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Autore: Lost In Donbass    13/09/2018    1 recensioni
Denis è arrogante, spaccone e attaccabrighe, ma in realtà cerca solo qualcuno da amare. E che lo ami a sua volta.
Valentina è depressa e devastata, ma riesce sempre a dipingersi un sorriso sulle labbra. Per ora.
Ylja ha una famiglia distrutta, un fidanzato disturbato e gli occhi più belli di tutta la Russia. Però è tremendamente stanco.
Valerya ha tanti demoni, lo sanno tutti. Nessuno però ha mai tentato di esorcizzarla.
Aleksandra sembra essere la ragazza perfetta, anche se nasconde un segreto che non la farebbe più sembrare tale.
Kuzma tira le fila e li tiene tutti uniti, è quello che li salva. Eppure sa che non farà una bella fine.
Sono arrabbiati e distrutti. Sono orgogliosi e violenti. Amano, odiano, bevono e si sballano.
Sono i ragazzi del Blocco di Ekaterimburg e questa è la loro storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO SEI: DENIS SI INNAMORA

Мы самые ненормальные в этом городе,
И я что-то чувствую к тебе вроде бы.
С первой ноты угадаю твою мелодию,
Твои глаза круче лёгких наркотиков.
 
(Siamo i più anormali in questa città,
E apparentemente provo qualcosa per te.
Dalla prima nota, indovino la tua melodia,
I tuoi occhi sono più forti di una droga leggera)

[Elvira T – Мутный]

 
-Penso che Sasha mi voglia lasciare.
Fu con quella frase secca e un poco arrabbiata che Denis inaugurò la conversazione con Valerya, mentre passeggiavano per le strade del Blocco. La ragazza lo guardò, sfarfallando le lunghe ciglia, piegando la testa da un lato.
-Come? Non ci posso credere, Denisoch’ka.
-Ma è sicuramente così, Lera.- si infilò le mani nelle tasche del chiodo e scosse il capo – Altrimenti perché continuerebbe a tenermi il muso, a evitare graziosamente ogni tentativo di scopata, e a fare finta di nulla?
-Magari è solo stanca.- Lera si strinse nelle spalle, lasciando frusciare la lunga coda di cavallo scarlatta. – Spesso le ragazze sono strane.
I due si stavano dirigendo verso l’indirizzo di Marina Petrachenko. Dopo essersi ripresi dallo shock, i ragazzi avevano aggiornato Lera su tutto quello che era successo, e lei aveva pensato che doveva ringraziarla in qualche modo. Quindi eccoli lì, lei e il suo cavaliere mattutino, con un pacco di cioccolatini, pronti a sfidare l’avvenente dottoressa della sera prima.
-Apprezzo il tuo tentativo di consolarmi, Leroch’ka, ma … no. L’ho capito che vuole rompere. Da un lato, ti dirò, forse aggiusterebbe un sacco di cose.
Denis non sapeva se essere sollevato oppure devastato. Quanto da un certo punto di vista sapeva che lui e Sasha non erano altro che amici con benefici, quanto dall’altro era veramente affezionato alla ragazza. Se ci fosse stata Valentina, sicuramente gli avrebbe detto “la ami?”. Non avrebbe saputo rispondere. Certo, era una ragazza meravigliosa, da tutti i punti di vista. Ma sarebbe stato pronto a morire per lei? A dedicarle una canzone? Sarebbe scappato a San Pietroburgo con lei? No, probabilmente no. Avrebbe sempre scelto Kuzma, il suo migliore amico, per essere spalleggiato nelle avventure più folli. Non poteva essere altrimenti, perché di fronte a lui tutto il resto sfumava. Sfumava pure Sasha, che avrebbe dovuto essere il primo dei suoi pensieri, ma che, chissà perché, finiva sempre in fondo alla lista. Denis si passò una mano tra i capelli scuri, alzando lo sguardo al cielo perennemente grigio. Era un posto triste, Ekaterimburg, triste e solitario ma a lui piaceva. Non aveva nessuna intenzione di scappare, non voleva abbandonare il Blocco, il suo regno, la sua casa. Ci era nato dentro, era stato il Blocco a forgiare il suo carattere orgoglioso e bastardo, era stato quell’ammasso di cemento a farlo diventare quello che era, e lui voleva restargli fedele. Il sangue siberiano rombava nelle sue vene, non taceva mai, gli ricordava puntualmente che lui non si sarebbe mai lasciato alle spalle quella città infernale. Aveva paura del mondo esterno? Non lo sapeva. Il non aver mai messo piede fuori da Ekaterimburg gli lasciava addosso quel dubbio, la paura dell’ignoto, di tutto quello che c’era fuori dai palazzi distrutti. Lì era al sicuro, era rispettato, era forte, era il capo, ma fuori cosa sarebbe stato? Niente, solo un ragazzino della periferia dell’impero, con un orribile accento strascicato e gli occhioni dolci. Null’altro che quello, e a Denis non andava bene. Lui voleva essere la stella decadente che era, e se il prezzo da pagare per esserlo era rimanere lì, allora ci sarebbe rimasto. Amava Ekaterimburg, amava la sua bruttezza, la sua violenza, la sua ferocia. Amava le strade che lo avevano messo al mondo, e voleva rimanere in quell’inferno perché sapeva che era l’unico posto dove si sarebbe sentito a suo agio. Potevano dirgli che era un ragazzotto semplice, ignorante, stupido, tutto quello che volevano ma per lui il Blocco era più importante di qualsiasi altra cosa. Voleva vivere sotto quei cieli di perla, respirare quell’aria malsana, calcare ancora quelle vie fumose. Non l’avrebbero mai strappato da Ekaterimburg. Poco ma sicuro.
-Non lo so, Den.- rispose Lera, facendo dondolare il sacchetto con i cioccolatini da regalare a Marina. – Non vorrei che si incrinasse qualcosa tra noi.
Il ragazzo sorrise, e passò un braccio attorno alla vita di lei, stringendosela contro
-Non succederà mai, Leroch’ka. Ti ricordi? “La banda del Blocco è per sempre”. Deve ancora nascere il bastardo che ci separerà.
Valerya sorrise, e le lentiggini con lei, mentre si avvicinavano a uno dei grossi palazzi tutti uguali, con il numero civico malamente dipinto sulla parete.
-Guarda, dovrebbe essere questo.
Il portone era aperto, e i due sgattaiolarono dentro, prendendo le grosse scale mai pulite che si aprivano su lunghi corridoio malamente illuminati. Sarebbe stato un posto inquietante per chiunque, ma non per i ragazzi del Blocco, abituati a vivere nel degrado di quei condomini lasciati a loro stessi. Il corridoio dipinto di un triste verdolino aveva dei vecchi neon che andavano ad intermittenza, lanciando inquietanti ombre sui muri, e deformando malamente le ombre stesse dei ragazzi, impegnati a capire quale delle mille porte di alluminio fosse la loro. I loro passi rimbombavano tristemente nel silenzio irreale, e quando finalmente trovarono la porta, lo strillo di Lera echeggiò nel silenzio, distorcendosi in un rumore da brivido. Denis si chiese se amasse anche quello, del Blocco, e decise che sì, amava anche quelle case da incubo. Non si sarebbe mai abituato a vivere in un bel palazzo moscovita, o, peggio, in una casetta con giardino di qualche Paese straniero. Aveva bisogno del degrado e del cemento tanto quanto aveva bisogno del sesso. Il sesso, che lo rodeva e distruggeva da dentro, la sua droga, la sua passione più sfrenata. Denis non lo faceva apposta ad essere sempre perennemente arrapato, e spesso si chiedeva se non avesse qualche problema. Ma poi si ricordava che aveva diciotto anni, era siberiano ed era il ragazzo più bello di Ekaterimburg e si consolava: tutto normale, tutto secondo i piani. Non aveva mai fatto mistero con nessuno della sua sessualità estremamente aperta, gli piacevano ragazze e ragazzi indiscriminatamente, si innamorava facilmente, e altrettanto facilmente si stufava, si divertiva più che poteva. Era Denis, era fatto così, e non lo avrebbero cambiato. Si risvegliò dai suoi pensieri e  bussò alla porta. Lera sembrava emozionata, e non le dava torto. Dio, quella dottoressa era una sventola incredibile. Pure la cantante ucraina che aveva adocchiato qualche giorno prima diventava una scialba ragazzetta al suo confronto. Aspettarono un po’, e proprio quando si stava accingendo a bussare una seconda volta, la porta venne aperta. Ma non era Marina quella sull’uscio, piuttosto … Denis deglutì rumorosamente, cercando di darsi un minimo di contegno, anche se i suoi ormoni stavano impazzendo. Era difficile incontrare un uomo bello come quello che aveva appena aperto loro la porta. Ed era ugualmente difficile cercare di mantenere una sorta di contegno. L’uomo, che avrà avuto suppergiù trent’anni, era alto ed estremamente magro, coperto di tatuaggi dal collo in giù. Tatuaggi che Denis avrebbe voluto scrutare e decifrare, in un bisogno irrefrenabile di toccarlo. Sentì Lera irrigidirsi al suo fianco, e istintivamente le prese la mano, cercando di rassicurarla. Tutti sapevano quanto si agitasse di fronte ad uomini estranei. L’uomo alzò un sopracciglio, passandosi una mano tra i capelli scuri.
-A chi devo il piacere?
Anche la voce era sesso, pensò Denis. Se l’era aspettata bassa e roca, mentre invece era cristallina, malinconica, anche se venata da un sarcasmo pesante. Si adattava perfettamente a quel viso magro, col naso dritto, gli occhi pungenti di uno strano grigio metallico, il ghigno sottile della bella bocca.
-Stiamo cercando Marina Petrachenko. La dottoressa.- rispose Denis, cercando di darsi un contegno, anche se sapeva di non starci riuscendo. Rinsaldò la presa sulla manina di Valerya, che fissava inquieta i tatuaggi dell’uomo.
-Davvero?- l’uomo ghignò, e quel ghigno era tante cose. Ironico, cattivo, divertito, dolce. Troppi contrasti in una stessa persona.
-Sì. Possiamo entrare?- ribatté Denis, sfoderando il suo ringhio migliore.
-Prego.- l’uomo si fece da parte, anche se lo sguardo ironico non lo abbandonava, e i due ragazzi entrarono, uno fingendo di fare lo spavaldo e una già in agitazione.
Erano in un salotto piccolo e disordinato, dove sembrava fosse appena scoppiata una bomba. La puzza di fumo e marijuana dava quasi alla testa, nonostante la finestrella spalancata. Un grosso gatto rosso riposava sul divano sfondato, mangiucchiando i rimasugli di una pizza gelida abbandonata sul pavimento. Lo stereo pompava musica metal a tutto volume, e Lera si strinse ancora più forte a Denis. Stava cominciando ad agitarsi, e non era un buon segno. Denis stava quasi per cominciare a consolarla, che l’uomo urlò
-Marin’ka, ci sono ospiti per te!
-Ospiti?!
E finalmente Marina fece il suo trionfale ingresso nella stanza. A vederla così, tutta la magia del giorno prima scompariva sensibilmente. Rimaneva sempre una donna bella e sensuale, certo, ma con quella tuta sformata e la crocchia arruffata era decisamente molto più umana.
-Oddio, i ragazzini del Samovar!- strillò, andando loro incontro – Che bella sorpresa!
Come di consueto, Lera l’abbracciò e Denis tirò un sospiro di sollievo. Non sapeva come facesse, ma sembrava che Marina avesse un effetto estremamente positivo sulla rossa. La vide calmarsi e distendere i muscoli del viso, lasciando che la donna le facesse qualche complimento sul vestito a pallini verdi e azzurri che indossava. Un problema di meno, ragionò, ci mancava giusto avere Lera in crisi e doversi rapportare anche col dio tatuato che sembrava volerselo mangiare con gli occhi. Doveva calmarsi, e calmare soprattutto i suoi ormoni.
-Siamo venuti a ringraziarti per ieri.- cinguettò Lera, allungandole il sacchetto – Mi sentivo in debito per quello che hai fatto per me.
-Che carini che siete!- continuò a strillare Marina, e Denis si chiese se fosse capace di parlare a voce bassa. – Non  dovevate disturbarvi. Hai visto, Yura?!
L’uomo sogghignò, e Denis era sempre più convinto che li stesse prendendo amabilmente in giro tutti quanti.
-Adorabili davvero, Marin’ka. Comunque piacere, io sono Yurij Seriabkij. Ma chiamatemi pure Yura, se preferite.
Yurij gli tese la mano tatuata e inanellata, e Denis, stringendogliela, venne percorso da un brivido. Eccitazione, timore, tutto insieme. Rimase per un attimo perso a guardare quegli occhi d’acciaio così simili al cielo siberiano, e quasi balbettò quando si presentò. Non gli era mai successo di incontrare una persona che lo travolgesse così tanto. Gli aveva fatto dimenticare tutti, Sasha, i ragazzi, persino Kuzma. Tutto scivolava via di fronte a Yurij, alla sua bellezza volgare e violenta, alla sua voce tossica. Denis non credeva nell’amore a prima vista, ma non poteva fare a meno di pensare di ritrattare tutte le sue credenze.
-Magari Valerya vuole venire un attimo con me di là, che ne dici?- disse Marina, poggiando una mano sulla schiena della rossa, con un sorriso che avrebbe sciolto qualunque uomo. Ma che non scompose minimamente la ragazza che annuì, contenta, e fece segno a Denis che andava tutto bene. Il ragazzo le sorrise a sua volta, anche se non gli andava di rimanere solo con Yurij. Avrebbe tanto voluto seguire le due donne in cucina, magari bere un the caldo, mangiare uno o due di quei deliziosi cioccolatini. Sicuramente preferibile che essere di fronte a un uomo bellissimo e letale, col rischio di eccitarsi proprio nel momento meno opportuno.
Fu quasi con terrore che le vide avviarsi fuori dal salotto. Pure il gatto rosso, il suo ultimo alleato, le seguì. Gli parve quasi che Yurij lo stesse guardando con aria di commiserazione, ora che era solo e indifeso. Mantieni la calma Den, si disse, passandosi una mano tra i capelli. È solo un tocco di paradiso scaraventato in un appartamento lercio. Puoi farcela, Shostakovich. Ma non poteva.
 
Yurij lo stava facendo suo con una forza inaudita, tanto che il letto sbatteva rumorosamente contro la parete scrostata. Lui urlava il suo nome a squarciagola, graffiandogli la schiena, in un amplesso che andava facendosi sempre più violento, verace e devastante. Le loro bocche si intrecciavano in un gioco perverso, divoratore, appassionato, finché non decise di ribaltare le posizioni e schiacciare l’uomo tatuato sul materasso sudato, cominciando a cavalcare la sua erezione gonfia e dura come marmo. Continuava a strillare, sentendo le mani di Yurij arpionargli i fianchi magri. Adorava sentirlo urlare il suo nome, mentre l’orgasmo si faceva sempre più vicino per entrambi, sempre più vicino, sempre più vicino …
 
-Bellezza, Marina mi aveva detto che la rossa era autistica, non pensavo lo fossi anche tu.
Il tono canzonatorio di Yurij lo distrasse dal sogno pornografico nel quale era caduto, e quasi lo fece sobbalzare. Pregò che il suo corpo non avesse reagito in maniera poco consona, e tossì, cercando di darsi un contegno.
-Non sono autistico!- ribatté, con la voce più acuta del normale.
Cristo, ci mancava solo la trance ad occhi aperti. Ma perché tutte a lui? Perché non era venuto Kuzma ad accompagnare Lera, Kuzma, che sembrava immune a qualsiasi persona, per quanto bella fosse?
-Un sognatore, forse?- Yurij ghignò, e per un attimo a Denis sembrò che gli avesse letto nella mente, che avesse assistito al suo pensiero. Dannazione.
-E tu un ficcanaso, forse?- tentò di fare il duro, come era solito fare, ma di fronte a quegli occhi che urlavano determinazione e violenza tutti i suoi tentativi di darsi un tono scadevano tristemente nella farsa.
-Forse, Denis.
Aveva un modo di pronunciare il suo nome che faceva venire le farfalle nello stomaco al ragazzo. Così sexy, misterioso, affascinante … quanto avrebbe voluto che glielo sussurrasse direttamente nell’orecchio, magari mordicchiandogli il lobo, mentre con le mani gli levava la maglietta e gli palpava il fondoschiena. Cristo, avrebbe dovuto darsi una calmata.
-La rossa è la tua ragazza?- chiese con falsa noncuranza Yurij, lasciandosi cadere su una poltrona semi sfondata e facendogli segno di accomodarsi sul divano.
-No, è una mia amica.- Denis tentò per lo sguardo più arrogante che gli riusciva – Marina è la tua donna?
-No, è una mia amica.- gli fece il verso Yurij, accendendosi una sigaretta – Anzi, la mia coinquilina, per essere precisi. Vuoi?
Gli offrì una sigaretta, che il ragazzo prese con molta circospezione. Non poté a meno di notare lo sguardo divertito dell’uomo, e allora se l’accese, rapidamente, quasi soffocandosi con la prima boccata. Sì, si stava decisamente rendendo ridicolo. Doveva recuperare in qualche modo, non esisteva che si facesse mettere i piedi in testa da un tipo simile. Doveva farsi valere, era il dannatissimo capo della Banda del Blocco, il manipolo di adolescenti peggiore della città. Aveva una faccia da mantenere, un nome da non infangare.
-Abbiamo conosciuto Marina ieri notte, al Samovar degli Dei.- iniziò, noncurante, e abbastanza fiero del tono arrogante e sicuro di sé che era riuscito ad adottare – Devo dirlo, io e i miei amici siamo piuttosto di casa lì dentro. Un posto come un altro, eh, nulla di speciale, ma ogni tanto ci divertiamo a fare una capatina.
Felice del risultato della sua bugia, era pronto a godere dell’occhiata ammirata di Yurij. Che non arrivò.
-Davvero? Che strano, perché non ti ho mai visto. E io devo dire che ci vado molto, molto spesso.
Yurij ghignò a vedere Denis impallidire di colpo, e tentare di recuperare fingendo di riaccendersi la sigaretta. Un ragazzino idiota, come tutti i bulli di quartiere. Sì, idiota, ma estremamente carino. Ed interessante.
-Magari non hai guardato abbastanza attentamente.- Denis sorrise a sua volta, fiero di come era riuscito a riprendersi dalla débacle.
-Non mi sarei mai fatto sfuggire un visino come il tuo, dolcezza.
Senza nemmeno che Denis se ne fosse accorto, Yurij si era pericolosamente avvicinato. Lui, i suoi tatuaggi e il suo sguardo predatore. Il ragazzo sentì il suo profumo forte di colonia e sigarette, che dava alla testa come una droga e per un attimo sprofondò di nuovo nel torpore dettato dalle sue fantasie. Dormire nel suo letto, in un tripudio di coperte, gambe intrecciate e cuscini stropicciati. Svegliarsi la mattina, indossare una delle sue magliette e scendere a fare colazione. Guardare un film insieme, abbracciati. Farsi la doccia insieme e lasciare che l’acqua lavasse via la loro passione. Yurij gli comunicava troppe emozioni devastanti, cose che nemmeno Sasha, o nemmeno Kuzma, gli avevano mai fatto venire in mente, dagli anni che si frequentavano. Era amore a prima vista, quello? Se lo era, Denis decise che era davvero scomodo, perché lo stava destabilizzando più di quanto lo volesse ammettere a sé stesso.  Lo aveva appena visto, eppure già era stato travolto da un mare di sensazioni terribili eppure meravigliose. Voleva Yurij, non c’era altro modo per dirlo. Si chiese se andarci a letto una volta lo avrebbe aiutato a mettere a tacere tutti quegli stupidi scenari stucchevoli che si stavano proponendo, anche se da un lato non avrebbe voluto smettere di sognare. Si stava sentendo così bene a immaginarsi in cucina con Yurij, a mangiare pane tostato imboccandosi. L’ultima volta che Sasha gli aveva proposto una cosa del genere, l’aveva guardata come fosse matta, e si era divorato i suoi toast da solo, ben lontano dall’ infilarli in bocca alla bionda. Quando poi lei se n’era uscita con l’idea di andare insieme a fare una breve gita fuori porta, lui aveva pensato bene di invitare tutta la banda con loro. Lei si era offesa, e gli aveva tenuto il muso tutto il giorno. Se gliel’avesse detto Yurij, però, Denis era già sicuro che sarebbe volato senza dirlo ad anima viva, per godersi quella meraviglia ossuta e tatuata da solo. Sì, non c’era storia. Quell’uomo lo stava già facendo ammattire.
Fece per dire qualcosa, sentendo il profumo di Yurij farsi sempre più conturbante, che la voce allegra di Marina interruppe il loro strano flirt.
-Eccoci di ritorno!
Yurij e Denis si allontanarono di scatto, come se fossero stati scottati, e tutta l’eccitazione che c’era nell’aria scomparve, lasciando i due vagamente straniti.
Denis si alzò di scatto, catapultandosi accanto a Valerya
-Allora, Leroch’ka, possiamo andare?
-Sì, Den!- cinguettò la rossa, scuotendo la lunga coda di cavallo – Marina ha detto che una volta o l’altra potremmo rivederci, magari anche con gli altri.
-Oh. Sì. Sarebbe … stupendo.- balbettò Denis, incrociando lo sguardo d’acciaio di Yurij. Che gli sorrideva sadicamente. – Magari adesso andiamo, però.
-Certo, ma tornate pure a trovarci. Siete forti, Banda del Blocco.- rise Marina, accompagnandoli alla porta e salutandoli.
-Potremmo continuare la nostra chiacchierata, Denis.- concluse Yurij, appoggiando una mano sulla spalla della bionda e regalandogli uno dei ghigni più sensuali e pericolosi che il ragazzo avesse mai visto.
-Non vedo l’ora, Yurij. Non vedo l’ora.- rispose, schiacciandogli l’occhio, pregando con tutto sé stesso di non essere sembrato un completo e penoso marmocchio. Cosa che probabilmente sembrò, vista la risata di Yurij.
Quando Marina chiuse la porta, e lui e Lera si avviarono a braccetto verso l’uscita, il giovane capobanda era giunto a una conclusione, tragica eppure eccitante: si era innamorato. Si era innamorato di Yurij Seriabkij.
  
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