Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Azaliv87    04/09/2018    1 recensioni
E se Jon avesse la possibilità di riportare in vita una persona importante? E scoprisse di non essere ciò che era? E se anche Dany avesse questa possibilità? Questa è la domanda che mi sono posta, e da quest'idea mi è venuta in mente la storia che vi narrerò. Parto a raccontare le vicende dalla fine della sesta serie televisiva, grosso modo, quindi (avviso chi non ha visto questa stagione) potete trovare degli spoiler. Per il resto è tutta una mia invenzione. Dopo essermi immersa nel mondo di Martin ed essermi affezionata ai suoi personaggi con Tales of Wolf and Dragon, ho deciso di cimentarmi in questo What if e vedere fino a che punto può spingersi la mia fantasia.
Per chi avesse già letto l'altra mia ff, ritroverà conseguenze, personaggi e riferimenti alla prima storia.
Buona lettura e non vi preoccupate se ogni tanto rallento la pubblicazione, non sono mai bloccata, ma ho periodi in cui devo riordinare le idee e correggere ciò che ho già scritto prima di aggiornare!!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Mi vuoi dire cosa ti è preso questa mattina, quando hai visto entrare quel mastro armaiolo nella Sala del Concilio Ristretto? – i lunghi capelli per metà sciolti le ricadevano scompostamente sulla parte destra. Al suo arrivo aveva congedato velocemente Jiqui e Jirry, le sue ancelle – Come si chiamava? – si mise una mano sul mento pensierosa – Peltry? Gimby? No, Gendry… se non rammento male il suo nome… – Dany lo aveva fatto entrare nei suoi alloggi e trascinato in pratica nella sua camera da letto. Rhaegar era certamente rimasto stupito nel varcare la soglia di quelle che un tempo erano state le stanze della loro madre. Lo aveva visto appoggiare lo sguardo un po’ dovunque, come a cercare differenze dal presente alla memoria dolce del suo passato. Lei aveva fatto ciò che aveva potuto, reintegrando i colori dei Targaryen, facendo sparire ogni riferimento alla leonessa di Castel Granito e mettendoci anche un pizzico di propria fantasia. Di tanto in tanto spuntava qualcosa di esotico: piccoli oggetti dothraki, o artefatti di Essos che si era portata dietro, regali dei ricchi signori, o manufatti creati dalle mani di coloro che aveva salvato dalla schiavitù. C’erano addirittura alcuni doni che la principessa Arianne, o suo padre, il principe reggente Doran, le avevano fatto avere.
Aveva avuto la repentina voglia di buttarli, dopo quell’assurdo tentativo di Ribellione Dorniana, sedata ancora prima che sfociasse nella Sala del Trono. L’idea che stessero cospirando alle sue spalle con il finto Aegon, mentre lei credeva di avere il loro appoggio indiscusso, l’aveva oltraggiata oltre misura, se non avesse avuto ancora terre da cui riprendere il controllo e un regno da sanificare, avrebbe cavalcato i suoi draghi e avrebbe raso al suolo i loro castelli, ma suo fratello Rhaegar glielo aveva severamente vietato, rimarcando il fatto che nemmeno Aegon il Conquistatore era mai riuscito a metterli in ginocchio e lei non avrebbe mai commesso lo stesso errore.
Alcune volte Dany si domandava perché suo fratello fosse così restio a scontrarsi con Dorne; era più che certa che dietro ci fosse qualcosa che non sapeva e che doveva riguardare quasi certamente la principessa Elia, sua moglie. Eppure aveva avuto la certezza sia da Viserys che da Barristan che non vi fosse alcun amore a legarli.
Lei però non voleva avere più niente a che fare coi Martell, tuttavia ci si era messo pure Ser Nonno a farla ragionare e Tyrion stesso aveva aggiunto una buona parola. Alla fine aveva cambiato idea e aveva deciso di lasciar loro la gestione del proprio principato rinstaurando un’alleanza solida e tenendo alla capitale Ellaria Sand, quale sua maestra dei sussurri. Era assoldato che fosse un’ottima spia, in quanto come ogni abitante del sud aveva modi singolari per ottenere informazioni, ma non era ugualmente certa che le informazioni da lei ottenute sarebbero state veritiere o comunque unicamente finalizzate ai Draghi, qualcosa le diceva che anche le serpi di Sunspear venivano informate.
Notò Rhaegar posare lo sguardo su un tavolino nella rientranza di fronte la finestra, dove lei vi aveva fatto sistemare quella scacchiera di cyvasse con le statuette in opale bianco con venature rosate e onice nero. Una grossa stola rossa con ricamati fitti reticoli di filo d’oro che disegnavano un drago in volo illuminato da un sole luminoso, ricopriva per intero un enorme separé in legno di ciliegio con un bassorilievo di Giardini dell’Acqua, la loro residenza a Dorne, tutto rifinito di piccole gemme di ossidiana e rubini. Arianne le aveva consigliato di tenere sia il paravento che la scacchiera in prossimità l’uno con l’altro. “Perché mai? Sono due cose completamente separate come il giorno e la notte.” Aveva ribattuto lei. “Ma esattamente come il giorno e la notte sono testimoni dell’eterno inseguimento del sole e della luna, hanno quindi necessità di restare uniti… diciamo, che per noi è considerato di buon auspicio!” le aveva strizzato l’occhio ed era sparita facendo frusciare l’abito in veli rossi e i lunghi capelli corvini sciolti che ricadevano in morbidi ricci sul fondoschiena, inseguendo quasi certamente suo fratello Rhaegar che avevano scorto non poco distante dall’altalena solitaria illuminata completamente dal caldo sole di mezzogiorno…
Ritornò alla realtà scorgendo invece ora suo fratello passare una mano sui portagioie dove numerosi gioielli dorati decorati con rubini, fuoriuscivano. Le erano stati fatti preparare sempre per ordine del principe Doran, che aveva affermato che una regina avrebbe dovuto indossare i gioielli che il suo lignaggio esigeva e che sua madre e suo padre avrebbero certamente voluto vederle addosso.
Ora che ci pensava, le sarebbe dispiaciuto separarsi da tutto ciò. Ogni piccolo oggetto era stato una delle prime cose che in un modo o nell’altro le avevano fatto compagnia durante il suo primo soggiorno a Giardini dell’Acqua; prima ancora che decidesse di far tornare in vita Rhaegar… giorni in cui si era sentita sola, eppure sapeva di non esserlo mai stata. Tyrion le stava sempre affianco; Missandei provvedeva alle sue esigenze quasi come una dama di compagnia del continente… e poi c’era la presenza costante della principessa Arianne. Ora che ci pensava non l’aveva mai abbandonata, trattandola con estremo rispetto come se i Martell avessero sempre servito la sua causa, quasi volendo a tutti i costi esserle amica… Il pensiero di Quentyn si era risvegliato molto presto, e le aveva reso difficile la presenza di sua sorella accanto, quando lei si sentiva la causa della morte del giovane principe dorniano. Le era quindi facile capire per quale ragione loro potessero volerle levare il trono.
Un rumore sordo l’aveva fatta tornare al presente. Suo fratello si era levato la maschera e l’aveva appoggiata sul tavolino di fronte alla grande finestra del solarium.
-Quel ragazzo… - cominciò – mi ha ricordato una persona che conoscevo... – le rivelò guardandola negli occhi. Lei lo esaminò incuriosita mentre si sedeva sul bordo del letto in attesa. Rhaegar prese coraggio e continuò – Robert Baratheon. – affermò con tono piatto, appoggiando la schiena ad una colonna di marmo.
-L’Usurpatore…? – chiese lei incredula. La sua voce era scettica e ritrosa, le era quasi difficoltoso trovare una linea logica nel suo discorso – Mi stai prendendo in giro? – ma nel vedere l’espressione cupa di suo fratello, capì che non era così. Oramai riusciva a decifrare quegli occhi indaco come se fossero un libro aperto, o almeno era quello che sperava – Non ha senso… Tyrion ha detto che aveva riconosciuto solamente tre figli legittimi, ma erano in realtà generati dall’incesto dei gemelli Lannister… Temi forse che possa essere un suo bastardo? Potremmo chiedere a Ser Barristan, lui lo ha servito… –
-Non servono tante elucubrazioni… - affermò stancamente – Se lo avessi conosciuto, capiresti. Perché in quella sala ti saresti trovata di fronte hai la sua esatta copia di un tempo. –
-Quindi quello è uno dei suoi figli naturali… Barristan ci aveva detto che Cersei li aveva fatti uccidere tutti… -
-Era quello che credeva lei. Secondo le mie informazioni era stato preso come apprendista fabbro, nella stessa bottega che ora ha riscattato. Jon Arryn e Ned Stark avevano fatto spesso visita a quell’emporio, senza mai comprare niente. E’ chiaro che sapessero la verità o che quanto meno la sospettassero. –
-E l’hanno quindi aiutato a scappare all’ordine di cattura di Cersei? – Dany cominciò a riflettere come avesse potuto sopravvivere per tutto quel tempo.
-No. Lord Arryn è morto prima di poter attuare qualsiasi azione, e quando Ned Stark ha preso il suo posto di primo cavaliere, ha intrapreso la sua stessa strada, ripercorrendo la stessa ardua via del suo mentore, ma aveva ricavato ben poche informazioni ed era privo di prove esattamente come Lord Jon prima di lui. – Dany ascoltò il suo discorso ignara che suo fratello avesse già così tante spie a suo ordine. Gli stava per chiedere informazioni in merito, ma un pensiero più terrificante la colse impreparata, come una pugnalata in pieno petto.
-Quindi questo garzone potrebbe voler vendetta per suo padre! – era sempre più allarmata – Rivendicare il trono… mettersi contro di noi… sa costruire armi ed equipaggiamenti militari… -
-Hai detto bene, sa costruire, non impugnare. – precisò Rhaegar pacato – Hai notato come teneva in mano le armi? Quello non è lo stile di un cavaliere, né di un qualunque guerriero. Non è stato addestrato al combattimento, né gli è stata impartito alcun insegnamento riguardo la spada. La impugna in maniera grezza e a quanto pare non credo sia nemmeno l’arma più adatta a lui. – Rhaegar aveva parlato con la compostezza e la placidità che sempre lo caratterizzavano.
-Non ha alcuna importanza! Non gli permetterò di impadronirsi del trono! – sentenziò Dany, le braccia le tremavano dal nervoso. Aveva preso a passeggiare per la stanza nervosamente – Ho già dovuto vivere quest’esperienza con Griff, grazie all’appoggio delle serpi dorniane, e non voglio ripeterla! Tanto meno dal figlio di un traditore. – sentenziò ostinata. Notò in Rhaegar una stana reazione, un leggero battito di ciglia non appena lei aveva parlato del giovane che si era finto Aegon VI.
-Ho modo di desumere che Gendry non abbia tali mire. – ammise Rhaegar accennando un lieve sorriso.
-Che intendi dire? – gli chiese lei non capendo, e voltandosi a guardarlo acida.
-Non ho bisogno di prove per sapere che è uno dei figli illegittimi di Robert, mi basta solamente la notevole somiglianza che ha con lui, esattamente come Robert assomigliava a lord Steffon. – le confidò – Il marchio dei Baratheon genera figli dai capelli neri e gli occhi blu e Gendry rientra nel cerchio, oltre ad avere la sua stessa corporatura. – spiegò mantenendo sempre lo stesso tono di voce pacato, Dany invece sentiva i brividi sulla schiena e un sudore freddo cominciò a imperlarle la fronte – Ma sono anche certo che Robert non abbia mai provveduto a lui, come dovrebbe fare un buon padre. – continuò suo fratello. Lei dapprima non capì cosa stava farneticando.
-Che vuoi dire con questo? –
-Lo ha lasciato crescere tra il popolo, privandolo di ogni dottrina che il rango di un principe, impone. Non sa usare le spade, se non come un fabbricante di armi per assicurarsi del loro bilanciamento; non sa parlare, né atteggiarsi di fronte a nobili di alto lignaggio, non hai visto come teneva basso il capo al concilio? Se davvero avesse mira verso il trono, non si sarebbe certo presentato quale mastro armaiolo, vestito di poco più che stracci. E credi davvero che avrebbe continuato a fare quel mestiere, sotto al naso di Cersei, permettendole di sedersi sul trono che gli spettava? – Dany arcuò le sopracciglia sottili e si mise a riflettere. Quelle parole non erano del tutto scorrette.
-Vuoi quindi dirmi che l’Usurpatore non sapeva nemmeno della sua esistenza? –
-Dubito sapesse quanti illegittimi aveva generato. – Rhaegar emise un sospiro angustiato.
-E tu come fai a sapere queste cose? – gli chiese incuriosita, sembrava conoscere molto bene il suo rivale, e allora perché si era fatto sconfiggere da lui sul Tridente?
-Me lo disse Lyanna… - ammise dopo un profondo respiro. Dany allargò i suoi occhioni viola, era raro sentirlo parlare della lupa del nord. Lo vide abbassare il capo rimembrando antichi ricordi – Mi aveva accennato qualcosa riguardo le sue… pessime abitudini. – sorrise mesto – A dire il vero fu il primo degli argomenti con cui avviammo una conversazione il giorno in cui ci sedemmo a parlare in privato. Già all’epoca del Grande Torneo di Lord Whent, il lord di Capo Tempesta aveva concepito un’illegittima. Era nata e cresciuta nella Valle di Arryn, prendendo il cognome di Stone. Era proprio questa sua peculiarità, che Lyanna non apprezzava e si rifiutava di conseguire la volontà di suo padre, che la voleva unita ad un uomo che non avrebbe mai potuto esserle fedele a vita. – Dany ascoltò quel suo discorso in silenzio. L’argomento Lyanna era quasi diventato un veto, come lo erano anche Elia o i bambini morti durante il saccheggio di Approdo del Re. Erano discorsi che lo facevano sempre soffrire troppo e seppur lei non fosse mai sazia di conoscenza, aveva smesso di domandare, sotto anche consiglio di Ser Barristan.
Lo comprendeva: Rhaegar se ne sentiva responsabile… eppure una domanda le vorticava nella testa da molto tempo. Per quanto lui continuasse a parlarle della lady di Grande Inverno come di una donna d’onore e dal forte temperamento, qualcosa non quadrava con ciò che poi lo aveva costretto a fare.
-So che non ti piace entrare in quest’argomento, ma c’è una cosa che ancora non riesco a capire e ti prego, aiutami ad comprendere. – si alzò dal letto e lo raggiunse. Superò però la colonna alla quale lui si era appoggiato, uscendo di due passi sulla terrazza e osservò i vasi di fiori sulla pensilina di marmo. Non sapendo ancora nulla di quelle terre, non li aveva ancora fatti riempire. Vi aveva solo fatto inserire della terra nuova e l’odore di terriccio le arrivò fino alle narici. Sentì suo fratello annuire con un leggero mormorio, per cui capì che aveva il permesso di chiedere – Mi stai facendo capire che la tua lady non voleva un uomo che la tradisse, ma è venuta in cerca di te, che eri già sposato… non credi che il discorso regga poco? – Rhaegar sospirò a fondo e alzò gli occhi fissando un punto impreciso di fronte a sé.
-Non è come può sembrare, Dany. – provò a dire.
-Aiutami a capire allora – insistette lei – Se non mi parli di lei, io non posso indovinare le motivazioni che ti hanno spinto a compiere le strade che hai percorso. Ma se invece mi parli di lei, ho la possibilità di conoscere anche quella parte di te che ti ostini sempre a nascondermi. – Rhaegar rimase in silenzio per alcuni minuti, forse a riflettere, o molto più probabilmente a cercare le parole adatte. Fece qualche passo verso la rientranza della finestra, dove c’era il tavolino del cyvasse. Prese in mano il drago in opale chiaro e se lo rigirò tra le dita, osservandolo attentamente, come se in esso si celasse la sua ragione di vita.
-Ciò che cercava Lyanna era solo un uomo che la potesse amare profondamente e che l’accettasse per quella che davvero era: una guerriera nell’animo, una temeraria lady che non basava la sua esistenza sul proprio titolo nobiliare, né tanto meno su quello degli altri. – le riferì – Per lei non c’era differenza se eri un lord, un principe o un semplice contadino. Se eri onorevole allora potevi camminarle affianco fiero. Se eri sufficientemente coraggioso, la stimolavi ad avvicinarsi sempre più. Se ti dimostravi in grado di capire ogni suo più recondito segreto senza che lei te lo avesse rivelato, allora entravi nel suo cuore. Amava la gente, le spade, i cavalli… l’amore… Era una donna che non si perdeva mai d’animo. A volte ci sono momenti in cui me la ricordi… - le svelò – Lei non cedeva. Mai. Non amava inginocchiarsi, a differenza del suo antenato Cregan Stark! – sorrise – Penso che Aegon il Conquistatore avrebbe quantomeno faticato ad annettere il Nord nel suo regno, se si fosse imbattuto in lei quel giorno. – rise ancora perso nei ricordi – Era la donna più testarda che avessi mai conosciuto, ma anche lo spirito più selvaggio, indomito e in cerca continua di libertà che aspirassi ad incontrare. Quando ci trovammo l’uno di fronte all’altra, sapeva bene chi aveva di fronte, ma non si demotivò. Continuò a tenere in pugno la sua spada ed il suo scudo. Ingaggiò un duello con me, solamente per proteggere le persone che amava: aveva compreso che sia la sua vita, che la loro, potevano essere in pericolo, tuttavia non abbandonò mai le speranze. – serrò le labbra e spostò il capo nuovamente sulla scacchiera del cyvasse, riposizionando il drago sulla sua casella – Furono poche le occasioni in cui si inchinò in mia presenza, per buona parte era il suo carattere ad impedirglielo, le altre volte ero io che glielo vietavo. Era degna di stara alla mia altezza, anche se mi arrivava appena al petto. Era uno scricciolo, ma un concentrato di determinazione e ardimento. Se la vedevi al fianco del principe Lewyn, Arthur, Jon Darry e Oswell Whent sembrava ancora più bassa. Gerold Hightower quando se la vide di fronte la prima volta la osservò incredulo. La vostra temerarietà supera di gran lunga il vostro aspetto, milady… furono le prime parole che le rivolse. –
Dany alzò appena il mento. Barristan le aveva parlato del suo vecchio Lord Comandante proprio quando lei gli aveva fatto riottenere quella carica. Ser Hightower non era tipo da concessioni leggere… se aveva detto una cosa del genere alla giovane Stark, doveva averlo pensato per davvero.
-Non era interessata ad attirare le mie attenzioni per ottenere in cambio dei favoritismi, né per lei, né tanto meno per la sua famiglia. Non ambiva ad impreziosire il suo titolo, né ad alzare il lignaggio degli Stark, come invece provarono a fare i Lannister. A lei piaceva il nord, e tanto. Non aveva la minima voglia di lasciarlo, non sognava di sposare un lord del sud, nemmeno desiderava seguire il principe ereditario fino a Dorne. Alla fine è stata obbligata a farlo; dagli eventi che ci circondavano più presumibilmente, che dalle mie lusinghiere parole, anche se quelle di certo l’hanno smossa a prendere una decisione definitiva. – sorrise amaramente – Robert non è mai riuscito a comprenderla appieno, neppure ha scorto alla lontana l’acciaio che lei celava nel suo essere. – Dany continuò ad osservare le nuvole nel cielo e scosse la testa.
-Non ha comunque senso… Se ti avesse amato davvero non ti avrebbe mai obbligato a lasciare la tua famiglia, il tuo ruolo di marito e di padre. O i tuoi obblighi in quanto principe. – protestò ancora.
-Fu mia la scelta, non sua. – puntualizzò – Ti è difficile comprendere quello che sto dicendo, vero? Capiresti, se solo l’avessi conosciuta… – abbassò lo sguardo verso il pavimento. Capirei se fosse stata la scelta più giusta, ma a quanto pare non lo è stata… anche lei si voltò a guardarlo e trattenne il fiato per quanto era bello, con la tunica scarlatta lunga fino al ginocchio, le maniche in pelle nere come le braghe e i lunghi capelli sciolti che si riversavano fino alla vita. Molto probabilmente però riesco a comprendere le ragioni che l’hanno spinta a scegliere te, invece che l’Usurpatore. Riflettè rammentando le fattezze di Gendry.
-Ciò che non afferro… dato la persona che sei, e che credo tu sia stato anche prima, perché poi hai scelto di scappare con lei? Se davvero Lyanna era questa donna onesta e per niente arrivista come la dipingi, perché ti ha allontanato da tua moglie e dai tuoi figli? –
-Difatti non me lo ha mai imposto. – non seppe dire se lo avesse solo sognato oppure se Rhaegar avesse davvero pronunciato quelle parole, talmente furono basse e mormorate – Era pronta a lasciarmi… anzi a dir la verità lo ha fatto, affinché io non commettessi un gesto così disonorevole. Ma quando gli feci presente quali erano le mie volontà, ha compreso che quella decisione non fosse interamente negativa. Per quanto avrei privato Elia momentaneamente di un marito ufficiale, lei sarebbe poi stata libera di avere ciò che il suo cuore aveva scelto. E per quanto avessi negato ai nostri figli la legittimazione, non avrei mai tolto loro nulla; sarebbero rimasti col titolo di principi quali erano in qualunque caso. – Dany corrugò la fronte. Non aveva senso ciò che lui le stava dicendo, non interamente almeno. Se avesse ripudiato la principessa dorniana avrebbe pure disconosciuto i loro figli, e questo sarebbe andato solo a vantaggio della lady del nord. Era forse per questo che le serpi dorniane continuavano a additarlo come un voltagabbana? Decise però di cambiare argomento prima che suo fratello tornasse a chiudersi in se stesso, già sembrava troppo provato da quel discorso.
-Perché allora… affidare a quel ragazzo l’incarico di costruirti un’armatura? – scrutò nei suoi occhi la verità.
-Ho distinto nel suo sguardo l’onestà e l’umiltà: cose che in Robert non ho mai intravisto. – Rhaegar lasciò quell’insenatura tra le pareti per tornare a raggiungerla, Dany si stava già preparando ad accoglierlo a braccia aperte, ma lo vide fermarsi prima di uscire nella terrazza. Nessuno doveva vederlo senza maschera e lui era molto cauto in questo genere di cose. – Come tu mi hai insegnato, non possiamo incolpare i figli degli atti commessi dai loro padri. – Dany sapeva che si stava riferendo a Tyrion, ma indubbiamente capì che stava parlando anche di loro stessi. Aerys II Targaryen era stato un pessimo marito, un pessimo padre e un pessimo uomo, e un re da dimenticare. Non per niente era ricordato come il Re Folle. Ma questo non voleva dire che anche i suoi figli dovessero essere come lui. Da quando era sbarcata a Westeros non c’era uomo o donna che ne avesse parlato bene, cosa diversa invece quando nel discorso entrava in gioco Rhaegar. Vi erano ancora tanti suoi sostenitori, e questi vedevano in lei la stessa speranza che lui aveva acceso. Daenerys non si sentiva figlia del Re Folle, e ora che aveva suo fratello maggiore al fianco, era certa che quella linea di sangue si fosse estinta con la morte di Viserys. In qualche modo due figli su tre avevano mantenuto la lucidità mentale adatta per regnare.
-Sei quindi soddisfatta, sorellina? – le domandò, facendole cenno di avvinarsi a lui – Credi dunque di aver appreso qualcosa in più su di me? – Dany si lasciò attirare dai suoi occhi magnetici e si ritrovò a stringerlo tra le sue braccia ancora prima di sentire le sue mani calde accarezzarle i capelli.
-Sono felice di averti qui al mio fianco… - staccò il volto dal suo petto e si asciugò una lacrima di felicità – Saremmo dovuti crescere tutti qui. Nostra madre, Viserys, io, tu… i tuoi figli. – sorrise felice all’idea di quell’ipotesi.
-A proposito di figli… - disse Rhaegar prendendole i polsi per sciogliere definitivamente quell’abbraccio – Non ho visto da nessuna parte il giovane Griff. In che ala del castello lo hai fatto alloggiare? – Dany restò a fissarlo imbambolata per alcuni secondi, poi prese parola.
-Non è qui nel Fortino di Maegor se è questo che vuoi sapere. – precisò sospettosa per quel suo bizzarro interessamento.
-Hai provveduto a dargli degli appartamenti privati fuori dalle mura? – lo vide piegare il volto da una parte per cambiare angolazione di veduta – Hai fatto bene, tuttavia pensavo diffidassi di Dorne abbastanza, per non permettere ad alcun lealista Martell di incontrarlo senza che tu ne venga a conoscenza. Entrambi sappiamo che Ellaria è tra i tuoi consiglieri quasi come un tempo si affidava un protetto ad un lord di un altro regno… –
-Tranquillo, so perfettamente che Ellaria Sand è come una serpe nella tana di un coniglio, ma non permetto a nessuno di prendermi in giro per due volte consecutive! Ad ogni modo sappi che non ho mai permesso al giovane Griff di lasciare la Fortezza Rossa. – dichiarò ostinata – Ha provato a prendermi la corona, non mi interessa se le sue intenzioni fossero buone o che fosse stato manipolato da Varys o dai Martell. Un traditore della corona, va punito. – Rhaegar si irritò all’improvviso, scostandosi da lei in modo brusco e tenendola stretta per le spalle.
-Cosa gli hai fatto? – la sua voce divenne sottile come una lama, gli occhi erano fissi nei suoi.
-E’ solo prigioniero nelle celle dei sotterranei. – asserì – Fintanto che non ho un maestro delle leggi, Tyrion mi ha vietato di fare giustizia da me, dice che avrei inasprito i rapporti con Dorne e le Terre della Tempesta e in questo momento non possiamo fronteggiare quelli che sono tra i nostri alleati più stretti. –
-Dove lo hai messo? – sbraitò scandendo bene le parole come se non avesse compreso. Fiamme saettanti nei suoi occhi – Che lo Sconosciuto sedi la mia furia! – Rhaegar tornò sui suoi passi riprendendo il soprabito che aveva appoggiato alla sedia – Ho fatto male ad andarmene, credendo che avessi tutto sotto controllo! Pensavo fossi più giudiziosa! Ringrazio i Sette, che almeno tu abbia ascoltato i buoni consigli del tuo primo cavaliere, a differenza di Darys che non ascoltava nessuno, se non forse le voci che sentiva nella testa! – era fuori di sé.
-Come osi? – si sentì ferita nell’orgoglio. Suo fratello si bloccò sulla porta e tornò verso di lei.
-Come oso? – le ripetè infastidito.
-Perché tanta pena per uno spergiuro? – sostenne il suo sguardo senza paura.
-Non chiamarlo in quel modo… - nei suoi occhi saettò una luce tenebrosa che mai gli aveva veduto – Ho fatto una promessa… suo padre aveva fiducia in me… e io l’ho deluso già una volta. –
-Parli… di Jon Connington? – Dany restò inalterata per alcuni istanti, prima di accorgersi che Rhaegar aveva voltato il capo da una parte. Si avvicinò a lui e con calma gli appoggiò le mani sul petto – So che hai giurato al tuo amico di tenerlo al sicuro e di averne cura… Ma sei partito e lo hai lasciato privo di ogni protezione. La mia incoronazione mi ha costretta a incarcerarlo, se non volevo una sommossa dei miei alleati, che già volevano scoprire cosa fosse davvero accaduto in quella sala. Ho fatto promettere ai presenti di non far mai parola a nessuno della tua vera identità… non so perché, ma questo è bastato perché Ellaria e le serpi mi dessero retta, seppur abbiano una bassa stima di te. – vide Rhaegar voltarsi verso di lei e guardarla fissa negli occhi – Ma ho temuto che volessero riprovarci, o peggio ancora ucciderlo, dato che non gli serviva più. Così ho ritenuto opportuno farlo scortare in un posto più sicuro. Non è un alloggio confortante, questo è vero, ma come potevo dargli degli agi, dopo che mi aveva quasi privato di ciò che mi spetta? Temevo per la ritorsione dei Martell, cosa che invece non è mai avvenuta, ma Tyrion mi ha avvisata che ucciderlo, lo avrebbe reso un martire per la causa. Quindi dovevo tenerlo in vita, così che nessuno potesse mai rivendicare la sua morte. Mi ha pure consigliato di fare molta attenzione con le  serpi Martell, sono subdoli e spietati. –
-Solo quando attaccati, minacciati o senza alternative. – precisò Rhaegar.
-Li difendi, ora? – storse le labbra in una smorfia amara.
-Leggo nelle loro azioni le vere motivazioni, forse meglio di quanto comprenda le tue. – Dany rincarò il colpo.
-È sorvegliato dai miei immacolati. Nessuno ha libero accesso alle segrete, senza che io lo venga prima a sapere. Ser Barristan, Verme Grigio e Tyrion Lannister sono gli unici che possono scendere nelle segrete… Tyrion in realtà va lì per suo fratello Jaime, ma parla spesso anche con Griff. È stato lui a tenermi costantemente al corrente sulla sua salute e delle sue esigenze. –
-Devo assolutamente vederlo. – disse suo fratello prendendo la maschera e assicurandosela dietro la nuca. Dany osservò il sole in cielo, pronto per la sua discesa serale. Le luci del giorno si stavano tinteggiando di arancio.
-Tyrion dovrebbe scendere tra non molto… porta loro i pasti e fa compagnia ad entrambi i prigionieri ogni sera. – gli rivelò accondiscendente.
-Quest’oggi darai il consenso anche a me di scendere assieme a lui. – le ordinò serio. Seppur avesse già addosso la maschera, Dany era praticamente certa di poter vedere l’espressione del suo viso essersi fatta più marcata. Riluttante, annuì col capo, non aveva alcuna voglia di arrabbiarsi con lui, dato che era tornato da non meno di ventiquattro ore – E mi darai libero arbitrio per ogni cosa che lo riguarda da ora in avanti. – non attese nemmeno un secondo la sua risposta e sparì oltre l’uscio, lasciandola completamente sola coi suoi dubbi.
 
 
 
 
 
Tyrion non si aspettava certo di incontrarlo lì, di fronte alle scale che scendevano nei sotterranei. La sua espressione fu di stupore in un primo istante, seguito da un cauto concerno.
-Mio principe...? – si rivolse a lui facendo un leggero inchino su quelle gambette. Dietro di lui tre immacolati, due soli muniti di lancia, uno invece portava un vassoio con il pasto e due caraffe di vino.
-Quest’oggi scenderò con te per incontrare i prigionieri. – lo informò serio.
-La regina ne è a conoscenza? – si volle informare, ma aveva sbagliato i suoi conti.
-Zaldrīzes buzdari iksos daor. – disse in un rantolo feroce, la sua voce riecheggiò nell’androne. Rhaegar ebbe la certezza che Tyrion avesse capito bene il suo idioma, esattamente come i tre uomini con lui, ma volle ugualmente tradurlo – Un drago non ha padroni. –
-Bene… – rispose incerto e guardingo, studiandolo dal basso – Allora non attardiamoci oltre. Avranno fame. – e gli fece strada.
Le tre guardie stettero dietro di loro a distanza di cinque passi, questo permise a Tyrion di continuare a parlargli, mantenendo un tono di voce adeguatamente basso.
-Non è stato opportuno da parte mia domandarvi se vostra sorella vi avesse dato il suo consenso. Di certo io non ho la facoltà per disapprovare un vostro ordine, né tre guardie possono molto di fronte al vostro braccio armato – sorrise tranquillo, quasi non fosse accaduto niente precedentemente – Vi ho visto durante la battaglia nella Sala del Trono, per un attimo ho creduto che il Guerriero vi avesse ispirato la sua forza proprio come la diede nelle braccia dei quarantaquattro possenti figli di Hugor della Collina. –
-Non amo questo vostro tergiversare. Dove volete arrivare, Lord Tyrion? – lo interruppe. Non amava le chiacchiere quando non servivano.
-Sembra abbiate appreso il leggendario addestramento di uno spadaccino provetto… dove avete imparato una simile tecnica? Mio fratello Jaime ricorda di aver visto solo pochi cavalieri combattere in quel modo, ma oramai sono passati tutti a miglior vita. –
-Ho vissuto quattordici anni tra le Città Libere, e sono stato iniziato all’arte delle spade da Ser Willem Darry. Era maestro d’armi ad Approdo del Re, durante il regno di mio padre, fu lui ad insegnare anche a mio fratello maggiore come impugnare una spada. A Braavos non c’erano poi molti passatempi, per cui, quando mia sorella dormiva, gli chiedevo di allenarmi. – era facile mentire, inventando un’ipotetica vita oltre il Mare Stretto, sapendo ogni singolo movimento dei suoi fratelli appreso da Dany durante i primi giorni a Giardini dell’Acqua.
-A ovest non era giunta la notizia che foste così abile… e nemmeno a est se è per questo. Ho viaggiato anch’io, ma nessuno ricorda la vostra baldanza.  – Tyrion lo guardò in tralice prendendo a scendere per una rampa di scale – E pensare che Robert aveva timore del figlio che vostra sorella portava in grembo. So che Ned Stark gli lanciò dietro un contrassegno da primo cavaliere proprio come questo – si indicò il simbolo sulla spalla – Quando il re gli ordinò di mandare un sicario per ucciderla, Lord Stark si rifiutò di eseguire il suo volere. – fece una pausa ad effetto – Quell’uomo è sempre stato fin troppo giusto e onorevole… Ho quasi paura di chiedere chi davvero abbia provveduto a far fuori quell’assassino che Varys aveva pagato a Essos. – Rhaegar non parlò e Tyrion non chiese altro.
Continuarono a percorrere lunghi corridoi desolati e pieni di fetido odore di escrementi di ratto e muffa. Nei piani più inferiori si trovavano le segrete. La sabbia sotto i loro stivali era morbida e fredda, ovattava il rumore del loro cammino, ma erano le ombre dei fuochi delle torce a svelare la loro presenza. Esse proiettavano nei muri svariate figure danzanti che annunciavano con giochi di luci ed ombre che vi era qualcuno. Ad ogni bivio incontravano uno o due immacolati, posti alla sorveglianza degli altri prigionieri. I due reclusi che interessavano loro, erano stati collocati in celle gemelle separate da uno spesso divisorio di mattoni. La formazione del muro frontale però era a forma semicircolare così da permettere ad entrambi se lo desideravano di potersi guardare in faccia nella parte più estrema. In ambedue le celle vi era una piccola finestra con le sbarre, per far convertire quell’olezzo putrido di umidità, sangue e sudore in aria più fresca a salutare… per quanto la capitale lo permettesse.
Jaime Lannister era sulla sinistra. Disteso per terra in uno stato di apparente semi-incoscienza. Gli abiti logori e sporchi. Una coperta di lana grezza bruna lo copriva solo in parte. Il moncherino esposto all’infuori di essa. Alcuni ratti gli zampettavano attorno, in attesa di poter cominciare il banchetto. Tyrion fece illuminare meglio la fine del corridoio, accendendo una candela da passeggio e ordinando ad un immacolato di accendere anche altre tre torce. L’immacolato con il vassoio, si fermò prima, appoggiandolo su un tavolo posto sulla parete sud, ricolmo di alcuni oggetti appartenuti ai due detenuti.
Rhaegar riconobbe la mano d’oro di Jaime, la sua spada con le teste di leone sul pomello e l’impugnatura decorata in oro, legno di ciliegio e cuoio rosso, mentre il fodero era tempestato di rubini. Era tutto messo perfettamente in ordine, dedusse che fosse stato Tyrion a lasciargli quegli oggetti in bella mostra, come a rammentargli che quella reclusione non fosse definitiva. Scorse anche altri effetti, questa volta appartenenti al secondo prigioniero. Una cintola di cuoio con tutti i suoi pugnali ancora infoderati, dei guanti di pelle rossa, una pettorina con lo stemma del drago rosso tricefalo con tre enormi strappi come un avesse avuto uno scontro con una belva feroce. Rhaegar si era avvicinato ad ogni oggetto, facendoci passare le lunghe dita affusolate, sfiorando l’acciaio e le pelli senza prestare vero interesse a nulla, i pensieri persi in un lontano passato che sembrava riversarsi nel dubbio presente. Solo quando venne attirato da una scatolina di cuoio chiaro, mostrò una più tenace presa. I suoi occhi caddero su di essa come catturati. La sollevò, prendendola tra le mani e l’aprì. Ai suoi occhi apparve una sottile collana dorata ed un ciondolo nel fondo. Con l’indice e il pollice prese un’estremità della cordicella e la sollevò rivelando così tutto il suo contenuto. Il pendaglio aveva la forma di un astro splendente del cielo, che ben conosceva avendoci convissuto al fianco per i più bei anni della sua vita. Al centro una sottile filigrana argentata e sul bordo dell’oro per delinearne meglio il perimetro; una piccola incisione abbozzava la chiusura di un meccanismo segreto. Sorrise nel riconoscere quel monile, non aveva bisogno d’altro. Con un leggero movimento del polso riprese in mano anche la catenella, serrando il pugno fieramente, ghermito da una nuova e forte presa di coscienza, prima di voltarsi finalmente verso la cella che davvero gli interessava.
Con la coda dell’occhio notò che Tyrion stava apprestandosi a nutrire e ripulire suo fratello. Ebbe solo uno sguardo fugace verso Jaime Lannister che un tempo faceva parte delle Guardie Reali di suo padre e aveva però da sempre avuto una predilezione per lui. Ora non era nemmeno l’ombra dell’epico leone bianco che era stato un tempo e che con ogni probabilità sarebbe divenuto ancora più leggendario… Devo ancora decidere come comportarmi con te… ci penserò. Ora ho di nuovo tempo. Si obbligò a spostare la sua attenzione verso il motivo che lo voleva lì in quel momento.
Il ragazzo stava seduto per terra, le ginocchia sollevate, le braccia appoggiate su di esse e la testa ciondoloni nascosta in quella intima alcova. Viserys si posizionò di fronte le sbarre, facendo attenzione a non fare alcun rumore, restando fermo, a fissarlo. Gli abiti erano puliti, a differenza di quelli di Jamie, la sua pelle era candida e lucente alla luce della falce di luna crescente. I capelli biondi tra un dorato e un argento erano completamente sciolti. Li teneva di una lunghezza limitata, non gli raggiungevano le spalle. Solo la frangia era appena più lunga, ma non da arrivargli agli occhi per non intralciarlo nei duelli. Rammentò che li aveva più corti a Dorne, ma evidentemente non li doveva aver più tagliati… magari sotto consiglio di qualche dolce fanciulla. Sorrise tra sé e sé. Per un attimo gli sembrò di vedere un leggero movimento, come se avesse sospirato. Le ciocche sulla frangia si erano spostate, ma di poco, dividendosi appena tra loro. Da quella movenza poteva constatare che la loro consistenza fosse molto più robusta della sua o di quella di Daenerys. Un Targaryen aveva sempre i capelli vellutati e sottili… era una cosa che aveva letto quando era ancora un bambino e solo ora gli era tornato alla mente. Riosservò il ragazzo: le braccia erano forti e muscolose, ma non eccessivamente, seppur fosse chiaro che con quel fisico potesse ambire anche a perfezionarsi ulteriormente.
Fu un lampo inaspettato. Dove prima c’era una chioma bionda, improvvisamente Rhaegar poté incontrare ancora il suo volto, di una bellezza indescrivibile, con caratteristiche tipiche dei tratti riconducibili anche ai Targaryen. Una rada barba chiara gli stava crescendo sulle guance e sul mento, lasciandosi alle spalle ciò che era stato un fanciullo e dando libero spazio all’uomo che sarebbe invece diventato. Il naso affilato e gli zigomi larghi. Le sopracciglia leggermente più scure dei capelli, erano accigliate, proprio come gli occhi. Due perle di un viola scuro, ma di qualche tonalità più chiara della propria. Ciò che prima era astio, si trasformò in stupore e smarrimento, mettendolo a fuoco e riconoscendolo. Rhaegar non seppe cosa stava passando per la testa di quel giovane, sembrava certo che fosse qualcun altro. Rimasero a fissarsi per un lungo momento. Dopo averlo esaminato attentamente, il principe decise di farsi avanti. Aprì le dita e lasciò che il ciondolo della collana penzolasse appena sotto la sua mano. Il giovane sbarrò gli occhi riconoscendo la sua collana. Si mosse agile e scattante, arrivando alle sbarre e serrando tra le sue dita il monile prezioso. Non disse nulla. Rhaegar sentì solo il suo respiro farsi affannoso, e fu certo che non fosse per il movimento appena effettuato, bensì per un tormento che lo stava divorando da dentro. Teneva lo sguardo basso, la fronte appoggiata ad una sbarra di ferro, come se non avesse il coraggio di alzarlo. Rhaegar arricciò gli angoli delle labbra.
-Questo d’ora in avanti lo terrai sempre accanto al tuo cuore. – gli disse in un sussurro dolce. Ne seguì qualche secondo di silenzio.
-L’ho sempre portata con me. – convenne lui con voce bassa e nervosa, quasi se ne vergognasse – Ma me ne avevano privato il giorno in cui sono stato rinchiuso qui. – borbottò contrariato.
-Mi rammarico molto per questa separazione forzata. Avrei dovuto immaginare che un mio allontanamento, ti avrebbe potuto mettere in difficoltà. – si scusò allora.
-Voi non avete alcun debito nei miei confronti. – ribadì il giovane – Io invece vi sono grato… per avermi concesso salva la vita, principe… –
-Sono abituato a mantenere le mie promesse. – ribatté calmo, ma veloce, sovrapponendosi alla sua voce. Poi si avvicinò ancor di più all’inferriata, raggiungendo il suo orecchio – Ti invito a non rivelare la mia vera identità al momento. Coloro che sono oltre quel muro non devono sapere. – gli sussurrò piano. Il ragazzo fece solo un cenno di assenso col capo. Rhaegar allora alzò una mano e gli accarezzò la nuca, affondando le dita tra i suoi capelli spessi. Il giovane ebbe un leggero sussulto a quel gesto e sollevò la testa a guardarlo in volto con fare circospetto.
-Ti va di uscire di qui, ragazzo? – gli propose. L’altro continuava a fissarlo, studiando ogni lineamento della maschera nella speranza di poter interpretare la sua vera espressione.
-Voi… non avete intenzione di usarmi come vostra sorella… - tentennò per un istante – Vero? – la sua voce tremava appena, ma nei suoi occhi una chiara risolutezza e riluttanza.
-Perché? Come ti usa mia sorella? – non era certo di aver capito bene, eppure un leggero sentore gli era parso di capire dal fugace sguardo scettico del giovane. Dany non gli aveva accennato nulla al riguardo, ma ora che ci pensava effettivamente era davvero strano che un prigioniero fosse così pulito e profumato.
Il ragazzo questa volta alzò la schiena e lo guardò dalla sua stessa altezza. Aveva serrato le labbra e negli occhi un lieve luccichio.
-Me lo dirai in altra sede. Vieni con me. – disse infilando la chiave nella serratura e facendola scattare, aprì l’inferriata solo per metà e poi parlò di nuovo – Risiederai nelle stanze adiacenti alle mie, avremmo una porta privata che ci permetterà di comunicare senza nemmeno dover uscire. – gli comunicò severo, poi aprì di più l’uscio e alzò la voce affinchè anche Tyrion potesse sentire il suo decreto – Ti ho fatto preparare un alloggio nel mio stesso piano. Avrai ogni confort e ogni tua necessità verrà esaudita, a patto che tu non avvezzi a desiderare masserizie che non ti appartengono. – ammiccò nella sua direzione, ma si accorse solo in quel momento che il giovane ancora non si era mosso di lì – Dunque che fai? Non esci di lì? –
-Non comprendo… mi liberate per rendermi il vostro schiavo sessuale? – il suo turbamento era evidente e inequivocabile. Rhaegar sorrise e lo trascinò fuori prendendolo per un braccio.
-Non dire assurdità. Nessuno ti sfrutterà mai per un simile impiego sotto la mia tutela. – l’altro però non parve credergli e lo guardò scettico
-Vostra sorella è al corrente dei vostri ordini? – questa domanda sfrontata gli diede la conferma che aspettava.
-Li conoscerà, di questo puoi starne certo. – gli sorrise rincuorante – Non ti chiederò mai di dormire nelle mie stanze, puoi quindi sciogliere la tensione che ti ha assalito, ma se mai dovessi averne bisogno sappi che potrai usare la mia chaise-long. – si porse verso di lui. Il giovane corrucciò le sopracciglia indeciso e pietrificato, finché Rhaegar non gli chiuse al collo quella collana. Rimase fermo, immobile aspettando che si allontanasse e solo quando si scostò da lui, il giovane si prese il ciondolo tra le mani e lo ammirò. Con un movimento abituale aprì la chiusura e ne esibì il misterioso contenuto. Due ciocche di capelli intrecciate tra loro e chiuse con due nastri anch’essi allacciati assieme. I capelli provenivano da due persone distinte, dato che uno era scuro come la notte e l’altro chiaro come la prima luce solare. I fili di raso che li chiudevano alle estremità erano uno bianco e l’altro rosso. Il ragazzo si portò quel tesoro al naso e ne odorò il profumo. Rhaegar sorrise amorevole.
-Un tempo odoravano di una fragranza molto delicata… ma negli anni quel profumo si è affievolito fino a sparire. – gli spiegò affranto il giovanotto – Per me è diventata un’abitudine annusarli, anche ora che non sanno più di niente. Mi rassicura e mi infonde coraggio. – ammise. Era un bravo ragazzo, oppure gli eventi lo avevano reso più umile di quanto mai non lo fosse stato.
Rhaegar prese la cintura con i pugnali, i guanti e gli altri averi del ragazzo, lasciando però la pettorina.
-Immagino che durante il tuo soggiorno a Sunspear ti sia sentito in un ambiente famigliare allora… i gelsomini ricoprono gran parte di quei luoghi. – quegli occhi viola scuro lo fissarono increduli, come se non si aspettasse proprio quell’affermazione.
-Voi come fate a sapere…? – la sua bocca rimase aperta – Io non vi avevo detto che era quello il loro odore. –
-Diciamo… che ho tirato ad indovinare. – si voltò verso il nano ancora intento a medicare suo fratello – Lord Tyrion, porto con me il giovane. Da adesso in poi non è più un prigioniero. Assicuro io sul suo conto. –
-Come voi ordinate, mio principe. – il folletto era stranamente arrendevole, ma non era quello il momento per porsi ulteriori domande. Mise un braccio attorno alle spalle del ragazzo, ma lo sentì scostarsi quasi in imbarazzo.
-Non ho ancora accettato di seguirvi. Cosa mi può convincere del contrario? – sfacciato e irriverente, esattamente come era ovvio immaginarsi.
-Penso che ogni figlio voglia conoscere di più sulla donna che lo ha generato. E io sono colui che meglio conosceva tua madre. – concedette dopo un minuto di riflessivo silenzio. L’altro alzò entrambe le sopracciglia e spalancò la bocca.
-Mi assicurate che una volta acconsentito, non mi imporrete degli obblighi che potrebbero macchiarmi di disonore? – si impuntò inferocito – Altrimenti ritorno nella mia cella e non mi importa se perderò anche tutti gli agi che vostra sorella mi ha riservato fino ad ora, io non mi farò più usare… -
-Ti ha scioccato così tanto la sua compagnia in queste ultime settimane? – si allarmò.
-Beh, dipende dalla prospettiva. – ribattè l’altro con un sogghigno che mostrò una particolarità che scaldò il cuore a Rhaegar in un modo che mai avrebbe pensato – Temo di essere più io quello che ha scioccato lei. –
-La cosa non mi risulta nuova. E qualcosa mi dice che lei non si aspettava un simile… successo. –
-Ne è rimasta molto colpita, questo lo confesso. – ammise divertito e seccato al tempo stesso – Da quella notte mi ha perseguitato; inviandomi doni e attenzioni che non desideravo. Se era qualcosa di materiale, lo passavo a lui. – indicò la cella di Jaime col pollice – Ma quello non era mai dell’umore giusto per condividere niente. – sbuffò, seguendo Rhaegar nel corridoio.
-Non sarò come lei, ma provvederò ugualmente a prendermi cura di te, in un ambiente più consono al tuo rango, Aegon. – avevano superato il primo bivio.
-Al mio rango? – il giovane si fermò improvvisamente – Aegon?? Mi state prendendo in giro? –
-Assolutamente no. Tu resti un principe. – i suoi passi si fecero sconnessi e strascicanti – Ah, e per la cronaca: per mio volere disporrò che tutti la smettano di chiamarti ancora con quel fastidioso nomignolo. Griff farà parte del tuo passato, fatti chiamare così dai tuoi uomini, oppure dalla donne con cui ti intrattieni. Da questo momento tutti torneranno a chiamarti semplicemente Aegon Targaryen, senza conteggiare altri re del passato o eventuali altri nomignoli affibbiati per puro scherno. Questo era il nome con cui sei stato battezzato alla nascita, tuo padre mi taglierebbe la gola con la sua spada, se sapesse che ti fai chiamare Griff. – aveva serrato le labbra e aveva fatto un’espressione singolare, quando aveva detto quella frase. Fu una dolce visione che lo accompagnò e riscaldò il suo cuore e la sua anima per diversi giorni. E pensò che mai lo avrebbe dimenticato.
 
 
 
 
 
-Ti avevo fatto preparare le tue vecchie stanze esattamente come Barristan me le aveva descritte… perché allora sei qui? – gli chiese pacata, temeva di risvegliare in lui i brutti pensieri che lo avrebbero avvolto nuovamente in quella drammatica malinconia. Si avvicinò a suo fratello, conscia che le sue preoccupazioni fossero reali, e gli accarezzò una guancia. – Hai pure il tuo nuovo pupillo… - sorrise tristemente – Quali intenzioni hai su di lui? – Rhaegar serrò la mascella e la guardò severo, ma non le rispose. Si era inoltrato nel castello a lungo quel giorno, con Aegon sempre alle costole. Lei li aveva visti parlare e duellare fino a tarda sera, prima di ritirarsi nei loro alloggi per darsi una ripulita. Quando si erano poi presentati a lei, apparivano come la reincarnazione di due divinità valyriane, un’altezza imponente li accomunava, esattamente come l’eleganza e la raffinatezza nei modi, anche se il più giovane pareva a suo agio anche nelle dimostrazioni più grezze. Suo fratello le aveva imposto la presenza del giovane e l’aveva ammonita di trattarlo come un suo familiare. Ricordi quando mi dicevi che eri certa di andare promessa a mio figlio e di aver sognato mille volte di giocarci assieme? Aveva fatto una pausa ad effetto Ecco, considera Aegon l’amico d’infanzia che non hai mai avuto. Mi auguro che la tua saggezza sappia oltrepassare sulle influenze esterne che ha avuto a cui non lo si può incolpare. Quelle poche parole erano state un chiaro monito. Aegon non doveva essere toccato. Dany aveva visto lo sconcerto nel volto di Tyrion, ma non la sorpresa. Lo sa già. Concluse riflessiva.
A cena Aegon aveva mangiato con compostezza senza mai farsi mancare nulla sul piatto, come se volesse riottenere in breve le forze perse… Dany aveva avuto l’ardire di chiedersi mentalmente se le avrebbe sfruttate durante la notte e chi sarebbe stata la benefattrice di cotanta prestanza, ma non aveva osato riportare i suoi pensieri a voce alta per non turbare suo fratello. Rhaegar infatti pareva scosso, quasi non aveva toccato cibo. Si era limitato a fare a pezzetti un panino all’uvetta e a metterne in bocca appena qualche boccone. Non sembrava avere appetito… a dire il vero non sembrava nemmeno essere presente a quella tavola. Anche Aegon se n’era accorto, ma non aveva provato a smuoverlo, probabilmente intuendo quali fossero le sue angosce e che sarebbe stato quindi tutto inutile. Parevano entrambi scossi, ma ognuno per un suo motivo, o forse per lo stesso, ma reagivano in modo opposto.
-Non ti chiederò di suonarmi qualcosa stasera. – lo fissava in quegli occhi a tratti fuggenti, nelle sue stanze intanto si stava diffondendo l’aroma di spezie esotiche che Missandei aveva precedentemente acceso, prima di congedarsi dopo l’arrivo di suo fratello – So che per te non è il luogo, né il momento adatto. – smise di parlare anche lei, con quegli occhi malinconici non si poteva trovare altro da dire. Lo abbracciò stretto, quasi nella speranza che percepisse quanto lei lo amava. Sentì sulla guancia il battito del suo cuore, calmo, rassicurante. Anche lui la strinse a sé. Le labbra perfette di suo fratello non si mossero però.
-Se ti va puoi restare qui con me stanotte. – gli disse timidamente, aveva cominciato a capire che il problema più grosso da affrontare per lui erano le notti… la sua stanza… il suo letto… il fantasma di Rhaenys lo tormentava. Non serviva che Barristan glielo dicesse, certe cose le si capivano da sé, e lei stessa era stata un genitore che aveva perso un compagno e un figlio, proprio come era avvenuto per suo fratello. Rhaegar ne soffriva ancora proprio perché aveva visto la sua bambina crescere durante i primi anni di vita. Era quindi più difficile staccarsi da quel ricordo, da quei rimorsi, a differenza sua che Rhaego lo aveva visto vivo solo in sogno.
-Dany… non credo sia una buona idea… - ammise lui con voce roca e tetra, come se provenisse da una caverna lontana – Non siamo dei bambini, ma un uomo e una donna. –
-Siamo fratelli. – rispose lei caparbia – Non ti sto chiedendo di rimanere come mio amante! – il suo tono era diventato più autoritario, ma non definitivo – O devo sospettare che in realtà ci sia dell’attrazione nei miei confronti? –
-Solo affetto fraterno. – la rassicurò, accarezzandole il capo.
-Quindi anche gelosia fraterna? – scherzò lei – È per questo che hai allontanato dai miei artigli il mio amante prediletto? – gli sorrise, nella speranza di vedere il suo volto rasserenarsi.
-Aegon non è una bambola da spupazzare… -
-Oh, no, infatti… direi piuttosto che io mi sono sentita molto più bambola tra le sue braccia, che lui tra le mie gam… - suo fratello le tappò la bocca velocemente.
-Assolvimi da altre solerti precisazioni, jehikarys zaldrizes. – riuscì a strappargli un sorriso.
Quella visione paradisiaca fu una beatitudine per i suoi occhi. Si mise in punta dei piedi  e gli strinse le braccia al collo, per baciargli entrambi gli occhi in lacrime. Lui rimase statico nella sua austera posizione eretta, si limitò unicamente a sorreggerla per i fianchi. Solo quando decise che ne aveva a sufficienza di effusioni, la fece scendere. Lei si avvinghiò ad un suo braccio, non accettava ancora l’idea di lasciarlo andare, così indietreggiando, lo invitò a seguirla, conducendolo verso il letto.
-So che prediligi le more nel tuo letto… - si mosse flessuosa – Lo stesso vale per me, anche se ho fatto uno strappo alla regola col tuo bel pupillo biondo. – gli mostrò una linguaccia dispettosa – Ad ogni modo questa notte voglio non voglio che tu torni nelle tue stanze. Desidero dormire con te, Lekia, e chiariamoci, non parlo di consumare un amplesso, parlo di averti al mio fianco quando arriverà l’ora di dormire, di mettere la testa sul tuo petto e mentre siamo lì abbracciati, mi piacerebbe che ci raccontassimo dei nostri sogni. – sospirò speranzosa.
Lui si lasciò condurre e si sedettero sul bordo del letto. Poi Dany entrò sotto le coperte e prendendolo ancora per quel braccio, lo tirò a sé. Rhaegar mansueto e bisognoso di affetto, si sedette con la schiena sulla testata del letto, rimanendo sopra le lenzuola. Lei si accoccolò sul suo torace, proprio come aveva detto e giocò con un laccetto della sua camicia, sentendo ben preso la stanchezza pervaderla. Ma dopo tanto tempo riusciva a chiudere gli occhi nella convinzione di essere a casa, porta rossa o meno.
 
 
 
 
 
Rhaegar le accarezzò i capelli e le spalle, e le raccontò fiabe di draghi splendenti e di stelle di fuoco. La sentì abbandonarsi lentamente alla spossatezza, ma quella notte fu lunga per lui. Una fiaba gli venne alla memoria, e sentì la voce di una donna ripresentarsi alle sue orecchie. Rimembrò i lunghi capelli neri e quegli occhi nocciola, ed il suo scialle dorato sulle spalle. Seduta sul letto di sua figlia Rhaenys, cominciava a narrare la fiaba della sera, con una calma amabile e confortante. E le immagini si confondevano nella nebbia ripercorrendo le scene della storia, dove una cometa alla deriva veniva salvata da un drago splendente. Aveva amato quella favola, ed ora, mentre teneva tra le braccia il suo raggio di sole, ripensò al calore dell’abbraccio di muna… Malgrado ciò le tenebre continuavano a velare i suoi occhi inesorabilmente.
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
 
Ed ecco un altro capitolo sul passato di Rhaegar e Daenerys. Ci troviamo ancora a King’s Landing a poche ore dal concilio ristretto a cui aveva assistito Viserys per la prima volta e dove aveva incontrato Gendry, ovviamente i suoi sensi lo portano verso una strada e ne parla con la sorella. Non c’è ancora un vero e proprio confronto fra il principe e il figlio bastardo del suo assassino perché il ragazzo ancora non sa che lui è quell’uomo, ma lo crede il fratello. Ma non vi preoccupate avverrà prima o poi che si parlino… Viserys deve solo levare quella maschera, ma come sappiamo nel presente ancora non lo ha fatto.
 
Abbiamo poi un confronto invece tra Viserys e Tyrion, dove i due cominciano a parlare ma se notate c’è da ambedue le parti della ristrettezza. Il folletto sonda il terreno e il principe è ancora più cauto: si sta preparando una certa situazione tra loro perché come sapete ancora nel presente Tyrion appare estraneo alla vera identità del principe. Ho voluto renderlo così perché seppur egli sia il primo cavaliere di Dany, Rhaegar non penso che si possa fidare ciecamente del figlio dell’uomo che li ha traditi. Esattamente come è scettico per Jaime, è restio a concedere tutti i suoi segreti a Tyrion.
 
E nel finale una sorpresa. Va a prendere il giovane Aegon, ridandogli titolo e nome (a lui se ricordate ha scelto di mostrare il volto). Che motivazione ci sarà dietro? E Dany cosa ne penserà a lungo andare? Ora come ora non è sembrata avere alcuna contrarierà… anzi, ma le cose potrebbero cambiare nel futuro!
   
 
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