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Autore: Virgo_no_Cinzia98    19/09/2018    2 recensioni
Post Hades e post Soul of Gold, Atena è riuscita a riportare in vita i Cavalieri d'Oro, ma la pace che regna sovrana al Grande Tempio viene ben presto spezzata: il Cavaliere di Artemide giunge al Santuario portando con sé la notizia di una guerra incombente. L'Oracolo di Apollo ha previsto un nuovo conflitto tra divinità, ma resta ancora un'incognita: chi sarà il nemico che Atena e i suoi Cavalieri saranno chiamati ad affrontare? Un altro dubbio però affligge i nostri paladini, l'ambigua Artemide è veramente dalla loro parte come ha dichiarato o cerca solo di sfruttare la loro alleanza? Sta ai nostri valorosi Saint stabilire di chi fidarsi e di chi dubitare. Quale divinità uscirà vincitrice di questo gioco degli Dei?
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20 – Colui che rinuncia alla speranza rinuncia alla vita
 

Daphne si materializzò accanto all’Arena degli allenamenti. O meglio, quel che ne rimaneva. Il Santuario era un vero e proprio campo di battaglia. Macerie erano sparse ovunque, cadaveri ricoprivano il terreno e schizzi di sangue imbrattavano tutto. Cercando di non farsi distrarre troppo dai morti, si avviò verso la Prima Casa sorreggendo Kanon.
- Numi del cielo…- mugolò lui – Cos’è successo?-
- Lo scontro deve essere stato molto cruento. Speriamo che Aiolos e gli altri stiano bene-
Iniziò a salire i gradini che conducevano alla Casa dell’Ariete, ma un lamento di Kanon la distrasse – Ehi, resisti ancora un po’…-
Si interruppe quando vide il sangue che ricominciava a fuoriuscire dalla ferita all’addome. Il peso del Cavaliere sulle sue spalle sembrò aumentare – No, no. Ci siamo quasi, forza amico mio-
La paura di perderlo aumentò il livello di adrenalina e, nonostante fosse sfinita, accelerò il passo ignorando i muscoli che ruggivano dalla stanchezza e la sua testa che pulsava insistentemente da quando si era liberata della presenza di Gea. Non poteva fare a meno di pensare che se Kanon si trovava in quelle condizioni, appeso a un filo tra la vita e la morte, era in parte colpa sua. Se fosse riuscita a opporre resistenza al controllo di Gea prima che la Dea costringesse Saga a cedere di nuovo al suo lato oscuro Kanon non avrebbe avuto quella terribile ferita maledetta. Si sentiva in colpa. Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere se Camus, Saga e Artemide non le si fossero parati davanti rischiando la loro vita. Solo il loro coraggio le aveva permesso di risvegliarsi da quella specie di trance in cui si trovava. Essere posseduti da un dio, specialmente se con tendenze omicide e dispotiche, non era molto piacevole. Sembrava di trovarsi in un sogno: avete in mente quando si cerca di correre ma si resta fermi o, nella migliore delle ipotesi, si corre al rallentatore terribilmente scoordinati, incapaci di andare dritto? Ecco, pensate di correre come un homo erectus, che ha appena imparato a stare su due arti, con i pattini, su una strada piena di buche e di vedervi sfrecciare accanto un corridore professionista. Beh, l’atleta è la divinità che si fa beffe di voi mentre utilizza il vostro corpo come una marionetta, mentre la scimmia incapace siete voi.
Persa nei ragionamenti, Daphne non si era accorta di aver raggiunto la Settima Casa – Ma si può sapere dove sono tutti?-
Continuò per il suo percorso, sperando di trovare qualcuno al più presto. Non era a conoscenza di eventuali effetti collaterali da possessione divina, ma la sua vista iniziava a farsi appannata e i suoi movimenti somigliavano sempre di più a quelli del primato che era in lei. Diciamo anche che farsi tutte quelle scale nelle sue condizioni da ex burattino di Gea portandosi dietro un Kanon semisvenuto non era impresa da poco. Stava arrancando sui gradini che portavano alla Casa dello Scorpione quando intravide la sagoma di un giovane alto con i capelli ricci, una fascia a tracolla gli teneva fermo un braccio.
- Daphne e… santi numi, Kanon! Cosa gli è successo?- esclamò precipitandosi verso di loro
- Aiolos- mormorò lei – Aiutami per favore. Dobbiamo portarlo subito da un medico-
Lui scese i pochi gradini che li separavano e spostò il peso di Kanon sulle sue spalle con il braccio sano – Abbiamo improvvisato un ospedale alla Tredicesima Casa, era la più grande e una delle poche prive di danni. Tu stai bene?-
- Sì- mentì Daphne – Pensa a lui, io vi raggiungo dopo-
Aiolos, viste le condizioni di Kanon, decise che non era il caso di insistere e si avviò verso la Tredicesima Casa. Daphne si lasciò scivolare a terra per riprendere fiato. Dopo qualche minuto tentò di rialzarsi, ma il mondo stava girando vorticosamente e le sue articolazioni bruciavano come tizzoni ardenti. Intravide una sagoma indistinta avvicinarsi, ma le sue palpebre si chiusero prima che potesse distinguere a chi apparteneva.
- Aiolos ha detto che si trovava più o meno qui - disse una voce di donna che non riconobbe
- È qui, Shaina! - la voce di Aldebaran. Sentì qualcuno sollevarla delicatamente, poi perse completamente i sensi.
***
 
I cosmi degli Dei si accesero, pronti a dar battaglia alla loro nemica. Camus lanciò uno sguardo a Saga, aspettando l’ordine.
- La forma mortale della nostra Dea rischia di essere schiacciata dalla potenza di questo scontro, dobbiamo impedire che ciò avvenga- sentenziò il Grande Sacerdote – Attendete il mio segnale-
I cosmi di Atena, Artemide, Apollo, Odino, Efesto, Afrodite ed Ares crebbero di intensità, ma un’altra forza altrettanto potente li fronteggiava: l’immenso potere della Dea primordiale, la prima entità della Creazione. Anche le altre divinità rimaste si unirono alla battaglia: i cosmi di Ermes ed Era si innalzarono insieme a quelli degli altri Olimpi, subito seguiti da Demetra e Dioniso.
“Era ora, cosa aspettavano?” si chiese Camus. Una cosa però era certa: se tutte quelle divinità si trovavano a combattere dalla stessa parte, la situazione doveva essere piuttosto grave.
Il pavimento del tempio e il terreno circostante iniziarono a vaporizzarsi, l’aria diventava sempre più rarefatta…
- Mmh, Saga…- intervenne Milo
- Ora!-
I quattro Cavalieri d’Oro concentrarono il proprio cosmo, dando sfogo a tutta la loro potenza. Le loro Gold Cloth assunsero la forma di armature divine come era avvenuto nello scontro finale contro Loki. La forza di quattro Gold Saint non era certo paragonabile a quella di tutti e dodici, ma sarebbe stata sufficiente a proteggere la loro Dea.
- Per Atena!- gridarono in coro i Cavalieri di Gemini, Aquarius, Scorpio e Virgo.
Riunirono la loro forza per creare una specie di scudo protettivo, perfino i due God Warrior, Frodi e Sigmund, si unirono a loro. Il cosmo di Gea però stava continuando ad espandersi pericolosamente, come se undici divinità non fossero sufficienti per arrestare il potere della Madre Terra. Ad un certo punto, però, le sorti della battaglia iniziarono a pendere a favore degli Olimpi. Qualcosa era cambiato. Il cosmo di Atena, prima mescolato a quello dei suoi “colleghi”, si era innalzato a guida per le altre divinità, risplendendo forte e determinato. Come un potente catalizzatore, la Dea della Giustizia focalizzò gli sforzi degli Dei creando un unico fronte contro la Dea primordiale. Gea iniziò ad arretrare, non più in grado di contrastare la forza che la ostacolava.
“NOOO!” urlò rabbiosa “Non potete vincere…”
Il cosmo di Atena sembrò parlare a nome della Saggezza che ella stessa rappresentava “La forza non sta nella gretta potenza, bensì nell’unione di coloro che perseguono il medesimo fine”
Perfino il cosmo di Estia si unì allo scontro, quello di Gea iniziava invece ad essere schiacciato dalla coalizione dell’Olimpo. Ben presto della Dea primordiale non rimase che una flebile scintilla.
“Atena… non credere di aver vinto. Un nemico rassegnato è vinto per sempre, ma uno caduto può sempre risollevarsi”
Le sue ultime parole sembrarono scuotere le viscere della terra, ma nessuno si fece distrarre. Dei e Cavalieri restarono concentrati sul loro compito, annientando l’ultimo barlume di cosmo della Madre Terra. Un’enorme onda d’urto si levò allora dal tempio dentro cui si trovavano le divinità, espandendosi nel territorio circostante. Camus voleva fermarla, ma le poche forze che gli rimanevano erano ancora occupate a proteggere la forma mortale della sua Dea.
- Voi pensate ad Atena- ordinò Saga
Il Grande Sacerdote allargò le braccia e aprì uno squarcio nello spazio-tempo mentre una luce immensa si sprigionava dal tempio, costringendo Camus a socchiudere le palpebre. Quando le riaprì, il potere devastante dell’onda d’urto era stato assorbito dall’Another Dimension. Una volta che il varco dimensionale fu richiuso, le ultime propaggini della battaglia scomparvero. Saga scivolò in ginocchio, sfinito. Probabilmente aveva dato fondo alle sue energie residue per imbrigliare quell’enorme potenza. Camus, dal canto suo, si sentiva esausto. Ricorrere alla propria God Cloth era già uno sforzo ingente di per sé, ma farlo per proteggere la propria Dea in uno scontro di cosmi divini era a dir poco estenuante.
Milo barcollò fin da lui – Menomale che Estia non si schierava mai nei conflitti-
Camus alzò le spalle – Quando sei circondato dalla guerra, alla fine devi scegliere da che parte stare-
- Sì, hai ragione- commentò il greco
Un rumore li distrasse: gli Dei stavano uscendo dal tempio. O meglio, stavano scansando le rovine di quello che prima era il tempio. Quella specie di onda d’urto l’aveva praticamente distrutto. Con sommo piacere dei Cavalieri, Atena era illesa. Anche gli altri Dei sembravano stare bene, erano un po’ malconci, ma illesi. Artemide e Apollo, gli Dei gemelli, si sorreggevano a vicenda.
- Per altri due millenni sono a posto- commentò il Dio del Sole
La sorella alzò gli occhi al cielo.
Atena si avvicinò a Saga – Mi sembrava di avervi ordinato di non intervenire. Dovevate solo proteggere l’umanità dagli effetti del nostro scontro, o sbaglio?-
Il Grande Sacerdote si alzò in piedi a fatica, cercando di nascondere la stanchezza – Perdonatemi mia Signora, non potevo venire meno al mio giuramento, ne valeva del mio onore. Senza onore, la vittoria è priva di significato-
- Ti ringrazio, Saga. È merito tuo e degli altri Cavalieri se sono ancora in vita-
- Abbiamo fatto il nostro dovere- puntualizzò Milo
Saori sorrise – La ricerca stessa dell’onore vi fa onore, Cavalieri. Nessun dono potrà mai eguagliare il valore della vostra fedeltà-
Camus fu distratto da un movimento di Shaka. Il Cavaliere della Sesta Casa si stava avvicinando ad Artemide, probabilmente per sincerarsi delle sue condizioni, ma fu costretto a fermarsi perché Demetra si lanciò come un fulmine verso la Dea della Caccia.
- Tu- ringhiò la Dea delle messi – Tu hai osato puntare una delle tue maledette frecce alla gola di mia figlia, la mia adorata Persefone!-
- Già- convenne Era – E hai avuto l’ardire di obbligarmi a sottoporre quei guerrieri ad una prova sin troppo semplice…-
Artemide non sembrava affatto spaventata – Ero sotto il controllo di Gea, per me era impossibile controllare le mie azioni. Oh…- fece una pausa – Forse però non ne eravate al corrente, visto che vi siete fatte vive solo al termine della battaglia-
- Piccola ingrata- sibilò Era – Non fare tanto la smorfiosa, mio marito al momento è prigioniero e non può proteggerti come fa di solito-
- Sto tremando- commentò apatica la Signora della Notte – Comunque vi ripeto: le mie azioni erano dettate da Gea. Niente di ciò che vi ho fatto era intenzionale-
- Allora perché eri l’unica povera dea nelle sue grinfie?- chiese acida Demetra
Artemide la fissò negli occhi – Probabilmente perché sono l’unica capace di fare qualcosa. Gea non se ne faceva niente di voi-
Demetra ed Era sembravano pronte ad innescare una rissa, ma Apollo si mise in mezzo – Ehi! Che ne dite se ne riparliamo un’altra volta? Ora siamo tutti contenti perché abbiamo sconfitto un’antica nemica, no? E poi… guardate come sono bello, dovrei attirare io l’attenzione, non mia sorella-
Tutte e tre le Dee lo guardarono in cagnesco – Sparisci- gli ordinarono in coro
Atena, che aveva seguito attentamente l’accesa conversazione, sospirò e si rivolse ai suoi Cavalieri – Andate al Grande Tempio. Io mi occupo di loro-
Saga le lanciò uno sguardo interrogativo – Siete sicura di volerlo fare?-
Camus non capì a cosa si stesse riferendo il gemello maggiore, ma ebbe come l’impressione che prima di partire per quella missione Atena avesse scambiato quattro parole con il neo-proclamato Grande Sacerdote. La cosa sembrava averle giovato.
- Stipulare una specie di trattato di pace con tanto di giuramento sulle antiche acque dello Stige è l’unica cosa che può tenerci lontani da altri conflitti in futuro-
Saga accennò ad Ares – Dovrete includere anche lui, altrimenti la prenderà come un’offesa personale-
Saori si morse un labbro – Già. Anche lui- alzò le spalle – In fin dei conti… bisogna tenersi stretti gli amici, ma ancora più stretti i nemici. Me l’avete insegnato tu e tuo fratello- disse con un sorriso
Saga accennò un inchino – Allora vi aspetteremo al Grande Tempio, mia Signora-
Fece cenno agli altri Cavalieri di seguirlo, così da allontanarsi dalla matassa di divinità. Milo affiancò il Grande Sacerdote – Non è stata un’idea di Saori, vero?-
Saga accennò un sorrisetto – Cosa te lo fa pensare?-
- Il fatto che sia un’idea sensata-
Con la coda dell’occhio Camus vide Lithia avvicinarsi a Saori. Scambiarono qualche parola e si strinsero la mano, poi la sacerdotessa di Odino si allontanò seguita dai due God Warrior.
- Dite che quel fiocco non glielo posso strappare?- borbottò Milo accennando al terribile nastro sui capelli della ragazza asgardiana
- Piantala- tagliò corto Camus. Meglio non dare corda a Milo, specialmente dopo una battaglia. Passato il pericolo era solito iniziare a parlare a vanvera. Cioè… più del solito.
- Forza- disse Saga invitando Shaka ad avvicinarsi a loro – Torniamo al Santuario-
Il Cavaliere della Sesta Casa non sembrò molto felice e lanciò uno sguardo furtivo ad Artemide, sguardo che non sfuggì ai Cavalieri.
- Oh, la rivedrai- lo tranquillizzò Milo con aria sorniona
Camus gli avrebbe tirato uno scappellotto se non fosse stato preoccupato per qualcosa… anzi, qualcuno. Durante lo scontro con Gea era stato troppo impegnato a salvare se stesso, gli altri o il mondo intero per poter verificare le sue condizioni. Adesso poteva, ma ciò che aveva scoperto lo metteva in ansia. Il cosmo di Hyoga era instabile.
Milo si accorse che qualcosa non andava – Cam? Che succede?-
- Hyoga…- non riuscì a dire altro. Il pensiero che gli fosse successo qualcosa di grave gli era appena balenato nella mente. Aveva paura di perderlo. Il cosmo di Hyoga non sembrava così indebolito, ma il terrore si era ugualmente fatto spazio. Tenere tra le braccia il corpo senza vita di Milo gli aveva fatto capire quanto facesse male perdere qualcuno che si ama. “Maledette emozioni, possibile che riescano a distorcere tutto?” Camus sapeva che il suo allievo non era in pericolo di vita eppure… si sentiva responsabile per qualsiasi cosa gli fosse capitata.
- Cam, vedrai che Hyoga sta bene. Se fosse in serio pericolo lo sapresti- cercò di tranquillizzarlo Milo
- Sì, è solo che… non lo so-
Si sentiva ridicolo a parlare così in pubblico. Di solito lasciava trasparire simili debolezze soltanto quando lui e Milo erano soli, non quando c’era anche qualcun altro. Tuttavia la cosa non gli importava. Voleva sentire la voce del suo compagno dirgli che andava tutto bene, solo quello lo avrebbe calmato. “Ma come ragiono? Odio queste emozioni”
Nel mentre che loro parlavano, Saga aveva aperto un varco nell’Another Dimension per tornare al Santuario.
- Dai Cam - disse Milo tirandogli una pacca sulla spalla – Abbiamo scoperto il tuo nuovo punto debole: l’istinto paterno -
Saga si voltò all’improvviso – Non toccare quell’argomento-
Camus non aveva mai visto il Cavaliere della Terza Casa così impaurito, tuttavia non aveva idea del motivo di tanta apprensione. Milo lo guardò corrugando le sopracciglia – Perché… Aspetta, tu… Nah, non ci credo! Sul serio?-
- Sul serio cosa?- chiese Camus che, ovviamente, non capiva di cosa stessero parlando. Come si può capire l’argomento di una conversazione se gli interlocutori non mettono insieme una sequenza di soggetto, verbo e complementi? Mah.
Saga indicò il varco dimensionale – Ve lo spiego dopo. Ora, se volete muovervi, vorrei vedere se mio fratello è ancora vivo-
***
 
Kanon era ferito, doveva aiutarlo. Ma lei non aveva poteri curativi, come poteva guarire quella ferita? Saga le aveva detto di portarlo al Grande Tempio, doveva muoversi. Sentiva il peso di Kanon sulle spalle schiacciarla sempre di più, ma lei continuava a correre. Doveva aiutarlo. Era colpa sua, Gea aveva agito usando il suo corpo, la sua voce. Saga aveva perso il controllo per colpa di Gea… Daphne però sapeva che la colpa ricadeva su di lei. Se solo avesse opposto resistenza sin da subito… Come aveva potuto permettere a quella Dea di usarla come un burattino?
- Tu sei debole, umana-
No, non di nuovo. Se ne era liberata.
- E questi Dei sono stolti… se credono di sconfiggermi così…-
 Non era vero, gli Dei la stavano combattendo. Presto sarebbe stata imprigionata per sempre.
- Non basterà a fermarmi…-
La sua voce cupa scuoteva le viscere della terra, risaliva nelle sue ossa fino a farle gelare il sangue. Cercò di non ascoltarla, di ignorare le sue parole. Ma il terrore la pervadeva, diffondendosi in lei come un veleno.
- Vattene…-
Una mano gelata le serrò la gola. Presto iniziò a mancarle l’aria, non riusciva più a respirare. Scalciò cercando di liberarsi dalla stretta, ma era troppo forte. Stava per cedere…
- No, ti prego…-
All’improvviso si sentì rinvigorire, il cosmo di Saga e quello di suo fratello risplendevano come non mai. Le diedero la forza che le mancava. Portò le mani al collo e strattonò quelle dita gelate che le schiacciavano la trachea impedendo all’aria di raggiungere i polmoni, come una diga che sbarra il corso di un fiume. Una luce poderosa squarciò le tenebre. Sentì un ultimo ruggito colmo di rabbia impregnare la terra, poi più niente.

Aprì gli occhi. Era sdraiata su un letto improvvisato circondato da una tenda improvvisata in quella che dedusse essere un’infermeria improvvisata. Si tirò su a sedere con un grugnito poco femminile.
- Ehi! Come ti senti?- le chiese Aiolos, seduto accanto al suo letto.
Daphne si allontanò i capelli impiastricciati di sudore dal volto – Come un pancake schiacciato da una mandria di cavalli zoppi imbizzarriti. Comunque sono viva e questo mi basta- lanciò un’occhiata al braccio di Aiolos, tenuto fermo con una fascia a tracolla – Il tuo braccio?-
- Oh, lui? Un simpatico guerriero di Ares trovava irritante che tempestassi i suoi compari di frecce così ha deciso di mettermi ko un braccio. Con uno solo è difficile usare un arco. All’inizio Mu temeva di dovermelo amputare, l’arma che mi ha colpito era avvelenata… o maledetta, non saprei. Aiolia, tuttavia, non era d’accordo con il collega. Si è fatto in quattro per riuscire a sistemarlo e direi che ha fatto un ottimo lavoro, tempo due settimane e tornerà come nuovo-
Daphne percepì l’orgoglio trasudare da tutti pori del Cavaliere della Nona Casa - Sei molto fiero di lui, vero?-
Aiolos sorrise. Era incredibile come riuscisse a mettere chiunque di buonumore con quel sorriso. Forse perché i suoi sorrisi erano puri come pochi – Sì- le rispose – È diventato un grande Cavaliere, sono molto orgoglioso di lui. Anche tuo fratello, comunque, non è da meno. La missione in cui vi siete lanciati non era affatto semplice-
Anche Daphne accennò un sorriso, ma poco dopo tornò seria – Come sta Kanon?-
- Mu e Aiolia si sono occupati subito di lui, era in condizioni critiche-
- È salvo?-
Aiolos esitò. Brutto segno. Aiolos diceva sempre la verità e se non rispondeva subito voleva dire che stava cercando un modo per girarci intorno o per rendere la notizia meno pesa - Ci vorrà un po’ di tempo, ma dovrebbe rimettersi-
Daphne si rizzò a sedere - Dovrebbe?-
- Mu dice che dobbiamo aspettare che si svegli prima di essere sicuri che sia fuori pericolo, ma Kanon è molto forte- cercò di tranquillizzarla Aiolos
La francese non si fece distrarre dall’ultima affermazione – Cosa pensano esattamente Mu e Aiolia?-
Il Cavaliere del Sagittario deglutì e iniziò a spostare continuamente lo sguardo, senza mai fissare gli occhi su qualcosa per più di pochi millisecondi. Altro brutto segno. Significava che Aiolos stava cercando un’insperata idea per cambiare discorso o tranquillizzare il suo interlocutore – Ehm…-
Daphne non aspettò risposta e scese dal letto, ma il Cavaliere della Nona Casa tentò di fermarla – Dove credi di andare?-
- Da Kanon. È mio amico, voglio stargli vicina-
Aiolos storse la bocca – Lascia almeno che ti accompagni-
Daphne scostò la tenda che parava il suo letto e si ritrovò in una Tredicesima Casa riconvertita in infermeria, come aveva precedentemente ipotizzato. La sala era occupata da file di letti e brandine, alcuni di essi erano circondati da tende per garantire un po’ di privacy ai poveri malcapitati. Aiolia trottava in giro da ferito a ferito, delegando i compiti più semplici ai Cavalieri illesi o comunque in grado di aiutare. Mu invece non si vedeva, probabilmente si stava occupando di Kanon. Anche Kiki, l’allievo del Cavaliere dell’Ariete, si dava da fare. Correva in qua e là, distribuendo unguenti e pomate particolari secondo le indicazioni dei due neo-eletti guaritori. Dohko stava arrancando per la Tredicesima Casa appoggiato ad una stampella insistendo per aiutare Mu e Aiolia, ma Aldebaran lo riportò quasi di peso al suo posto. Nemmeno l’energumeno brasiliano era illeso: una spessa benda gli ricopriva la fronte, ma tutto sommato sembrava stare bene. Poco più a destra Deathmask si teneva l’addome mugolando in siciliano.
- Vitti 'na crozza supra nu cannuni, fui curiusu e ci vosi spiari. Idda m'arrispunniu: A un gran duluri muriri senza toccu di campani. Larallelleru lalleru…-
- Smettila- lo riprese Aphrodite. Il Cavaliere dei Pesci era in piedi accanto al letto dell’italiano appoggiato a delle stampelle: la sua gamba destra era completamente fasciata, dall’inguine fino alla caviglia.
- Smettila un corno, mi fa male-
- Cantare in quella lingua volgare non ti aiuterà- ribatté lo svedese
Il Cavaliere del Cancro ringhiò – Il siciliano non è volgare-
- Volgare nel senso di linguaggio del volgo… - iniziò a dire il custode della Dodicesima Casa prima di essere interrotto dall’amico che aveva ripreso a cantare (mugolare).
- C'è nu jardino a menzu di lu mari, tuttu ntessutu d'arangi e di xjuri. Tutti l'aceddi ci fannu l'amuri. Larallelleru lalleru lalleru…-
Aphrodite sembrò resistere all’impulso di tapparsi le orecchie – In ogni caso… Mu ti aveva detto di non prenderla tutta insieme quella medicina-
- Minchia, poteva dirlo che non scherzava- esclamò Deathmask
Il Cavaliere della Dodicesima Casa roteò gli occhi e sbuffò – Vado a vedere come sta Shura-
- No, non puoi abbandonare il tuo amico morente- si lamentò Cancer – Torna qui o ti faccio appassire tutte le rose!-
Aphrodite non si voltò e continuò a camminare coadiuvato dalle stampelle mentre Deathmask elargiva ai presenti la sua ampia conoscenza del vocabolario degli insulti siciliani.
- Sembra che qualcuno si stia innervosendo, non vi pare?- commentò con aria innocente il Cavaliere dei Pesci quando incrociò lo sguardo di Daphne e Aiolos – Forse i medici farebbero bene a sedarlo-
Daphne era abbastanza certa che il rapporto di amicizia che legava quei due Cavalieri fosse alquanto strano. Anche quello tra lei e Kanon era particolare, ma sicuramente non erano mai arrivati ad offendersi. Certo, si divertivano a fare scherzi insieme, come quella volta in cui misero la schiuma da barba al posto della panna delle fragole della mensa… roba da poco, insomma. Il ricordo di quello scherzo le provocò una stretta allo stomaco: Kanon era il suo migliore amico, il suo compagno di marachelle, non avrebbe mai permesso a quella ferita di portarglielo via. Si incamminò tra le file di letti seguendo il proprio istinto, usandolo come guida per raggiungere il posto dove si trovava Kanon, il suo futuro cognato. Fu presa per un attimo da un capogiro. Nelle ultime ore la sua vita privata aveva avuto delle svolte interessanti: il matrimonio e, soprattutto, la notizia che Era le aveva dato con tanta sufficienza…
- Santi numi- disse appoggiandosi ad una colonna
Aiolos la raggiunse – Cosa c’è? Ti senti male?- chiese preoccupato
- Devo dirti una cosa-
Il povero greco la guardò con aria confusa – Dimmi pure-
- Sono incinta- mormorò la ragazza
Aiolos strabuzzò gli occhi – Cosa? Cioè… tu e Saga… Insomma, davvero?-
Daphne annuì – La Dea della famiglia ne sembrava piuttosto convinta-
Il Cavaliere del Sagittario la travolse con un abbraccio – Ma è una notizia bellissima, sono contento per voi! Congratulazioni!-
La sua voce sprizzava autentica felicità, come se il futuro genitore fosse lui. Daphne si lasciò contagiare per un momento dalla sua positività. Quando Era le aveva dato la notizia la sua mente non aveva ben recepito di cosa si trattasse. Ripensarci in quel momento, a missione compiuta e con Gea sconfitta… beh, faceva sembrare tutto più reale, come infatti era. Sarebbe diventata mamma, insomma… lei e Saga avrebbero avuto un figlio di lì a nove mesi. Il solo pensiero la faceva impazzire e gioire al tempo stesso. Decise di abbandonare momentaneamente l’argomento per parlarne con Saga quando sarebbe tornato. In quegli ultimi giorni ne avevano passate parecchie, forse un po’ troppe.
Un mugolio proveniente da una brandina la riportò con i piedi per terra - Okay- si riscosse – Troviamo Kanon-
Non ci volle molto per raggiungerlo. Il suo cosmo, seppur indebolito, spiccava come pochi. Daphne scostò la tenda e raggiunse il letto su cui era disteso, privo di sensi, il neo Cavaliere dei Gemelli. Mu stava spalmando una specie di crema sulla ferita, mentre Aiolia stava preparando delle bende.
- Cos’è quella crema?- chiese curiosa Daphne
Mu sollevò lo sguardo – Un unguento del Jamir, lo stesso che ho usato per Camus. Sto usando una dose doppia rispetto alla norma-
Aiolos si avvicinò - È così grave?-
- La ferita è stata inferta con una lama maledetta, si capisce solo guardandola- commentò Aiolia – Com’è successo?-
Tutti e tre i Gold Saint si voltarono verso il Cavaliere di Artemide, unica testimone dell’evento in questione. Daphne stava per parlare, ma qualcuno la interruppe.
- Sono stato io, con la daga d’oro- disse la voce grave di Saga – Gea aveva risvegliato l’altro… la mia altra parte. Stavo per colpire Atena, ma Kanon si è sacrificato per proteggere lei e salvare me-
Mu si bloccò di colpo e Aiolia stritolò le bende che teneva in mano. Aiolos si limitò a fissare i propri occhi in quelli dell’amico – Atena sta bene, vero?-
- Sì- lo rassicurò Saga – In questo momento sta presentando una proposta di pace duratura agli altri Dei-
I Cavalieri della Prima, Quinta e Nona Casa sembrarono tornare a respirare alla notizia che la loro Dea era salva. Mu e Aiolia ripresero a occuparsi di Kanon.
- C’è qualcosa che non capisco…- mormorò Mu – Sembra che la ferita sia già stata guarita in parte…-
- È stato Apollo- spiegò Saga – Ha usato il suo potere per…- la voce gli si spezzò
- dargli più tempo- gli venne in aiuto Daphne. Sentiva che Saga era sull’orlo del crollo. Era sfinito dalla battaglia appena conclusa e il senso di colpa per ciò che aveva fatto al fratello sembrava divorare le poche energie che gli rimanevano. Se Kanon non ce l’avesse fatta… No. Daphne si rifiutò di finire quel pensiero. Kanon si sarebbe rimesso, punto.
Mu aveva finito di applicare il suo unguento, così Aiolia iniziò a fasciare la ferita con le bende che aveva precedentemente immerso in una ciotola piena di un liquido che Daphne non aveva riconosciuto.
Saga si avvicinò al fratello – Come sta?-
Mu sospirò – Non è facile dirlo, la ferita è stata inferta con una lama maledetta ma è stata in parte curata da un potere divino…-
- Mu- lo fermò il Grande Sacerdote – Voglio la verità-
L’abitante del Jamir spostò il peso da un piede all’altro, a disagio – Abbiamo provato di tutto, le bende che sta applicando Aiolia sono state imbevute di una soluzione derivata dell’ambrosia-
- L’ambrosia è molto potente- commentò Aiolos – Prerogativa degli Dei-
Aiolos aveva ragione: nettare e ambrosia erano il cibo degli Dei. L’ambrosia aveva anche dei poteri di guarigione che, tuttavia, potevano rivelarsi fatali per coloro che non appartenevano alla stirpe divina.
- Abbiamo usato solo un derivato, l’ambrosia pura è molto pericolosa per i mortali- si intromise Aiolia – Se nemmeno questo funziona…-
Il Cavaliere del Leone lasciò sospesa la frase, ma non era difficile capire cosa volesse intendere. Quella era la loro ultima risorsa, se nemmeno quella avesse avuto effetto allora… allora Kanon non ce l’avrebbe fatta.
- Ecco fatto- disse tra sé e sé Aiolia mentre finiva di sistemare l’ultima benda
- Avete finito?- chiese brusco Saga

Non riusciva più a tenersi tutto dentro. Daphne lo sentiva. Sentiva quelle forti emozioni premere contro le barriere che le tenevano intrappolate, ribellandosi alla gabbia in cui erano rinchiuse.

Il custode della Quinta Casa fu sorpreso dal tono – Si… non possiamo fare altr…-
- Allora andatevene- disse perentorio il Grande Sacerdote

Tutto quel dolore. Lei lo percepiva. Percepiva quel gelido fuoco che ruggiva dal suo cuore ferito, che urlava il suo dolore a squarciagola.

Aiolos posò una mano sulla spalla di Saga – So che ti può sembrare…-
- Andatevene ho detto- ripeté. Poi aggiunse, abbassando la testa – Vorrei rimanere da solo con mio fratello-

Minacciava di saltare tutto fuori, rompendo le dighe, straripando dagli argini, distruggendo tutto ciò che era stato costruito.

- Oh, certo- commentò il Cavaliere del Sagittario – Vi lasciamo soli- disse facendo cenno agli altri di seguirlo
Daphne osservò gli altri allontanarsi mentre cercava di non farsi affondare dalle emozioni di Saga. Quando riuscì a riprendere il controllo fece per andarsene anche lei, ma il suo compagno la fermò prendendole la mano – Rimani, ti prego-
Lei intrecciò le dita alle sue – Sono qui con te-
Saga si sedette accanto al fratello con calma, poi le lacrime iniziarono a segnargli il viso. Daphne sapeva cosa fare in quelle situazioni. Doveva lasciarlo sfogare, lasciarlo libero di esternare le emozioni più profonde che sempre celava per sembrare il forte capo dal pugno di ferro, il fiero guerriero dal cuore di pietra. Ma Saga non era solo il potente Cavaliere che tutti vedevano, no… Saga era prima di tutto un uomo. E come qualsiasi uomo aveva delle debolezze. L’amore per suo fratello era una di queste, nonostante la vita lo avesse messo di fronte a delle situazioni che parevano testimoniare il contrario.
- Fratello mio…- singhiozzò – Già una volta rischiai di ucciderti… questa volta l’ho fatto sul serio. Perché? Perché non hai provato a difenderti? Era proprio necessario che ti sacrificassi?-
Daphne poggiò una mano sulla sua spalla, facendogli sentire la propria presenza e il proprio sostegno. Di questo aveva bisogno Saga nei momenti di difficoltà: qualcuno a cui appoggiarsi.
- Kanon, ricordi quando ti ho detto che tu eri la mia luce?- continuò Saga – Tu non puoi lasciarmi da solo o l’oscurità mi riprenderà con sé. Resta con me fratello e indicami la via del bene, non posso farcela senza di te-
Il gemello maggiore strinse la mano del minore mentre le lacrime continuavano a scivolare sul suo volto, cadendo poi sulle bende che ricoprivano la ferita, come piccole gocce d’acqua che tentano invano di spegnere un enorme fuoco. Quelle lacrime, simbolo della colpa di cui si era macchiato il loro padrone,  cercavano di raggiungere e affrontare il male come una muta richiesta di perdono per l’ennesimo crimine.
Daphne rimase lì accanto a Saga, incapace di aiutare il suo amico. Poteva solo aggrapparsi alla speranza, quel barlume di luce che, anche nei momenti più bui e tenebrosi, resta sempre vivo perché si sa, colui che rinuncia alla speranza rinuncia alla vita.
***
 
Quando Camus mise piede nella Tredicesima Casa si diresse a passo sicuro dove lo conduceva il suo cuore. Le parole di Milo lo avevano confortato e lui stesso era stato capace di riordinare un po’ le idee nella scalata che li aveva portati all’ultima Casa, tuttavia voleva vedere Hyoga vivo e vegeto con i propri occhi. Zigzagò tra i letti improvvisati per raggiungere il suo allievo. Finalmente lo trovò. Il giovane russo era steso su un letto, ma era sveglio e stava chiacchierando con uno dei suoi amici, Shun di Andromeda, a giudicare dalla corporatura esile.
- Maestro!- esclamò Hyoga appena lo vide – State… stai bene?-
- Sì- rispose con il solito tono freddo e distaccato. Non era sua intenzione apparire così poco coinvolto, ma la presenza di quel Cavaliere di Bronzo lo metteva a disagio.
Fortunatamente Shun captò la tensione che aleggiava nell’aria – Io vado a controllare che Seiya non si sia allontanato di nuovo dal suo letto. A dopo- disse allontanandosi in fretta
- Che cosa ha combinato Seiya?- chiese Milo che, ovviamente, aveva seguito Camus come un’ombra
Il Cigno alzò le spalle – Una commozione cerebrale e fratture sparse in giro per il corpo, ma lo hanno rimesso insieme. Considerando i suoi standard, questa volta gli è andata bene-
Camus (al quale, onestamente, non importava molto del Cavaliere più casinista del Santuario) cambiò discorso – Tu come stai?- chiese all’allievo
- Mu mi ha ricucito una ferita al petto inferta da un guerriero di Zeus, mi sono svegliato poco fa. Adesso sto bene, più i minuti passano più mi sento meglio-
Camus si lasciò sfuggire un sorriso – Sono felice di sentirtelo dire-
Si rese conto di ciò che aveva fatto: per una volta era riuscito a far parlare direttamente il suo cuore. Era incredibile come si sentisse leggero dopo aver esternato a parole quello che provava dentro. Sembrava così semplice eppure gli riusciva così raramente… Anche il tono di voce che aveva usato, generalmente freddo e distante, era più umano, più… caldo.
Il suo allievo rispose al sorriso – I vos…  i tuoi insegnamenti mi hanno aiutato molto, ho sconfitto un’infinità di nemici. Ho avuto un grande maestro-
- Tu sei stato un grande allievo- commentò in tutta sincerità Camus
Hyoga si sistemò meglio a sedere - Un grande allievo è ciò che il maestro spera di essere- disse – L’ho letto da qualche parte… Ma credo che sia sbagliato-
Camus fu colto alla sprovvista da quell’affermazione – Cosa c’è di sbagliato? Io speravo di essere un grande Cavaliere e tu lo sei. Non c’è niente di sbagliato-
Il russo abbassò lo sguardo - Tu sei un grande Cavaliere- rialzò gli occhi - e come tale mi hai ispirato a diventarlo-
L’algido guerriero dei ghiacci fu commosso da quelle parole. Essere apprezzato così dall’allievo a cui voleva bene come un figlio gli fece venire gli occhi lucidi. Avrebbe voluto rispondere a Hyoga, ma preferì fargli capire ciò che provava nella maniera più diretta: lo abbracciò. Aveva sempre disdegnato il contatto fisico, forse perché riusciva a riassumere in sé fiumi di parole e sentimenti a lungo sepolti. Era una forma di comunicazione troppo trasparente per i suoi gusti: poteva esprimere solo verità. Ecco perché ne era spaventato. Tuttavia, di fronte a certe situazioni, era l’unica forma di interazione a cui poteva fare appello.
- Sono fiero di te- mormorò
Sentì la stretta di Hyoga farsi più salda – Grazie p…-
Qualcuno, che stranamente non era Milo, spezzò quel momento – HYOGA!- gridò Seiya
Camus si staccò dall’abbraccio e si ricompose mentre il Cavaliere di Pegasus continuava a urlare a squarciagola.
- Oh, stai bene amico- disse – Menomale-
- Tu non dovevi restare fermo a letto?- gli fece notare il Cigno
Pegasus si passò una mano tra i capelli - Beh, non ne avevo voglia- rispose con semplicità – E poi non sai cos’è successo-
- Cosa?-
- Kanon è gravemente ferito e… sembra che sia stato Saga a ferirlo!-
Il russo strabuzzò gli occhi – Non può essere vero!-
Seiya indicò un punto a caso dietro le proprie spalle – Ho incontrato Aiolia e Mu. Nessuno dei due sembrava molto convinto che Kanon ce la facesse-
Camus non poteva credere che Kanon si trovasse seriamente ad un passo dalla morte. Seiya doveva aver capito male. Apollo in persona era intervenuto per cercare di aiutarlo.
- Come sarebbe a dire?- ringhiò Milo – Apollo aveva detto che era fuori pericolo…-
E se non fosse stato abbastanza? L’arma con cui era stato ferito Kanon era la celeberrima daga d’oro, non un pugnale qualsiasi.
-… se ha mentito giuro che lo ammazzo- continuò lo Scorpione
Camus andò alla ricerca del cosmo di Kanon. Quando lo individuò ciò che scoprì non gli piacque per niente. Il poderoso cosmo del Cavaliere dei Gemelli era ridotto a una debole fiammella, una singola lingua di luce che fronteggiava l’enorme e oscuro abisso.
Le sue probabilità di farcela erano molto basse. Nessun Cavaliere avrebbe potuto farcela.
Ma Kanon non era un Saint qualsiasi. Era sopravvissuto alla prigione di Capo Sounion, aveva ingannato il Dio Poseidone in persona, aveva sconfitto Lune di Balrog con un solo dito e aveva annientato Rhadamante della Viverna privo della sua armatura. Kanon non era assolutamente un Saint qualsiasi.
Sentì al proprio fianco Milo mormorare – Resisti amico mio, siamo con te-
Se qualcuno poteva riuscire in quell’impresa disperata, quello era Kanon dei Gemelli. Camus si sentiva impotente, non aveva alcuno strumento per aiutare il compagno di battaglia. L’unica cosa che poteva fare era sperare. Sul momento gli sembrò una cosa inutile, poi ricordò.
Kanon era un Cavaliere di Atena, un Cavaliere della Speranza.

Nota dell'autrice: eccomi qui! Non sono stata rapita dagli alieni, sono solo sopravvissuta al mio primo anno da studentessa universitaria fuori sede. Come sempre vi invito a farmi sapere cosa pensate della mia storia. A presto (si spera)! =^-^=
   
 
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