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Autore: 283    26/08/2018    3 recensioni
quando i più potenti malvagi di tutti i mondi si uniscono, i più grandi eroi dovranno combattere insieme per fermarli e salvare non un solo mondo ma il cosmo intero.
un mago, un faraone , un einherjar, un semidio , un cavaliere e una dragonessa. affronteranno le armate delle tenebre. riusciranno a cavarsela ancora una volta?.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Percy Jackson
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dalla cima di Yggdrasill due divinità osservavano il cosmo sotto di loro.
La prima era una dea vestita con una tunica grigia e bianca, bionda con intimidatori occhi grigi e un volto bello ma severo.  Nella mano destra impugnava una lancia e nella sinistra imbracciava uno scudo scolpito con il volto di una gorgone; sulla sua spalla era appollaiata una civetta mentre un serpente si avvolgeva sull’asta della lancia.
Al suo fianco era in piedi un dio più anziano; indossava un’armatura d’orata e un mantello purpureo svolazzava alle sue spalle. Il suo volto, segnato dalle rughe e dalle cicatrici, era aggrottato per la concentrazione; la benda nera sull’occhio destro era in contrasto con i suoi capelli bianchi, una spada pendeva dalla sua cintura mentre si appoggiava ad una lunga lancia per sostenersi, due corvi erano appollaiati sulle sue spalle e due lupi si erano acciambellati ai suoi piedi.  
La dea fu la prima a parlare “la situazione è preoccupante”. Il dio annui “quei sei insieme possono fare molti danni”. Lei acconsentì “dovremmo convocare un consiglio generale?” Il suo compare sbuffò “certo così Zeus e Ra si rimetteranno a litigare, oppure Thor, Ares e Horus spazzeranno via altri continenti in una rissa. Peggioreremmo soltanto la situazione”.
Lei fece una smorfia, “allora cosa vuoi fare Odino? Aspettare che comincino a distruggere i mondi uno ad uno?” Odino sorrise “non ho detto questo, penso sia ora di attivare il piano 6”. La dea sgranò gli occhi “sei sicuro? Hai idea di quanto sia pericoloso?”. Il vecchio Aesir sogghignò “non dirmi che hai paura? Non ti chiamano forse Atena Promachos la prima in battaglia? Abbiamo la lista pronta e i mezzi, agiamo, prima che sia troppo tardi!”. Atena arricciò il naso “va bene, ma la responsabilità è tua”.
 
 
 
 
PERCY JACKSON
 Percy stava rientrando a casa, dopo la giornata più noiosa della sua vita. La scuola era una tortura e le prove della squadra di nuoto erano state posticipate, in più quando aveva provato a prendere un hamburger era stato attaccato da una banda di Lestrigoni. Ora voleva soltanto farsi una doccia per ripulirsi dalla polvere dei mostri e mangiare patatine blu, guardando il nuovo episodio di Game of Thrones.
Entrò nel suo appartamento urlando “Mamma, Paul sono a casa!!”. Le luci erano spente, quindi pensò che erano usciti. Entrò nella sua stanza accese la luce e si bloccò. La SUA poltrona blu era occupata. Un vecchio con indosso jeans ed una felpa dei Red Sox era appoggiato allo schienale con le gambe accavallate, come se fosse il padrone del posto. Sorrideva mettendo in mostra una benda da pirata. “Perseo Jackson,Io sono Odino”. Percy sgranò gli occhi “lo dici come se spiegasse, perché uno sconosciuto è seduto al buio sulla MIA seconda poltrona blu preferita”. Il tizio dei Red Sox sogghignò “mi piaci ragazzo, ci divertiremo molto!” Prima che Percy potesse mettere mano alla spada ci fu un lampo di luce dorata e lui fu lanciato attraverso i mondi.
 
HARRY POTTER
Il campanello della Tana suonò, sovrastando il rumore prodotto dalla numerosa famiglia Weasley. Molly Weasley gridò dalla cucina “Harry caro, Puoi aprire tu?!”. Harry, abbandonò la partita di scacchi magici con Ron e rispose “subito signora Weasley!”. Il diciassettenne si fece largo nella casa superando Bill, Charlie e George che stavano parlando di Quidditch,  Ginny e Hermione impegnate a studiare per il loro ritorno ad Hogwarts.
Raggiunto l’ingresso aprì la porta per trovare una scena terrificante. Due Troll alti tre metri, vestiti con armature chiodate e arrugginite lo fissavano dall’alto. Quello a destra brandiva una clava di legno grande come un frigorifero, mentre il suo compare a sinistra portava in spalla un sacco di tela marrone. Il Troll di destra chiese “sei tu Harry Potter?” Harry sbiancò “no”. Lui inarcò un sopracciglio. Solo allora il giovane mago si accorse che i suoi capelli neri si erano scostati, lasciando visibile la sua famosa cicatrice a forma di fulmine. Fece un passo indietro “io….emh”.
Non fece in tempo a reagire. Il Troll di destra oscillò la clava colpendolo sulla tempia, il dolore esplose nella sua testa annebbiandogli la vista e stordendolo, barcollò all’indietro fino a che il Troll a sinistra allungò una gigantesca mano verde e lo afferrò per il colletto. Senza tante cerimonie lo sbatte nel sacco e lo gettò sulla sua spalla. L’ultima cosa che Harry sentì prima di perdere i sensi fu un ronzio ritmico e un Troll che urlava “gettalo nel portale!!” Poi il vuoto.
 
MAGNUS CHASE
Nel Valhalla ogni cosa era una sfida all’ultimo sangue. Anche prendere la pizza. Quella sera il diciannovesimo piano stava festeggiando l’ennesima laurea in lingue di Halfborn Gunderson. Così a Magnus Chase figlio di Freyr era toccato l’ingrato (e pericoloso) compito di salire fino al piano 147 e comprare la pizza. Dopo aver percorso scalinate infestate da Goblin mangiauomini, schivato carri da guerra e superato così tante risse, sparatorie ed esplosioni da perdere il conto, aveva raggiunto la pizzeria. Dopo aver comprato la pizza tornò indietro (suo malgrado).
Alla fine delle sue fatiche il giovane einherjar avanzava finalmente, verso la mensa del diciannovesimo piano. Le porte a vetri vibravano e la musica rock invadeva il corridoio. Magnus era sporco di sangue, polvere e sudore, la sua maglietta era a brandelli, bruciacchiata e piena di fori di proiettile, la sua faccia e le sue braccia erano sporche di fuliggine, aveva diversi tagli, lividi ed un paio di morsi di Goblin. Ma nonostante tutto, sorrideva e sollevava le pizze come se fossero un trofeo olimpico.
Era quasi arrivato alla porta quando si trovò la strada bloccata. Geri e Freki i lupi di Odino erano seduti in mezzo al corridoio impedendogli di passare. Erano grandi come dei cavalli, con la pelliccia nera e maliziosi occhi rossi. Entrambi scoprivano i denti nella versione lupesca di un ghigno malevolo. Arretrò. Aveva incontrato poche volte i due lupi e non pensava di aver fatto qualcosa per farli arrabbiare. Sorrise incerto “hei ragazzi! Quanto tempo! cercavate qualco….”, non riuscì mai a finire la frase.
Geri gli balzò addosso e lui si gettò a terra strillando (ovviamente in maniera molto virile) ma nessuno dei suoi amici lo sentì a causa del volume della musica. Provò ad estrarre Jack (alias Sumarbrander la spada dell’estate), ma Freki scattò in avanti e gli strappo dal collo il ciondolo che conteneva la spada magica. Il figlio di Freyr provò ad alzarsi ma Geri tornò alla carica e afferro la sua gamba destra tra le fauci. Anche se non strinse forte i suoi denti lo ferirono comunque. Si contorse e scalciò, ma anche con la sua forza da einherjar non riuscì a liberarsi. Intanto, Freki lanciò il ciondolo in aria con uno scatto della testa. Dal nulla un corvo arrivò per ghermirlo sparendo subito dopo. Magnus imprecò e lotto con più energia stretto nella morsa del lupo. Quest’ultimo cominciava ad avere difficoltà nel trattenerlo così, lo sollevò e lo scagliò contro una parete. Il semidio sbatté contro il muro con un tonfo che gli riverberò nelle ossa. Cadde a terra come un sacco di patate, ma si rialzò in fretta e corse verso la sala mensa. Freki provò a tagliargli la strada, ma lui sfruttando la sua forza e lo slancio lo colpì con una spallata facendolo volare di lato.
Era quasi arrivato alle porte e poteva vedere Alex Fierro che rideva in compagnia di Mallory Keen bevendo aranciata. Provò ad attirare la loro attenzione, ma ancora una volta la musica coprì le sue parole. Geri arrivò alle sue spalle e lo spinse a terra, per poi inchiodarlo al pavimento bloccandogli gambe e braccia. Magnus lottò ancora una volta ma non riuscì ad opporsi alla superiorità fisica del lupo. Freki si avvicinò ringhiando e in un lampo sbatte la testa del ragazzo sul terreno. Ben presto la sua vista si annebbiò e perse i sensi.
 
 
  ERAGON E SAPHIRA
Le pianure sconfinate si estendevano a perdita d’occhio sotto di loro. Prati lussureggianti e pascoli popolati di gazzelle, erano l’unica cosa visibile in ogni direzione. Eragon e Saphira si stavano godendo un momento di pace, lontano dagli Eldunarì e dagli elfi. Dalla loro partenza da Hedarth il viaggio si era protratto per due settimane, alla ricerca di un luogo dove fondare la nuova capitale dei Cavalieri dei Draghi.
In questo momento stavano volando nel cielo limpido, ormai prossimo al crepuscolo. Ad un certo punto una musica sconosciuta li risvegliò dal torpore. La melodia di un flauto tagliava il silenzio. Eragon si raddrizzo sulla sella e scrutò sotto di loro in cerca della fonte della musica. Alla fine Saphira disse “laggiù!” e planò verso una collina poco distante. Eragon aggrottò la fronte “non dovremmo avvertire gli altri?”. La dragonessa sbuffò “non preoccuparti Eragon, possiamo difenderci da un bardo errante”. Il cavaliere sospirò e decise di non discutere.
Atterrarono sulla cima della collina ed Eragon smontò guardandosi intorno. Ben presto trovò la fonte della musica. Una graziosa ragazza era seduta a gambe incrociate nell’erba a pochi passi da loro. Doveva avere circa quindici anni. Era vestita con una semplice tunica bianca ed un paio di sandali. I suoi capelli biondi erano pettinati in una lunga treccia che ricadeva sulla sua spalla destra. Quando alzò lo sguardo i suoi occhi grigi e calcolatori sembrarono trapassare l’anima del giovane cavaliere.
Sorrise non sembrando per niente intimidita da Saphira, che incombeva su di lei. Eragon avanzò con cautela “ciao io sono Eragon dall’Alagaesia tu chi sei?”. La ragazza sorrise in maniera accondiscendente “so chi sei Eragon Bromson l’ammazza-spettri e conosco anche la tua compagna Saphira Bjartskular, vi aspettavo”. Il duo rimase sconvolto, ancora di più dal fatto che la ragazza aveva parlato l’antica lingua in maniera impeccabile.
Eragon provò ad espandere i suoi sensi alla ricerca di Blodhgarm, per chiedergli aiuto. Ma con sua sorpresa incontrò una barriera. Dopo un rapido controllo constatò che, l’intera collina sembrava avvolta da un qualche incantesimo che impediva di comunicare mentalmente con l’esterno. Saphira scoprì i denti e puntò i suoi occhi di zaffiro sulla ragazza “cosa vuoi da noi?”. Lei non batte ciglio e sempre nell’antica lingua rispose “non ti devi preoccupare drago, non ho intenzione di ferirvi, ma volevo solo augurarvi buon viaggio”. Prima che uno di loro facesse in tempo a reagire, la ragazza schiocco le dita e il terreno sotto di loro scomparve, facendoli precipitare nell’oscurità.  
 
 
CARTER KANE
Carter era molto infastidito. Il giorno prima era stato chiamato nella sede del 365° nomo della Casa della Vita. Così aveva aperto un portale per l’Antartide ed era partito. Aveva aspettato ore in una bufera con la sola compagnia dei pinguini. Poi era stato attaccato degli orsi polari. Durante la lotta era caduto in una fenditura della banchisa, dritto nell’acqua gelida. Era stato ripescato dai maghi, portato alla loro sede (una sorta di bunker sotterraneo) e guarito dall’ipotermia. Dopo aver scoperto che non erano stati loro a chiamarlo aveva aperto un altro portale per New York. Solo per cadere di testa in un cassonetto dell’immondizia.
Il giovane Faraone uscì dal cumulo di spazzatura imprecando. La sua tunica di lino nero, era inzuppata a causa della neve sciolta e sudicia per il tuffo nella pattumiera. Il mago raccolse la sua borsa da terra borbottando. Guardandosi intorno vide che si trovava in un vicolo cieco. La parete alla sua destra era di cemento, i cassonetti erano appoggiati contro di essa ed una scala anti incendio pendeva dall’alto. La parete alla sua sinistra era in mattoni rossi, i graffiti ricoprivano ogni superfice disponibile. Di fronte a lui il vicolo era sbarrato da un'altra parete di cemento con appeso un poster così vecchio e strappato da essere irriconoscibile.
Con un sospiro si voltò verso l’uscita del vicolo, preparandosi alla lunga camminata per arrivare alla Brooklyn House.
Fece appena due passi prima di essere circondato. Una dozzina di tozze figure balzarono giù dai tetti, come ninja. Quattro bloccarono l’uscita del vicolo, altrettante si disposero dalla parte opposta e le restanti si appollaiarono sul pianerottolo della scala anti incendio, sopra di lui. Le creature erano vestite di nero ed impugnavano grossi bastoni ferrati. Uno degli esseri si fece avanti agitando la mazza e grugnendo. Erano babbuini. Avevano la pelliccia rosso sangue ed occhi porcini e maligni. I completi da ninja non nascondevano i loro fondoschiena colorati, né i musi scimmieschi dotati di zanne che avrebbero fatto correre una tigre a piangere dalla mamma.
Il babbuino che avanzò verso di lui doveva essere il capo. Si capiva dal fatto che era il più grande, il più rumoroso e aveva il sedere più colorato. Agitò furiosamente il bastone irto di punte abbaiò furiosamente. Carter infilò una mano nella borsa stringendo la bacchetta ricurva mentre con l’altra afferrava l’elsa del suo Kopesh. Il babbuino ringhiò e abbaiò più forte indicandolo con la sua arma e poi indicando il terreno. Non serviva parlare babbuinese per capire che gli intimava di arrendersi. L’occhio di Horus gli puntò contro la spada “non so cosa volete, ma non verrò con voi”. Il babbuino scoprì le zanne e lanciò un ululato assordante. I suoi scagnozzi partirono all’attacco.
I quattro babbuini sulla scala anti incendio balzarono verso di lui, ma Carter gli puntò contro la bacchetta e un lampo di energia azzurra li respinse, facendoli volare contro il muro. Intanto il capo-babbuino roteò la mazza ferrata verso la sua testa. Lui deviò il colpo con il Kopesh e gli assestò un calcio nel petto lanciandolo all’indietro. La scimmia roteò in aria e abbatté tre dei suoi compari. Gli ultimi quattro babbuini lo circondarono, menando colpi alla cieca e ululando di rabbia. Lui riuscì a difendersi. Ma fu costretto ad arretrare verso il fondo del vicolo. Si ritrovò spalle al muro deviando gli attacchi con la spada e la bacchetta. Stava cominciando a pensare ad un modo per uscire da quella situazione quando il muro dietro di lui esplose. Due braccia pelose si avvolsero intorno a lui bloccandolo in una morsa. Lottò ma il babbuino gigante era troppo forte. Ebbe appena il tempo di pensare “cosa vuole Baba da me?”. Prima che una mazza ferrata lo colpisse sulla fronte, poi svenne.                 
   
 
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