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Autore: bik90    05/09/2018    3 recensioni
-Le migliori amiche non fanno sesso!-
Clarke si passò una mano tra i capelli abbassando lo sguardo.
-E' complicato- rispose semplicemente.
-Complicato?- ripeté Sofia.
L'altra non rispose e la ragazza sbuffò allontanandosi da lei. Clarke, allora, le afferrò il braccio per fermarla.
-A te cosa importa di quello che faccio con Diana?- le soffiò a pochi centimetri dalle labbra.
Sofia deglutì a vuoto prima di trovare la forza di divincolarsi dalla sua presa.
-Perché mi piaci, idiota!-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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L’angolo di Bik
Ed eccoci, in ritardo, col nuovo capitolo. In compenso posso dire di aver pubblicato altro, quindi non siete stati proprio a digiuno! In questo capitolo torna piccola Clarke, lo so che vi era mancata, era mancata anche a me XD
Come già detto precedentemente, rinnovo l’invito per il Narni Festival che è a ingresso gratuito. Ci sarò io per tutta la giornata, il mio disegnatore e, ovviamente, il nostro il primo fumetto insieme. Non siate timidi, basto io per questo XD
Vi aspetto sabato, io sicuramente arriverò dopo le 10!
F.
 
Adele e Philip erano sempre andati d’accordo perché la forza del loro matrimonio era il dialogo. Per questo, quando si decisero ad adottare un cane, alle spalle c’era stato un lungo dibattito su come gestire un nuovo membro della famiglia. Era maggio e a settembre Clarke avrebbe frequentato la prima media. Ormai la bambina padroneggiava sempre meglio la lingua tanto da parlare fluidamente l’italiano. Ogni tanto aveva dei dubbi che, però, prontamente Adele risolveva. Ma non era questo ciò che preoccupava i genitori. Entrambi, conoscendo il passato di Clarke e avendo visto come si era sempre rapportata con gli altri bambini dell’istituto, temevano che potesse avere una reazione esagerata a qualche scherno di uno dei suoi compagni. Un amico della donna, uno psicologo che lavorava con lei in ospedale, le aveva consigliato di prendere un animale domestico affinché sua figlia imparasse a prendersi cura di qualcun altro. I coniugi Melbourne ne avevano discusso e alla fine si erano decisi a rivolgersi al canile di zona. Dopo aver compilato il questionario e ricevuto la visita pre affido, quella mattina tutta la famiglia si recò al rifugio San Francesco per vedere i cuccioli in cerca di casa. Adele aveva conversato a lungo con Gabriella, la responsabile del rifugio, trovandosi pienamente d’accordo con l’iter da seguire e l’importanza della sterilizzazione. Parcheggiarono fuori il cancello e bussarono. Clarke guardò i suoi genitori che le sorrisero rassicuranti.
<< Davvero possiamo scegliere un cane? >>.
<< Davvero >> rispose Philip poggiandole una mano sulla spalla << Daremo una casa a un cucciolo bisognoso. Dovrai solo sceglierlo >>.
Quando il cancello si aprì, i tre furono investiti dall’abbaiare continuo e dal vociare dei volontari che portavano a spasso i cani. Ce n’erano così tanti che si affacciavano tra le grate o le sbarre che a Clarke mancò il fiato. Come si poteva sceglierne uno solo? Guardò i suoi genitori e pensò a quando, a Sidney, avessero scelto proprio lei tra tanti orfani.
<< Buongiorno, voi dovete essere i coniugi Melbourne >> disse una donna avanzando verso di loro con mano tesa << Io sono Gabriella, abbiamo parlato al telefono >> sorrise mentre salutava << Prego, da questa parte >>.
Seguirono Gabriella attraverso le file dei box stupiti da come ricordasse ogni singolo dettaglio su ogni cane di cui i volontari chiedevano informazioni strada facendo. Alla fine arrivarono davanti a un box più grande degli altri sulle cui grate provavano ad arrampicarsi una decina di cuccioli, tutti con l’obiettivo di ricevere attenzioni.
<< Guarda, Clarke! >> esclamò Adele chinandosi per accarezzare quello più vicino.
La bambina si limitò ad annuire mentre il suo sguardo ancora vagava sull’imponente struttura e su tutti quei cani che cercavano famiglia.
<< Ti piacciono, Clarke? >> le chiese Gabriella << Loro sono arrivati la settimana scorsa, li ha trovati una volontaria in aperta campagna. Probabilmente sono stati abbandonati lì col chiaro scopo che morissero. Sono otto fratellini, tre maschi e cinque femmine. Quelle due più chiare, invece >> disse indicando due cucciole completamente bianche << Sono le ultime di un’altra cucciolata e avranno un paio di settimane in più rispetto a loro >>.
Clarke li guardò. I suoi genitori li stavano accarezzando completamente rapiti dalla loro dolcezza mentre lei sentì una specie di disagio strisciare dentro di sé. C’era qualcosa di stonato in quella situazione. Si voltò per poter osservare gli altri box. In quello di destra c’erano due cani adulti che facevano a gara a chi abbaiava più forte per reclamare attenzioni mentre quello di sinistra era vuoto. Adele la prese per mano affinché si avvicinasse ulteriormente ai cuccioli e lei avvertì ancora più forte quel senso di sbagliato che pareva opprimerla. Chiuse gli occhi per un attimo e in quel momento avvertì una voce diversa da quella di Gabriella. Si girò e vide un uomo adulto portare al guinzaglio un boxer per farlo rientrare nel box. Il cane camminava lentamente al suo fianco, ma l’uomo, per sicurezza, stringeva saldamente sia il collare che la pettorina. Entrarono entrambi, il boxer venne liberato e l’uomo uscì molto rapidamente per poter chiacchierare con Gabriella che lo stava aspettando. Clarke non sentì cosa si dicevano, parlavano sottovoce e a lei, in quel momento, non interessava. Si avvicinò alla grata poggiando entrambe le mani. Il cane non la degnò di una sola occhiata, si stese in un angolo e rimase immobile.
<< Lui non può essere adottato, Clarke >> disse Gabriella poggiandola una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione << Almeno, non ora >>.
<< Perché? È così… triste… >>.
<< Ha subito molti maltrattamenti nei suoi due anni di vita. Lo abbiamo recuperato un mese fa da un giro clandestino di cani da combattimento e ha ancora molta strada da fare prima di poter andare a vivere con una famiglia >>.
<< Clarke, vieni qui >> disse Philip capendo la delicatezza della situazione.
<< Che cosa terribile >> si lasciò sfuggire Adele.
Gabriella annuì.
<< Purtroppo è un fenomeno ancora presente, fin troppo. Non è il primo che recuperiamo in questo stato e non sarà nemmeno l’ultimo. Gli hanno tagliato coda e orecchie in modo barbaro, forse per farlo sembrare più aggressivo. Molti di loro muoiono qui, perché nessuno li sceglie nonostante abbiano fatto anni e anni di rieducazione al centro dove siamo affiliati >>.
Clarke sgranò gli occhi.
<< Anche lui morirà qui? >>.
Gabriella le sorrise chinandosi per arrivare alla sua altezza.
<< Luthor ha ancora parecchia strada da fare, ma non pensare a lui. Oggi stiamo per regalare una famiglia a un cucciolo. Lo hai scelto? >>.
La bambina alzò gli occhi sui genitori. Luthor era il cattivo del suo supereroe preferito, non poteva di certo essere un caso.
<< Possiamo prendere Luthor? >>.
Philip gettò una veloce occhiata prima alla moglie e poi a Gabriella che scosse il capo.
<< No >> disse la donna << In un mese che è stato qui l’unico miglioramento visto è che non ringhia più all’addestratore che lo segue >>.
Quasi stesse comprendendo ciò che si diceva, Luthor alzò la testa verso di loro. E Clarke vide le cicatrici presenti sul suo viso, gli occhi spenti, l’espressione di chi non ha più niente. Era così simile a lei da farla quasi tremare. In quel momento si avvicinò un volontario con un sacco enorme di croccantini con l’intento di terminare il suo giro dei pasti. Entrò nel box del cane quasi senza guardarlo e si piegò per versargli una razione generosa di cibo nella ciotola. A quel gesto, che Luthor interpretò forse come una minaccia, il boxer iniziò a ringhiare e ad abbaiare minacciosamente rimanendo, però, sul posto. Adele afferrò immediatamente la figlia facendola arretrare di qualche passo mentre il volontario si allontanava velocemente. Gabriella lo salutò prima di tornare a rivolgersi alla famiglia Melbourne.
<< Come vi stavo dicendo, c’è ancora parecchio da fare con lui >>.
Adele e Philip cercarono di portare l’attenzione della figlia nuovamente verso i cuccioli, così allegri, dolci, privi di qualunque cattiveria, il cui unico desiderio era ricevere attenzioni, ma capirono subito che Clarke era distante da quella situazione anni luce. I suoi occhi ancora vagavano nel box di Luthor che si era placato.
<< Clarke >> mormorò Adele lasciando che un cucciolo marrone e bianco le leccasse la mano.
<< Anche io ero come Luthor >> disse improvvisamente la bambina senza guardare i genitori << Anche io non permettevo a nessuno di avvicinarsi ma voi mi avete voluta lo stesso. Voi non vi siete fermati alle urla, ai calci, ai silenzi. Mi avete salvata. Perché allora non possiamo salvare anche lui? >>.
Si voltò verso Adele e Philip con quegli occhi enormi attraverso i quali analizzava in modo maturo il mondo. La donna affiancò il marito senza sapere cosa dire. Clarke, come al solito, aveva esposto il suo pensiero in modo semplice e allo stesso tempo brillante facendo notare agli adulti la contrapposizione dei loro gesti. Philip sorrise appena mentre voltava il capo verso Luthor. Era orgoglioso della maturità che dimostrava giorno dopo giorno sua figlia sentendo che era anche un po’ merito suo e degli insegnamenti che le impartiva. Entrambi sapevano di non poter controbattere di fronte a quelle affermazioni, sarebbe stato un controsenso troppo evidente. Si chinò sulle ginocchia per poterla guardare negli occhi mentre faceva scivolare la sua mano in quella della moglie.
<< Ha detto Gabriella che sarà un percorso lungo, significa che non possiamo portarlo subito a casa >>.
Clarke annuì seriamente e con energia.
<< E tutte le domeniche dovremmo venire qui e seguire la rieducazione con lui >>.
Gli occhi della figlia lentamente iniziarono a illuminarsi.
<< E dovrai essere paziente, rispettare i suoi tempi, dargli fiducia >>.
<< Voi non avete mai mollato con me >> rispose la bambina esibendo uno dei suoi splendidi e luminosi sorrisi.
Adele strinse più forte la mano del marito. Con Clarke tutto era pura emozione, anche la semplice scelta di un cane.
<< Che ne pensi, mamma >> chiese Philip alzando gli occhi sulla moglie << Possiamo farcela? >>.
La donna guardò Gabriella leggendo nei suoi occhi una sorta di ammirazione per la maturità della figlia che la inorgoglì ancor di più.
<< Credo >> rispose << Che ci servirà una cuccia nettamente più grande >>.
Clarke e Philip scoppiarono a ridere nello stesso istante e la risata della bambina fu così genuina e piena di allegria da far sorridere anche l’altra donna.
<< In questo caso >> affermò indicando l’uscita << Credo che avremmo molto di cui parlare >>.
 
Armando Cavalieri era una persona abitudinaria. Gli piacevano la puntualità, l’ordine, la pulizia e la serietà soprattutto nel campo lavorativo. Sua moglie Viola, infatti, rispecchiava tutte queste qualità. Chiederle di uscire e anni dopo sposarsi per lui era stata la cosa più semplice del mondo. Poi era arrivato Edoardo e successivamente Sofia. La sua vita aveva sempre girato in modo ordinario, con poche scosse che lo avevano fatto traballare. Per questo quando nel suo studio dentistico sei mesi prima era entrata Manuela, con quell’allegria contagiosa e la battuta sempre pronta, si era ritrovato a ridere come non aveva mai fatto in vita sua. E questo lo aveva spinto ancor di più verso quella ragazza della stessa età di suo figlio. Quando ci pensava razionalmente, non poteva credere che proprio lui, la persona più dedita alla famiglia e al lavoro, avesse un’amante eppure in compagnia di Manuela dimenticava ogni cosa, anche di avere più del doppio dei suoi anni. Con lei si sentiva vivo come non lo era mai stato, rideva anche per le cose più stupide, cosa che non aveva mai fatto con Viola. Viola, però, era sua moglie, la madre dei suoi figli e voleva continuare il suo matrimonio perché la donna gli dava sicurezza e lo aveva sempre incoraggiato nella sua carriera spronandolo a dare il massimo. Ogni volta che infilava la chiave nella toppa del suo studio, ogni mattina che aspettava i pazienti e che prendeva un caffè con la sua segretaria, si ripeteva che avrebbe smesso con quella droga che aveva l’odore di un famoso profumo di Dior. Ma, ogni altrettanta volta che arrivava l’ora di pranzo e la sua segretaria andava via, non aveva la forza di ribellarsi a quel desiderio sempre più forte che nasceva dentro di sé. E come quasi tutte le giornate da sei mesi, mentre si toglieva il cappotto e poggiava la sua valigetta sulla scrivania, pensò con un sorriso al momento in cui gli sarebbe venuta fame.
 
<< Oddio, Clarke è troppo perfetta e tu troppo fortunata! >> esclamò Elena dopo che Sofia le ebbe raccontato dettagliatamente l’incontro della sera precedente con l’altra ragazza.
Sofia sorrise felice che le cose si fossero aggiustate. La campanella era suonata da qualche minuto ed era abbastanza sicura di vedere nel corridoio arrivare Clarke.
<< E quindi quando vi siete baciate? >>.
A quella domanda Sofia per poco non sbatté contro il banco.
<< Ssssst! >> esclamò tornando indietro << Ma sei pazza a urlare?! >>.
<< Ma non ho urlato >> rispose Elena << Ho usato il mio solito tono. Allora? >>.
<< Te l’ho detto, siamo state interrotte! >> affermò l’altra.
<< Scusa ma dopo la telefonata di tua madre non potevate continuare? Io le sarei saltata addosso! >>.
Sofia inarcò il sopracciglio e stava per risponderle se la sua attenzione non fosse stata attratta da Clarke che, mentre parlava con Lorenzo e Diego, si avvicinava. Si sorrisero nell’istante in cui i loro occhi s’incontrarono.
<< Va beh, vai >> sbottò Elena capendo che non sarebbe riuscita a ricavare altro << Lasciami pure qui a crogiolarmi nei miei dubbi! >>.
Sofia si voltò verso di lei e la baciò sulla guancia prima di allontanarsi. Alzò la mano pronta a salutare Clarke, ma il viso di Claudio le fece morire il sorriso sulle labbra.
<< Sofy! >> esclamò il ragazzo << Posso rapirti un attimo vero, rappresentante? >>.
Sofia incrociò le braccia sul petto fermandosi.
<< Dimmi Claudio >>.
<< La mia classe ha un problema visto dove l’hanno sistemata >> iniziò Claudio.
La ragazza avrebbe voluto davvero prestargli attenzione, però, più lui parlava più l’unica cosa cui riusciva a pensare era il tempo che stava scorrendo e che poteva trascorrere con Clarke. Lentamente diventò il suo unico pensiero. Alzò gli occhi oltre la spalla di Claudio e la vide appoggiata alla parete con aria contrariata. I loro sguardi si incrociarono per l’ennesima volta e Sofia espresse una muta richiesta d’aiuto. A quel segnale, la ragazza si spostò verso di loro e posò una mano minacciosamente sulla spalla di Claudio che, invece, stava continuando a parlare. Il ragazzo girò gli occhi e si interruppe.
<< Lasciala stare per cortesia >>.
Il suo tono era calmo, ma non ammetteva repliche.
<< Ma tu chi cazzo sei? >> esclamò Claudio << Ma togliti! >> aggiunse facendo un gesto con la mano.
Tornò a guardare Sofia giusto in tempo per vedere la sconosciuta che lo aveva appena importunato, afferrarle il polso per trascinarla lontano da lui.
<< Ehi! >> esclamò senza poter fare nulla se non osservare.
Clarke in tutta risposta, alzò il dito medio della mano libera.
Sofia, infatti, non si era lamentata per il gesto della ragazza limitandosi a scrollare le spalle e a fargli un leggero cenno di saluto.
<< Potevi essere un po’ più discreta >> si lamentò la più piccola non appena Clarke si fermò in un angolo delle scale antincendio.
<< Credimi, lo sono stata fin troppo >> rispose l’altra dando un altro morso al suo panino.
Sofia si sporse e fece lo stesso guadagnandosi una spallata benevola da parte di Clarke. Lentamente, poi la sua mano cercò quella di Sofia affinché le loro dita s’intrecciassero.
<< Portati la merenda! >>.
<< Scusa ma stamattina non sono riuscita a fare colazione, Elena era già arrivata ed ero in ritardissimo! >> si fermò un attimo per finire di masticare << Ma che roba ti mangi? È orrendo! >> sbottò facendo una faccia schifata.
<< Ehi, non offendere il mio panino tonno e maionese >>.
Sofia inarcò il sopracciglio.
<< Tonno e maionese, sul serio Kent? >>.
Clarke sorrise mentre dava un altro morso.
<< Buonissimo >> disse subito dopo leccandosi dalle labbra la maionese col chiaro intendo di provocarla.
La più piccola ingoiò un groppo di saliva pensando che non le sarebbe dispiaciuto per niente sapere che sapore avesse in quel momento. Subito dopo, però, scosse il capo. Doveva mantenere un contegno almeno a scuola, era la rappresentante d’istituto dopotutto.
<< Mi sorprende che tu sia così magra nonostante le schifezze che mangi >>.
Clarke si chinò sul suo orecchio.
<< Te la ricordi la regola del tre, sì? >> le sussurrò.
Sofia avvampò e dovette distogliere lo sguardo per evitare che l’imbarazzo prendesse il sopravvento. Si voltò verso il cortile sul quale davano le scale, affollato di studenti, e diede le spalle alla ragazza. Clarke ridacchiò appena di fronte a quella reazione.
<< Piuttosto >> disse cambiando argomento << Chi cavolo è questo Rodolfo che non poteva essere visto da nessuna parte con Giulia? Te lo volevo chiedere anche ieri ma poi… >> fece una pausa cercando le parole adatte << …mi è passato di mente >>.
Clarke finì il suo panino accartocciando la carta e le si mise accanto. Appoggiò i gomiti sulla ringhiera e si guardò intorno svogliatamente. Tutto ciò che voleva era perdersi ancora nel verde degli occhi di Sofia.
<< E’ il suo professore >> rispose tranquillamente << Si sono conosciuti da poco, da quando è iniziata l’università più o meno >>.
La più piccola sbatté le palpebre un paio di volte.
<< Mi stai dicendo che Giulia ha una relazione col suo professore universitario?! >> esclamò sperando di aver capito male.
Ma vedere Clarke che si stringeva nelle spalle come se fosse una cosa normale, mandò in fumo le sue speranze.
<< Sì, perché urli? >>.
<< Perché, ti sembra una cosa normale? >>.
<< Si sono solo innamorati >> mormorò Clarke confusa dal suo tono.
<< Innamorati? >> ripeté Sofia non potendo credere che l’altra non la capisse << Ma se è un professore universitario sarà un settantenne bavoso che… >>.
<< Veramente è il più giovane della facoltà di Ingegneria >>.
<< Oh, smettila di difenderli! È eticamente sbagliato stare col proprio professore di corso! >>.
<< Ma ti pare che, se Giulia avesse potuto scegliere, non avrebbe preferito uno della sua età senza dover usare tutte queste precauzioni per vedersi? >> sbottò Clarke.
Per lei era così semplice che non comprendeva come facesse Sofia a non capire.
<< Clarke, è sbagliato. Mi meraviglia che non la pensi come me >>.
<< Quindi secondo te anche io sarei sbagliata? >>.
<< Cosa stai dicendo adesso! >> esclamò la più piccola voltandosi verso di lei di scatto << Ovvio che no! Tu, poi, non c’entri niente in questa cosa. Si parlava di Giulia e del suo professore >>.
<< No, il punto della discussione è un altro >> rispose Clarke seriamente << Credi davvero di poter catalogare l’amore in un unico tipo di relazione? Perché in questo caso, anche il nostro rapporto è eticamente sbagliato >> concluse usando le sue stesse parole.
Sofia si sentì punta dalle sue parole e si domandò come facesse l’altra a far apparire sempre tutto sbagliato quello che diceva. Si schiarì la voce prima di parlare.
<< Non sto dicendo questo, lo sai. Altrimenti non staremmo qui a parlare! Che diavolo, Kent! Non puoi dirmi che è normale avere una relazione con un professore! Avrà più del doppio dei suoi anni! >>.
Inaspettatamente Clarke le si mise di fronte, poggiando le mani sulla ringhiera e immobilizzando Sofia.
<< Facciamo così >> disse guardandola negli occhi << Diciamo che non è consuetudine, okay? Ma non dire mai più che è sbagliato >>.
Si fissarono per qualche istante in silenzio in cui Sofia comprese quanta paura avesse l’altra, sotto quella corazza che mostrava con orgoglio e ostentazione, di essere giudicata negativamente. Le posò una mano sulla guancia sorridendo. Venne inghiottita immediatamente dall’azzurro delle sue iridi e tutto il resto perse di importanza.
<< Va bene >> rispose infine << Sei bellissima >> aggiunse.
Era un suo pensiero e lo disse ad alta voce ancor prima che potesse rendersene conto. Arrossì immediatamente abbassando lo sguardo.
<< Scusa, io… >>.
<< Anche tu lo sei >> la interruppe Clarke prima di darle un bacio sulla guancia.
Sofia sarebbe potuta arrossire ulteriormente se non fossero arrivati Lorenzo e Diego che cercavano la loro amica.
<< Clarke! >> esclamò Lorenzo battendole una mano sulla spalla << Oh, rappresentante. Buongiorno >> aggiunse facendo il suo solito inchino. Fu immediatamente imitato dal fratello << Ti abbiamo cercato dappertutto! >>.
Sofia roteò gli occhi. Quella storia sarebbe durata fino alla fine dell’anno sicuramente.
<< Ero impegnata >> rispose semplicemente Clarke voltandosi completamente verso gli amici.
<< Eh, ce ne siamo accorti! >> fece Diego << Dobbiamo raccontarti una cosa importantissima! >>.
La ragazza arrossì di fronte alle parole del ragazzo e pensò che per i gemelli la loro frequentazione era una cosa normalissima. La cosa le fece piacere. Clarke guardò Sofia che si strinse nelle spalle.
<< Andate, non ne voglio sapere niente >> disse << Ma se scopro che avete provocato qualche altro danno, io… >>.
<< Grazie rappresentante! >> esclamò Diego non permettendole di terminare << Vieni Clarke, tra un po’ suona anche! >>.
Clarke si voltò verso l’altra dopo aver mosso un paio di passi.
<< Vieni a studiare da me oggi pomeriggio, ti aspetto! >>.
E si allontanò senza darle il tempo di dire niente.
 
Clarke guardò per l’ennesima volta l’esercizio di matematica che aveva svolto e poi il risultato sul libro e sbuffò sonoramente. S’infilò la penna tra i capelli e allontanò la sedia dal tavolo.
<< Problemi? >> chiese Sofia che stava studiando geografia astronomica.
<< Odio la matematica >> si lamentò la maggiore alzandosi << Vado a prendere una coca, ho bisogno di una pausa. Vuoi qualcosa? Ti ho comprato il succo all’ananas >>.
Sofia le lanciò la matita a quelle parole prima di scoppiare a ridere.
<< Sei un’idiota, Kent >> rispose << Io vorrei qualcosa di caldo >>.
<< Tè? >>.
L’altra annuì.
<< Limone o vaniglia? >>.
<< Vaniglia? >> ripeté Sofia interdetta.
<< Non lo hai mai assaggiato? È il preferito di Diana >>.
<< Vada per il classico allora >> disse Sofia irrigidendosi leggermente.
<< Sicura? Perché… >>.
<< Kent! >>.
<< Vado a mettere l’acqua sul fuoco >> affermò Clarke sparendo velocemente.
Sofia approfittò di quei pochi attimi che aveva da sola per guardarsi intorno. Si erano sistemate in camera della diciannovenne intorno alla scrivania, e avevano parlato molto poco. Clarke aveva un metodo di studio invidiabile, le bastava leggere sul libro per ricordarsi tutto. A malapena sottolineava con la matita o la penna. Sofia, invece, aveva bisogno di segnare sul suo quaderno i punti fondamentali, costruendo così degli schemi di ogni argomento. Fortunatamente nessuna delle due aveva bisogno di ripetere ad alta voce. Sorrise mentre si alzava in piedi per stiracchiarsi. Anche se non lo avrebbe mai detto ad alta voce, adorava la stanza di Clarke. Rappresentava perfettamente quello che era e che amava. Passò un dito sulla collezione di Dylan Dog cartonati pensando che sua madre li aveva sempre catalogati come un dilettevole sollazzo senza comprendere appieno che studio e che significato ci fosse alle spalle di una storia come Sette anime dannate o Johnny Freak. Lei aveva sempre adorato il vecchio Dylan Dog, quando ancora non era così commerciale e scaduto. Prima che lo facessero diventare quasi un supereroe che salva la sua bella in difficoltà. Su una mensola in alto notò un porta-ritratto. Si alzò sulle punte per poterlo prendere e osservare da vicino. Sorrise nel vedere una Clarke ragazzina che sorrideva all’obiettivo affiancata da quelli che dovevano essere i suoi genitori.
<< A che pensi? >> le chiese Clarke apparendo sulla porta e facendola voltare di scatto.
In una mano stringeva una tazza fumante mentre nell’altra una lattina di coca-cola. Sulla spalla aveva appoggiato un canovaccio pulito. Sistemò tutto in un angolo della scrivania e la affiancò prendendole dalle mani la fotografia. Sorrise tristemente per un attimo prima di rimetterla dov’era.
<< I tuoi genitori hanno sempre appoggiato le tue passioni, sei stata fortunata >>.
<< Sono stata fortunata per un altro motivo >> rispose la ragazza aprendo la lattina << Loro mi hanno scelto >>.
Sofia ridacchiò.
<< Scelto? Non si scelgono i figli, esattamente come non si scelgono i genitori >>.
Si specchiò negli occhi di Clarke trovandoli stranamente luminosi e lucidi. Come se stessero brillando.
<< Per noi è stato così. Noi ci siamo scelti >>.
<< In che senso? >> chiese l’altra incapace di staccare lo sguardo dalla sua figura.
Clarke fece un respiro profondo mentre la sua mente si riempiva dei ricordi di quando aveva conosciuto quelli che poi sarebbero diventati i suoi genitori.
<< Sono stata adottata quando avevo nove anni >> rivelò << Loro mi hanno scelto tra cento bambini dell’istituto. E io sarò sempre grata per avermi salvata >>.
Sofia era completamente senza parole per quella rivelazione. Clarke era stata adottata, aveva vissuto in un orfanotrofio fino a nove anni senza nessuno che si prendesse cura di lei. Pensò alla sua famiglia, normale, scontata, quasi noiosa. Per Clarke non doveva essere stato così semplice.
<< Mi dispiace, io non… >>.
La ragazza le rivolse un sorriso che avrebbe potuto illuminare la stanza da sola. Era sempre così quando si trattava dei suoi genitori. Loro erano speciali per lei.
<< Non potevi saperlo, è una cosa che sanno solo i miei amici. Non amo parlare della mia vita privata, soprattutto di quando vivevo a Sidney >>.
<< Quindi… i tuoi genitori naturali… >>.
<< Elisabeth >> precisò Clarke indurendo il tono della voce. Certe cose era meglio metterle in chiaro subito << La donna che mi ha messo al modo è morta quando avevo sei anni. Overdose >>.
C’era stata un’unica occasione in cui aveva pensato a lei come sua madre, in memoria dei pochi ricordi belli che avevano condiviso nei suoi primi anni di vita, ma che, col tempo apparivano sempre più sbiaditi. Adele era la sua vera madre, quella che l’aveva voluta quando il resto del mondo le gridava di lasciar perdere. A lei e a Philip doveva la sua salvezza, la sua intera vita, la sua felicità. Elisabeth e uno sconosciuto l’avevano concepita, ma essere genitori era ben altra cosa. Sofia la osservò per un solo altro secondo prima di abbracciarla con slancio. Le gettò le braccia intorno al collo e strinse mentre sentiva Clarke contraccambiare e fare un respiro profondo. Avvertì come il suo cuore, che stava battendo freneticamente nel petto, lentamente scemasse fino a regolarizzarsi. Le aveva rivelato una cosa del suo passato importantissima e Sofia voleva farle comprendere quanto avesse apprezzato la fiducia che riponeva in lei. Immaginava che non fosse una cosa che raccontasse a chiunque e lo apprezzò. Quando si sciolsero, Clarke aveva gli occhi lucidi. Sofia le accarezzò una guancia sorridendo, come se volesse rassicurarla. Non era mai stata brava nel dire o fare la cosa giusta, ma con l’altra ragazza tutto le veniva naturale. Clarke posò la propria mano su quella di Sofia abbassando lievemente la testa sotto il suo tocco e socchiuse gli occhi.
<< Sto bene così >> le disse semplicemente.
L’ennesimo sorriso si allargò sulle labbra della più piccola.
Clarke era così diversa da Claudio che il solo paragonarla a lui pareva blasfemia. Era gentile, dolce e soprattutto non correva. Anzi. Entrambe sembravano camminare sulle punte per rispettare i propri tempi e quelli dell’altra. E a Sofia questo metteva molta sicurezza.
<< Dovremmo rimetterci a studiare >> mormorò appena Clarke.
<< Già >> rispose l’altra.
Ma nessuna delle due si muoveva.
 
Fu Diana ad aprire la porta di casa catapultandosi tra le braccia di Clarke che ancora si stava slacciando il casco.
<< Ehi, calma tigre! >> esclamò la ragazza scoppiando a ridere << Mi sono persa qualcosa? >>.
<< Ho una brutta notizia e una bella >> rispose Diana << Quale vuoi per prima? >>.
<< La brutta >> affermò Clarke chiudendo la porta e seguendola nel salone. Sorrise nel vedere Emilio arrostire la carne sul camino assistito da Matteo << Buonasera a tutti! >>.
<< Ciao Clarke! >> salutò il fratello di Diana imitato subito dopo dal padre << Luthor? >>.
<< A casa, non l’ho sceso con questo freddo >>.
Emilio annuì.
<< Hai fatto bene >> disse << Questa sera, poi, fa particolarmente freddo >>.
I due fratelli si guardarono con aria complice.
<< Non glielo hai ancora detto? >> domandò il ragazzo.
Diana si strinse nelle spalle.
<< Ha detto che vuole prima la brutta notizia >>.
<< Oh, va beh >> ribatté Matteo strizzandole l’occhio << Non appena le dirai la bella, urlerà così forte che lo saprò anch’io >>.
<< Ma di cosa state parlando voi due? >> esclamò Clarke che odiava essere ignorata soprattutto quando era presente.
Diana la spinse al piano superiore e successivamente nella sua camera. Chiuse la porta alle sue spalle e le si gettò nuovamente addosso non appena Clarke si fu tolta il giubbotto.
<< Ho il mio primo esame scritto! >> gridò con una nota isterica nella voce << Il ventidue, appena prima di Natale! >>.
<< Questa sarebbe la cattiva notizia? >>.
La ragazza le diede una pacca bonaria sulla spalla senza sciogliersi dalla sua presa.
<< Certo, ho già l’ansia! Non so niente, Clarke! Verrò sicuramente bocciata! Parliamo di analisi! >>.
Clarke scoppiò a ridere mentre le accarezzava una ciocca di capelli che era scivolata via dallo chignon che Diana si era fatta.
<< Sei sempre stata bravissima >> la rincuorò << Adesso spara la bella >>.
Diana si prese ancora qualche secondo prima di parlare.
<< Domenica adotteremo un cane! >> esclamò tutto d’un fiato.
<< Cosa? >> ripeté Clarke con un sorriso enorme sul viso << E’ fantastico! >>.
<< Sì! Papà si è finalmente convinto grazie a Matteo che sta portando buoni voti a scuola e mamma ha già compilato il questionario nel pomeriggio! >>.
<< Cazzo, Gabriella sarà felicissima! >> disse l’altra << Avete già scelto? Io sono innamorata persa di Aisha e… >>.
<< Matteo vorrebbe un maschio, ma non ci siamo ancora pronunciati perché verrà a vederli da vicino domenica. A me sarebbe piaciuto Fortunato o Neve, uno dei vecchietti insomma. Ma Gabriella, andando contro i suoi interessi, ci ha consigliato di prendere un cane giovane essendo la nostra prima esperienza. Soprattutto per mio fratello >>.
<< Farete una cosa bellissima qualunque cane sceglierete >> rispose Clarke con un sorriso enorme << Ecco perché Matteo era così contento! >>.
<< Non sta nella pelle, lo ha sempre desiderato >>.
<< Ho sentito urlare >> proruppe Matteo entrando nella camera della sorella << Allora glielo hai detto? >>.
Diana gli lanciò contro il suo quaderno degli appunti lasciato sul letto come prima cosa che le capitò sottomano.
<< Quante volte ti ho detto che devi bussare?! >>.
<< Sei contento, eh Mat? >> domandò Clarke spettinandogli il ciuffo.
<< Tu che dici, Clarke? Sarà il fratello di Luthor! >>.
<< Calmino >> s’intromise Diana << Papà ha detto di rimanere nella taglia media >>.
<< Luthor crede di essere un pincher! >>.
Tutti e tre scoppiarono a ridere prima che Matteo uscisse richiamato dal padre.
<< Domenica Clarke! >> esclamò correndo poi di sotto.
Le due ragazze si guardarono per un attimo in silenzio, incatenando i loro occhi ridenti per lo stesso motivo; poi Diana si sfilò il cellulare dalla tasca.
<< Lo dico anche agli altri >> disse aprendo l’applicazione per inviare un vocale.
Clarke la affiancò e le risposte di Giulia e Marco non si fecero attendere. Ognuno di loro diceva il nome del cane che avevano più a cuore e che ancora era in cerca di casa.
<< A te, invece, com’è andata? >> chiese Diana tra un messaggio e l’altro.
Il sorriso dell’amica le fece comprendere che era stata bene in compagnia di Sofia. Le aveva detto di averla invitata a studiare da lei e inconsciamente aveva sperato che avesse potuto avere un nuovo screzio.
<< Sto bene con lei >> rispose con calma Clarke << Le ho anche detto di essere stata adottata >>.
<< Beh, bene >> affermò in modo un po’ troppo brusco Diana. Si sedette sul letto aspettando che l’altra la imitasse, ma la ragazza, invece, rimase ferma addossata alla libreria << La quattrorchietta non è rimasta sconvolta? >> aggiunse incapace di trattenersi << Tutto okay? >>.
<< Mi piace davvero, D >> continuò come se parlasse più a se stessa che all’amica << E non chiamarla così! >>.
<< Sì, me lo hai detto più di una volta >> ribatté Diana cercando di stemperare il fastidio che provava. Rise appena provando a non apparire isterica << Cosa c’è, quindi? >>.
Clarke si strinse nelle spalle.
<< Probabilmente sono solo io che mi sto facendo troppe pippe mentali >>.
Diana allora allargò le braccia senza dire niente e aspettò che l’altra ragazza la raggiungesse. La abbracciò mentre con le dita le accarezzava i capelli. Sapeva quanto la rilassasse quel gesto. Le diede un bacio sulla tempia e attese ancora. Le labbra di Clarke s’incresparono in un sorriso mentre tutti i muscoli della schiena si distendevano.
<< Sono stata felice di averglielo detto >> precisò << Mi sono sentita meglio dopo però… >> fece un respiro profondo fissando un punto indefinito davanti a sé << …poi ho pensato a Luna >>.
La mano di Diana si fermò per un attimo nel sentire quel nome.
<< Ah >> disse senza sapere cos’altro aggiungere.
<< Non so perché >> mormorò Clarke << Ho pensato solo che lo avevo detto anche a lei e guarda com’è finita. Io non… >> si mosse leggermente tra le braccia dell’amica, ma Diana le impedì di sgusciare via << …mi è venuta in mente. Anche la situazione, mi ha ricordato tanto Luna >>.
<< Adesso non ci pensare >> le disse Diana senza smettere di accarezzarla << Lo sai che qui sei al sicuro, no? >>.
A quelle parole, la presa di Clarke sul braccio dell’altra aumentò come se avesse bisogno di sentirselo dire. Annuì brevemente senza dire nulla e Diana le baciò nuovamente la tempia.
<< Non correre >> aggiunse poi << Se non te la senti, non fare niente. Non c’è nessuno che ti mette fretta. Anzi. Prenditi tempo, magari allenta un po’ la presa >>.
Clarke annuì ancora mentre metabolizzava tutto quello che stava sentendo, provando anche a darne un senso. Il consiglio di Diana le parve giusto, non poteva buttarsi in una nuova relazione se nel mentre pensava alla sua ex. Solitamente ormai non capitava più che le riaffiorasse nella mente, aver rivisto il suo viso nei suoi ricordi l’aveva destabilizzata.
<< Ragazze! >> urlò improvvisamente Antonella dal piano di sotto << Si cena, forza! >>.
Si sciolsero dall’abbraccio e Clarke sorrise nell’incontrare lo sguardo di Diana.
<< Senza la mia migliore amica non riuscirei mai a raccapezzarmi in certe situazioni >> disse alzandosi in piedi.
La ragazza contraccambiò il sorriso.
Vorrei che riuscissi a vedermi come ti vedo io, Clarke.
  
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