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Autore: lightvmischief    21/08/2018    1 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 13

 

Il rumore dei passi e del mio respiro sono gli unici presenti.

Il sole splende forte nel cielo e l'aria è umida.

Il mio sguardo è rivolto verso l'asfalto.

Sulle spalle sento tutto il peso dello zaino, nonostante sia quasi completamente vuoto.

Nella mia mente continuo a rivedere il corpo di Reece inerme in quella maledetta casa.

Davanti a me ci sono Calum e Mali, dietro c'è Lynton.

Tutto il resto è sfocato, annebbiato. Non è importante.

Sento il rumore della porta della palestra aprirsi: non alzo lo sguardo, entro e basta.

Mi arriva dritto alle orecchie tutto il vociare attorno a noi, appena tornati dalla spedizione.

Mantengo lo sguardo basso.

Oltrepasso Wayne che ci è venuto in contro per aiutarci con gli zaini e sapere come è andata fuori.

Ignoro il suo richiamarmi allarmato e vado verso le scalinate che portano al tetto della palestra.

Apro la porta con fatica e mi trascino sugli scalini, uno ad uno. All'ultimo mi tolgo lo zaino dalle spalle e lascio che cada per terra con un tonfo.

Mi avvicino al parapetto e mi siedo appoggiandoci la schiena.

Tiro le gambe al mio petto e ci appoggio sopra le braccia. Sono ancora ricoperta del suo sangue: le mie braccia, le mie mani, la mia maglietta.

È colpa mia.

È colpa mia se è morto.

È colpa mia perché ho deciso di lasciarlo solo in quei pochi secondi che gli sono costati la vita.

Porto le mani al mio viso e stringo forte gli occhi. Le lacrime cominciano a scendere e vorrei poter urlare.

Vorrei poter gridare con tutta l'aria nei miei polmoni, tirare fuori tutto ciò che provo dentro, vorrei porre fine a tutto questo, vorrei poter tornare indietro nel tempo e vorrei non essermi mai unita a questo gruppo.

Vorrei che le cose fossero andate diversamente, vorrei aver potuto evitarlo, avrei potuto farlo se solo non avessi deciso di lasciarlo solo in quel dannato momento.

«Kayla.»

Premo le mani sugli occhi, senza preoccuparmi di guardare chi mi ha raggiunta sul tetto.

So già chi è, lo riconosco dalla voce.

Si siede di fianco a me.

«Non è colpa tua.»

Lascio cadere le mani in grembo e alzo lo sguardo al cielo.

«Sappiamo entrambi che ogni volta che andiamo fuori potrebbe essere l'ultima, Reece lo sapeva.»

Guardo Wayne. Nel suo sguardo non c'è scia di rimprovero, vedo però il dolore.

Lo vedo e mi viene ancora più voglia di urlare.

«So che è difficile, ma dobbiamo andare avanti, non possiamo permetterci...»

«Lui era una mia responsabilità!» grido a pieni polmoni, frustrata, con le mani tra i capelli e le lacrime che mi rigano le guance.

«Dovevo stare con lui, dovevo proteggerlo e non sono stata in grado di farlo!» Mi alzo in piedi.

«Ho il suo sangue addosso e la sua morte sulla coscienza, come posso andare avanti facendo finta che non sia successo niente?! Aveva solo diciassette anni, Wayne!»

Si alza in piedi e si avvicina, mi mette le mani sulle spalle e prova ad abbracciarmi. Gliele tolgo con violenza e mi allontano. Ora anche i suoi avambracci sono sporchi del sangue di Reece.

«Questa è la ragione per cui non volevo restare, sapevo che prima o poi avrei combinato un casino, di nuovo.»

Gli do le spalle e affondo il viso nelle mani, scoppiando in un pianto disperato.

Sento poi il suo petto contro la mia schiena e lui che mi stringe forte a sé. Lascio cadere le braccia ai lati del mio corpo, lasciando che mi giri tra le sue braccia e appoggio la testa al suo petto, lasciando uscire tutto ciò che ho dentro, tutte le lacrime, tutti i singhiozzi, affondando sempre di più nel suo abbraccio.

Mi accarezza i capelli con una mano e appoggia il mento sulla mia testa.

Ora ascolto il battito del suo cuore e lentamente lego le mie braccia attorno a lui.

Mi guida lentamente verso il pavimento, tenendomi sempre stretta a lui. Si mette seduto con la schiena contro al parapetto e mi fa sedere in mezzo alle sue gambe e mi cinge la vita con le sue braccia.

«So cosa provi, Kayla» inizia un po' incerto.

«Ti avevo detto che due giorni prima di incontrarti Beck, il ragazzo che era uscito con me, è morto. Lui era una mia responsabilità e io ero una delle sue: ci coprivamo le spalle a vicenda.»

Mi asciugo le lacrime con i dorsi delle mani, consapevole che ora il suo sangue sarà anche sulla mia faccia.

Le mani di Wayne si spostano dal mio ventre alle mie spalle e si muovono su e giù per le braccia. Fosse stato un momento diverso mi sarei spostata all'istante, ma ora il suo tocco è rassicurante e calmante, quindi lo lascio fare.

Devo ammettere che non manca la sensazione di disagio, ma al momento è l'ultima cosa che mi preoccupa.

«Lì fuori però è pieno di imprevisti e quello è stato il nostro giorno sfortunato. Avevamo trovato una fabbrica e abbiamo deciso di entrare, solo che la struttura non era molto stabile.»

Ho lo sguardo fisso davanti a me, ma ascolto con attenzione ciò che mi sta dicendo.

«Cadde una trave di ferro e il rumore fu infernale; il resto lo puoi immaginare: quella parte di città è infestata dai Morti e il rumore ne attirò a decine.» Prende un respiro profondo e si ferma per qualche istante.

Stringe la presa sulle mie braccia e lo sento teso. Giro il viso piano verso di lui e lo vedo boccheggiare in cerca delle parole giuste.

«Va bene, ho capito» gli dico, provando a confortarlo e mettendogli una mano sul collo, incerta.

«Quello che sto cercando di dirti è che anche io mi sento in colpa per ciò che è successo, vorrei che le cose fossero andate diversamente, ma non si po' cambiare il passato. Ho imparato a convivere con il senso di colpa ed è quello che devi fare anche tu o il peso della sua morte ti schiaccerà» conclude, guardandomi dritto negli occhi. È sincero.

«Non è così semplice» sussurro, distogliendo lo sguardo e posando sulle mie mani.

«Possiamo cominciare con il toglierlo» dice, indicando il sangue sul mio corpo.

Sospiro e annuisco. Mi alzo in piedi, aiutandomi con le mani: comincio a sentire gli sforzi fatti nelle ultime ore e avverto un dolore crescente alla coscia destra. Zoppico un po' sulla sinistra e seguo Wayne verso un tubo giallo.

Apre il rubinetto e ne esce un sottile rivolo d'acqua: prende il tubo in mano e mi fa cenno di allungare le mani.

Lo faccio titubante, anche se il mio desiderio è quello far sparire subito il sangue rimasto.

Mi prende le dita e comincia a sciacquare. Mi sembra di avere un dejàvu.

In qualche modo è sempre lui che si prende cura di me.

***

«Siamo qui riuniti questa sera per commemorare quel ragazzo che, in poco tempo, è entrato nei nostri cuori per la sua gentilezza, positività e passione per lo spazio. Tutti noi abbiamo imparato qualcosa di nuovo da lui e ciò non sarà dimenticato. Grazie, Reece.»

Travis finisce il suo breve monologo e butta un pezzo di legno nel fuoco.

«Grazie, Reece» ripetono tutti all'unisono.

La totalità del gruppo è riunito sul tetto attorno a un piccolo falò. Ognuno ha in mano un piccolo pezzo di legno che man mano viene buttato nel fuoco e si trasforma presto in fumo. Wayne mi ha spiegato che è un modo per loro di rimanere sani mentalmente, di dare ancora importanza alla morte di un uomo e a ciò che a lasciato dietro di sé. I pezzetti di legno sono una metafora per ricordare la parte della persona mostrata a ciascun componente del gruppo – con qualcuno può essersi mostrata in un modo e con altri in un altro -, così poi da ricrearla nella sua totalità gettando i pezzi nel fuoco.

Io sto un po' in disparte all'inizio, ancora un po' scossa e nuova alle loro, per così dire, tradizioni; poi mi avvicino lentamente, stringendo forte il frammento di legno tra le mie dita e lo butto nella fiamma.

«Grazie, Reece» sussurro, a malapena riesco a sentire la mia voce.

Indietreggio di qualche passo per lasciare spazio agli altri di commemorare il suo ricordo, mentre osservo la colonna di fumo ondeggiare verso l'alto.

Una volta finita la cerimonia, tutti quanti scendono le scale, pronti per andare a dormire.

Travis si avvicina a me e mi strizza delicatamente una spalla, poi segue gli altri.

Forse comincio a sentirmi a casa.

   
 
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