La notte non è mai amica, specialmente nella foresta. È ancora più nemica se hai la caviglia slogata. Tuttavia, se hai la sorte avversa, ti ritrovi catturato anche in una rete. Ed era il caso di Devin. Stava fuggendo dai soldati, o così riteneva, e non si era accorto che a terra si trovasse la trappola, così ci era finito come un deficiente. Ben presto si era preparato all’idea di essere catturato dai soldati del regime, ma la notte era scesa nel mentre. Così adesso il pensiero che gli ronzava in testa era quello di passare le ore del buio sospeso, con la caviglia slogata e, nonostante il materiale medico, impossibilitato a curarsi. La frustrazione era potente in lui, quando vide in lontananza una torcia.
“Sta arrivando qualcuno” e, venendogli in mente subito il nemico, provò come poté a muoversi in modo tale che un occhio disattento non lo notasse. Per sua sfortuna, fu notato immediatamente dalla persona con la luce.
-Ma cosa abbiamo preso qui?- sentì Devin, comprendendo che si trattasse di un cacciatore. Egli bofonchiò qualcosa, poi si accorse di calare e nel giro di poco si trovava a terra con la luce puntata.
-Ribelle o Militare?- gli domandò l'individuo, puntando la luce e la bocca del fucile ad essa collegata in faccia. L'obiettore non riusciva ad aprire gli occhi, poiché si era abituato al buio, e non riusciva a scorgere nessun dettaglio dell'esaminatore.
-Ribelle o Militare? Rispondi.- intimò il tizio avvicinandosi minacciosamente con il fucile e appoggiandolo sulla fronte del ragazzo.
-…Ri-ribelle.- rispose alla fine e dopo un momento in cui l’intellettuale si sentì spacciato, l’arma si allontanò da lui. Ciò non significava che fosse al sicuro: solo un contrabbandiere si preoccupava se qualcuno appartenesse a questo o quello schieramento.
-Alzati.- ordinò, venendo subito il suo ordine esaudito. -Ed ora mettiti lo zaino in spalla e cammina dove ti dico io.- e il cacciatore punto l'arma verso il torace. Devin si girò e iniziò a camminare faticosamente per la caviglia. Vedendo che andava piano, non capendo per quale motivo, più volte il misterioso individuo puntava alla schiena la bocca dell'arma e il ribelle accelerava poco per poi rallentare vistosamente e il gioco ricominciava.
Non gli restava altro che stringere i denti e sperare che il luogo in cui si stavano dirigendo non fosse troppo lontano. Un po' di tempo dopo, a Devin fu ordinato di fermarsi. L'obiettore si girò e vide il mercenario che armeggiava a terra. Imprecò la sua caviglia e il cacciatore gli ripuntò contro l'arma e lo ammonì di stare zitto. Poi lui o lei, Devin non era riuscito a capirlo, aprì una botola nascosta dalla neve nel terreno. Eppure il ragazzo non vedeva particolari punti di riferimento nell’area per andare così a colpo sicuro. Il suo “carceriere” lo costrinse a scendere gli scalini della botola e Devin entrò in un enorme stanza sotterranea buia.
-Aspetta che accendo la luce.- disse il tizio, che aveva chiuso la botola dietro di lui.
Devin fu accecato dalle lampadine collegate al generatore della stanza, e quando riaprì gli occhi capì di trovarsi in un nascondiglio studiato alla perfezione.
Si girò alle sue spalle e finalmente riuscì a vedere il suo interlocutore.
Si trattava di una ragazza, non truccata, ma con uno sguardo alquanto deciso. Addosso aveva ancora il cappuccio con cui usava ripararsi dal freddo, bianco, una scelta non estetica ma per mimetizzarsi nell'ambiente.
La cacciatrice mirava con la sua arma ancora all’obiettore e pronunciò: -Adesso è il momento di capire cosa fare con te.-