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Autore: Sugakookie    23/09/2018    6 recensioni
Il tempo non funziona più come dovrebbe, e Tessa sembra essere l'unica ad accorgersi della misteriosa anomalia. Almeno finché non incontra un ragazzo della sua scuola, confuso quanto lei dalla situazione. I due cercheranno di riportare la linea temporale alla normalità, ma il loro compito si rivelerà più arduo del previsto...
Genere: Introspettivo, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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6.
 
 
 
 
Mentre aprivo gli occhi, fui colpita dal sentore di un profumo maschile, fresco e deciso. Sapeva di muschio bianco, ma non era forte come quando si annusa direttamente il bagnoschiuma; era un profumo ben riconoscibile, ma leggermente attenuato, come lo si sente una volta che è stato assorbito dalla pelle di qualcuno.
 
Ero stesa a pancia in su, lo sguardo rivolto al soffitto bianco, ma non appena girai la testa di lato, vidi l’armadio in legno chiaro, e mi resi conto che quella non era la mia stanza. Spostai lo sguardo poco più in basso, e mi ritrovai davanti una testa carica di capelli neri, sprofondata nel cuscino accanto al mio. Si vedeva solo il volto pallido, fino al mento, mentre il resto del corpo era nascosto sotto la trapunta blu punteggiata di stelle. Sembrava rannicchiato in posizione fetale, e formava una notevole protuberanza sotto la coperta.
 
Sorrisi, intenerita, e con un dito sfiorai la guancia liscia di Yoongi. Poi inspirai a fondo, inalando l’aroma fresco del suo bagnoschiuma al muschio bianco. Mentre le mie dita gli sfioravano i capelli neri, mi bloccai. D’un tratto, mi era tornato in mente tutto quanto. Il temporale, le nostre ipotesi, la data che sarebbe dovuta cambiare. Fortunatamente, non era successo ciò che temeva Yoongi. Non mi ero affatto dimenticata di lui, né di quel che avevamo fatto nei giorni scorsi. A meno che… forse mi ricordavo tutto perché era di nuovo il 26 settembre. Del resto, non avevo ancora controllato se la data fosse cambiata.
 
Guardai oltre la testa di Yoongi, e adocchiai il telefono sul comodino, mentre il battito mi accelerava nel petto. Avrei voluto sporgermi per prenderlo, ma non volevo rischiare di svegliare Yoongi. Esitai per diversi secondi, incerta, quando all’improvviso fui raggelata da un inaspettato toc toc alla porta. D’istinto, mi raggomitolai sotto la trapunta blu, attaccandomi al corpo rannicchiato accanto al mio. Dopo un secondo toc toc, Yoongi sbatté le palpebre diverse volte, faticando ad aprire gli occhi.
 
«Yoongi» chiamò una voce femminile. «Se non ti alzi, farai tardi».
 
Yoongi emise un sospiro profondo. Poi, con movimenti lenti e privi di energia, si girò pian piano verso il comodino e batté due colpi sulla superficie lignea del mobile.
 
Ci fu un attimo di silenzio. «Non ti senti bene, tesoro?» fece la voce di sua madre, preoccupata. «Vuoi restare a casa?».
 
In risposta, Yoongi batté un solo colpo.
 
«Va bene» concesse la donna, con un lieve sospiro. «Però lo sai che non mi piace lasciarti a casa da solo. Mandami dei messaggi ogni tanto, e tienimi aggiornata».
 
Yoongi batté un altro colpo, poi si accasciò di nuovo nel letto, girandosi a guardarmi. Io ero sollevata su un gomito, mi ero tirata su non appena sua madre se n’era andata. Mentre dal piano di sotto proveniva il tintinnio di piatti e stoviglie, Yoongi mi tirò giù verso di sé, e mi baciò dolcemente. Dopo qualche secondo, si staccò con un lieve schiocco, poi mi strinse a sé. Io mi lasciai abbracciare, abbandonandomi sul suo petto, mentre lui mi stringeva come se non volesse più lasciarmi andare. Dopo un po’, sentii il motore della macchina che veniva avviato, e capii che i suoi se ne stavano andando. Yoongi allentò la presa, ed io sollevai la testa dal suo petto, per guardarlo in faccia.
 
«Un colpo era per dire “sì”, e due per dire “no”» dissi, convinta. «Ho indovinato?».
 
Yoongi annuì, e le sue labbra si distesero in un sorriso, mentre io agitavo un pugno in segno di vittoria con un “Sì!” trionfante. Poi, d’un tratto, tornai seria.
 
«Non hai visto la data, vero?» chiesi, esitante. «Ho un po’ paura… però devo saperlo. Dai, fammi vedere».
 
Yoongi prese il telefono dal comodino e fissò lo schermo per qualche secondo, senza lasciar trapelare alcuna emozione, poi me lo mostrò.
 
27 settembre.
 
Spalancai gli occhi. «Ommioddio, ce l’abbiamo fatta!» esclamai, entusiasta, abbracciandolo di nuovo. «Non so come, ma ce l’abbiamo fatta» aggiunsi, ridendo.
 
Yoongi scrisse rapidamente qualcosa.
 
Sai cosa significa, questo?
 
Gli gettai un’occhiata interrogativa, mentre lui mi guardava tranquillo. «No, cosa?» chiesi, confusa.
 
Che dovremmo andare a scuola, Tess.
 
«Cazzo!» esclamai, tirandomi su a sedere di scatto. «E chi ci pensava? Sono giorni che non ci andiamo».
 
Yoongi ridacchiò silenziosamente, mentre digitava sul telefono.
 
Beh, io non ci vado.
Ho già detto a mia madre che restavo a casa.

 
«Io no, però!» ribattei, con enfasi. «Devo andarci, se salto la scuola e i miei lo scoprono…».
 
Yoongi riprese a scrivere, con un sorriso malizioso sul volto.
 
Mi sa che è già troppo tardi.
 
Smisi di leggere, e controllai l’ora nella parte superiore dello schermo. Erano le 7:55. In effetti era già tardi, non avrei mai fatto in tempo. Con un sospiro, lessi il resto del messaggio.
 
Mi sa che è già troppo tardi.
E comunque scommetto che preferisci restare nel
mio letto piuttosto che andare a scuola, mi sbaglio?

 
Sbuffai, scuotendo la testa. «Non vale se mi tenti così» mi lamentai, incrociando le braccia.
 
Ti faccio i pancake per colazione.
 
«Insisti pure? Va bene, mi arrendo!» dichiarai, in tono oltraggiato, e tornai a sdraiarmi sotto la trapunta. «Dannato tentatore» lo accusai, cercando di reprimere un sorriso.
 
Yoongi sorrise soddisfatto, e mi stampò un bacio sulla guancia. Poi si alzò dal letto e mi fece cenno di restare là, mentre lui scendeva in cucina a preparare la colazione.
 
 
*
 
 
Il giorno successivo saremmo dovuti tornare a scuola per davvero. Quello era il nostro ultimo giorno di libertà, e dovevamo sfruttarlo al meglio. Eravamo seduti al tavolo della cucina, dopo aver fatto colazione, intenti a decidere sul da farsi.
 
Allora, hai qualche idea brillante?
Vuoi rapinare una banca? Entrare in un negozio,
e infiltrarti nel reparto riservato al personale?
Magari rubare un tappeto elastico?

 
Scossi la testa, contrariata. «Senti, te lo ripeto» sbuffai, incrociando le braccia. «L’idea del carrello ti era piaciuta, e anche quella del negozio di arredamento, quindi smettila di prendermi in giro».
 
Va bene, sono serio. Cosa vuoi fare?
 
Ci pensai su, rigirandomi una ciocca di capelli tra le dita. «Facciamo qualcosa di normale, per una volta» proposi alla fine, con un sorriso.
 
È perché non hai più idee, ammettilo.
 
«Dai! Che fai, mi prendi ancora in giro?» mi lamentai, tirandogli uno scappellotto. «Voglio davvero fare qualcosa di normale. Andiamo in sala giochi, che ne dici?».
 
Yoongi divenne improvvisamente serio, e rimase immobile sulla sedia. Per un breve istante, mi parve di vedere un’ombra attraversare i suoi occhi scuri, ma non riuscivo a immaginarne il motivo.
 
«Che c’è?» chiesi, facendo finta di niente. «Non ti piace la sala giochi? Possiamo fare qualcos’altro».
 
No, va bene. Facciamo quello che vuoi tu.
 
Lo guardai, piegando la testa di lato. «Sei sicuro? Mi hai ospitato e hai anche preparato la colazione, come minimo in cambio ti faccio scegliere. Se c’è qualcosa che vuoi fare, dimmelo».
 
Ho detto che va bene. Andiamo in sala giochi.
 
Lo scrutai ancora, intensamente, ma la sua espressione era impenetrabile.
 
«Va bene» dissi piano. «Come vuoi tu».
 
 
*
 
 
La sala giochi era praticamente vuota. Di solito c’erano ragazzini delle medie e altri ragazzi della nostra età, ma a quell’ora erano tutti a scuola, a differenza di noi due disgraziati.
 
«Guarda che bello, Yoongi!» esultai, tirandolo per la manica. «È praticamente tutto per noi! A cosa vuoi giocare?».
 
Yoongi continuava ad essere serio, e stavolta nemmeno il mio entusiasmo riuscì a strappargli un sorriso. Allentai la presa sulla sua manica, e lo guardai preoccupata.
 
«Tutto bene?» chiesi, dolcemente. «È da prima che sei serio».
 
Yoongi scosse la testa, poi si guardò brevemente intorno e mi indicò il tavolo da air hockey.
 
Annuii. «Va bene, giochiamo».
 
Man mano che giocavamo, Yoongi ricominciò a dispensare lievi sorrisi. Sembrava divertirsi, e tra noi s’instaurò la solita intesa. Io gridavo, esultando quando facevo punto e lanciandogli insulti quando lo faceva lui. Yoongi, invece, mi rivolgeva sorrisini malefici ad ogni punto che faceva, e poi agitava il pugno in segno di trionfo, mentre quando perdeva sporgeva il labbro inferiore mettendo su il broncio.
Alla fine vinse lui. Io caddi teatralmente in ginocchio, infilandomi le mani tra i capelli in un gesto drammatico. Poi mi rialzai di scatto, e puntai l’indice contro di lui.
 
«Guarda che ti ho lasciato vincere» lo informai, cercando di non ridere. «Solo perché mi hai preparato i pancake».
 
Yoongi si avvicinò, sorridendo maliziosamente, e scostò la mia mano con l’indice ancora puntato, poi scrisse velocemente qualcosa e mi mostrò lo schermo.
 
Solo per i pancake? O anche per qualcos’altro? ;)
 
Incrociai le braccia, e girai la testa dall’altra parte, evitando il suo sguardo. «Non so proprio di cosa parli, Yoongi».
 
In risposta, lui mi afferrò per il mento e mi costrinse a girarmi di nuovo verso di lui. Prima che potessi protestare, mi stampò un bacio rumoroso sulle labbra, e appena feci per picchiarlo, corse via sfrecciando fra i tavoli da biliardo. Lo inseguii, e arrivati all’altezza delle macchine da flipper, riuscii a placcarlo afferrandolo per la vita. Yoongi cercò di divincolarsi, ma io appoggiai la guancia sulla sua schiena, stringendolo più forte. Poi iniziai a tastargli il torso, per punzecchiarlo.
 
«Ehi, sono le tue costole quelle?» dissi, ridendo, mentre lui iniziava a contorcersi per il solletico.
 
Alla fine ebbi pietà e lo lasciai andare. Yoongi si sbilanciò in avanti, piegandosi in due, ma riuscì a ritrovare subito l’equilibrio e a girarsi verso di me, lanciandomi un’occhiataccia.
 
«Vuoi giocare a qualcos’altro?» gli chiesi, ostentando un sorriso innocente.
 
Dopo un attimo di esitazione, Yoongi scosse lentamente la testa. Poi digitò qualcosa sul telefono e me lo passò, con espressione seria.
 
Tess, voglio dirti una cosa.








 
Non ho molto da dire su questo capitolo,
ma ci tenevo a ringraziare ancora una volta chi continua a seguire la storia,
e chi mi ha lasciato una recensione finora!
Il vostro sostegno è davvero importante <3
Alla prossima,
Sugakookie
   
 
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