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Autore: Morghana    15/09/2018    1 recensioni
Con il permesso di Briz65, autrice di "Con gli occhi di Lisa" (GRAZIE MILLE, AMICA MIA!) mi sono avventurata in un possibile seguito della vicenda... in pratica le ho sgraffignato il titolo e l'idea, per andare avanti a modo mio.
Lisa, la spia kamikaze del pianeta Zela che avrebbe dovuto distruggere il Drago Spaziale, è stata salvata dal coraggio e dall'amore di Sakon, l'ingegnere capo ed ora è una fedelissima alleata dei terrestri, oltre che la compagna di vita del suo salvatore. Ma la sua presenza non ha cambiato soltanto la vita di Sakon: tutti, a bordo, hanno imparato a guardare il mondo attraverso i suoi occhi colmi di speranza nel domani.
Forse il destino ha qualcosa in serbo anche per qualcun altro?
(Ispirata dall'episodio n.8 "Il Drago Spaziale impazzisce")
(La FF "di partenza" la trovate qui... https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3790849&i=1)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*

Lisa giocherellava con alcune conchiglie raccolte sulla spiaggia, al termine di una delle tante passeggiate fatte con Sakon, in quei primi due mesi della sua nuova vita sulla Terra.

Si erano seduti sulla sabbia, sul grande telo di spugna che avevano preso l'abitudine di portare con loro, appunto per mettersi comodi a chiacchierare in riva al mare.

Lui però, fiaccato da una giornata di lavoro intensissimo, aveva finito per sdraiarsi ed assopirsi, con il sorriso sulle labbra. Lisa lo lasciò riposare, sorridendogli a sua volta e distendendosi prona al suo fianco, accarezzandogli lievemente la mano che aveva posato sul petto.

Fu però un sonno di breve durata, perché dopo poco sentì l'altra mano di Sakon scivolarle intorno al collo, per attirarsela vicino.

“Sei felice, Lisa?” le chiese sussurrando, senza aprire gli occhi.
“Perché non dovrei esserlo?” gli rispose lei, con lo stesso tono.
“Penso spesso a come tu ti possa sentire, lontano dal tuo pianeta e dalla tua gente... ho sempre il timore che tu possa soffrire di nostalgia.”

Riaprì gli occhi, ravviandole dolcemente con le dita i capelli scompigliati dalla brezza marina.

“Promettimi che non ti terrai nulla dentro... che ti sfogherai con me, che mi parlerai di quel che senti e che provi, se il rimpianto dovesse farsi sentire. Promettimelo, Lisa.”
“Ti prometto che lo farò, se dovesse capitare, ma finora non è mai successo e non credo succederà mai. Il mio pianeta è destinato ad essere inghiottito dal buco nero e, prima o poi, gli zelani dovranno abbandonarlo comunque. Io l'ho soltanto lasciato prima di loro, ma sarebbe comunque accaduto.”

“Non ti mancano i tuoi amici, o i tuoi parenti, se ne hai ancora?”
“Sakon, qui sulla Terra ho ritrovato tutto ciò che avevo perduto: la mia casa, la mia famiglia, i miei cari siete voi, oggi e per sempre. Non rinnego la mia gente, ma non avrebbe senso rimpiangere quello che non si può più avere, soprattutto quando si è trovato qualcosa che lo compensa ampiamente.”

“E... cosa sarebbe, questo qualcosa?” domandò Sakon, con voce dolce, circondandola con le braccia e traendola a sé, sprofondando con gli occhi nei suoi.
Sapeva già quale risposta gli avrebbe dato Lisa, ma non era mai stanco di sentirselo dire e non lo sarebbe mai stato.

“Non è una cosa, Sakon, è una persona e lo sai bene. Sai benissimo di essere tu... e non perché mi hai salvato la vita. Cioè, anche per questo, ma è il motivo che è venuto per ultimo. Sei tu perché... sei tu.” gli confessò Lisa con una semplicità disarmante.

“Ti amo...” sussurrò Sakon, prima di baciarla.
“Ti amo anch'io...” gli rispose lei, staccandosi dalle sue labbra giusto il tempo necessario per dirglielo, prima di riprendere da dove avevano interrotto.

Si rialzarono solo al tramonto, per rientrare nel faro ed andare a cenare, ma il meraviglioso spettacolo del sole infuocato che sembrava annegare nel mare fece su Lisa l'effetto di una calamita.
Si avvicinò di più al bagnasciuga, come per ammirarlo meglio.

Sakon sentì il suo bisogno di isolarsi momentaneamente e lo rispettò, restando a distanza. Solo quando fu lei stessa a chiamarlo, dopo alcuni minuti trascorsi a contemplare l'orizzonte screziato di rosso, si avvicinò, fermandosi dietro di lei.

“Sakon...”

“Sì?” mormorò lui, teneramente, aspettandosi una delle tante confidenze che lei, aprendosi pian piano, gli stava facendo negli ultimi tempi.
Confidenza che, puntualmente, arrivò.

“Sai... non ricordo di aver mai visto un vero tramonto, su Zela. Sigma, il nostro sole, aveva già cominciato a tramutarsi in un buco nero quando io ero piccina ed i suoi colori, quando tramontava, erano pallidi e smorti. Sembrava semplicemente offuscarsi e spegnersi...” concluse, tristemente.

Si sentì abbracciare alle spalle.

“So che è impossibile dimenticare i luoghi e le persone, Lisa... sentiti libera di parlare e di sfogarti, anche di piangere, se ne senti il bisogno, ma ora il tuo pianeta è questo. Il tuo pianeta, mi comprendi? Qui non sei un'ospite, ma sei a casa tua. Lo hai detto tu stessa, prima: adesso è questa la tua casa e noi, tutti noi, siamo la tua famiglia.”

Due lacrime scesero dagli occhi di Lisa, cadendo come gocce lucenti sulle mani di Sakon... che la strinse ancora di più a sé.

“Piangi... piangi pure. Tira fuori più dolore che puoi, ti farà bene... ma lascia che ti faccia io una confessione, ora.”

Le girò intorno, mettendosi di fronte a lei e prendendole il volto tra le mani.

“Quando ti vidi piangere per la prima volta, mentre inveivi contro di noi per aver ucciso tuo fratello, i tuoi occhi erano appannati dal dolore... e per una frazione di secondo pensai a quanto avrebbero potuto illuminarsi se, invece che di dolore, tu avessi pianto di gioia. E' da allora che ho questa speranza...”

“Vuoi dire che...”
“Sì, Lisa... è questa la mia più grande aspirazione: farti piangere... ma di gioia. E ci riuscirò, te lo prometto.” concluse, un attimo prima di immergere le labbra nelle sue.

Finirono per dover mandare giù una cena ormai fredda, quando rientrarono nel faro.
Ma a nessuno dei due interessava quel che stava nel piatto e la relativa temperatura.

Erano, semplicemente, felici.

*

“Avanti!” invitò il dottor Daimonji, sentendo bussare alla porta della sua piccola biblioteca personale, dove si era recato dopo cena per mettersi comodo in poltrona a leggere un po'.

“Salve, dottore... posso disturbarla?” chiese Lisa, facendo capolino con un sorriso.
“Disturbo? Quale disturbo? Entra, ragazza mia, entra pure... accomodati. Cosa posso fare per te?” fu l'accoglienza benevola e premurosa dello scienziato, che le indicò la poltrona di fronte a lui.

Gli risposero un sorriso ed una frase sibillina, mentre Lisa si sedeva: “Diciamo... essermi complice?”
“Complice? E, sentiamo... per cosa?” chiese lo scienziato, chiudendo il libro e togliendosi gli occhiali da lettura, incuriosito e divertito dall'espressione birichina della giovane.

In poche parole, Lisa gli spiegò quel che aveva in mente di fare e, sebbene poco persuaso, lui le diede il suo assenso e le promise il suo aiuto ed il suo silenzio.
In fondo, quella di Lisa poteva non essere una cattiva idea.

Un paterno bacio del dottore sulla fronte, al momento del commiato, spinse la ragazza a fare quanto da tempo desiderava fare: abbracciarlo e ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto e stava facendo per lei.
Ne fu prontamente ricambiata, non soltanto con l'abbraccio ma anche con le parole che le rivolse, degne in tutto e per tutto di un padre amoroso che parlasse alla propria figlia.

“Lisa, non hai nulla per cui ringraziarmi. Semplicemente, per mio tramite, il destino ha voluto restituirti quello che ti è stato portato via: il tuo pianeta, la tua casa e la tua famiglia, in particolare tuo fratello. Tutto quel che ho fatto e che farò, per te, lo considero a pari merito un dovere ed una gioia, sappilo... ti sei rivelata una sorella, per Midori, oltre che un'amica sincera ed un'alleata preziosa e quindi, semmai, siamo tutti noi a dover ringraziare te.”

“Dottore...” alitò appena Lisa, ad un passo dal commuoversi.

“Papà, figliola... se accetti di considerarmi tale. Non pretendo certo di prendere il posto di tuo padre, ma se sei come una sorella per Midori, mi sembra giusto che mi chiami così, come mi chiama lei. Non ti sembra?” sorrise il dottor Daimonji, tenendola affettuosamente tra le braccia.

Lisa respirò profondamente per riprendere fiato, prima di rispondere.

“Dottore... in un certo senso ora lei è davvero mio padre, visto che devo anche a lei l'essere qui, ancora viva. E' vero che è stato Sakon a disinnescare materialmente la bomba, ma non avrebbe potuto farlo senza il suo permesso. Ero condannata a morte, oramai... ed è stato lei a farmi grazia della vita.”

“No, Lisa, non è del tutto esatto. Anche io, come Sakon, avrei fatto l'impossibile per salvarti, ma ti posso assicurare che lui avrebbe agito comunque, anche contro i miei ordini. E' sempre stato ligio alla disciplina ed all'obbedienza ai superiori, ma ha una volontà ferrea ed, in quel momento, la sua volontà era quella di salvarti... o di morire con te.”

“Lei può anche non credermi, dottore, ma a volte ho l'impressione di essere la protagonista di una fiaba... o di un miracolo.”
“Beh, figliola, tra poco più di un mese arriverà il Natale... ed i cristiani dicono che il Natale sia proprio la festa dei miracoli. Magari nel tuo caso Gesù Bambino si sarà sbrigato in anticipo, vista l'urgenza, però... chi può dire che non sia stato così?”

“Natale? Gesù Bambino?” chiese Lisa, perplessa.

“Non conosci la storia del Natale?”
“No... mai sentita.”
“Allora siediti... te la racconto.”

“Ma... non sono un po' grandicella per le favole?” sorrise Lisa.
“Non si è mai troppo grandi per sognare, piccola.” le rispose il dottore, ricambiandole il sorriso e facendole cenno di tornare a sedersi.

“Sì... papà!” esclamò lei, di getto, in un impulso che le scaturì dal cuore e che le guadagnò un secondo bacio sulla fronte ed un secondo abbraccio dal dottore.

Si sedettero l'uno di fronte all'altra e lo scienziato, che sentiva davvero di aver acquisito una seconda figlia, prendendole le mani tra le sue, iniziò a parlare.

Se qualcuno li avesse visti, in quel momento, avrebbe davvero creduto di avere dinanzi un papà che stesse raccontando una fiaba alla propria figlioletta dagli occhi sognanti.

*

Era trascorso un altro mese ed il 24 dicembre si stava avvicinando a grandi passi.
Nonostante pochissime persone dell'equipaggio fossero di religione cristiana, si era stabilito di festeggiare esattamente alla maniera dei cristiani, con tanto di cena della Vigilia e pranzo di Natale.

Sakon, insieme a Midori e Sanshiro, le spiegò il significato di quella festività, sia come ricorrenza appartenente al Cristianesimo sia come occasione di festa per i giapponesi, sebbene in maggioranza buddisti e scintoisti... e Lisa, comprendendo come e quanto tenessero a farla partecipe delle usanze e tradizioni terrestri, si guardò bene dall'obiettare che il dottor Daimonji le aveva già raccontato ogni cosa al riguardo.

Si divertirono entrambi nel preparare ed addobbare il tradizionale albero, insieme ai loro compagni ed, incredibilmente, anche Pete fece la sua parte, poco loquace come al solito ma con il lieve sorriso che, da un po' di tempo, gli illuminava spesso il volto.

I giorni passarono veloci e sempre più saturi di aria natalizia, nonostante la guerra e le battaglie sempre più aspre contro le forze dell'Orrore Nero... l'unica cosa che guastò quell'atmosfera, per Sakon, fu il constatare che Lisa aveva iniziato a ricevere telefonate sul cellulare di servizio che, tempo prima, le era stato offerto dal dottor Daimonji in persona.

Lei non conosceva nessuno sulla Terra, a parte lui e l'equipaggio del Drago, con il quale, oltretutto, comunicava attraverso il bracciale radio, quindi chi diavolo poteva essere a telefonarle così spesso ed a sentirsi rispondere così amichevolmente? Lei non faceva nomi mentre parlava, non lasciava capire se si trattasse di un uomo o di una donna e quando, più volte, le aveva chiesto chi fosse il suo interlocutore, lei gli aveva invariabilmente risposto con un risolino, un bacio ed un “Sorpresa di Natale!”, rifiutandosi di aggiungere altro.

Nonostante sapesse benissimo di non avere alcun motivo per dubitare di lei, una volta aveva anche ceduto al pungolo della curiosità (e, sì, ammise con sé stesso, anche ad un pizzico di gelosia) ed aveva approfittato di un suo attimo di disattenzione per impadronirsi di soppiatto dell'apparecchio... ma senza ricavarne nulla: il registro delle chiamate era disattivato, gli unici nomi contenuti nella rubrica erano quelli dei loro compagni di equipaggio e lui non voleva assolutamente rischiare di offenderla facendole domande... anche perché, così facendo, si sarebbe automaticamente autoaccusato di averle sottratto ed ispezionato il cellulare.

Alla fine decise di soprassedere: se era una sorpresa natalizia, avrebbe atteso che il Natale arrivasse e, finalmente, avrebbe saputo di cosa si trattava. Dopotutto, il fatto che Lisa rispondesse al telefono senza problemi anche in sua presenza ed il modo rilassato e divertito con cui parlava con il suo interlocutore, erano la prova lampante che non c'era nulla di cui sospettare o preoccuparsi.

*

“Ragazzi, a tavola!” fu l'informale, squillante ed allegra comunicazione di Midori dall'interfono, richiamando l'intero equipaggio alla cena natalizia.

“Finalmente, ho una fame che non ci vedo!” fu la ridanciana risposta, approvata all'unanimità dagli altri piloti, di Yamatake, mentre il dottor Daimonji – affamato anche lui e pregustando le prelibatezze preparate per l'occasione – aveva già imboccato la porta della sala controllo in direzione sala mensa.

C'erano rami di vischio dappertutto, insieme alle tradizionali decorazioni rosse e dorate, scintillanti di luci. Tutti i tavoli avevano, al centro, delle bellissime composizioni di rametti di abete, dalle quali spuntavano candele rosse pronte per essere accese e piccole pigne dipinte di color oro.

Sakon sapeva che quei deliziosi centrotavola erano il risultato del lavoro comune di Lisa e Midori e volle complimentarsi immediatamente con entrambe, ricevendone in cambio un bacio sulla guancia da Midori ed uno, nello stesso modo, da Lisa.

“Ehi... che razza di bacio è questo?” protestò scherzosamente.
“Siamo in pubblico, Sakon...” gli rispose lei, altrettanto scherzosa ma con una punta di imbarazzo.
“Non mi interessa... vieni qui.” disse lui, stringendola alla vita e facendo per baciarla sulle labbra.
“Dopo! Ora ho una cosa da fare, siediti e dammi qualche minuto... tra poco capirai!” gli sorrise Lisa, strizzandogli l'occhio e svincolandosi dalle sue braccia, per poi scappare fuori dalla sala.

Rientrò dopo poco, reclamando a gran voce l'attenzione generale.

“Ragazzi, zitti tutti! Silenzio, per favore!”

Ognuno dei presenti tacque, osservando la ragazza con occhi interrogativi.
Sakon intuì che la famosa sorpresa, alla quale aveva accennato Lisa, stava per arrivare... ma non avrebbe mai e poi mai immaginato di cosa si sarebbe trattato!

“Mi è stato spiegato che l'usanza, riguardo ai regali, è quella di scambiarseli dopo cena... – esordì Lisa – ma questo regalo, anzi questi regali, non possono aspettare. Quindi il destinatario li riceverà subito!"

Raggiunse la porta, aprendola e voltandosi in direzione di Pete, sorridendogli ed augurandogli a gran voce "Buon Natale, capitano Richardson!” 

Lui rimase interdetto, fissandola senza capire... finché dalla porta che si stava riaprendo non entrò suo fratello Tom!!!

Balzò in piedi, senza riuscire a frenarsi, con buona pace della sua abituale freddezza: lo aveva chiamato due mesi prima, per parlargli a cuore aperto e chiedergli perdono per come lo aveva trattato, quando era giunto ad Omaezaki per fargli visita, ma da allora non si erano più sentiti, salvo due o tre telefonate velocissime... tutto si sarebbe aspettato, meno che di ritrovarselo a festeggiare il Natale con lui!

Neanche due secondi dopo erano l'uno nelle braccia dell'altro, scambiandosi pacche sulle spalle e trattenendo a stento la commozione.

Un applauso riecheggiò nella sala, mentre Sakon sorrideva tra sé, rimproverandosi per avere – sia pure per pochi istanti – dubitato di Lisa.
Ecco cosa aveva in mente, quella sciagurata!

Ma non era ancora finita.

“Scusate se interrompo i vostri convenevoli, signori Richardson... ma, casomai non ci aveste fatto caso, io ho parlato al plurale: i regali sono due!”
“Eh sì, fratellone... Lisa ha ragione! C'è un'altra sorpresa per te!”
“Un'altra? Ma che...”

Puntò lo sguardo su Lisa, come a chiedere lumi, ma si sentì chiamare da una voce che ben ricordava, sebbene non l'avesse più sentita “dal vivo” da anni, a parte qualche telefonata negli ultimi due mesi.

Si girò di scatto verso la porta... e gli sembrò di essere riportato indietro di quasi un decennio, ai tempi spensierati del liceo, quando i suoi genitori erano ancora vivi e lei, la piccola peste, era la sua ragazza.

Tracy Ballantyne.
La sua prima ragazza.
La percorse con gli occhi.

Non era cambiata.
Gli stessi capelli castani dai riflessi ramati, la stessa espressione schietta e sbarazzina nei grandi occhi bruni da cerbiatta, frangiati dalle ciglia lunghissime, lo stesso abbigliamento sportivo-elegante che l'aveva sempre distinta tra le sue compagne di scuola.

No, non era cambiata.
Purtroppo era cambiato lui, dopo la tragedia che gli aveva portato via i suoi genitori... cambiato così repentinamente da indurlo a lasciarla, un po' per non imporle lo strazio del suo dolore ed un po' perché sentiva di non avere più nulla di buono da darle.
Aveva scelto di rimanere solo, sperando in cuor suo che lei potesse dimenticarlo e trovare di meglio, convinto che non le sarebbe stato affatto difficile, carina ed intelligente com'era.

Quella ressa di ricordi e di pensieri fu interrotta dalla stessa Tracy che, senza parole, gli si era avvicinata sorridendo e gli aveva posato le mani sul bavero della giacca sportiva che indossava, invitandolo tacitamente ad abbracciarla.

“Coraggio, capitano!”
“Cosa aspetta ad abbracciare la sua ospite?”
“Su, non essere timido, Pete!” fu l'ultimo incoraggiamento, proveniente da Sanshiro.

Pete esitò ancora, ma fu lei a toglierlo dall'imbarazzo: gli sorrise e lo abbracciò per prima, sussurrandogli all'orecchio un vecchio proverbio, in perfetto stile con le frasi e gli aforismi che si erano scambiati per tutti quegli anni.
“Se la montagna non va a Maometto... Maometto va alla montagna. Dico bene, Pete?”

Lui rise sommessamente, decidendosi finalmente ad abbracciarla a sua volta.
“Dici benissimo... come stai, piccola peste? Sei rimasta uguale, non sei cambiata per nulla.”
“Nemmeno tu. Non nell'aspetto, almeno.”

L'allusione fu chiarissima, ma il tono sereno ed affettuoso con il quale era stata proferita fece comprendere a Pete che, da parte di Tracy, non era rimasto nessun rancore per il modo sbrigativo con il quale lui l'aveva lasciata.

Soprattutto gli fece comprendere che lei, nella sua intelligenza, aveva perfettamente capito la vera ragione della sua... sì, della sua fuga.

Gli si strinse il cuore al pensiero della sofferenza che le aveva inflitto, pur sempre convinto di aver fatto la cosa più giusta per entrambi, ma represse a forza quel senso di colpa: era Natale, Tracy aveva preferito lasciare la sua famiglia e farsi un volo transoceanico per trascorrerlo insieme a lui, quindi era suo dovere renderglielo il più piacevole ed allegro possibile... e non solo a lei, ma anche a suo fratello Tom.

Si fece quasi violenza per abbandonare la dolce stretta delle sue braccia e fare per entrambi gli ospiti i doverosi onori di casa.

“Signori... penso che la maggior parte di voi conosca già mio fratello Thomas, ovviamente Tom, per gli amici, ma permettetemi di presentarvi la signorina Tracy Ballantyne: è stata una mia compagna di liceo ed è rimasta una carissima amica sin da allora.”

Un secondo applauso diede il benvenuto alla giovane, che rispose con uno smagliante sorriso ed un lieve inchino del capo, prima di essere scortata insieme a Tom al tavolo che Pete divideva con il dottor Daimonji, Sanshiro e Midori.

Frattanto Lisa era tornata vicino a Sakon che, prima di sedersi insieme a lei, con la scusa di abbracciarla le sussurrò all'orecchio: “Piccola discola, ecco con chi parlavi al telefono così spesso, negli ultimi tempi! Poi però mi racconterai tutto, eh! A cominciare da come hai fatto a procurarti i loro numeri di telefono...”

“Esattamente come hai cercato di fare tu, Sakon... - gli rispose Lisa, ricambiando l'abbraccio con una risatina divertita - … ho sentito Pete parlare al telefono sia con suo fratello sia, subito dopo, con una ragazza che era chiaramente di suo interesse... ed ho pensato di fargli una sorpresa. Ho aspettato il momento buono e gli ho fregato il cellulare, per cercare i loro numeri nel registro chiamate!”

“Che cosa? Ma... come hai fatto a scoprirlo?” esclamò Sakon, talmente stupito da non curarsi più di chi potesse ascoltare la loro conversazione ed arrossendo come un bambino colto sul fatto a rubare biscotti.

“Hai dimenticato che i nostri cellulari di servizio hanno diverse funzioni di sicurezza e monitoraggio dell'utilizzo... io ho seguito il tuo consiglio ed ho attivato quella che, ad ogni utilizzo, scatta automaticamente una foto del volto dell'utilizzatore. Però l'ho personalizzata: ho eliminato il suono dell'otturatore e disattivato il flash... il primo era sgradevole ed il secondo, a momenti, mi accecava.”

L'espressione di Sakon, tra l'imbarazzo del vedersi smascherato e lo stizzito per il non aver considerato il sistema di protezione che, tra l'altro, le aveva suggerito lui stesso, fu talmente comica che fece scoppiare a ridere tutti gli occupanti del tavolo.

Mentre finalmente si sedevano, il giovane fece una considerazione.

“Se è così, allora anche Pete potrebbe aver scoperto che hai trafficato sul suo cellulare...”
“No... non può averlo scoperto, qualsiasi sistema di sicurezza abbia inserito.”

“Come fai a dirlo?”
“Semplice: ho fatto aprire la home del suo cellulare chiamandolo dal mio. Tu mi hai spiegato che, in caso di chiamata in entrata, i sistemi non si attivano.”

“Oddio...” fu la sola risposta di Sakon, alzando gli occhi al cielo.
“Hai creato un mostro, amico mio... fai attenzione!” scherzò Fan Lee, ormai completamente amico ed alleato di Lisa.
“M-mh... ne terrò conto, Fan Lee.” annuì il giovane ingegnere in uno scherzoso mugugno.

Lisa sorrise... a quanto pareva la cena natalizia e la riuscitissima sorpresa che aveva fatto a Pete nascevano sotto il migliore auspicio: l'allegria.
Per la prima volta sentì di poter sperare che il loro capitano, finalmente, riaprisse il suo cuore alla vita... ed all'amore.

Sì... in quel giorno di Natale poteva davvero avvenire un miracolo.

*

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... gli sembrò di essere riportato indietro di quasi un decennio, ai tempi spensierati del liceo, quando i suoi genitori erano ancora vivi e lei, la piccola peste, era la sua ragazza.
Tracy Ballantyne.
La sua prima ragazza.
  
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