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Autore: AThousandSuns    16/09/2018    0 recensioni
[Guardiani della Galassia]
[Guardiani della Galassia]Prima classificata al contest "Tuttifrutti - a ognuno il suo cliché di Frandra organizzato sul forum di Writer's Wing
La taglia sul famigerato ladro di Tucson, Starlord, continua a crescere.
Gamora ha bisogno di soldi per riparare quel catorcio che chiama auto, così decide di adescare Peter in un bar. Quanto può essere difficile?
Peccato che le cose non vadano come la cacciatrice di taglie aveva previsto...
[Crime!AU]
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quella volta che una banda di idioti si sono trovati'
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Peter nemmeno lo sa come c’è arrivato in quella parte di Tucson – va bene, forse lo sa – il fatto è che la cacciatrice l’ha incuriosito.

Gamora.

Deve ammetterlo, la donna ha coperto bene le sue tracce e non è stato semplice scoprire la sua vera identità. E poi è la prima volta che qualcuno prova a incastrarlo con un appuntamento su Tinder: è una trovata originale. E divertente.

Per questo ha deciso d’incontrarla in quel bar pulcioso, il cui bagno è dotato di una grande finestra che dà sul retro, nonostante fosse a conoscenza delle reali intenzioni della donna. Sapeva che tenerle testa sarebbe stata una sfida e aveva ragione.

Per qualche strano motivo, si è ritrovato a confessarle cose che non ha mai avuto il coraggio di condividere qualcun altro, eppure si ritiene capace di resistere al fascino di una bella donna…

No, ciò che è successo non ha nulla a che fare con il fascino: la donna l’ha colpito subito, forse proprio per il pericolo che rappresentava, il rischio che ha corso presentandosi all’appuntamento.

Gamora credeva di averlo in pugno e la domanda sulla sua famiglia l’ha spinta ad abbassare la guardia. Ok, si sente ancora un po’ stronzo ad aver usato quell’argomento contro di lei, ma si è presentata lì per arrestarlo perciò se l’è meritato, no?

E potrebbe ancora farlo: Peter dovrebbe davvero girare i tacchi e darsela a gambe prima di regalarle un’altra possibilità. E poi perché è lì? Non può essere solo il brivido del pericolo ad averlo portato nel quartiere dove vive la donna. Dio, da quando è diventato uno stalker?

Ok, è stata una pessima idea: è ora di levare le tende prima che qualcuno lo riconosca. Cosa gli salta in mente a girare in strada di giorno?

Peter si gratta il pizzetto con sguardo assente: forse dovrebbe lasciarsi crescere un po’ di più la barba, l’aiuterebbe a camuffarsi meglio.

Non fa in tempo a pensarlo che intravede Gamora camminare verso di lui, ma sul lato opposto della strada; fa del suo meglio per sparire in un vicolo e tira un sospiro di sollievo quando si rende conto d’averla scampata. La sensazione però dura solo un istante: gli basta un’occhiata al passo rigido della donna per capire che qualcosa non va.

Non dovrebbe, ma si arrischia a sporgersi e controllare il selciato dove individua subito un uomo, circa venti metri dietro di lei: la sta seguendo e non si sforza di nasconderlo. No, si sbaglia: sono tre. Gli altri due camminano sull’altro lato, quello dove si trova lui.

Si affretta a raggiungere l’angolo più buio del vicolo e dopo qualche momento li osserva passare con i muscoli tesi e lo sguardo attento, ma non accade nulla. Riemerge dal buio e si ferma in mezzo al marciapiede. Il suo cervello gli urla di voltarsi e andare via: non è mai stato un eroe, perché iniziare ora?

Però tre contro una non è affatto corretto, e non possono avere buone intenzioni… Una cosa è certa: l’afa estiva gli sta giocando brutti scherzi.

Segue i tre tipi poco raccomandabili e si rende conto che Gamora non prova nemmeno a seminarli: li sta conducendo al suo appartamento. La donna s’infila nel palazzo e i tre si affrettano a seguirla.

Peter non sa che fare e ciondola davanti al portone senza entrare: è certo che Gamora abbia un piano, ma quale?

Si guarda intorno ed è pronto a scassinare la serratura quando sente il rumore di un’auto che si rifiuta di partire sul retro dello stabile: riconosce subito il catorcio della cacciatrice. Davvero, è imbarazzante: credeva che avrebbe potuto inseguirlo con un’auto del genere se fosse fuggito? Cosa che poi è accaduta perché lui è Starlord, non un idiota qualunque…

Un’imprecazione lo riscuote e corre aggirando il palazzo per raggiungere il retro, dove trova Gamora che sta scendendo dall’auto con un coltello in mano. Un coltello enorme, ma pur sempre un coltello: i tipi poco raccomandabili invece sono armati di pistole; non le hanno impugnate, per ora, ma è difficile ignorarle.

«Non renderci le cose più difficili del dovuto.» Cicatrice in faccia – il nome in codice che Peter decide di dare a quello che sembra il capo – le parla in un tono suadente che lo fa rabbrividire.

«Lo sai quanto mi piace rendere le cose difficili.» Gamora lo prende per il culo con un ghigno sulle labbra.

Cavolo, questa donna gli piace sempre di più.

«È ora di tornare a casa, ragazzina.»

Peter capisce dallo sguardo con cui la donna guarda Camicia Floreale che se finisce in rissa lo accoltellerà per primo.

«Ammazzatemi se dovete: a Chicago non ci torno.» La voce di Gamora è glaciale, come se sapesse che quel momento sarebbe arrivato: come se l’avesse atteso.

Peter non ha scovato granché del passato della donna: sa solo che suo padre è qualche pezzo grosso della malavita di Chicago e che lei se l’è data a gambe quando ne ha avuto l’occasione – e non la biasima per questo: lui ha preso la stessa decisione anni fa. A quanto pare lui è più bravo nel nascondersi dal papà stronzo.

Cicatrice in faccia sospira mentre gli altri due si avvicinano alla donna per accerchiarla, ma si tengono a distanza: hanno forse paura?

Gamora assottiglia lo sguardo e alza il braccio che impugna la lama, pronta a dar loro filo da torcere. E Peter è certo che lo farà, ma un impulso che non riesce a controllare lo spinge a venir fuori dall’angolo dal quale sta origliando.

«Gam. Sembra proprio che tu abbia portato un coltello a uno scontro a fuoco.»

Gamora spalanca gli occhi e dai denti serrati le sfugge un sibilo che pare un ringhio: Peter non sa dire se è più infastidita dal fatto che è lì o dal nomignolo che ha usato. Ok, forse è colpa del nomignolo.

«E questo chi cazzo è?» Scarpe lucide sputa per terra saliva e tabacco e impugna la sua pistola.

Ma chi cavolo mastica ancora tabacco?

Peter non è bravo a combattere, ma ha una parlantina che lo tira sempre fuori dai guai e ha tutta l’intenzione di sfruttarla. Sa che quegli idioti non uccideranno Gamora, ma non si faranno scrupoli nel ferirla. E tale pensiero, per qualche oscuro motivo, non gli piace molto.

Con le mani alzate in segno di resa azzarda a fare qualche passo avanti.

«Sentite, credo che dovrete aspettare il vostro turno: anche io ho un conto in sospeso con lei.» La stretta di Gamora non vacilla sull’impugnatura della sua arma e a Peter basta uno sguardo per capire che ha una strategia.

Scarpe Lucide lo liquida con un’occhiata infastidita. «Sparisci, stronzetto.»

«Dovresti dargli ascolto» s’intromette la donna. «Stai camminando sulla sottilissima linea tra coraggio e stupidità.»

Gamora ha bisogno di sapere che Peter non fuggirà da quello scontro, deve poter contare su di lui.

L’uomo le sorride. «Non temere, non sono affatto coraggioso.» Ma in quanto a stupidità… Si guarda intorno e fa spallucce. «Sapete che ha provato ad arrestarmi un paio di giorni fa? Non c’è riuscita, ovviamente, perché non sono mica scemo, io: sapevo chi era, però non ho resistito ad incontrarla. Che posso dire, ho un debole per le donne con sorriso e coltello affilati.»

«No!» Camicia floreale grida e Peter si rende conto che Gamora ha fatto la sua mossa. Però invece di colpire Cicatrice in faccia che è il più vicino a lei, ha lanciato il coltello verso Scarpe lucide centrandolo in pieno petto: cade ma è ancora vivo, perciò Peter si affretta a disarmarlo.

Peccato che anche Gamora adesso sia priva della sua unica arma.

L’uomo non vuole sparare a nessuno – è un ladro, non un assassino – ma deve fare qualcosa.

Agisce d’impulso e s’avventa su Camicia floreale che però gli assesta un dritto in faccia, facendolo barcollare; si porta le mani a coppa sul viso ma l’altro non fa in tempo a voltarsi che Gamora gli passa un braccio attorno al collo in una presa salda; ci vuole qualche momento, ma alla fine l’idiota perde i sensi e si accascia sul cemento, sgraziato.

Anche Cicatrice in faccia è svenuto a pochi metri da loro.

Peter sputa sangue e prende dei bei respiri mentre sta piegato con le mani premute sulle ginocchia.

«Però, sei veloce» si complimenta: è una lottatrice molto più esperta di quanto credesse. Di certo più esperta di lui, non che ci voglia molto.

«E tu ti sbagli: sei proprio uno scemo, che ti salta in mente?»

L’uomo alza lo sguardo e trova Gamora che lo trapassa con lo sguardo: per un momento teme che accoltelli anche lui.

«Potresti anche ringraziare» ribatte confuso.

Gli risponde con una risata amara mentre si avvicina a Scarpe lucide. «Per cosa? Esserti preso un pugno in faccia?» Strappa il coltello dal petto dell’uomo e gli controlla il battito, dopodiché tira fuori il cellulare.

«Ehi! Il mio discorsetto li ha distratti!» Che ingrata.

Lo ignora mentre chiama un’ambulanza; quando il cellulare torna nella sua tasca, lo fissa con occhi animaleschi, i suoi bei lineamenti distorti dalla rabbia. «Sei fortunato che non ti abbiano fatto saltare le cervella! Come se avessi bisogno di un altro morto sulla coscienza!»

Fa un passo indietro e chiude la bocca di scatto realizzando ciò che ha detto; è allora che la sua maschera s’incrina e i suoi occhi rivelano vulnerabilità e un velo di tristezza, come quand’erano in quel bar e Peter le ha chiesto da dove venisse.

L’uomo si rimette in piedi e gli sfugge una smorfia alla vista del sangue sulla sua maglietta. Il suo sguardo si sposta sulla donna, ancora ammutolita, il coltello sporco stretto nella mano.

Peter fa un paio di passi nella sua direzione e le parla risoluto: «Non puoi farti trovare qui e di certo non ti darai alla fuga su quel catorcio: a un isolato da qui c’è la mia moto.»

S’incammina senza controllare che lo stia seguendo: sa che lo farà.

 

Quando apre la porta dell’appartamento riesce solo a pensare al fatto che non ci ha mai portato una donna e non avrebbe mai creduto che sarebbe successo in quel modo.

«Benvenuta nel mio tugurio.»

Gamora tiene il borsone in cui ha raccolto i suoi averi più importanti in mano mentre con lo sguardo soppesa l’ambiente.

E per ambiente s’intende un ingresso stretto con un misero appendiabiti, il divano sfondato in salotto dove sono poggiate delle magliette – pulite, per fortuna - e la piccola cucina con i piatti lasciati ad asciugare.

A sua discolpa, ha ammesso subito che quello è un tugurio.

«È disordinata, ma pulita.» Gamora riesce perfino a rivolgergli un sorriso tirato.

«Sputa il rospo, avevi immaginato molto peggio di così.» Peter accende le luci e si porta le mani sui fianchi, indeciso. «Umh, se mi dai un attimo riordino la camera da letto: per ora puoi dormire lì, io starò sul divano.»

Gamora alza le mani. «Grazie ma… no. Non voglio cacciarti dalla tua stanza.»

«Non sarebbe la prima volta che dormo sul divano: e poi l’hai detto tu che sarà solo per un paio di giorni, finché non si calmano le acque.»

Peter si aspetta che Gamora non ceda e si opponga di nuovo, ma non lo fa: con un sospiro sconfitto lascia cadere a terra il borsone e si affloscia sul divano.

«Va bene» sussurra esausta. «Ma lascia almeno che ti metta del ghiaccio su quello zigomo.»

C’è qualcosa d’inquietante in quell’improvvisa gentilezza, ma Peter seppur confuso annuisce e si sposta in cucina lasciando che la donna lo segua.

Si lascia cadere sulla sedia mentre Gamora rovista nel suo freezer alla ricerca del ghiaccio; non ce n’è, ma una busta di verdura congelata andrà bene ugualmente.

La poggia sul tavolo e inclina la testa. «Hai un kit di primo soccorso?» gli chiede mentre lo squadra.

Peter si tasta il viso preoccupato. «Se mi ha rovinato la faccia giuro che torno indietro a finirlo!» La donna alza gli occhi al cielo ma non commenta mentre aspetta che lui risponda alla domanda. «È sopra il frigo» biascica scontento e sa di somigliare a un bambino capriccioso, ma non riesce a trattenersi.

Peter si tiene la busta congelata contro il viso mentre la donna ispeziona il contenuto della valigetta finché non trova del cotone e il disinfettante.

«Non c’è bisogno dei punti, vero?»

«Tranquillo, un paio di giorni e la tua faccia sarà come nuova» ribatte canzonatoria.

Prende posto accanto a lui e preme il cotone imbevuto contro il suo zigomo disinfettando il taglio; Peter si morde la lingua per non lamentarsi, anche se fa male. Il dolore però non è forte abbastanza da distrarlo: è fin troppo consapevole della vicinanza di Gamora e di quelle dita sottili che lo sfiorano con premura.

Peter abbassa lo sguardo e si schiarisce la voce. «Immagino dovrei scusarmi.»

Gamora alza un sopracciglio confusa e mette da parte il cotone. «Per avermi pedinata?»

«Non ti stavo pedinando!» chiarisce offeso e poi sospira. «Per aver tirato fuori l’argomento “papà” al nostro finto appuntamento.»

«Sai chi è mio padre.» Non è una domanda, ma una secca affermazione.

«So che gestisce una fetta della malavita su a Chicago, che è una specie di signore del crimine.»

La donna annuisce e questa volta è lei ad abbassare lo sguardo. «Sai anche chi sono io? O chi ero» si corregge.

Peter aggrotta la fronte. «So che sei sua figlia e che sei scappata quando ne hai avuto l’opportunità.»

«Nient’altro?» chiede, e le pare crucciata.

In risposta alza le spalle. «C’è altro?»

Gamora si lascia scappare una risata amara, una risata che preannuncia qualcosa di brutto.

«Lavoravo per lui.» La osserva prendere un bel respiro prima di continuare, ma non è in grado di guardarlo negli occhi mentre parla: «Io gestivo… Beh, più cose. Riscuotevo i debiti e appiccavo incendi nei locali di chi non li saldava. Tenevo a bada gli spacciatori e i papponi che si montavano la testa. Se non riuscivo a metterli in riga, me ne occupavo.»

Peter deglutisce e finge una spavalderia che non inganna Gamora. «Quando dici che te ne occupavi intendi…»

«Intendo che li facevo fuori. Sono un’assassina» confessa e strizza gli occhi, forse per fingere di non averlo detto, forse per non piangere, chissà.

Nessuno dei due accenna a muoversi, rimangono immobili in quella piccola cucina a studiarsi e cercare di prevedere la prossima mossa dell’altro. Peter non sa cosa sono l’uno per l’altra, ma sa che non sono nemici: deve contare qualcosa, no? E sa anche che è il suo turno di parlare e impedire che il senso di colpa che Gamora cova dentro di sé continui a divorarla; non che le sue parole possano cancellare il passato, ma non può lasciare che quel silenzio si prolunghi ancora.

«Non hai ucciso nessuno oggi, anche se avresti potuto; anzi, non me ne intendo di combattimenti tra brutti ceffi, ma credo che sarebbe stato più facile. Insomma, non per farti agitare, ma adesso quei tizi ti staranno cercando. Beh se ce n’è qualcuno ancora in grado di camminare.» Ok, forse non è bravo a consolare le persone.

È uno sguardo strano quello che Gamora gli rivolge: riconoscente, forse? Spontaneo? Peter non può dirlo, ma quando vede le labbra della donna tendersi in un flebile sorriso, sa di aver detto la cosa giusta al momento giusto, per una volta.

«Non sono sicura che basti a redimermi» sussurra combattuta.

Peter si gratta la barba incolta e sceglie con cura le proprie parole. «Forse no, ma non puoi cambiare il passato. Chiunque tu sia ora, non sei più la donna che eri a Chicago: forse è questo l’importante.»

«Forse è troppo tardi. Non so cosa sia rimasto della mia anima, se ne è rimasto qualcosa.»

Peter sbuffa: non ne può più di tutto quel senso di colpa. «Posso chiederti perché prima hai lanciato il coltello addosso a Scarpe Lucide?»

«Scarpe Lucide?» ripete confusa.

«Dai, hai capito: lo scagnozzo accanto a me. Avrebbe avuto più senso se avessi colpito quello più vicino a te, la minaccia più importante.»

Gamora risponde come si trattasse di un’ovvietà. «In uno scontro, so perfettamente come cavarmela: tu no.»

«Uh, eri preoccupata per me» Peter sorride e osserva la donna andare nel panico.

«No! Io non… Non so perché l’ho fatto» balbetta.

«Io lo so: sono un cucciolo indifeso e tu ti sei intenerita.»

«La chiamerei pietà» chiarisce.

La durezza del suo tono non fa vacillare il sorriso di Peter. «Il punto è… non sei un’assassina, non più. Questo dovrebbe farti sentire meglio.» Gamora annuisce ma non gli pare molto convinta. Peter sa che è rischioso, ma ignorando il suo istinto di conservazione si arrischia a sfiorarle il mento con le dita. «Mi hai anche medicato: la tua anima non mi sembra da buttare.»

Una lacrima inaspettata scivola dalle sue ciglia e scorre lungo la guancia; Gamora non la nasconde, non tenta di dissimulare la propria vulnerabilità e Peter la considera una piccola vittoria.

«Non dimenticare di tenere premuto il ghiaccio sul taglio» gli ricorda porgendogli la busta abbandonata sul tavolo.

Peter annuisce e si mette in piedi. «Preparo la stanza.»

È già in salotto quando Gamora lo chiama: «Peter.»

L’uomo si volta perplesso e osserva Gamora avvicinarsi; si mette sulle punte e gli posa un bacio leggero sulla guancia – quella buona.

«Grazie. Sai, sei davvero un ottimo ladro: in pochi riescono a rubarmi un bacio.»

Per una volta Peter è senza parole mentre pensa che ne sia valsa la pena solo per quell’attimo tra di loro.

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