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Autore: fiona3    16/09/2018    0 recensioni
Non è infrequente comprendere di tenere davvero a qualcuno proprio quando cominci a perderlo. Ti ripeti per anni che non c'è fretta, finché non compare la situazione che rischia di portartelo via per sempre. E ti senti sprofondare...
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico Robin, Roronoa Zoro
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2. Erythema Zoro si era sentito avvampare quando la luce della luna aveva accarezzato il suo volto divino. Come poteva essere una donna umana, quella? Si era perso ad ammirarla in quella sua espressione confusa e preoccupata. Era in apprensione per lui? O la stava semplicemente spaventando? Non avrebbe avuto tutti i torti: non era da lui ridursi in queste condizioni per nessun motivo al mondo.
Dopo tante ore trascorse a contemplarla di nascosto, finalmente poteva osservarla da vicino: quegli occhi azzurri concentrati come quando leggeva una lingua morta a cui era poco avvezza; qualche capello ribelle che si attaccava alla gota destra come ogni volta che si fermava ad ascoltare qualcuno che la divertiva, appoggiando il viso sulla mano, che iniziava a sudare; quelle labbra carnose e invitanti in modo quasi scandaloso, leggermente dischiuse, nell’incertezza fra continuare nell’interrogatorio o tacere.
Poi una fitta dolorosa all’altezza dello sterno lo aveva colto, quando aveva notato quel leggero arrossamento sul mento, ipotizzando che la causa risiedesse nello sfregamento con della barba. Era all’altezza giusta per un pizzetto… O magari era solo l’esito di un prurito, magari per colpa di una zanzara.
Restò parecchio tempo a contemplarlo, mentre parte dell’immensa tristezza che lo aveva in pugno da giorni lasciava il posto ad una rabbia crescente. Distolse lo sguardo di scatto, per evitare di peggiorare ulteriormente la sua situazione.
Riuscì a sollevare una mano e, con lentezza disarmante, quasi col timore che il solo contatto delle sue dita ruvide e callose con quella cute diafana potessero rovinarla per sempre, prese a staccarle leggermente quei pochi capelli dalla guancia.
Sentì Robin sussultare – era sorpresa o intimorita? – e poco dopo fremere, chiudendo gli occhi ed esalando un lieve sospiro dalla bocca socchiusa.
Le piaceva? Ponderò l’eventualità che la risposta potesse essere affermativa; prese fra le dita una ciocca lì vicina e la accarezzò fino in fondo.
Poi, però, il dolore causato dal pensiero che la risposta reale a quella folle domanda sarebbe stata negativa lo scoraggiò dal proseguire. Tentò di andarsene.
Si sentì trattenere da una sua mano all’altezza del gomito e non poté che girarsi di scatto, con un’espressione di incomprensione piuttosto chiara.
“Cosa c’è?” La voce sembrava tremarle.
Zoro si liberò dalla presa e afferrò la maniglia, ma ancora una volta venne bloccato.
“Lasciami” Sembrava una supplica.
“Spiegami” Un sussurro.
“Tzs” Un sorriso sarcastico gli si formò sul volto. “Lasciami andare”.
“No”.
Zoro trasse un profondo sospiro e si voltò nella sua direzione, senza però fornirle la risposta che voleva.
Lei allora cominciò a far scorrere verso l’alto la mano che aveva ancora ferma nell’incavo del suo gomito, fermandola a livello della spalla. Lui si sentì ribollire a quella carezza, più o meno volontaria che fosse: quante volte aveva sognato una situazione simile, mentre la spiava sfiorare le pagine di quei tomi antichi?
Non riuscì a trattenersi, incolpando il sakè: abbassò la testa e prese a strusciare la propria guancia sul dorso di quella mano angelica.
Robin fu sorpresa dalla dolcezza di quel gesto: quanto doveva star soffrendo per arrivare a richiedere una tenerezza simile, lui che mai mostrava affetto con qualsivoglia tipo di effusione ai propri amici?
Forse quei due anni di lontananza avevano pesato molto anche su di lui; forse si era risvegliato in lui il terrore della solitudine, di aver perso ancora una volta l’unica forma di famiglia che la vita gli avesse concesso: gli amici. Nella sua solitudine si rispecchiò la sua e rivisse il senso di abbandono e di rifiuto che avevano caratterizzato la sua vita. Mostri, li aveva sempre definiti la gente.
Forse la vita di Zoro non era stata troppo meglio della sua.
Senza quasi accorgersene, ruotò la mano, cosicché il suo palmo si trovò ad accogliere la guancia di lui. Zoro ne sembrò ustionato: sgranò l’occhio e si ritirò.
Fu quell’azione che iniziò ad instillare in lui il dubbio che forse lei un po’ ci teneva, a lui. O probabilmente le stava solo facendo pena.
Di nuovo si sentì invadere dall’ira e stavolta non riuscì a controllarsi appieno: lasciò la presa sulla bottiglia, che cadde senza frantumarsi, ma riversando a terra il proprio contenuto; afferrò Robin con la mano destra per il bacino e con l’altra per la nuca, tirandole leggermente i capelli. Lei soffocò un gemito, ma non traspariva paura dai suoi occhi: sembrava essersi abbandonata a lui.
Tuffò il naso fra i suoi capelli, proprio dietro l’orecchio, e aspirò profondamente: fiori. Perché era così diabolicamente perfetta? Perché gli era diventato così impossibile resisterle?
Cominciò a scendere con lentezza estenuante, accarezzandola con la punta del naso, mentre con la destra le accarezzava la coscia, lasciata scoperta dallo spacco della gonna. La guancia, il collo… Robin iniziò a fremere a quel contatto. Il petto, giù fino all’incavo dei seni…
Stavolta il gemito le uscì prima che potesse rendersi conto di quel che il suo corpo le stava comunicando.
Fu Zoro ad esserne colpito. Si sollevò, nell’intento di guardarla negli occhi per capire cosa volesse, ma si scontrò di nuovo con quell’eritema sul mento.
  
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