpa tua!"
ululò Milo, "E' Aiolos che lo dice sempre, che non si deve litigare!"
"E' vero, ma non ti buttano mica fuori per una
cosa simile," rise anche Elias, divertito e intenerito al tempo stesso,
soprattutto quando i grandi occhioni verdi di Mu
incontrarono i suoi azzurri, inchiodandolo sul posto, lucidi e spalancati
com'erano.
"Sei sicuro?"
Elias sorrise, arrotolandosi una ciocca di capelli
intorno all'indice, "Abbastanza, considerando che io e Angelo siamo ancora
qui e non siamo stati mandati da nessuna parte."
"E' vero, Shura?" chiese di rimando anche
Aiolia, guardando lo spagnolo dritto negli occhi. Così, giusto per essere
davvero certi, perché anche se Elias era più simpatico di Angelo, non era quel
genere di ragazzo con cui Aiolia stava volentieri, ed infatti parlavano appena.
"Verissimo, Aiolia. Shaka andrà solo ad
allenarsi, e poi tornerà qui. Proprio come succederà a voi fra un po' di
tempo."
A quelle parole, Mu sospirò di sollievo, "Meno
male!"
Elias a quel punto alzò gli occhi al cielo, in un
misto fra il divertito e l'esasperato, "Bene, risolto questo, che
intendete fare?" chiese loro, incrociando le braccia al petto.
"Andarlo a prendere per salutarlo, come avevamo
deciso!" esclamò Milo.
"Ma non si può superare le Case senza
permesso," gli ricordò Angelo con scherno, "E tu non ce l'hai il
permesso, mostriciattolo!"
"Però Mu sì!" rincarò Milo, tirando fuori
la lingua all'indirizzo di Angelo, che alzò a sua volta gli occhi al cielo.
Mu arricciò il naso, a quella constatazione,
"Non voglio far arrabbiare il maestro Shion,"
fece.
Milo strabuzzò gli occhi, davanti a quell'abbandono
improvviso, "Ma non avevi detto anche tu che volevi venire a
salutarlo?!"
"Beh, sì," ammise Mu, "Però magari
si può aspettare che scenda no? Insomma, così siamo contenti tutti
quanti..."
"Ma..."
"Ma dovresti proprio dargli retta, Milo!"
tuonò la voce dura di Aiolos, insolitamente alterata. Se ne stava lì, vicino
alla colonna più lontana, non l'avevano neanche sentito arrivare. O forse era
lì dall'inizio e non se ne erano accorti?
In entrambi i casi, era più crucciato che mai, le
braccia incrociate al petto, e non certo per trasmettere impazienza, com'era
stato con Elias poco prima. No, Aiolos era decisamente arrabbiato. Milo non lo
aveva mai visto così, anche se Aiolia diceva spesso che Aiolos, quando si
arrabbiata, sapeva essere davvero spaventoso. E che fosse un maestro severo
ormai lo avevano capito tutti quanti.
Chinò subito il capo, vedendolo venire verso di
loro, e una piccola parte di lui era già
convinta che fosse stato Camus a fare la spia.
Ma Aiolos lo smentì subito.
"Sono tutti in mensa tranne voi sette, che
cosa state facendo, qui? Lo dovreste sapere che non avete il permesso di
starvene alle Dodici Case, vi ho detto un sacco di volte che potrete entrarci
solo dopo aver ottenuto la Gold Cloth! Addirittura
venite qui a bighellonare, invece di riposarvi e rifocillarvi per l'allenamento
del pomeriggio!"
"Ma noi..."
"Nessun ma! Aiolia, sono molto deluso da te,
eppure pensavo di essere stato chiaro. Quante volte devo dirtelo? Devi imparare
a crescere! Va bene giocare e scherzare, ma infrangere le regole no!"
Aiolia alzò la testa di scatto, punto sul vivo,
"Io non ho fatto niente, fratellone!"
"Ah no? E allora che cosa fai qui? Shaka
scenderà a cena come ogni giorno, dovevate solo aspettare, per poterlo
salutare. Non c'era alcuna ragione di venire fino a qui. Ancor più l'idea di
andarlo a prendere con la forza è ridicola, Milo, non avete imparato niente
fino ad oggi?"
Milo incassò il capo nelle spalle ancora di più,
mentre Aiolia tornava ad abbassare gli occhi, "Ma non ho fatto niente
davvero. Non è stata una mia idea, Los, è stato..."
Aiolos lo bloccò con un cenno della mano, fulmineo,
"Non voglio sentire altro! Prenditi le tue responsabilità, invece di addossarla
sugli altri. Nessuno ti ha trascinato qui con la forza!"
"Allora vale per tutti! Perché te la prendi
solo con me?!"
"Non lo sto facendo," chiarì il più grande, "Siete tutti
quanti in punizione. Mu, di te si occuperà Shion."
Mu spalancò gli occhi a quelle parole inaspettate.
"Va bene la punizione Aiolos però...il maestro Shion
è già molto impegnato!"
"Quanto la fai tragica per una cosa del
genere!" berciò Angelo, giusto un attimo prima che Elias gli conficcasse
un gomito nel fianco, piegandolo a metà per tappargli la bocca.
"Ignoralo!"
"Ahia..."
Aiolos incenerì tutti e due con un'occhiata torva.
Shura rabbrividì, vedendolo, perché di solito anche lui avrebbe riso, o
sorriso, dei battibecchi fra quei due. Avrebbe fatto meglio a rimanersene a
leggere, come voleva fare prima di essere trascinato lì dagli altri. Per quanto
gli dispiacesse vedere Aiolia così amareggiato si pentiva molto di più di essere
parte della causa dell'ira di Aiolos.
"Anche se il Sommo Shion
è impegnato, sei il suo allievo. Gli riferirò l'accaduto. E adesso andate in
Arena, forza."
Shura lasciò passare avanti gli altri,
inizialmente, puntando sul più grande uno sguardo rammaricato, e aveva già aperto
bocca per parlare, quando Aiolos alzò di nuovo la mano, piccato. "Anche
tu, Shura. E sono altrettanto deluso: non me lo aspettavo, da te!"
"Mi dispiace, Aiolos...Eravamo solo venuti a
riprendere i più piccoli. Ma non è neanche colpa loro, Aiolia aveva buona
intenzioni," mormorò, cercando di capire se quel movimento delle sopracciglia
che aveva colto in Aiolos potesse significare qualcosa.
Sagitter, alla fine, sospirò, senza più riuscire a
mantenere la sua espressione arcigna, "Ne terrò conto. Per oggi siete
comunque in punizione," fece, le braccia incrociate. In fondo, lo sapeva
che avevano buone intenzioni, l'unico di cui poteva dubitare un po' era Angelo,
visto il suo carattere. Ma restava il fatto che avessero sbagliato.
Shura annuì, abbozzando un sorriso, prima di
seguire gli altri. Affiancò Angelo e lo superò, ma rimase a portata d'orecchi
il necessario per sentire che ancora si stava lamentando.
"Gli verrà il sangue acido se se la prende in
questo modo per ogni stronzata! Che tipo noioso!"
"Ma la voi piantare? Se ti sente e raddoppia la punizione, io non
ne voglio sapere niente! Proprio l'ultimo giorno al Santuario, dico io! Ma non
potevamo farci i fatti nostri?"
"Guarda che l'idea è stata tua,
principessina!"
"Se sento ancora la tua voce ti tiro la
lingua, Angelo!"
Shura sospirò, spazientito. Non era Aiolos ad aver
esagerato, perché per quanto solo temporanea per loro -sempre se fossero
riusciti a vincere le Armature- quella era pur sempre una richiesta diretta del
Gran Sacerdote. Praticamente una legge invalicabile. E loro erano andati a
tanto così dall'infrangerla.
Quando l'allenamento finì, Mu era già proiettato
alla ramanzina che Shion gli avrebbe sicuramente
fatto, se non quella sera stessa il giorno successivo, visto che doveva andare
da lui di prima mattina. Ma era così stanco, in quel momento, che non aveva
nemmeno la forza di alzarsi.
Aiolos li aveva fatti penare, tutti quanti, dando a
loro sette il doppio degli esercizi. Ad un certo punto Elias aveva anche provato
a chiedere a Saga di farlo ragionare, ma quello aveva scosso il capo, serio.
"Se Aiolos ha deciso di punirvi, evidentemente
ve lo meritate," l'aveva liquidato, le mani sui fianchi. Elias aveva
borbottato qualche imprecazione in lingua madre, alzando gli occhi al cielo,
poi era tornato dagli altri, già stanco e con lo stomaco che brontolava per la
fame.
L'unico che se l'era cavata con niente era stato
Camus, per il dispiacere di Milo, perché non essendo con loro in quel momento
non era stato punito. Eppure, nonostante questo, era rimasto ad aspettarli
seduto sugli spalti dell'arena. Era stato lui che, non appena Aiolos li aveva
lasciati andare, dicendo che avrebbero ripreso il giorno successivo -per chi
restava- e che non l'avevano ancora scontata tutta, aveva portato a tutti una
bottiglia d'acqua fresca, tenendole a malapena tutte quante fra le braccia.
Senza riuscire a vedere dove metteva i piedi per
via dell'ingombro delle bottiglie, appena li raggiunse finì per inciampare ai
piedi di Milo, impedendosi per puro spirito di sopravvivenza di cadere ma senza
riuscire a prendere due delle boccette che, invece, finirono dritto contro
Milo.
"Tu!"
"Prima che tu lo dica, non l'ho fatto
apposta!" esclamò subito il francese, "Sono inciampato. Dovresti
ringraziare per l'acqua: tieni, questa è per te."
Milo mise subito il broncio, sporgendo il labbro
inferiore, ma accettò la bottiglia e dovette persino ammettere che, in fin dei
conti, quel francesino con la puzza sotto al naso era
stato gentile. "Grazie," brontolò controvoglia.
Aiolia non si fece pregare, aprì la bottiglia dopo
aver appena ringraziato il coetaneo e la bevve tutta d'un sorso, poi guardò il
cielo. La luna e le stelle erano già sorte. Avevano saltato la cena e a lui
brontolava lo stomaco. Anche quello doveva far parte della punizione. Aiolos li
aveva fatti allenare ben oltre l'orario e ormai in mensa non doveva essere
rimasto più nulla. "Muoio di
fame..." brontolò.
"Io invece sono arrabbiato, ecco!"
esclamò Milo, mordicchiando il tappo della bottiglietta. Si passò una mano fra
i capelli, ma poi rinunciò: erano ormai una zazzera incontrollabile a causa del
sudore, era impossibile dargli un ordine. A suo confronto, quelli di Aiolia
erano perfetti.
"Perché?" chiese anche Thiago, ancora sdraiato di schiena e a pancia in su, a guardare
il cielo stellato. Lo faceva anche quando era in Brasile, e lo amava. Adesso,
poi, che pian piano stava imparando almeno le costellazioni principali -ma un
giorno sarebbe stato in grado di riconoscerle tutte, gli avevano assicurato-
passare le serate col naso all'insù era il suo hobby preferito.
"Perché ci aveva detto che avremmo potuto
salutare Shaka a cena, e invece ci ha tenuti qui!"
"Tecnicamente non partiamo domani all'alba,
Milo," fece notare con un sospiro esasperato Elias, "E poi dormite
nello stesso dormitorio. Vi potete vedere anche lì."
"Ma non è la stessa cosa!" brontolò il più piccolo, "Io volevo
fare una cosa carina, visto che partite anche voi tre, ma voi mica dormite
nella stessa ala nostra visto che siete grandi e domani partite e allora non vi
possiamo più salutare e dovremmo anche salutare Shaka di corsa prima che le tutrici
ci mettano a letto e..."
"Buono, buono, buono!" sbottò Angelo,
tirandogli la bottiglietta in fronte, "Respira quando parli, che non si
capisce un cazzo!"
"Ahia! Ho solo detto che..."
"Ho capito che hai detto, ma riprendi fiato
qualche volta o morirai asfissiato!"
Milo spalancò la bocca, "Si può morire
parlando troppo veloce?!"
"Davvero?" domandò anche Aiolia,
girandosi a pancia in giù, "Allora Milo dovrebbe essere morto da un pezzo,
parla sempre così!"
Angelo, per tutta risposta, spalancò gli occhi e si
portò una mano sulla fronte, scoppiando a ridere in modo quasi convulso.
Camus scosse il capo, "Vi sta prendendo in
giro."
"Ah sì?"
"Lo sapevo," fece subito Milo, impettito,
"E comunque io dicevo sul serio! Non sul morire. Prima. Sul saluto."
"Non ti metterai il cuore in pace, vero?"
chiese quindi Elias, fissando il bambino con la coda dell'occhio. Era
fastidioso, irritante, invadente...ma anche un poco tenero, tutto sommato. E
voleva solo salutarli per bene.
Si poteva provare a fare qualcosa. Aiolos
permettendo.
Anche perché poi non si sarebbero rivisti davvero
per molti, molti anni.
"Mai! Me ne pentirò per il resto della mia
vita!"
"Ho capito," sospirò, e volente o meno si
alzò, per quanto tutte le ossa del suo corpo gli dicessero di dormire fino alla
partenza, se possibile, "Non muovetevi da qui, piccole pesti, dico a tutti
quanti. Torno subito!" esclamò, sparendo poi alla velocità della luce.
Li raggiunse di nuovo qualche minuto dopo, un
grosso cartoncino bianco e una manciata di pennarelli in mano. Lo divise in
quattro e diede ad ognuno un cartoncino e un pennarello.
"Ma noi siamo cinque," notò Camus, rimasto
a mani vuote.
"A partire siamo in quattro. Passatevelo" berciò Elias,
"Scrivete il vostro saluto! Breve, veloce e duraturo. E poi a letto!"
"Un bigliettino?" domandò Mu, mentre
invece Milo si era subito fiondato sul foglio, iniziando a scarabocchiare
dall'angolo più in alto a sinistra.
Elias gli sorrise e annuì, "Certo, anche
questo è carino, no? Direi che Milo è soddisfatto," spiegò, "Inoltre,
chi vorrà potrà portarselo sempre dietro, e non potrà dimenticarlo come si
perderebbero le vostre parole."
"Ma sanno scrivere, già?" curiosò Shura,
affacciandosi dalla spalla di Aiolia, che si era posizionato accanto a Milo e
aveva già fatto diversi scarabocchi poco definiti con il suo pennarello rosso.
Milo disegnava scorpioni ovunque -più o meno, almeno credeva fossero
scorpioni-. Camus borbottava in francese, come se fosse contrariato, ma si
impegnò a disegnare due bellissimi fiocchi di neve col pennarello blu. Mu aveva
un pennarello arancione e stava disegnando tutto concentrato un gigantesco
sole. Aldebaran si era unito ad Aiolia per aiutarlo nel suo disegno che forse
-forse- doveva raffigurare tutti loro. Forse. Più o meno.
Shura non ne era del tutto sicuro. Aveva un po' di
dubbi.
Elias gli rispose con una risata divertita,
"Non importa. Quando hanno finito, per Shaka scriveremo noi qualche saluto
comprensibile, e lo firmeremo per tutti. Per quel che mi riguarda invece penso
che tutti questi disegnini valgano più di un semplice ciao." decretò. Ed era sincero.
Shaka avrebbe riconosciuto i suoi amici dai loro
disegni, sarebbero stati più che sufficienti, e riguardandoli, da grande,
avrebbe ricordato che gli volevano bene. Lui aveva fatto contento Milo e gli
aveva impedito una nottata insonne e poi, beh...non si poteva fare come voleva
Milo, perché era troppo tardi per una festicciola.
Shura scrollò le spalle, ma non fece obiezioni, a
differenza di Angelo.
"Mi sembra strano che tu gliene abbia dati
anche per noi..." notò invece.
Elias sorrise appena, tornando a giocare con la
solita ciocca bionda sfuggita alla cosa, "Avevo pensato di no, ma Milo non
l'avrebbe mai finita e poi...e poi sai, mi fa piacere l'idea di portarmi
qualcosa da qui. Visto che non sappiamo se torneremo."
Shura schioccò la lingua, "Pensavo volessi far
vedere ad Angelo che cosa sai fare."
"Lo farò," ghignò lo svedese, "Ma
non so se tornerete voi."
"Ma sentilo, questo qua!" sbuffò Angelo,
per nulla concorde, "Al massimo sarai tu a rimanerci secco!" ma era
una paura che davvero non aveva, perché dopo la promessa che si erano fatti, a
modo loro, sotto l'albero che li aveva visti avvicinarsi e diventare amici, era
certo che sarebbero tornati tutti e tre. A qualsiasi costo.
Quando i cinque bambini ebbero finito, Aiolia corse
subito a dare il suo cartoncino a Shura, che lo accolse con un sorriso e una
carezza fra i capelli. Mu, che teneva ancora in mano quello che avevano fatto
lui e Thiago, alzò su Angelo due occhi spalancati,
"Tornerete, vero?"
Angelo sbuffò un sogghigno, "Preoccupati per
te, bamboccio. E adesso su, che vi accompagniamo nella vostra ala!"
"Okay. Questo è per voi!" fece anche Thiago, porgendo i cartoncini colorati e lui e Elias. Lo
presero entrambi, nonostante tutti i brontolii dell'italiano.
Arrivati al dormitorio, le tutrici erano già lì ad
aspettarli. Erano quelle povere donne che si occupavano dei più piccoli, senza
di loro Aiolos non avrebbe saputo come fare, per crescere il fratellino dopo la
morte di entrambi i genitori. Sempre loro si erano occupate di Shura, quando
era arrivato, e l'avevano praticamente tirato su come delle mamme.
Come ogni giorno, erano già pronte a rimboccarsi le
maniche per convincere Milo e Aiolia a dormire, o quantomeno a lasciare in pace
gli altri che volevano farlo, quando proprio Aiolia si avvicinò loro.
"Abbiamo fame! Non è avanzato niente, dalla
mensa?" lamentò, lasciando che Kyriake lo
prendesse per mano.
"Controlleremo," disse la donna con un
sorriso, "Di sicuro qualcosa c'è!"
A Mu venne subito in mente una cosa che nascondeva
sotto il letto, perché in teoria non avrebbe dovuto tenerla. Ma l'anziana del
villaggio vicino al promontorio dove sorgeva la pagoda in cui era cresciuto con
Shion gli aveva regalato un sacchetto pieno di Tingmo e lui se l'era tenuto, dimenticando poi anche di
cederlo alle tutrici.
Lo aveva ancora nello zaino sotto il letto.
Forse, invece di darlo alle tutrici potevano
mangiarlo, tutto sommato.
Salutarono l'anziana donna che, dopo averli messi a
letto, diede un bacio sulla fronte a ognuno di loro e rimboccò ad loro le
coperte.
"Non fate confusione," raccomandò,
carezzando i capelli perennemente scombinati di Milo, "Non disturbate
Shaka. Tornerò a controllare, Milo. Non urlare, non correre e dormi."
"Sì, Kyriake!"
sorrise Milo, del suo sorriso furbo che non presagiva nulla di buono.
"Torno a controllare!" minacciò di nuovo
la donna, bonariamente. E sarebbe tornata, Milo lo sapeva bene.
Avevano mezz'ora, poi si sarebbero beccati anche la
sua ramanzina. E dopo Aiolos, non ne aveva davvero voglia.
Aiolia aspettò appena che Kyriake
uscisse dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, poi si alzò e si sporse
verso Shaka, che aveva il letto accanto al suo.
"Già dormi? Shaka?"
Shaka di solito andava a letto prestissimo perché
si svegliava prestissimo, la mattina, e visto che teneva già le coperte fin
sopra la testa non si sarebbe sorpreso di trovarlo a ronfare.
Ma per fortuna, non era così. Appena sentì la voce
del vicino di letto, e futuro vicino di Casa, Shaka scostò le lenzuola e si
alzò a sedere.
"Sono sveglio," fece, "Voi siete in
ritardo. Avete saltato la cena. E' successo qualcosa?"
"Eravamo in punizione," annunciò Milo
tutto orgoglioso, dondolando la testa a destra e a sinistra, come una molla.
"In punizione? Per che cosa?"
"Per venire a salutare te!" sorrise
apertamente Thiago, a cui pareva sempre non pesare nulla.
Thiago trovava sempre il buono e il bello in tutto,
anche quella sera, nella punizione.
In fondo, per una volta avevano potuto vedere
nascere le stelle senza starsene chiusi in mensa. Era perché in Brasile la sua
vita era davvero dura, da solo con tanti fratelli e senza più i genitori,
mentre lì aveva trovato una famiglia accogliente che gli aveva garantito anche
la sicurezza dei pochi familiari che gli erano rimasti. Così aveva detto a Mu
quando glielo aveva chiesto.
"Salutarmi?"
"Sì, perché poi parti e starai via
tanto!" spiegò meglio Milo.
"Spero che tu non parta perché ti senti in
colpa per Angelo. Stavamo appena diventando amici!"
Shaka chiuse la bocca, ingoiando qualsiasi cosa
stesse per dire, l'irrefrenabile voglia di schiudere gli occhi e studiare i
visi di ognuno di loro. Solo un po'. Per imprimerseli in mente e ricordarseli
per sempre.
Fino a che non fosse tornato, almeno.
Ma non poteva.
"Non è solo per quello," fece, e non era
pentito di aver chiesto a Shion di partire, però una
piccola parte di lui si dispiacque lo stesso.
"Ti abbiamo fatto questo!" Mu gli porse
il cartoncino, che Shaka prese senza pensarci troppo.
La vivacità dei colori, i disegni, quelle scritte
in greco che non era ancora in grado di tradurre, perché per imparare
velocemente la lingua aveva tralasciato lo scritto...non riusciva a goderle
appieno, non era ancora abbastanza forte da vedere bene nonostante gli occhi
chiusi.
Ma li percepiva lo stesso.
Percepiva il calore di quei bambini.
Bambini che nonostante la sua stranezza, perché lo
sapeva che lo pensavano, non si erano arresi e avevano fino all'ultimo tentato
un approccio.
Shaka lo apprezzò. Immensamente.
"Grazie," mormorò, senza però sapere che
altro dire.
Fu Mu a toglierlo dall'impiccio, per sua fortuna.
Forse perché aveva compreso, o forse solo per coincidenza.
Ad ogni modo, tirò fuori il sacchetto con i Tingmo e ne porse anche agli altri, "Ne volete? Sono
buonissimi, vengono dal Tibet. Prendine uno anche tu, Shaka! Sono buoni e
leggeri! Anche tu, Camus!"
Shaka scosse il capo, "Io ho già mangiato, voi
no. Prendetene voi."
Aiolia mise il broncio, prese il Tingmo e glielo piazzò, quasi a forza, in mano, "E'
un'offerta, non si rifiuta un'offerta! Mangiamo tutti quanti insieme!"
"Ma io..."
"Dai!"
Shaka guardò il panino e poi Aiolia e gli altri.
Persino Camus ne aveva preso uno, visto che nell'aspettare gli altri, alla
fine, aveva a sua volta saltato il pasto.
Così annuì, "Va bene," accettò.
Mangiò in silenzio, mentre invece gli altri chiacchieravano,
sussurravano, ben attenti a non farsi sentire dalle tutrici, che altrimenti
sarebbero subito corse a rimetterli a letto.
"Ti piacciono?" indagò Mu quando notò che
aveva la mano vuota.
Shaka allungò il braccio d'istinto e ne prese un
altro, "Sì," ammise. Erano gustosi, leggeri. Gli altri li divoravano
uno dopo l'altro, ma lui aveva già lo stomaco pieno, e non riuscì a fare di
più.
Ma ci teneva che Mu capisse che gli erano piaciuti,
perché era davvero così.
"Allora alla fine perché te ne vai?" gli
chiese dopo un po' Camus, curioso. Prima aveva risposto a metà, ma Mu aveva
deviato il discorso sul cibo ed era passato in secondo piano. Solo che lui era
curioso.
Shaka ci pensò un po' prima di rispondere, poi
decise che, a quel punto, non c'era niente di male, "Perché ho capito che
qui non farò progressi," spiegò.
"Ma sei appena arrivato, come fai a
saperlo?"
"Lo so e basta."
"Non è una risposta!" obiettò Milo.
"Lo so perché me l'ha detto il Buddha. Ha
fatto in modo che lo capissi. Non sono riuscito a controllarmi minimamente, con
Angelo, e invece avrei dovuto."
Aiolia inclinò il capo, "Ma è stato lui! E poi
che ne sa, il Buddha, di come ci si allena e si combatte?"
"E' stato il Buddha a dirmi che dovevo
chiudere gli occhi, e vedere il mondo in un altro modo, se quello che vedevo
con gli occhi non mi piaceva." sospirò Shaka, chiedendosi appena per un
secondo se fosse il caso di tacere o no. "Il mio paese in India è molto
povero, e tante persone muoiono di fame ogni giorno. Così l'ho fatto, e ho
iniziato a meditare...per poter cercare qualcosa. Perché non avevo potere per
fare altro. I monaci che mi hanno cresciuto hanno sempre detto che è
importante, meditare ed estraniarsi. Meditavano tutto il giorno, e io con
loro."
Ricordava come si togliessero il cibo di bocca, per
darlo a lui che era il Buddha, a lui che doveva essere il più sano possibile.
Però, lo istruivano anche al digiuno, quando era necessario, indispensabile per
raggiungere l'illuminazione. Lui era l'illuminato, dicevano. Shaka non lo
sapeva, ma aveva fame e allo stesso tempo era dispiaciuto per quelle persone,
per questo mangiava quel poco che gli davano e seguiva le regole del posto.
Teneva gli occhi chiusi, ciechi davanti ad un mondo che non aveva niente di
bello da mostrargli, e meditava. Tutto il giorno. Era stato così che aveva
manifestato per la prima volta il Cosmo, durante la meditazione. E avevano
gridato al miracolo, quando la luce dorata l'aveva avvolto. Non c'era umano più
prezioso di lui, né in cielo né in terra, così avevano detto.
Ma l'unica cosa che Shaka sentiva di aver capito
era quanto importante fosse, per lui, quello stile di vita, e aveva continuato
incessantemente.
Quando erano venuti a prenderlo, Shaka lo sapeva
già. Aveva guardato Shion con le palpebre chiuse e
poi il Monaco che gli aveva fatto, in un certo senso, da padre, e si era
inchinato a lui, chiedendogli di lasciarlo andare. Il Buddha stesso, credeva,
gli aveva rivelato che quella era la sua strada.
"Ma da solo non va bene. Ho bisogno di un
maestro che mi guidi..."
"Qui non va bene? Non puoi proprio?"
Camus storse le labbra, "Con voi che non
sapete mantenere la concentrazione neanche dieci minuti?"
"Non è vero!" squittì Milo, finendo steso
a terra quando Aiolia si saltò sopra per chiudergli la bocca.
"Shh!" intimò.
Shaka sorrise, "Qui non va bene," riprese,
"Perché non c'è un maestro della meditazione, qui."
Aiolia inclinò il capo, "Ma non sei tu
Buddha?"
"Eh," fece eco Milo, "Infatti."
Mu ridacchiò, "Non lo è ancora, no? Non si nasce
già maestri."
"Vero," ammise Milo.
"Allora parti," concluse il discorso
Aiolia, tacendo subito dopo. Non era più una domanda, solo un'affermazione.
Sarebbe partito, aveva scelto. Era giusto così, anche se a lui sembrava ancora
presto. E in fondo prima o poi sarebbero partiti tutti quanti, quindi andava
bene anche così.
Riordinarono la stanza e gettarono nella pattumiera
il sacchetto ora vuoto, prima di infilarsi tutti quanti sotto le coperte.
Appena in tempo perché Kyriake venisse a controllare
e non trovasse nulla fuori posto.
Anche se nessuno stava ancora dormendo.
"Anche se ti allenerai quasi tutto il tempo
seduto cerca di tornare tutto intero," disse Aiolia di punto in bianco,
gli occhi verdi a fissarsi in un punto indefinito nel buio totale della stanza.
Milo affondò la faccia nel cuscino per non
scoppiare a ridere, mentre Mu scuoteva il capo divertito e Thiago
si lasciava andare ad una risata il più muta possibile.
Shaka sorrise a sua volta, la mano sul cartoncino
che aveva messo sotto il cuscino. Non disse che non era proprio corretto, il
fatto che si sarebbe allenato seduto. Non era importante.
"Tornerò per primo e vi aspetterò qui. Va
bene?"
"Bravo," annuì Milo, "E Mu ci
porterà un sacco di altri Tingmo, vero?"
"Verissimo," garantì il diretto
interessato.
"E li mangeremo di nuovo tutti insieme,"
affermò anche Thiago, chiudendo per primo gli occhi,
"Magari non di nascosto, questa volta, che ne dite?"
"Mi sembra una grande idea!" fece Aiolia.
Shaka si girò verso il muro, dando la schiena a
tutti gli altri e portandosi di nuovo la coperta fin sopra la testa. Dormiva
sempre così, anche se era Agosto e faceva caldo. Ma scoperto non riusciva
proprio a prendere sonno. Anche se era solo il lenzuolo, doveva portarselo fin
sopra il naso.
Aiolia gli aveva detto che era strano, la prima
volta, perché lui invece dormiva in boxer e sentiva caldo lo stesso. Ma non
l'aveva preso in giro, per questo, era solo curioso.
Nessuno di loro lo aveva mai preso in giro, a parte
Angelo, anche se faceva cose che per loro erano bizzarre. A volte glielo
facevano notare, che era buffo, che era strano che non avesse voglia di aprire
gli occhi e ammirare i colori e i panorami di quel mondo che era diverso
dall'India, e che non conosceva, ma poi tornavano a fare quello che stavano
facendo.
"Non ti
manca mai guardarti intorno?" Gli aveva chiesto un pomeriggio Mu, che
ormai si fermava sempre alla Sesta Casa, dov'era lui, quando scendeva dall'allenamento
con Shion, "Conosci
l'India ma la Grecia è molto diversa."
"E' vero,"
aveva ammesso l'altro, "Ma va bene
così. Io vedo in un altro modo, non mi perdo niente."
"Davvero?
Allora okay," lo aveva liquidato così, quella volta. Perché non era
importante, gli aveva detto ancora. Sicuramente, se a lui andava bene non c'erano
problemi, no?
Tutto sommato, Shaka si disse
che quei bambini gli sarebbero un po' mancati, la notte, quando il
chiacchiericcio sommesso del dormitorio avrebbe lasciato spazio al silenzio
assoluto, sul Gange.
Angolino Autrice:
Okay ammetto che forse, forse, mi sono lasciata
prendere la mano. Ci ho preso gusto. Ho dato ai pargoli il giusto spazio, che
all'inizio voleva essere una cosa leggeva e fluffosa
senza impegno e poi invece si è conclusa con...beh la storia di Shaka che non
avevo messo nel capitolo principale perché non sapevo come inserirla.
Ammetto che mi sono divertita a rendere, per una volta, i bambini dei veri
bambini. Non solo soldati.
Ho buttato lì anche la rivalità fra Milo e Camus, perché in verità vorrei
scrivere anche di loro, se ci riesco. Chi lo sa!
Spero piaccia anche a voi, perdonate eventuali incongruenze e altro e gli
errori che ci saranno, perché in questi giorni sono stanca morta e mi si
incrociano gli occhi, oltre al fatto che sono mezza scassata xD
Un bacio,
Asu