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Autore: Naco    26/08/2018    3 recensioni
Sono passate due settimane dal matrimonio di Miki e Umibozu e la situazione tra Ryo e Kaori pare addirittura peggiorata. Perché? Cosa è successo? A complicare il tutto, ai nostri amici viene proposto un incarico che non possono assolutamente rifiutare… anche se questo li porterà a fingere di essere marito e moglie!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'After the finale'
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IV
La sfida

«Che diavolo….?» commentò sorpreso Moriyama, ma Kaori era già balzata in piedi, mentre un brutto presentimento si impossessava di lei.
«Vado a vedere. Venga anche lei, potrebbe essere successo qualcosa di grave,» ordinò e, ignorando la voce dell’uomo che le chiedeva chiarimenti, si diresse in fretta verso gli ascensori; tuttavia, il mezzo ci stava mettendo troppo tempo ad arrivare, perciò lasciò perdere e si lanciò a rotta di collo giù per le scale, tallonata da Moriyama.
Le ci vollero pochi minuti per raggiungere la hall dell’albergo e pochi secondi per notare il capannello di persone che si era radunato nel piccolo patio coperto che si trovava proprio sulla destra dell’entrata della struttura. Nonostante avesse il fiato corto, Kaori riuscì a farsi largo tra i presenti ma, per quanto fosse pronta a tutto, non poté fare a meno di indietreggiare, sconvolta: a pochi metri da lei, riverso su uno dei tavolinetti, c’era il corpo del signor Fukuoka; a pochi passi, una donna, che doveva essere una delle cameriere a giudicare dagli abiti che indossava, si teneva il volto tra le mani e piangeva.
«Satoshi! Lasciate fare a me, sono un medico!»
Moriyama si chinò accanto a suo cognato, ma dopo pochi secondi guardò in su, verso Kaori, scuotendo la testa.
Dopo poco, ci fu altro movimento e anche Ryo fece la sua entrata in scena. I due sweeper si guardarono per una frazione di secondo e questo bastò loro per capirsi. Sì, il signor Fukuoka era morto. No, non era stato un incidente.
Pochi attimi dopo, giunse anche il direttore, visibilmente sconvolto. «Come… cosa?» l’uomo era in stato di shock e non riusciva a formulare una frase di senso compiuto. «La signora lo sa?»
«Non credo,» rispose Moriyama, tetro. «e forse sarebbe meglio se-»
Ma non riuscì a completare il suo pensiero che in lontananza si udì la voce della signora Keiko che chiamava a gran voce suo marito. Evidentemente, qualcuno l’aveva già avvisata.
«Ryo!» urlò Kaori, ma lo sweeper si era già mosso e, appena la donna fu a pochi metri da lui, la prese per un braccio e la fece voltare verso di sé, impedendole così di vedere il cadavere di suo marito. Ma questo non fece che aumentare il suo terrore e la consapevolezza che qualcosa di grave fosse accaduto.
«No, mi lasci! Satoshi, Satoshi!» continuò ad urlare tra le lacrime.
Suo fratello si alzò e la raggiunse e le mise una mano sulla spalla. «Keiko, mi spiace. Purtroppo non c’è nulla da fare. Se questo può aiutarti, probabilmente è stato un infarto fulminante e non ha sofferto», tentò di consolarla, ma la donna si voltò verso di lui, inviperita.
«Non è stato un infarto! Ieri quell’incidente in piscina e oggi questo: qualcuno lo ha ucciso!»
Moriyama la guardò come se fosse impazzita. «Ma che dici?»
Tuttavia Keiko, troppo sconvolta dal dolore e incapace di accettare una morte così improvvisa, continuò a scuotere la testa.
«Kamiya-san, Kaori-san» la donna guardò prima l’investigatore e poi la sua socia «Voi siete degli investigatori, no? Mi aiuterete, vero? Scoprirete chi ha ucciso mio marito, vero? Vi pagherò qualunque cifra vogliate!»
Ryo e Kaori si guardarono per un attimo: davanti a tanto dolore non potevano dire di no.

**

Nelle due ore successive, arrivarono sia la polizia che i medici che non poterono fare altro che confermare l’opinione di Moriyama, nonostante la signora Fukuoka continuasse a ripetere che suo marito era stato ucciso. Solo quando Saeko le assicurò che avrebbero comunque avviato delle indagini e che il medico legale avrebbe fatto l’autopsia, la donna si calmò e lasciò che suo fratello e Kaori l’accompagnassero nella camera dell’uomo.
Ryo, invece rimase ad assistere all’interrogatorio della donna che aveva trovato il corpo: la cameriera, con voce ancora scossa, raccontò che si era avvicinata al signor Fukuoka per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa - lo conosceva bene e si era stupita quando lui non le aveva chiesto una seconda tazza di tè, come faceva sempre. Poiché lui non aveva alzato la testa nella sua direzione né le aveva risposto, gli si era accostata e gli aveva toccato una spalla per attirare la sua attenzione, ma l’uomo era crollato in avanti sul tavolino.
Saeko le fece ancora qualche domanda, mentre Ryo rimase in silenzio: per sicurezza, avevano cercato di far finta di non conoscersi e stava aspettando il momento giusto per scambiare quattro chiacchiere con lei; tuttavia, c’era troppo via vai e la poliziotta riuscì solo a fargli dei cenni per dirgli che li avrebbe tenuti informati se fosse venuto fuori qualcosa di interessante.
«Che cosa ne pensi, Ryo?» gli domandò Kaori quando i due riuscirono ad avere un attimo di pace: Moriyama aveva somministrato a sua sorella un potente calmante, perciò la donna si era finalmente addormentata e suo fratello era rimasto accanto a lei per vegliarla. Solo allora Kaori era andata alla ricerca del proprio partner e l’aveva trovato affacciato al balcone della loro stanza, che fissava un punto lontano all’orizzonte.
«Penso che l’autopsia sarà inutile: non troveranno niente».
«Vuoi dire che secondo te è stato davvero un infarto?»
«No. Dico solo che che l’assassino sa il fatto suo e qualunque sostanza abbia usato, di sicuro ha fatto in modo che sembri un incidente».
«Ma Ryo! Per fare una cosa del genere deve trattarsi di una persona con conoscenze ben precise e…»
Ryo le lanciò una lunga occhiata penetrante e, solo in quel momento, Kaori capì.
«Stai sospettando di Moriyama? Ma è impossibile!»
«Impossibile, dici? E perché? È un medico, quindi saprebbe bene cosa somministrare per simulare un arresto cardiaco. In più, ieri sera proprio Fukuoka mi ha rivelato che Moriyama non ha il becco di un quattrino: ora che suo cognato è morto, gli sarà molto più semplice circuire sua sorella, o addirittura liberarsi anche di lei, per accedere al patrimonio che erediterà. Anzi, secondo me anche Fukuoka ha sempre sospettato una cosa del genere, perché ho avuto quasi l’impressione che volesse ingaggiarci per fare qualche ricerca più approfondita sulle attività del cognato».
«Ma che dici? Va in Africa ad aiutare i bambini poveri! È una persona buona, non può aver ucciso Fukuoka solo per i soldi! Figuriamoci attentare alla vita di sua sorella!» ribatté convinta: non avrebbe mai creduto che l’uomo che le aveva parlato con così tanto calore del proprio lavoro avrebbe davvero ucciso una persona a sangue freddo, anche se odiava il cognato e tutto quello che rappresentava.
Gli occhi di Ryo si incupirono. «E tu come sai queste cose?»
«Ho fatto colazione con lui e me le ha raccontate. Eravamo insieme quando la cameriera ha trovato il corpo del signor Fukuoka».
«Ah sì?» Ryo la guardò in un modo strano che non riuscì bene a definire. «Quindi, solo perché ti ha raccontato una storia strappalacrime, tu gli credi?»
«Certo che gli credo».
«Sei sempre la solita. Ti fidi troppo degli altri!»
«E come avrebbe fatto, sentiamo?» chiese mettendo le mani sui fianchi. «Se era con me, come ha fatto a somministrargli un veleno o qualsiasi sostanza l’abbia ucciso?»
«Ci sono veleni che agiscono lentamente, molto lentamente. O medicinali che, se presi in dosi eccessive, causano la morte. E sul come somministrarglielo, ci sono tanti modi: potrebbe averglielo mischiato in delle medicine, per esempio, oppure in un bicchiere d’acqua; oppure ancora, alcuni veleni funzionano per contatto».
«Quindi mi staresti dicendo che, solo per uccidere suo cognato, avrebbe inscenato tutti questi incidenti, quando avrebbe potuto benissimo farlo fuori a casa sua, senza alcun testimone scomodo? Andiamo Ryo, sii serio!»
«Certo che no, sciocca. Gli incidenti hanno un’altra causa. Magari ha sentito qualcuno del personale parlarne e, cogliendo la palla al balzo, ha deciso di sfruttarli a proprio vantaggio. E così, conoscendo bene le abitudini del cognato, ha provato a farlo annegare in piscina. Ma siccome l’ha scampata, allora ha pensato bene di usare un altro metodo per farlo passare per uno sfortunato incidente. O forse l’incidente è stata davvero opera del sabotatore e questo gli ha dato l’idea».
«Tutto questo è semplicemente ridicolo».
«Ridicolo, dici? E perché? Solo perché hai una cotta per lui, credi che non potrebbe essere un assassino? Mi meraviglio di te, Kaori: dopo sette anni non hai imparato nulla su questo lavoro?»
La voce di Ryo era fredda e sprezzante, quasi rancorosa. Lui la prendeva in giro tante volte, però non aveva mai usato quel tono con lei, mai. Ma Kaori non era disposta a lasciarsi trattare in quel modo.
«Io non ho una cotta proprio per nessuno! E, anche se fosse, non lascerei che questo compromettesse il mio giudizio. A differenza tua, a quanto pare, visto che vuoi a tutti i costi che Moriyama sia il colpevole, quando invece probabilmente si è trattato davvero di un semplice incidente oppure è stato il nostro sabotatore».
Si fronteggiarono per qualche minuto, astiosi. Fu Kaori la prima a parlare.
«Ok, allora. Visto che tu pensi che lui sia il colpevole, dimostralo - del resto, Keiko ci ha chiesto ufficialmente di indagare, no? Io, invece, continuerò a lavorare all’incarico che ci ha dato Kataoka. Ma se Moriyama risulterà davvero innocente, dovrai ammettere che ho avuto ragione io e scusarti con lui».
«D’accordo. Ma se scoprirò che è lui l’assassino, sarai tu a scusarti con me ed ammettere di aver preso un granchio perché hai perso la testa per lui!» la fulminò e lasciò la stanza, senza darle nemmeno il tempo di replicare.


Non avendo un poligono a propria disposizione, dove potersi rilassare e liberare la mente sparando a un nemico immaginario, Ryo decise di fare una passeggiata per schiarirsi le idee.
Non era la prima volta che lui e Kaori litigavano - anche se in genere era lei ad arrabbiarsi con lui e non il contrario - ma non era mai successo che lei non fosse d’accordo con le sue ipotesi e che gli si mettesse così apertamente contro.
Il che avrebbe dovuto fargli piacere, perché significava che lei pensava con la sua testa e non accettava in modo passivo le sue conclusioni. Ma non era così. Anzi, la cosa lo irritava parecchio.
Checché ne dicesse, sapeva benissimo qual era il motivo per cui la situazione era degenerata in quel modo: ciò che lo infastidiva sul serio era che Kaori avesse difeso così a spada tratta l’innocenza di Moriyama, un giovane che aveva fatto capire senza mezzi termini che, se Kaori non fosse stata sposata, ci avrebbe provato con lei seduta stante.
E loro, appunto, non lo erano.
Quindi, una volta che quella storia fosse finita, la loro copertura sarebbe venuta meno e lui avrebbe potuto benissimo corteggiare Kaori se avesse voluto. Sempre se non era il colpevole; in quel caso sarebbe marcito dietro le sbarre di una prigione per parecchi anni.
Non che l’avesse accusato senza motivo, s’intende. Per quanto non lo sopportasse, non avrebbe mai incolpato un innocente se non avesse avuto almeno dei sospetti. Certo, non era da lui puntare il dito contro qualcuno senza poterlo prima dimostrare, ma era stato più forte di lui. Però, adesso doveva trovare le prove che confermassero le sue teorie. E per far questo, il primo passo che doveva compiere era perquisire le stanze di Moriyama e di Fukuoka. Sapeva che aveva accompagnato Keiko nella propria camera, onde evitare che la visione degli oggetti personali del marito le causassero ulteriore stress, quindi la stanza dei due coniugi doveva essere vuota, perciò avrebbe iniziato da lì e avrebbe aspettato il momento opportuno per dare un’occhiata a quella di Moriyama; certo, nel frattempo avrebbe potuto eliminare qualche prova, ma non aveva scelta. E poi, dubitava che avrebbe fatto qualche mossa azzardata con sua sorella nella stanza.
Si guardò intorno, spaesato: era talmente concentrato sui propri pensieri che non si era reso conto di aver fatto un giro completo dell’albergo attraverso il bosco e che, in linea d’aria, si trovava proprio di fronte alla loro stanza.
Istintivamente, guardò in alto e si chiese che cosa stesse facendo Kaori in quel momento. Se la figurò mentre prendeva a calci il pupazzo con le sue sembianze e sorrise a quel pensiero. Avrebbe tanto voluto correre da lei e chiederle perdono per quello che le aveva detto: sapeva di aver esagerato, ma scusarsi con lei avrebbe voluto spiegarsi, e farlo significava ammettere tante, troppe cose che, per adesso, preferiva tenere per sé. Si rendeva conto che era un atteggiamento da codardi, ma non riusciva a farne a meno.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dal suono prolungato di un clacson. Incuriosito si mosse verso la direzione da cui proveniva il suono e, dopo qualche minuto, scorse degli uomini che si dirigevano in tutta fretta verso un camion per recuperare alcuni contenitori che portarono all’interno della struttura; evidentemente, stavano scaricando della merce per le cucine.
Rimase per qualche altro minuto ancora ad osservare i movimenti veloci ed esperti dei fattorini e solo quando il camion ripartì facendo marcia indietro, decise che era arrivato il momento di dedicarsi alla propria indagine.


Appena si ritrovò da sola nella camera, Kaori scoppiò a piangere. Quello che sentiva nel petto era un dolore sordo che non le permetteva nemmeno di respirare. Si lasciò cadere per terra, senza energia, lo sguardo freddo e distaccato di Ryo impresso indelebile nella mente. Solo in quel momento, finalmente, dopo quasi tre settimane in cui aveva cercato di reprimerle, tutta la tensione e la sofferenza accumulate esplosero con violenza; i singhiozzi le sconquassavano il torace e le lacrime, copiose, scorrevano libere sulle sue guance.
Perché? Perché l'aveva trattata così male? Lui conosceva perfettamente i suoi sentimenti, ed era sicura che anche lui le volesse bene. Magari aveva capito che in realtà non provava per lei l'attrazione necessaria a trasformare un'amicizia in un amore, ma era stata sempre sicura che ci tenesse a lei e avesse un minimo di fiducia nelle sue capacità.
E invece no. Ryo aveva bollato la sua opinione solo come la cotta di una stupida ragazzina innamorata. D'accordo, Moriyama era un bell'uomo e le piaceva come persona, ma l'amore è qualcosa di molto, molto diverso.
Kaori rimase seduta per terra, rannicchiata con la testa tra le gambe per quelle che le parvero ore. Era conscia che fosse suo dovere alzarsi, riacquistare la lucidità necessaria a proseguire l'indagine e mettersi subito al lavoro per dimostrare a Ryo che lei aveva ragione, ma non ne aveva la forza. Si sentiva sfinita, come se avesse corso per delle ore senza mai fermarsi e desiderava solo abbandonarsi al suo dolore e dormire, dormire, dormire…
«Ehi, che stai facendo?»
Fu una voce proveniente dabbasso a dissipare quel torpore in cui era caduta. La domanda non era destinata a lei: forse, erano solo due inservienti che conversavano tra loro, ma fu come se qualcuno - che fosse Hideyuki, che fosse la solita Kaori, quella che impugnava konpeito e si lanciava a capofitto in tutto quello in cui credeva, che fosse lo stesso Ryo che, con sguardo strafottente, la sfidava - si fosse rivolto a lei.
Che stava facendo? Stava lasciando che le parole di un cretino fissato col mokkori la buttassero giù? Soltanto il giorno prima aveva promesso che si sarebbe lasciata scivolare addosso quello che Ryo le diceva senza preoccuparsene. Veniva meno alla sua promessa così in fretta?
In un impeto di rabbia, lei gli aveva lanciato una sfida e lui l’aveva accettata. Forse per dimostrarle, come se ce ne fosse bisogno, che lei non era tagliata per quel lavoro, forse per levarsela di torno ed essere libero di andarsene in giro ad importunare le belle donne, forse - ma su questo aveva molti dubbi - per spronarla a dare il massimo. Non aveva importanza: lei credeva nell’innocenza di Moriyama e l’avrebbe dimostrato, a tutti i costi.
Si risollevò - sia fisicamente che nello spirito - andò in bagno, si sciacquò più il viso con l’acqua gelata, tornò in camera, si cambiò d’abito e si diresse verso gli ascensori per raggiungere la stanza di Moriyama per chiedergli aggiornamenti sulle condizioni di Keiko e fargli qualche altra domanda.
Appena le porte dell’ascensore si aprirono al piano desiderato, si ritrovò faccia a faccia proprio con Ken Moriyama.
«Mio Dio, Kaori-san! Mi scusi se glielo dico, ma ha un aspetto terribile! Cosa le è successo?» L’uomo sembrava davvero preoccupato per lei perché, qualunque cosa dovesse fare, decise di lasciar perdere e le porte dell’ascensore si chiusero senza che vi salisse. «Vuole un po’ d’acqua?»
Perché Ryo non era gentile con lei almeno un decimo di quanto lo era quell’uomo? non poté fare a meno di chiedersi mentre cercava di sorridere e dirgli che non doveva preoccuparsi per lei. Ma lui non parve dello stesso avviso e la condusse verso la piccola zona relax che si trovava accanto agli ascensori; Kaori lo lasciò fare: dopo tutto, era lui il medico, no?
«Ha avuto un diverbio con il signor Kamiya?» domandò lui cortese.
Kaori abbassò il capo: inutile, era davvero un libro aperto anche con gli sconosciuti, Ryo aveva perfettamente ragione.
«Diciamo che abbiamo litigato» cercò di essere evasiva.
«Se ne vuole parlare…» Moriyama allungò una mano nella sua direzione, poi ci ripensò e l’appoggiò sul proprio ginocchio.
Kaori scosse la testa. Aveva promesso a se stessa che avrebbe pensato al caso e non ai propri problemi solo pochi minuti prima e stava già disattendo quel proposito. Che razza di professionista era?
«Non si preoccupi. Solo divergenze di opinioni sull’indagine».
«Indagine? Pensate davvero che ci sia un caso dietro? Satoshi probabilmente è stato colpito da un infarto, tutto qui».
«È quello che credo anche io. Però Ryo pensa che ci sia altro dietro e che…»
«Mi lasci indovinare: suo marito è dell’idea che il colpevole sia io, non è vero?»
Kaori guardò nella sua direzione, non sapendo cosa dire. «E lei come fa a saperlo?»
Per tutta risposta, l’uomo scoppiò a ridere. «Beh, se il signor Kamiya è convinto che Satoshi non sia morto per cause naturali, vuol dire che pensa sia stato un omicidio, e io sono un medico, quindi sarei perfettamente in grado di simulare un infarto o qualcosa di simile. E poi, diciamocelo, tutti sanno che io non sopportavo mio cognato e che ho bisogno di soldi… anche io sospetterei di me stesso, insomma!»
Kaori, però, non lo trovava affatto divertente. «Moriyama-san, forse non si rende conto di quello che sta succedendo: stiamo parlando di un’accusa di omicidio!»
Moriyama si schiarì la voce, cercando di assumere un comportamento più consono, anche se era evidente che non ci stesse riuscendo molto bene. «Ha ragione, mi scusi, non volevo sminuire la situazione. Suo marito ha ragione: conosco moltissimi metodi per inscenare un attacco di cuore, ma non ho mai pensato neanche lontanamente di porre fine alla vita di mio cognato, e sa perché?»
Kaori scosse la testa e Moriyama stavolta le prese la mano. «Perché sono un medico, Kaori-san. Ho visto morire troppe persone innocenti per il vile denaro e non ho alcuna intenzione di entrare a far parte di coloro contro cui combatto e che disprezzo con tutto il cuore».
Kaori fissò gli occhi scuri dell’uomo di fronte a lei ed ebbe la certezza che non le stesse mentendo.
«E poi, se fossi davvero io l’assassino, perché avrei dovuto aspettare di essere qui per farlo fuori? Vado spesso a casa di mia sorella, avrei avuto mille occasioni per ucciderlo in un luogo senza dubbio a me più congeniale».
Una spiegazione valida a questo c’era, ma Kaori non era certa di poter condividere l’informazione. Lanciò un’altra rapida occhiata a Moriyama. Ryo si sarebbe sicuramente arrabbiato se l’avesse scoperto e le avrebbe dato della sciocca ingenua, ma Kaori si fidava del suo istinto ed era certa della sua innocenza, perciò si fece forza e gli raccontò il motivo per cui lei e Ryo erano lì.
«Adesso mi è tutto chiaro. Perciò lei e Kamiya-san non siete veramente sposati, giusto?»
Kaori annuì a disagio: non gli aveva rivelato quel dettaglio, ma lui non era uno sciocco e ci aveva messo poco a fare due più due. «È così evidente?» chiese.
«Beh, le mentirei se dicessi che ne sono stupito. Non vi comportate come una felice coppia appena sposata. Però…»
«Però?»
«Però… non so come spiegarglielo, ma ci sono dei momenti in cui mostrate un’alchimia incredibile: vi basta guardarvi un secondo per capire cosa sta pensando l’altro. Me ne sono accorto prima, quando abbiamo ritrovato il corpo di Satoshi».
«Quello dipende dal fatto che lavoriamo insieme da sette anni» minimizzò. Moriyama non era stato il primo a notare la grande sintonia che li univa, e lei aveva finito per credere a quelle parole. Ma ormai non aveva più senso illudersi.
«Forse è come dice lei» accondiscese e cambiò argomento: «Quindi, cosa ha intenzione di fare adesso?» s’informò.
Kaori alzò le spalle. «Cosa vuole che faccia? Cercherò di raccogliere più indizi possibili nella speranza di scoprire il colpevole. Sono sicura che ci sfugge ancora qualcosa di tutta questa storia».
«Capisco».
Kaori si alzò, pronta a riprendere il proprio lavoro: quella chiacchierata con Moriyama le aveva fatto davvero bene.
«Adesso vado, Moriyama-san. Grazie per il tempo che mi ha dedicato. Anche lei deve tornare da sua sorella, immagino. A proposito, come sta? Mi spiace non averglielo chiesto subito».
Lui la imitò. «Non si preoccupi, aveva altro per la testa. Mia sorella dorme, per adesso, ma sono preoccupato per quando si sveglierà, perché lo shock che ha subito è stato veramente forte: nonostante la prendessi in giro, lei amava moltissimo Satoshi. Non ho idea di come reagirà quando realizzerà appieno quello che è successo»
«Eh sì». Poteva capire benissimo cosa dovesse provare Keiko: anche lei, in fondo, aveva perduto una persona cara. Ripensò a suo fratello e a quando Ryo le diede la notizia che avrebbe stravolto per sempre la sua vita: nonostante fossero passati tanti anni, il dolore era ancora forte e c’erano momenti in cui sperava ancora di vederlo aprire la porta di casa e chiamare Ryo per proporgli un nuovo incarico.
Moriyama parve accorgersi del suo turbamento, perché le sorrise e le tese il braccio. «Quando prima ci siamo incrociati, stavo per andare dal direttore per sbrigare alcune formalità burocratiche. Permette che le faccia compagnia per qualche altro minuto?» le domandò, tra il serio e il faceto.
Kaori rispose al sorriso e ai appoggiò al braccio dell’uomo. Perché no, in fondo? Forse, grazie a Moriyama avrebbe potuto scoprire qualcosa di più su quel posto e risolvere il mistero per cui erano andati lì.


Appena Kaori e Moiyama arrivarono nella hall, il signor Hisashi, che stava parlando con la sua segretaria, si precipitò da loro, la stessa espressione ossequiosa che aveva riservato a lei e a Ryo il giorno prima. La Otome lo seguì, impeccabile come sempre, ma riservò loro solo un cenno di saluto.
«Moriyama-san, che tragedia, che tragedia! Chi avrebbe mai potuto immaginare che… Come sta sua sorella?»
«Meglio, grazie. Le ho dato un calmante e adesso sta riposando».
«Naturalmente, naturalmente! Che tragedia, che tragedia!» L’uomo continuava a passarsi un fazzoletto sulla fronte. Kaori sospettò che tutta quella preoccupazione non fosse tanto per la salute della povera vedova, quanto per le voci che avrebbe generato. E infatti: «I clienti sono ancora scossi e la polizia non ha aiutato, ha fatto un sacco di domande qua e là».
«Fanno solo il loro dovere, Hisashi-san: finché non sarà effettuata l’autopsia, nessuna pista può essere esclusa».
«Ma è stato un infarto!» protestò l’uomo «E l’ha confermato anche lei, Moriyama-san!»
«Certo,» concesse lui. «Ma purtroppo il mio è stato solo un esame superficiale. E le accuse di mia sorella…»
«Che sciocchezze!» lo interruppe l’uomo, brusco. Poi, notando finalmente Kaori, si voltò verso di lei. «Mi perdoni, signora Kamiya: ho sentito che la signora Keiko ha assunto lei e suo marito per scoprire il colpevole della morte del marito…»
Kaori annuì, incerta.
«Naturalmente sono tutte idiozie: la povera signora è comprensibilmente sconvolta e non ragiona come dovrebbe».
«Naturalmente. Però, visto che Keiko-san ci ha chiesto di indagare, spero non le dispiaccia se facciamo qualche domanda in giro, anche solo per tranquillizzarla fino a che il referto dell’autopsia non sarà noto. Senza disturbare troppo gli ospiti, s’intende».
Il direttore continuò ad assentire con vigore. «Ma certo, ma certo, fate pure. Sono sicuro che tutti, sia gli ospiti che il personale, collaboreranno con gioia: Fukuoka-san non era un gran parlatore, ma era una brava persona e tutti qui lo rispettavano».
«Intende dire che era un frequentatore abituale di questa struttura?» chiese sorpresa: visto il carattere di Fukuoka, aveva sempre pensato che fosse lì per un particolare motivo, forse per fare un regalo a sua moglie, ma mai avrebbe immaginato che fosse un ospite così noto.
Hisashi scoppiò a ridere. «Ma certo! Lui e Keiko-san sono… o meglio, erano clienti fissi, venivano almeno una volta ogni paio di mesi. Sa, lui era un avvocato di successo e diceva che qui al riusciva a staccare un po’ la spina. Tutte fesserie: si portava persino il lavoro da casa! Perciò, per qualunque cosa, lei e suo marito potete contare sulla mia collaborazione, anche se sono certo che si sia trattato solo di una disgrazia. A proposito, Moriyama-san…»
Ma la mente di Kaori aveva abbandonato i due alla loro conversazione circa la sistemazione della signora Keiko finché non fosse stata in grado di ritornare a casa, perché era rimasta focalizzata su un particolare.
I Fukuoka erano ospiti conosciuti, in quella struttura. Come lo erano anche i Mutta, almeno da quello che aveva intuito dalla conversazione delle due donne nel centro benessere. E se fosse stato quello, il filo rosso che collegava le vittime di tutti gli incidenti? Se fosse stato davvero così, allora il colpevole voleva davvero creare problemi al resort, magari alzando così tanto la posta da arrivare a uccidere qualcuno pur di essere ascoltato. Possibile? Doveva saperne di più sulle altre vittime, a cominciare da Yukie Hondo, che aveva trovato il serpente.
«Signora Kamiya, si sente bene?» le chiese la segretaria che la stava fissando.
«Io? Sì, certo, non si preoccupi. Mi stavo solo chiedendo… potrei usare il telefono, se non le dispiace?»


Reika rispose al primo squillo, con grande gioia di Kaori. Per darle maggiore privacy, Miyuki l’aveva condotta nel proprio ufficio e le aveva detto che poteva restare tutto il tempo che voleva; Kaori l’aveva ringraziata per la sua cortesia, ma non era riuscita a togliersi di dosso la sensazione di inadeguatezza che provava di fronte a quella donna. L’ufficio, poi, era così ordinato e pulito che non aveva fatto altro che aumentare il suo disagio e, suo malgrado, si ritrovò a chiedersi se ci fosse qualcosa nella vita di Miyuki Otome che sfuggisse al suo rigido controllo.
«Ciao Reika, sono Kaori».
«Kaori-san, che bello sentirti!» la voce di Reika si fece subito allegra e giocosa. «Come va la tua vacanza romantica con Ryo?»
Kaori avrebbe tanto voluto chiudere subito la comunicazione: come andavano le cose con Ryo? Benissimo. Talmente bene che stavano conducendo due indagini separate, perché il suo partner aveva deciso, chissà per quale motivo, che Moriyama-san era un assassino a sangue freddo. Ovviamente, non disse nulla del genere e riuscì persino a trattenere l’impulso di abbassare la cornetta: aveva delle indagini di cui occuparsi.
«Reika-san, non è il momento di scherzare. Stamattina, un uomo è morto e stiamo cercando di capire cosa è successo».
«Lo so, lo so. Saeko mi ha aggiornato. La moglie pensa che si tratti di un omicidio, mentre tutto fa pensare a un attacco cardiaco. Voi a che conclusione siete arrivati?»
Kaori preferì tagliare corto: «A nessuna, purtroppo, stiamo vagliando tutte le ipotesi. Ti chiamo proprio per questo».
«Dimmi tutto».
«Avrei bisogno di sapere qualcosa di più su Yukie Hondo».
Dall’altro capo del filo cadde il silenzio e Kaori, in un primo momento, pensò che fosse caduta la linea. «Pronto, Reika-san? Ci sei ancora?»
«Sì, sì, sono qua, scusami. È che sono rimasta un po’ sorpresa. Credevo che Saeko vi avesse portato il fascicolo completo questa mattina».
Kaori si sentì gelare il sangue nelle vene. Il fascicolo? Quale fascicolo?
«Ryo non ti ha detto nulla? Ieri pomeriggio chiese a mia sorella di inviargli alcune informazioni su un’ex dipendente della struttura e, visto che c’ero, gli ho mandato anche altro materiale che sono riuscita a reperire nel frattempo».
Perché? Perché Ryo non le aveva detto una cosa così importante? Erano partner, no? Kaori ricacciò indietro le lacrime che sentiva premere per uscire e ingoiò a vuoto per trovare un minimo di sicurezza nella voce. «Oh, ca… capisco. Forse... forse se ne sarà dimenticato. Con tutto quello che è successo oggi, probabilmente non ci ha pensato. Grazie, Reika, e scusami per il disturbo».
«Tranquilla, non ti preoccupare! Mi raccomando, pensate anche a divertirvi e non solo al-»
Ma l’allusione bonaria di Reika non raggiunse mai le orecchie di Kaori, perché la donna aveva già chiuso la chiamata e si era precipitata a rotta di collo fuori dalla stanza.
Presa dalla sua foga, per poco non andò a sbattere contro qualcuno: solo grazie ai riflessi che bene o male aveva sviluppato in sette anni, riuscì ad evitare l’impatto.
«Kamiya-san! Va tutto bene? Mi sembra sconvolta!»
Stavolta il tono di Miyuki Otome era molto più partecipe e preoccupato, tanto che persino Kaori ne rimase colpita.
«Sì, grazie. Stavo… stavo cercando mio marito. L’ha visto, per caso?»
La donna ci pensò su un attimo: «Prima l’ho visto parlare con alcune cameriere, ma adesso non saprei. Ma perché, è successo qualcosa?»
Certo che stava parlando con delle cameriere. Con chi, sennò? Come al solito stava importunando delle belle ragazze, altro che pensare all’indagine. Cominciava a pensare che avesse accettato quella sfida solo per tenerla lontana e fare quello che gli pareva.
«No, nulla di grave, non si preoccupi». disse, benché la sua aura assassina si espandesse sempre di più «Mi stavo giusto chiedendo quale sia la punizione migliore, se affogarlo in piscina o soffocarlo con il cuscino».
Miyuki non riuscì mai a capire se la donna di fronte a lei parlasse sul serio e se stesse scherzando.

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Per Ryo, intrufolarsi nella stanza dei Fukuoka era stato facile come bere un bicchiere d’acqua. Non aveva neanche dovuto mettere in atto le sue doti di scassinatore, perché aveva trovato la cameriera che si occupava di pulire le stanze proprio lì vicino e in men che non si dica era riuscito a mettere le mani sul pass-partout. E anche su qualcos’altro, prima che lei gli mollasse un ceffone che gli aveva causato un gonfiore non indifferente sulla guancia destra. Ma ne era valsa comunque la pena. In tutti i sensi.
La camera era molto simile a quella che divideva con Kaori, con l’unica differenza che qui mancavano gli orpelli che Hisashi aveva fatto trovare loro. Ma, del resto, si erano presentati come una coppietta appena sposata, mentre i Fukuoka avevano da tempo superato quella fase.
La stanza era talmente pulita da sembrare disabitata. Per un attimo, ebbe paura che qualcuno fosse entrato prima di lui, ma a un’occhiata più attenta si rese conto che ciò era dovuto semplicemente al rigoroso ordine che permeava tutta la vita del signor Fukuoka: nell’armadio, gli abiti erano appesi e le camicie piegate e inamidate; anche il comodino dal lato del signor Fukuoka era completamente spoglio, mentre nei cassetti erano ordinati in modo accurato tutti gli oggetti che di solito utilizzava quando era a letto: occhiali da vista, un libro di diritto internazionale e una confezione di pillole. Fu questa ad attirare l’attenzione di Ryo. Secondo quanto diceva la scatola, si trattava di semplici compresse per il mal di testa, ma appena l’aprì si rese conto che il contenuto era molto diverso.
«Ma guarda guarda…» non poté fare a meno di sorridere. Forse la sfida con Kaori si era era conclusa ancor prima di cominciare.
Proprio in quell’istante un suono di passi attirò la sua attenzione: erano pesanti, comprese al volo, da uomo. Che fosse un semplice cliente che passava per il corridoio? No, si corresse. Fukuoka, per fare onore al proprio carattere, aveva scelto una camera alla fine del corridoio, oltre la quale non c’era nulla. Chiunque si stesse avvicinando lo stava facendo per entrare in quella stanza. Si concentrò meglio: c’era qualcosa di familiare in quell’incidere. Era il passo di qualcuno che conosceva.
Sentì una chiave girare nella toppa e dopo qualche secondo Ryo si ritrovò faccia a faccia proprio con il suo principale sospettato.
Per un attimo i due uomini si guardarono senza profferire parola. Fu Moriyama il primo a parlare. «Kamiya-san, buon giorno. Cosa ci fa in questa stanza, se posso permettermi di chiederle?»
«Come ben sa, sua sorella mi ha chiesto di indagare sulla morte di suo marito e io sono qui appunto per svolgere il lavoro per cui sono stato ingaggiato. E lei? Come mai è qui?»
L’uomo alzò le spalle. «Sono passato a prendere qualche effetto personale di Keiko e un cambio d’abiti». rispose pronto.
«Proprio un fratello premuroso, non c’è che dire», lo prese in giro Ryo abbozzando un sorriso, a cui Moriyama non rispose.
«Perché, le pare così strano che un fratello si occupi della propria sorella? Non è forse normale stare accanto alle persone a cui si vuol bene?» chiese lui, guardandolo. C’era un significato più profondo dietro le parole dell’uomo o era solo la sua immaginazione a giocargli brutti scherzi?
«Certo», convenne.
I due rimasero ancora per qualche attimo in silenzio, a fissarsi. Fu ancora una volta Moriyama a rompere il silenzio. «Ho saputo che lei sospetta che abbia ucciso mio cognato».
Lo sguardo che Ryo gli lanciò dovette essere più eloquente di mille parole, perché l’uomo scoppiò a ridere e iniziò a scuotere le mani davanti al volto. «Non si arrabbi, per favore, Kaori-san non è venuta meno a nessun segreto professionale: l’ho capito da solo, mentre chiacchieravamo del più e del meno. La sua socia era sconvolta e le ho fatto un po’ di compagnia in attesa che si calmasse».
La sua socia, aveva detto. Quindi sapeva anche che non erano veramente sposati?
«Ha capito anche questo?» chiese, omettendo di proposito l’argomento cui si stava riferendo. E, come aveva immaginato, Moriyama comprese al volo. «Sì. Potrei fare il detective anche io, cosa ne pensa?» chiese ridendo. «Potrei persino soffiarle il lavoro!»
“Ne dubito”, pensò Ryo, ma «Visto che è così bravo, era anche anche a conoscenza del fatto che suo cognato prendeva il Provigil*?» gli chiese mostrandogli una delle capsule che aveva trovato nella confezione nel cassetto.
Il sorriso si gelò sulle labbra di Moriyama. «Cosa? Non ne avevo idea. Ma visto che non faceva altro che lavorare, la cosa non mi stupisce per niente».
«Davvero non lo sapeva? Eppure pensavo che con le sue doti da detective ci fosse arrivato. O che gliel’avesse prescritto lei».
«Sta scherzando? Satoshi non si sarebbe mai rivolto a me».
«Perché, temeva che avrebbe potuto avvelenarlo?»
«Io non ho ucciso mio cognato, qualunque cosa lei ne possa pensare» ribatté duro Moriyama, sostenendolo sguardo di ghiaccio del suo interlocutore.
«Questo è tutto da dimostrare».
«La lascio alle sue inutili indagini, allora. Tornerò più tardi, quando avrà finito. Sia mai decida di accusarmi anche di aver eliminato delle prove».
Moriyama gli diede le spalle pronto ad uscire dalla stanza, ma poi ci ripensò e si voltò ancora una volta verso di lui. «Visto che siamo solo io e lei in questa stanza, tanto vale che glielo dica adesso chiaro e tondo: quando questa storia sarà finita e sarà dimostrata la mia estraneità ai fatti - e io sono sicuro che sarà così - ho intenzione di corteggiare in modo serio Kaori-san».
Lo sguardo che gli rivolse Moriyama era serio e sicuro di sé. Sì, lui era veramente interessato a Kaori e se gli fosse stata data la possibilità, avrebbe iniziato subito a provarci con lei.
«Kaori è una persona adulta e in grado di prendere da sola le proprie decisioni. Non sono né suo padre né il suo tutore perciò, se lei accetterà la sua corte, io non farò nulla per impedirle di essere felice. Sempre se lei è davvero innocente».
«Molto bene», annuì l’uomo, più a se stesso che a lui e, come aveva promesso in precedenza, si diresse verso la porta per lasciarlo lavorare in pace.
Ma Ryo ormai aveva perso interesse in qualsiasi cosa stesse facendo prima di quell’incontro, un solo pensiero nella mente: Kaori. Che cosa avrebbe fatto se avessero dimostrato che Moriyama non era il colpevole? Per la prima volta nella sua vita, temette davvero che la risposta non sarebbe stata così scontata. E di questo poteva incolpare solo se stesso.



* Si tratta di un medicinale che serve a restare svegli.


Note dell’autrice
Vorrei precisare, a scanso di equivoci, che io NON ho competenze mediche, né mi sognerò mai di dire che conosco certi argomenti. Per documentarmi ho usato la rete, cercando di scegliere siti abbastanza affidabili e di essere il più vaga possibile, proprio per evitare di scrivere castronerie, ma comunque dovevo inserire il nome di un medicinale per esigenze di trama. Su questo punto soprattutto, opinioni di esperti mi farebbero davvero piacere.

Dunque. *_* Finalmente arriviamo alla parte interessante della storia. Secondo voi chi ha ragione, Ryo o Kaori? È davvero Moriyama il colpevole oppure Ryo è soltanto geloso?
Il bel dottore, intanto, ha mostrato le proprie carte e io sto sghignazzando come non mai. Questa è una piccola risposta ai capitoli 137-139 del manga (quelli con protagonista la piccola Mayu, per intenderci). Ricordo che la prima volta che li lessi, pensai: “Eh no, non è giusto! Ryo si sarebbe proprio meritato che Uragami avesse fatto la proposta a Kaori! Magari quell’idiota si sarebbe deciso, finalmente”. Quindi diciamo che Moriyama è un po’ l’Uragami della situazione, ma senza figlia, con una cotta per Kaori… e sospettato di un omicidio. XD
   
 
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