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Autore: fiore_di_cartapesta    11/09/2018    3 recensioni
Dal testo:
“È bello” abbassò il tono di voce ritrovando lo stesso sussurro di prima. Il riso ancora gli illuminava il volto.
Della furia omicida sembrava non esservi più alcuna traccia.
“Bello?” ripeté interrogativa lei. All’istante divenne consapevole del silenzio tanto decantato dal mago.
Un silenzio quasi innaturale dopo l’esplosione di suoni che aveva seguitato il fischio di inizio della partita.
Si erano allontanati inconsapevoli di quanta strada stessero percorrendo.
Nonostante il freddo, nonostante tutto, lei lo aveva condotto lontano, un po’ troppo lontano, dalla civiltà. Erano soli.
Rabbrividì un po’ per il freddo e un po’ per la promessa che quella solitudine portava con sé.
Da sola, con Fred Weasley.
Si era immaginata innumerevoli volte in una situazione analoga, altrettante innumerevoli volte si era maledetta.
Fred Weasley, malandrino rinomato, immaturo e dispettoso, fratello maggiore di ben due dei tre suoi migliore amici, era off-limits.
“È bello” riprese per l’ennesima volta “il silenzio, se sei tu a popolarlo”.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla mano di lei, non l’aveva mossa dal suo braccio nonostante quel gesto diventasse ogni instante più intimo.
Lei si sentiva magneticamente attratta dal tocco di lui, incapace di interrompere il contatto.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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5. Come il sole a mezzanotte

 
La notte era fonda e fredda; nessuna luce proveniva dall’esterno.
Giù, nel cortile del castello, oltre la finestra da cui guardava Hermione, soltanto il bagliore della capanna di Hagrid – nuovamente piena di vita – rischiarava le tenebre.
 
La Sala Comune di Grifondoro era assopita, come gli ospiti che portava in grembo.
Svuotata del solito via vai, appariva più fredda, grande e silenziosa.
 
Persino quando Ron e Harry si erano ritirati nella propria camera, lei non era riuscita a fare lo stesso.
Invece, si era accomodata sul davanzale, aveva abbandonato le scarpe umide di neve e freddo della notte, e si era concessa qualche momento per riflettere.
 
Poche ore prima, erano venuti a sapere del viaggio che il loro amico mezzo gigante e la Direttrice della casa di Beauxbatons avevano intrapreso l’estate precedente.
Quando il racconto era terminato e le acque si erano calmate, era ormai passato il coprifuoco. Avevano dovuto faticare per raggiungere il quadro della Signora Grassa senza essere scoperti.
Quell’anno Ron era cresciuto molto più di quanto avessero fatto loro e non riusciva a star comodo sotto il mantello: mentre camminavano schiacciati l’un l’altro, i piedi del ragazzo continuavano a spuntare – in bella vista – da sotto l’orlo ogni qualvolta lui raddrizzava le spalle.
 
La Umbridge, Peeves, Mrs Norris e Filch pattugliavano i corridoi pronti a beccare il primo studente irrispettoso delle regole per denunciarlo al preside, punirlo con il sangue o coinvolgerlo in un rumoroso – potenzialmente doloroso – scherzo da poltergeist.
 
Coi nervi a fior di pelle, avevano guadagnato un metro dopo l’altro.
 
Dopo quanto avevano affrontato e udito, non biasimava i propri compagni per aver desiderato il conforto del proprio letto – non perché qualcuno di loro fosse realmente stanco, ma perché esauriti in parole e voglia di agire e reagire.
Dopotutto, la giornata non sarebbe potuta peggiorare se si fossero nascosti fra le tende di un letto a baldacchino.
 
Lei, però, non era riuscita a spegnere il cervello; gli ingranaggi e le rotelle ancora giravano, più vispi che mai.
 
Immobile nella stessa posizione, il Prefetto di Grifondoro trascorse minuti, poi ore, immersa nelle proprie considerazioni.
Quando finalmente si mosse – per distendere i muscoli – sembrava passato un intero secolo in un solo secondo: la notte era trascorsa, ignara del bisogno di Hermione di più tempo.
 
Il buio oltre le vetrate si era intensificato e attraeva lo sguardo della ragazza come una calamita. Continuava a guardare giù, un misto di emozioni – paura, sollievo, qualcosa che non seppe riconoscere all'altezza dello stomaco – le si agitavano sottopelle, irrequiete.
 
Una serie di immagini – pensieri sconnessi – le vorticavano nella mente. Senza ordine, senza controllo.
I Giganti, la Francia, le montagne, la neve.
Poi gli spalti, il campo di volo, il Quidditch.
Di nuovo la neve, un cardigan, la Sala Grande, Ginny.
Harry, Ron, il boccino.
Fred. Fred.
 
Malgrado la gravità di quanto stava succedendo intorno a lei, un solo pensiero pesava più degli altri. Un macigno sul cuore della coraggiosa Grifondoro.
Di nuovo, quella strana indefinita sensazione allo stomaco – farfalle, sussurrò mentalmente la versione babbana di sé.
Farfalle, per Fred Weasley.
 
Si sorprese a ripensare con rimorso a quanto accaduto con il gemello – un niente fatto di tante cose.
Niente, perché non era successo.
 
Nella solitudine della penombra arrossì.
 
Nascose la faccia tra le mani, poi sulle ginocchia piegate. Il viso coperto, come se qualcuno, oltre al mobilio potesse vedere la vergogna, l’imbarazzo la rabbia dipinte nella sua espressione.
Nonostante il groviglio di sensazioni, un sospiro colpevole lasciò le sue labbra: la mente continuava ad inciampare sullo stesso scalino – uno scalino con capelli rossi
 
Spinse le gambe giù dal davanzale e saltò con decisione. Non voleva più concedere altro spago a quell’aquilone di fantasia.
Vagò con lo sguardo fra gli arredi in cerca di una distrazione; qualcosa che fosse un minimo interessante.
Rifiuti di vite vissute erano abbandonati in ogni centimetro di spazio.
Berretti di lana – nati dalla magia della propria bacchetta – erano nascosti e pronti a concedere libertà a qualunque elfo lo avesse raccolto. Gobbiglie senza padrone erano sparse sul pavimento, sulle scrivanie e persino sulle poltrone in attesa di un giocatore da intrattenere. Gli scacchi magici erano immobili, le pedine dormienti prive di battaglie da combattere.
L’indomani tutto sarebbe stato pulito e in ordine, e di quello spettacolo malinconico non sarebbe rimasto altro che un ricordo.
 
La tristezza per le cose mancate le pervase l’animo.
Si maledisse perché incapace di concedersi una tregua – incapace di fare ordine –, si era fatta scombussolare e confondere.
Niente logica e razionalità a far chiarezza. Nessun libro a cui chiedere spiegazioni.
 
Il fuoco bruciava gli ultimi ceppi – quasi più cenere che legno.
Oramai tutto il castello dormiva, persino il camino. Ma i suoi pensieri ancora vagabondavano irrequieti, come spettri, nella stanza.
 
Si sarebbe potuta innamorare di Victor Krum o di Ron.
Si sarebbe potuta innamorare di Neville, Seamus, Dean.
Di Zacharias Smith. Di Filch, persino. L’uno valeva l’altro.
Sarebbe andato bene chiunque, chiunque, ma non lui.
Non Fred.
 
L'ultimo pensiero di Hermione sembrò materializzarsi in carne ed ossa quando qualcuno con i capelli rossi e un'andatura da Cacciatore di Quidditch scese le scale del dormitorio maschile.
 
Smise di respirare e aspettò che la figura si palesasse alla luce fioca della Sala Comune.
 
"Ehilà, Granger" esclamò il nuovo arrivato a metà tra il sorpreso e lo scocciato. "Sembra tu abbia visto un fantasma!"
George Weasley – il gemello sbagliato – interruppe quanto stava per dire con un sonoro, enorme sbadiglio.
"Nick–quasi–senza–testa è passato di qua? Avrei delle cose da chiedergli…"
Lasciò la frase in sospeso, improvvisamente consapevole di stare parlando con un Prefetto.
Si sfregò gli occhi, fingendo noncuranza e mascherando – senza successo – una colpevolezza che anticipava il crimine.
Non si accorse della mancanza di reazioni, intontito come era dalle nebbie del sonno interrotto troppo presto.
Si muoveva, ondegiante e assonnato, in cerca – in attesa – di qualcosa.
"Ronda notturna, Prefetto?" Continuò a parlare per coprire con le parole quanto stava facendo. "Non temere, non sto mica aspettando un gufo da un fornitore dei Tiri Vispi!"

 
Sarcasmo e ilarità lo accompagnavano sempre, anche a notte fonda.
L'ombra di un sorriso storto gli illuminava il viso.
Lo sguardo era più sveglio e cosciente ogni attimo che passava.
 
Lo shock dovuto alla somiglianza aveva pietrificato Hermione.
Il cuore aveva perso un battito.
 
Il dovere di Prefetto le urlava di indagare a fondo, di ostacolare qualunque piano – sicuramente illegale – stesse mettendo in atto il gemello, ma voce e passi non le vennero dietro.
 
Abbassò la testa, il volto nascosto tra i riccioli ribelli.
Non proferì parola; la sua voce – come il suo viso – sarebbe suonata sconvolta,
vulnerabile.
 
In silenzio, si diresse verso le scale.
Rifuggiva dagli obblighi e dalle regole che aveva sempre rispettato – e fatto rispettare – con zelo e tenacia.
Per quella notte soltanto non avrebbe indagato quanta finzione e quanta realtà ci fosse nelle parole di George.
Non sarebbe rimasta per fermarlo o per farsi prendere in giro, né sarebbe rimasta a guardare quel ragazzo tanto simile a… l'altro.
 
Uno scalino alla volta, accorciava la distanza che la separava del proprio cuscino, del tutto ignara di stare salendo le scale del dormitorio sbagliato.
 
SBAM.
 
Sbatté contro un corpo rigido – due volte in un giorno, un record di distrazione.
 
"Ma cosa...?"
 
Hermione avrebbe riconosciuto quella voce tra mille: era la stessa che aveva temuto udir provenire dall'incontro precedente.
Non stava ancora dormendo, ma si trattava sicuramente di un incubo.
 
Una sensazione di déjà-vu le si infranse contro violenta come uno tsunami.
Barcollò, un po' per lo schianto e un po' per il ricordo.
 
Se fosse caduta in quel momento, sarebbe rotolata giù un paio di piani.
Fu un attimo, ma non accadde; il suo corpo non incontrò il vuoto.
 
Braccia forti la strinsero impedendole di allontanarsi.
Rimase in quella stretta alcuni istanti – il tempo necessario a riacquistare l’equilibrio –, poi se ne liberò.
 
Privato del sostegno, fu l’altro a barcollare pericolosamente.
Una volta ritrovare l'equilibro si fermò ad osservare – sullo scalino più in basso – la persona che aveva investito.
 
Hermione lo osservò di rimando, incuriosita da tanto movimento dopo così tanta solitaria quiete.
I suoi occhi si posarono sul viso del ragazzo che aveva di fronte e, prima di riuscire a fermarsi, ne sussurrò il nome.
 
"Fred."
La voce uscì fuori roca e strozzata.
 
"Hermione?" Fece l'altro.
Era preoccupato dal suono che lei aveva prodotto nel pronunciare il proprio nome, ma altresì sorpreso dal trovarla lì, a quell'ora della notte.
Non si preoccupò nemmeno di essere stato scoperto fuori dal letto dal Prefetto di Grifondoro, l’attenzione diretta altrove.
Scrutava la ragazza in cerca di malanni, ferite o dolori di alcun genere. Quando fu certo di non trovare niente si prese la briga di chiedere.
"Va tutto bene?" Distratto, senza esercitare controllo razionale sul proprio corpo, posò le mani sulle braccia dell’altra.
 
Il tocco scosse Hermione fin dentro le ossa e rabbrividì.
L’istinto di sopravvivenza la spingeva a scappare, evitare quel momento, quella conversazione e quella persona.
Perché sarebbe stato doloroso fare finta di nulla.
Perché non aveva fatto altro che pensare a cosa non fosse successo.
Perché, in fondo, aveva sperato accadesse.
 
Non corse via, ma restare richiese tutto il suo coraggio.
 
Aveva sempre dimostrato di sapersela cavare, qualunque situazione le si presentasse.
La strega più brillante della sua età, le avevano ripetuto.
Ma come poteva proteggere sé stessa dai propri sentimenti?
Nessuna risposta, nessuna intuizione, nessun “Eureka”.
 
Hermione si strinse le braccia intorno al corpo in un abbraccio nel tentativo di fermare il tremito e chiudere il cuore.
Fred interpretò male quel gesto e lo associò al freddo; mai errore fu più lieto.
Scese due gradini così da trovarsi alla stessa altezza della ragazza.
La fece voltare e furono faccia a faccia, più vicini di quanto fossero stati al campo di allenamento.
Più vicini che mai.
 
Fu soltanto quando i loro occhi si agganciarono gli uni negli altri che Fred realizzò quanto pericolosamente – di nuovo – si fosse accostato alla Granger.
 
"Fred?" La voce di George chiamava il suo nome dal fondo delle scale. Il fratello lo attendeva ignaro di quanto accadeva poco più in alto.
Era accorso a controllare perché aveva sentito i rumori dello scontro.
 
Fulmineo, Fred si voltò indietro, in direzione della voce, e rispose.
"Sì, è tutto okay. Sono inciampato" mentì.
Aveva reagito d'istinto, intenzionato a non rivelare la presenza di Hermione; come se la ragazza fosse un segreto e lui l'unico ad esserne il custode.
 
"Sbrigati a scendere, è quasi ora." La voce disinteressata di George si allontanava seguendo i passi del proprio padrone.
 
Gli occhi di Fred tornarono a posarsi su Hermione: i capelli le si erano spettinati e qualche ricciolo le pendeva davanti al viso, indossava ancora il proprio cardigan.
Le mani gli fremevano, desiderose di raggiungere quelle ciocche.
Stese una mano.
Benché si aspettasse di essere respinto, era sprezzante a sufficienza da provare.
 
Hermione non si mosse né si ritrasse, addirittura annuì, il respiro sospeso nell’attesa della carezza.
Non più clandestine, le dita di lui affondarono avide, ma delicate nella chioma della ragazza.
"E' un sogno?" Chiese, e nel domandare le si accostò tanto quanto lo spazio dello scalino gli permetteva.
Il profumo di Hermione gli invase le narici: emanava odore di carbone, di freddo della notte e di abiti puliti.
Era scalza e scomposta, ma bella. Quel tipo di bellezza che non veniva colta subito, ma sorprendeva l’osservatore più attento.
Era come un sole nell’oscurità; era bella come il sole a mezzanotte.
 
Lei non rispose alla domanda.
Chiuse gli occhi per godere del tocco di lui, perfettamente consapevole che quando quella mano si fosse allontanata, l’astinenza le avrebbe fatto perdere lucidità e raziocinio.
Rapita dal momento, realizzo a malapena che Fred aveva chiamato “sogno” quello che poco prima lei stessa aveva definito “incubo”.
 
Il gemello si scoprì avido dell'attenzione – e dello sguardo – di lei.
Le portò una mano al mento e le sollevò il viso in direzione del proprio.
Senza aspettare che lei lo guardasse, si chinò sulle sue labbra adagiandovi un bacio leggero e innocente.
Non poteva immaginare che, con il suo gesto, avrebbe definitivamente aperto lo scrigno di pandora dei propri sentimenti; quello stesso contenuto era emerso a sprazzi, diverse volte in passato, ma le quantità erano così misere e lo scrigno così ben chiuso – spifferi a parte – da nascondergli quello che lui stesso provava.
Fu come assaggiare un filtro d'amore: era tormentato dal desiderio di rifarlo – più a lungo e intensamente –, ma temeva – per la prima volta Fred temeva – di poter essere rifiutato non appena Hermione avesse capito le sue intenzioni.
 
La bocca gli bruciava in ogni punto venuto a contatto con quella di lei, ma ancora più ardente era lo spazio che la separava da quella della ragazza che voleva raggiungere.
 
Fu proprio lei a spegnere la distanza, così come annullò i dubbi e le paure di Fred.
Hermione non lo aveva respinto, anzi lo desiderava tanto quanto lui voleva lei.
 
Come a volergli rispondere, le braccia di lei lo raggiunsero con un abbraccio.
 
Incapace di controllarsi, Fred abbandonò la prudenza – non gli era mai appartenuta.
Percorse ogni centimetro del corpo di Hermione tracciando contorni, pieni e vuoti.
Li impresse a fuoco nella memoria, sul cuore e sulla pelle; segni indelebili della propria sete.
 
Le sfuggì un gemito di piacere e Fred tremò tra le sue braccia.
 
Passi provenienti dal fondo delle scale li riportarono con violenza al presente.
Si separarono velocemente, ma soltanto nel fisico.
I loro cuori legati a doppio nodo da un filo rosso.
 
Erano ansanti, entrambi increduli e sconvolti dall'avere scoperto di essere innamorati e ricambiati nell’arco di una singola giornata.
 
George li raggiunse qualche secondo più tardi.
Se fu sorpreso dal ritrovarsi il Prefetto-Perfetto di nuovo in mezzo ai piedi, non lo diede a vedere.
Non sembrò nemmeno far caso all'elettricità che ancora correva tra i due, o a quanto fossero vicini, disordinati e silenziosi.
 
"Abbiamo del lavoro da svolgere" tagliò corto, lanciando una occhiata torva, ma provocatoria ad Hermione che, rossa in volto, non riusciva a guardare nella sua direzione.
 
Veloce come un fulmine, senza aspettare repliche o reazioni, George arpionò il braccio di Fred e lo trascinò con sé, giù per la tromba delle scale.
 
“Addio” la salutò sbrigativo, convito di stare sottraendo il gemello al rimprovero da Petulante-Prefetto-Perfetto.
Era esperto in quel tipo di cose, una sfuriata del genere era tipicamente annunciata da un chiaro campanello d’allarme: rossore al viso, un sintomo ora piuttosto evidente sul viso della ragazza.
 
George non poteva sapere quanto fosse lontano anni luce dalla verità.
 
A differenza della compagna, Fred si ricompose in un lampo, abituato a dover nascondere – molto più spesso di quanto si pensasse – il proprio operato al mondo esterno – Molly e Silente, più di tutti. 
 
“Aspetta George”, rispose al fratello, toccando la mano che l’altro aveva posato sul suo braccio. “Va’ avanti, io ti raggiungo. Sveglio Lee, altrimenti non ci darà tregua quando lo verrà a sapere.” Sorrise della propria mezza verità.
 
“Se,” George ammiccò furbo. “se lo verrà a sapere.”
 
Fred rise, non era soltanto il pensiero dell’amico ad alleggerirgli l’animo; piuttosto, il senso di libertà e leggerezza che gli aveva dato sbloccare quel forziere.
“Se lo verrà a sapere” ripeté, la voce ancora rotta dalla risata.
 
Il richiamo di un gufo, fuori dalle finestre della torre di Grifondoro, attrasse l’attenzione di George che si precipitò giù, saltando gli scalini per raggiungere il prima possibile la propria meta.
 
La destinazione di Fred, invece, non era in fondo la rampa, bensì sulla sua cima: niente meno che Hermione Granger.
 
The End


Chiudiamo, questa volta per davvero, con il capitolo che avete appena letto.
Cosa ne pensate? Cosa vi ha lasciato?

Ho ricreato una situazione di incontro simile a quella del capitolo 3 (al campo di allenamento), volevo che la ripetizione desse la sensazione di stare "riprendendo" dal punto in cui Hermione e Fred si erano interrotti, soltanto che i due si ritrovano più coscienti e consapevoli di quello che realmente provano. Nonostante siano passate poche ore, insomma. Un "Moment of Being" alla Virginia Woolf.

Devo confessarvi che l'ho preparato da tempo, ma temevo di pubblicarlo. Non so esattamente il motivo, ma non mi sembrava (e sembra) mai all'altezza.
L'ho revisionato più o meno quattro volte e ho cambiato qualcosina anche in fase di formattazione del testo qui su EFP.
Se dovesse essermi sfuggito qualche errore, imprecisione, o avessi preso uno scivolone in qualche punto del testo, vi prego di dirmelo. 

Come sempre, vi ringrazio.
Grazie per la lettura, la costanza e la pazienza.
Grazie, e a presto.
   
 
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