Capitolo tredici.
« I know what it means to be alone, I sure do wish I was at home.
I don’t care what the neighbors say, I’m gonna love you each and every day.
You can feel the beat within my heart. Realize, sweet babe, we ain’t ever gonna part. »
Led Zeppelin, Good
times, Bad times
Ero rimasto la maggior parte della notte a fissare Astrid mentre
dormiva.
Quando ero tornato nella mia stanza
l'avevo trovata addormentata sul mio letto, e sarebbe stato davvero un peccato
svegliarla.
Così ero rimasto seduto sul pavimento, vicino al
letto, godendomi il suo bellissimo viso per delle ore. Un viso sfigurato dalle
percosse, era vero, ma per me ugualmente bellissimo.
Venne l'alba.
Mi avvicinai di più sedendomi sul bordo del letto.
Volevo essere la prima cosa che avesse visto aprendo
gli occhi, quando si sarebbe svegliata.
Verso le otto Astrid cominciò a muoversi nel sonno, e
poi aprì gli occhi, e fui davvero la prima cosa che vide, poiché ero ancora
seduto sul bordo del mio letto.
“Hmm..” mormorò,
stiracchiandosi le braccia con grazia, e non come facevo io, “Gabriel..”
Le sorridi dolcemente. “Buongiorno, Astrid.”
Avvicinai un pugno chiuso ad un paio di centimetri dal suo viso, e con un gesto
feci oscillare da esso la catenina col suo crocifisso
d'argento, proprio sopra il suo naso.
Gli occhi di Astrid s'illuminarono. “La mia croce!” esclamò.
Allungò una mano verso il pugno chiuso e fu così che
le nostre mani s'incontrarono e s'intrecciarono, con la collana di Astrid in mezzo. Avvicinai le
nostre mani alle mie labbra e baciai la sua mano un paio di volte, poi
continuammo a stringerci a vicenda come se lo facessimo tutti i giorni, con
estrema tranquillità.
“Come hai fatto a riprenderla? Pensavo di averla persa per sempre..” disse
poi lei, guardandomi.
Sorrisi. “So essere molto convincente.”
Se avesse saputo la verità,
probabilmente sarebbe stata capace di andare a chiedere scusa a Seth.
Lei mi sorrise di rimando. “Grazie davvero, per tutto
quello che hai fatto per me. Sai, quella croce era di mia madre.”
“Tua madre?”
“Sì, ecco perché ci tengo particolarmente.”
Annuii, e calò il silenzio per un attimo.
Poi lei disse, all'improvviso: “I miei genitori sono morti quando avevo sette anni, e da allora nessuno mi ha più
voluto con sé.”
La guardai preoccupato. “Ecco perché sei qui.”
“Sì.” sorrise. “Adesso lo sai. Siamo pari, no?”
“Beh..” feci spallucce, “Non
dovevi dirmelo per forza, solo perché ti ho raccontato di me..”
“Quello non c'entra.” Scosse la testa. “E' una cosa in più. Volevo dirtelo e
basta.”
“Oh.” le sorrisi a trentadue denti. “Beh, Astrid,
dato che siamo in vena di confessioni..”
“Dimmi.”
“Sai realmente perché tutti qui dentro mi conosco, perché tutti parlano di me?”
“Veramente no, anche se me lo sono chiesta. Credo che non dipenda dal fatto che
tu sia un Dongiovanni, giusto” rispose.
Le sorrisi, abbassando lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.
“Qualche tempo dopo che arrivai qui
in orfanotrofio, tre ragazzi mi picchiarono. Tutti insieme.
Mi fecero a pezzettini solo perché mi ero rifiutato di farli passare prima in mensa quando c'era la pizza.” Quasi mi
venne da ridere. Sembrava una cosa molto divertente.
“Erano più grandi di me di qualche mese, e non fui in grado di difendermi; ma
mi legai la cosa stretta al dito. Dopo un paio di mese, quando ero già più esperto
ed allenato, li affrontai e ricambiai loro il favore,
picchiandoli per bene.”
“Cambiai i connotati ad un ragazzo in particolare, che
non aveva saputo difendersi bene, spaventato e preso alla sprovvista. Gli
spaccai il setto nasale, andò via da qui, finì in ospedale e cambiò
orfanotrofio per paura di rivedermi. Non ebbe neanche il
coraggio di denunciarmi, così non passai alcun guaio. Da allora diventai
una specie di leggenda, tutti conobbero il mio nome, tutti mi rispettarono – e
lo fanno tuttora, sempre. Sai chi erano
gli altri due ragazzi?”
Rialzai lo sguardo su Astrid
e lei fece segno di no con la testa.
“Quei due stronzi che ti hanno picchiata la notte
scorsa.”
Astrid rimase spiazzata. “No!”
Annuii. “Invece sì. Per questo mi hanno ridato la
collana e ti lasceranno stare: sanno che posso ridurli come il loro ex socio.
Evidentemente non si sono tolti il vizio, gli scemi.”
Sospirò profondamente. Era triste.
“Ehi, Astrid. Adesso è tutto finito. Sei al sicuro,
sappilo.” dissi.
Lei annuì e sorrise in modo più o
meno convincente.
Le lasciai la mano e mi alzai dal letto,
stiracchiandomi. Non avevo praticamente dormito, ma
non avevo sonno.
“Hai fame?” le chiesi. “Se ti va possiamo andare a far
colazione.”
Non avevo ancora dimenticato che Astrid m'aveva
ignorato ed evitato palesemente: e quindi finché potevo era meglio stare con
lei, capirci qualcosa, e farle capire di conseguenza che provavo realmente
qualcosa per lei, e quel bacio quella sera non l'avevo
dato per scherzo, o per sbaglio. Ma soprattutto volevo
farle capire che di me poteva fidarsi.
Lei si alzò dal letto e mi venne incontro, con la catenina in mano.
“Ma certo,” disse sorridendo, “prima però potresti aiutarmi a mettermi
la collana?”
S'avvicinò, me la mise in mano e mi si piazzò di fronte, dandomi le spalle.
“Okay.” risposi.
Con la mano libera le scostai i capelli biondi. Le
misi la catenina attorno al collo e presi a trafficare con la chiusura, finché
riuscii ad agganciarla.
“Ecco fatto. Queste cose mi sanno tanto di torture medievali..”
dissi poi.
Lei rise ed io, in un secondo, mi avvicinai e le diedi un bacio sul collo.
A quel gesto scoppiò a ridere più forte e si voltò verso di me. “No dai, io soffro terribilmente il solletico!”
“Ah sì?” mi avvicinai ancora, prendendola per i fianchi, e avvicinandomi
tantissimo al suo collo con le labbra, sfiorandolo leggermente. La sua pelle
era come sempre bianchissima. Lei si dimenò come una pazza ridendo e cercò di
allontanarmi, così mi arresi e la lasciai andare.
“Dai, allora, andiamo.” dissi
dirigendomi verso la porta.
Lei annuì e la guardai. La croce al suo collo risplendeva più che mai, e
nonostante i graffi scarlatti e l'occhio di uno strano colorito sul giallo,
anche lei splendeva: più della collana, più dell'argento.
***
Io ed Astrid ci sedemmo
insieme al solito tavolo e cominciammo a chiacchierare allegramente di cose
banali come il tempo, i nomi del colori e cose del genere.
Era divertente stare con lei e mi sentivo a mio agio;
cosa che non mai provato con una ragazza, semplicemente perché non mi ero mai
trovato in una situazione del genere.
Era tutto nuovo e mi sembrava meraviglioso: ma non era
come pochi giorni prima, quando ero solo e mi sentivo
impaurito e confuso. Stare con Astrid rendeva tutta la situazione migliore e molto, molto più bella.
Anche se ancora non capivo
cos'eravamo noi due realmente.
“Quando hai cominciato a
disegnare?” mi chiese lei.
“Non ricordo esattamente. Ma era l'unico passatempo che avevo dato che i miei.. genitori mi lasciavano sempre solo. Era come avere
un mondo tutto proprio, dove potevo rifugiarmi quando e come mi pareva.”
Annuì con aria comprensiva. “Ti capisco perfettamente,
perché è proprio così. Io ho iniziato da piccolissima, e poi la mia passione è
continuata nel tempo.”
“Sai,” dissi sorridendo, “E'
proprio bello avere qualcuno con cui parlare di queste cose.”
Anche lei mi sorrise. “Anche per me.”
Molti guardavano straniti Astrid per via delle ferite
al viso, ma parve non accorgersene minimamente. “Dovrei proprio andare in
infermeria e farmi dare qualcosa.” disse
poi, alludendo al suo occhio nero.
“Sì, sarà meglio.”
Ci alzammo contemporaneamente ed uscimmo dalla mensa,
per poi attraversare il corridoio. Mentre camminavamo
per il corridoio, incrociammo Seth ed Amanda. Li vidi
parlare in maniera evidentemente concitata, ma non appena io ed Astrid ci avvicinammo smisero,
fissandomi. Astrid li notò ed abbassò lo sguardo fino
ad coprirsi il viso con i capelli, io di conseguenza
mi avvicinai di più a lei per farle capire che ero lì, con lei, e la proteggevo
se fosse successo qualcosa. Però, proprio quando Amanda e Seth
ci passarono accanto, feci il gesto di tagliarmi la
gola con un dito, per fare capire che non avevo dimenticato e che, oramai, non
avrei più potuto farlo.
Non mi sfuggirono i loro sguardi sconcertati; soprattutto
quello di Seth, che diventò pallido e subito dopo
assunse un colorito sul verde chiaro. Andarono via, finalmente, ma li avevo avvisati.
Poco dopo, Astrid rialzò lo sguardo su di me.
“Perché
sghignazzi?”
“Niente, niente.” risposi.
grazie mille a tutti! (: ora passo a commentare.
ChasingTheSun: sì, è vero, non era male il particolare del fischettare eh? =P grazie **
wanda nessie: spero di aver aggiornato abbastanza presto. ti ringrazio moltissimo per i complimenti, mi fa piacere che tu abbia apprezzato il mio modo di scrivere (ma cosa avrà di speciale lol) e la storia. grazie mille!
Laura93: grazie! spero ti sia piaciuto anche questo. =P
Lialian: AHAHAHAHAHA, bellissima definizione la tua X°D davvero! spero ti sia piaciuto anche questo capitolo :*
trettra: giusto! è GANZO è figo :D modestamente! grazie mille, aspetto la tua prossima recensione xD
_Ink Whisper_: ma grazie mille a te ç_ç mi commuovi! continua a seguirmi e a leggermi *_*
ciao a tutti quelli che leggono senza commentare :D recensiteeeee