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Autore: Redferne    24/09/2018    9 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 52

 

 

 

 

 

 

HELL’ S FANGS (PRIMA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rumore di acqua che scorreva si interruppe di colpo.

Pochi istanti dopo Finnick uscì dal bagno reggendo un grosso e, almeno a giudicare dall’apparenza, piuttosto pesante secchio di plastica tra le mani, riempito fino a metà. Il recipiente era largo quanto lui e, per quanto riguardava l’altezza, se lo avesse poggiato per terra gli sarebbe arrivato all’incirca alle spalle. Ma, nonostante ciò, sembrava non gli costasse alcuno sforzo trasportarlo a quel modo.

Già. Non tradiva alcuna fatica. I movimenti ed i gesti lenti ed alquanto insicuri erano dovuti probabilmente al materiale di cui era composto il secchio, nonché alla sua età. Doveva aver vissuto molte primavere e molti lavaggi, ormai. E sia il contorno del bordo che la parte centrale dovevano aver perso notevolmente la propria elasticità e consistenza, diventando alquanto sottili e cedevoli. Al punto che alla minima stretta o pressione si deformava paurosamente, facendo ondeggiare ciò che era al suo interno. E minacciando di farlo traboccare e fuoriuscire ad ogni movimento. Un eventualità che aveva concrete possibilità di avverarsi, tante quanto quelle di sfuggire tra le sue mani da un momento all’altro e di riversare il proprio contenuto tutto in giro.

Al momento i due diversi tipi di calamità se la giocavano praticamente alla pari. Cinquanta e cinquanta, si sarebbe detto.

In realtà non vi era alcun pericolo che accadesse. La sua presa era salda. Molto più salda di quanto potesse apparire ad un occhio inesperto o precipitoso. E i suoi passi, seppur piccoli e cadenzati, non mostravano la benché minima insicurezza.

A dispetto del corpicino minuto e della compromettente bassezza, il fennec disponeva di una gran forza fisica. Aveva muscoli da vendere, sissignore. Anche se mascherati sotto forma di gambette corte e tozze e braccine esili. E da un atteggiamento pigro, sfaccendato ed indolente.

Nonostante il modo di porsi alquanto tronfio e supponente, coadiuvato da una discreta dose di spacconate, Finn non era tipo da mettersi in mostra. Non amava fare sfoggio o vanto delle sue capacità, a meno che non vi fosse costretto. Del resto…

 

Mai rivelare i propri punti deboli.

 

Così aveva sempre sostenuto IL VANGELO SECONDO FINNICK.

Atto primo, unico e solo. Capitolo pure. E paragrafo anche.

Glielo aveva sempre detto e ridetto fino alla nausea, a quello zuccone del suo socio. Tanto bravo e sveglio a fregare e a turlupinare la gente, quanto incredibilmente testardo ed OTTUSO quando si trattava di apprendere ed applicare quel minimo sindacale di DANNATISSIMO BUON SENSO. Ma non si stancava mai di ripeterglielo nonostante l’altro facesse sempre finta di non sentirci, da quell’orecchio.

Mai mostrare le proprie debolezze. Ma il discorso in tal senso finisce col diventare leggermente più ampio, poiché tra esse bisogna annoverare anche i cosiddetti PUNTI DI FORZA. Perché ci vuole un niente a farseli ritorcere contro, trasformandoli da validi alleati nei propri più acerrimi nemici.

E’ sufficiente che l’avversario se ne accorga e li scopra. Una volta che abbia imparato riconoscerli, può sviluppare una contromisura adeguata. Persino il più grande talento di questo mondo, una volta svelato, finisce col perdere progressivamente la propria efficacia.

Contrariamente alle apparenze non era un patito delle botte, dei lividi e del sangue che scorre. Viveva per le battaglie, considerava la sua vita stessa era una continua battaglia. Contro agli altri, contro la noia dell’esistenza, contro sé stesso…contro tutto. Era il suo modo per sentire che esisteva, la sua tassa pagata per continuare a camminare e a calpestare orgogliosamente questo cavolo di suolo di mondo, affermando e rivendicando la propria individualità e la propria unicità.

LOTTO, DUNQUE SONO.

Eppure…non cercava mai il risalto a tutti i costi, o le luci del palcoscenico. Se era vero che era tutto fatto a scale, con chi scende e chi sale…ebbene, lui aveva deciso sin da subito di uscire da quel gran sali e scendi che costituiva il bailamme quotidiano. Il gran varietà della noia e delle ovvietà. E si era piazzato a fianco della scala mobile, a vedere il branco di cretini che continuano a correre come forsennati verso l’alto, nonostante i cingoli mobili continuassero senza sosta alcuna a trascinarli verso la direzione opposta. E più quel manipolo di babbei che osservava si affannava ad accelerare il passo, più la scala meccanica aumenta la propria velocità. Ma allora, stando così le cose…A CHE CAPPERO SERVE, me lo spiegate?

Un soldino FINTO DI PLASTICA per i vostri assurdi a sgangherati pensieri.

No, dico. Spiegatemelo voi, che io non ho parole. E nemmeno le voglio trovare. Perché non ce ne sono per voler provare a spiegare, interpretare o giustificare questa follia. LA VOSTRA FOLLIA.

A lui erano sempre bastati due pugni di riso al giorno ed un giaciglio dove poter dormire. Ah, si…ed il suo fido furgone, ovviamente. L’unico suo compagno veramente inseparabile. Tutto il resto era di passaggio. E ringraziando il cielo…gli altri due, in un modo o nell’altro, era sempre riuscito a rimediarli. E se non li trovava in giro…li scovava dentro il marasma del retro del suo caro, vecchio macinino su quattro ruote mezze sgonfie. In mezzo a tutto quel guazzabuglio qualcosa saltava fuori sempre. Un tozzo di pane, oppure un quarto di stecca di cioccolato…non lasciava mai il suo padrone da solo e con lo stomaco vuoto, il vetusto trabiccolo. Per le pezze al sedere non ci poteva fare niente, ma…quella era una sua libera scelta.

Spesso pensava a sé stesso come ad uno di quei vagabondi con cappello malandato, scialle trasandato e polveroso e katana a tracolla. O una spada. O una scimitarra, a seconda del proprio paese di provenienza. Magari infilata di traverso nella fibbia della cintura ormai sfinita dai troppi buchi aggiunti per la fame e per il digiuno.

Quella vita saziava l’onore ma non riempiva le busecche. Però…ti sentivi le spalle LEGGERE.

INCREDIBILMENTE LEGGERE.

Erano liberi. Più liberi di quanto il resto della gente e dei potenti potessero essere disposti a sopportare e a tollerare. Perché vederli così sereni e senza il minimo pensiero li infastidiva. Erano lo specchio in cui si rifletteva tutta la loro pochezza e viltà. Li vedevano passare e riuscivano a scorgere quanto fossero gretti e miserabili, persi senza rimedio alcuno nelle infime sciocchezze di ogni giorno.

Quei combattenti erranti non avevano più un padrone a cui rispondere. O forse, come lui per gran parte della sua permanenza su questo globo terracqueo, non ce l’avevano mai avuto o ancora avuto. Ma non si può esistere solo per sé stessi. Anche il mammifero più ramingo e solitario che esista deve avere qualcuno a cui rendere conto. Nessuno, proprio NESSUNO, può agire davvero per il solo ricavo personale.

Non si può agire veramente per quello. Così è uno spreco.

La libertà assoluta NON ESISTE. E’ un’illusione.

Tutti debbono avere UN COMANDANTE. E quella…rappresenta l’unica scelta che viene concessa. Ci si può abbassare a voler obbedire a qualcuno, a patto che quel qualcuno sia degno di noi. Si può scegliere la servitù e rinunciare alla libertà, se colui a cui la si dona si dimostra all’altezza del nostro sacrificio.

Così non è una perdita. E’ barattare qualcosa di proprio, di grande, in cambio di qualcosa di ANCORA PIU’ GRANDE.

Un guerriero deve sempre trovare qualcuno per cui agitare i propri pugni e le proprie armi. Altrimenti…anche la spada più bella, tagliente e lucente finirà con l’arrugginire. E l’elsa che la contiene per marcire, se non trova chi la utilizzi.

Deve ASSOLUTAMENTE trovarlo, prima che ciò accada. Ma costui deve dimostrare sufficiente giudizio ed abilità. In caso contrario la miglior lama finirà in mano ad un idiota che la impiegherà col minimo sforzo indispensabile, facendo ridurre le sue prestazioni ad un livello scadente. Per sempre.

La cosa migliore da fare, quindi…è di non affannarsi, per non correre il rischio di finire nelle mani sbagliate. Attendere, ad un angolo di strada. Attendere che il proprio comandante si faccia vivo.

Poiché è sempre un grande comandante a scegliere un grande guerriero, e non viceversa. Passa di lì per puro caso e lo riconosce al volo, di puro istinto. Lo capisce guardandolo dritto negli occhi, così come potrebbe intuire i pregi nascosti di una sciabola notandone solo la foggia e la fattura da lontano.

Quei viandanti, quegli spadaccini di una volta facevano proprio così. Vagavano senza sosta e senza meta, aspettando che il loro destino si rivelasse. Ed intanto…intanto non se ne rimanevano certo con le zampacce in mano.

Si davano da fare. E parecchio, anche.

In attesa di scoprire con una certa curiosità chi avrebbe avuto il privilegio di chiamarli a servizio...SI METTEVANO A SERVIZIO PER I FATTI LORO. PER CONTO PROPRIO.

Si mettevano a servizio DELL’INTERO CREATO.

LA TERRA STESSA diventava il loro comandante, signore e padrone.

Lavoravano per lei, raddrizzando torti e riparavano ingiustizie.

Perché prima di essere guerrieri erano PRODI CAVALIERI.

Mammiferi d’arme e d’onore. Di prestigio e di valore.

Vissuti e nati sotto L’ANTICO CODICE. Con le sue parole ed i suoi precetti scolpiti nella carne, nei muscoli, nei nervi, nei tendini e nelle ossa. E marchiati col fuoco più sacro fin nel profondo della propria mente, del proprio cuore e della propria anima.

 

IL SUO BRACCIO DIFENDE GLI INERMI.

LA SUA SPADA PROTEGGE GLI INNOCENTI.

IL SUO SCUDO SI ERGE A SALVARE I PURI DI SPIRITO, E LA SUA MANO SI LEVA A FARE STRAGE DEI MALVAGI.

 

Ecco…belle parole, ma su questo Finn aveva pensato che si poteva sempre discuterne. Lui, ad esempio, i deboli e gli indifesi non li aveva mai protetti. O meglio…le volte che lo aveva fatto, non se n’era mai ritornato all’ovile a zampe vuote. E questo era forse da ritenersi in contrasto con quelli che riteneva per comportamento e condotta i suoi illustri predecessori, e con gli ideali assoluti che essi incarnavano?

Metti quando aveva salvato le figlie e la bella mogliettina di SCIMUNITO…la seconda lo invitava a pranzo o a cena praticamente tutti i giorni, preparandogli ottime pietanze e squisiti manicaretti a profusione, e dando fondo a tutto il suo repertorio culinario. Che a giudicare dalle prelibatezze che sfornava a manetta, doveva essere pressoché infinito o giù di lì.

Lo scimunito poi, in occasione di una delle ultime volte che era andato lì a strafogarsi e ad ingozzarsi a sbafo, si era pubblicamente complimentato con la consorte in sua presenza e davanti a tutta la sua bella prole di stampo prettamente femminile.

L’imbecille si era lasciato andare e sbottonato, rivelandole che mai e poi mai si era mangiato così bene come in quel periodo, dentro a quella casa.

 

Te lo devo proprio dire, mia cara. Mi hai stupito. Ti devo proprio fare le mie più sincere congratulazioni.

 

Si ricordò che lei aveva sorriso, a quelle parole.

MA NON AL MARITO.

E non c’era certo da meravigliarsene, anzi…si potevano persino giurare, su quanto si aveva di più caro e senza possibilità di smentita alcuna, che la sua dolce metà NON AVESSE MAI CUCINATO COSI’ IN VITA SUA, PER LUI.

Eh, si. Doveva arrivare il buon vecchio FOLLETTO DEL DESERTO.

Riguardo alle prime dell’allegra combriccola citata in precedenza, e cioè le sue sette care figliole di cui non ricordava ancora molto bene i nomi…ma che importava, dopotutto? Erano solo SPASSO. SPASSO MOMENTANEO, e nulla più.

Si diceva…le care ragazze si facevano dare una ripassata di dritto e di rovescio che era una bellezza, tutte le volte che voleva e tutte le volte di cui aveva bisogno. Bastava aggirarsi da quelle parti, beccare la prima a portata di zampa e…ZAC!! PRONTA CONSEGNA!!

In quel periodo, grazie a loro…stava DAVVERO DANDOCI DENTRO ALLA GRANDE, signora mia. PIU’ DEL SOLITO.

Stava letteralmente INFIOCINANDO PEGGIO CHE SE FOSSE ANDATO NEL MARE DELL’ESTREMO NORD A PESCARE TONNI DALLE PINNE GIALLE, SGOMBRI E MERLUZZI. Davvero.

L’importante era rispettare una regola sacra ed assoluta.

OCCHIO NON VEDE, CUORE NON DUOLE.

Contava non farsi beccare dalle altre consanguinee mentre si era in ballo a sollazzarsi con una del gruppetto. Altrimenti sarebbero potuti saltar fuori disguidi. Baruffe anche brevi, ma piuttosto violente. Come tutte le volte che un branco di femmine si devono contendere un osso. Un osso MASCHILE, in questo caso. Bello lungo e ricurvo. E non si parla certo di COSTOLE.

Perché la verità è che le femmine, tra loro, intimamente si ODIANO. Questo è quanto.

Sono in competizione praticamente su ogni cosa. Dalla minuscola forcina per capelli alla punta dell’ultimo stivale uscito. Specie tra sorelle.

Figurarsi quando ad una riesce di rimediare un manico. Un passe –partotut per il suo CALDO PERTUGIO.

Vuole essere l’unica. PENSA di essere l’unica. L’unica a meritarselo, e gode a vedere le altre che rosicano di invidia. E queste ultime, ad un certo punto, iniziano a fare a gara di smancerie e seduzioni nel tentativo di grattarglielo al più presto possibile.

Ogni femmina è convinta, nel fondo del suo animo torbido…DI AVERCELA SOLTANTO LEI.

E que male ce sta, por la malonza?

E’ proprio qui che il maschio astuto ci sguazza. L’importate è fare i propri porci comodi, e lasciarglielo credere.

Ognuno è libero di credere ciò che vuole. L’importante è portare a casa il risultato.

Nella fattispecie di Finn, il proprio tornaconto personale. MANGIARE LA PIETANZA, in questo caso.

Se le ricordava ancora le scorribande la sera, ai tempi delle bande. Quando gli veniva assegnato qualche pischello appena entrato nella band a cui dover fare da chioccia.

Li portava per prima cosa nelle zone dove era possibile RIMEDIARE FACILE, poiché tutto era a portata di mano.

E a Zootropolis vi era OGNI COSA AL SUO POSTO ED UN POSTO PER OGNI COSA, come nel famoso e vecchio proverbio.

Qui alcolici, là sostanze illecite tra le più disparate ed ogni sorta, lì femmine consenzienti e disponibili…facile facile. Bastava sapere dove andare a cercare.

E lui lo sapeva. SAPEVA TUTTO. TUTTO DI TUTTI.

Specie con le esponenti del doppio cromosoma X. Rappresentava la sua specialità. La specialità della casa.

CHEZ ZIO FINN. SPUPAZZAMENTI, SLURPAZZAMENTI E SPURCELLAMENTI NO – STOP A TUTTE LE ORE!!

E si ricordava le facce dei colleghi di banda più giovani, in quei frangenti. Occhi fuori dalle orbite, schiuma alla bocca, lingua a penzoloni e bozzo nei pantaloni. E fa pure rima.

Odoravano di ansia da prestazione e di testosterone a mille.

Come tombini che andavano spurgati ad ogni costo.

Eh, gente. Quando si parla della famosa GUERRA DEL QUINDICI – DICIOTTO…non ci si riferisce mica a quella scritta sui libri di storia.

Ti devi scaricare, perché potresti ingravidare almeno trenta femmine al giorno senza alcun problema. Ed invece, se ne rimedi una…è già grasso che cola. Assieme a qualcosa di egualmente denso e viscoso, una volta che hai finito. A furia di darci su e giù DI MANOVELLA ti riduci in una maniera a dir poco orribile, tra brufoli e bubboni che ti spuntano sottopelliccia e talmente grossi, ciccioni e purulenti che sono visibili a metri di distanza. Al punto che se incroci uno sbirro ti ferma e ti chiede se hai il porto d’armi per circolare con tutta quella roba sul muso.

Se se ne spremevano uno per strada rischiavano di ammazzare qualche poveraccio col getto o di sbatterlo dall’altro capo della città, garantito. Emettevano raggi laser sotto forma liquida. Sia dalle pustole che da qualche decina di centimetri più in basso, le volte che erano costretti o gli girava di TIRARE IL COLLO ALL’ ARNESE.

Avevano lì in mezzo il tessuto talmente tirato che sembrava potesse esplodere da un momento all’altro. Quei pivelli giravano con un arma impropria tra i mutandoni.

Croce e delizia della giovinezza. Ti senti il fuoco dentro alle vene. E anche dentro a qualcosa d’altro. Ti senti il sangue ROVENTE.

E da che mondo e mondo non c’è nulla di più esplosivo di un ragazzo con la sua matassa di ormoni impazziti che si trascina appresso.

Ma per fortuna c’era lo zio Finn. E lo zio Finn sapeva cosa era bene per quei ragazzuoli volenterosi.

E la prima cosa da fare, per evitare che quelli si mettessero in gruppo o facessero capannello per conto loro, andando in giro a rimediare quel che necessitavano con la forza e combinando UN’ AUTENTICA CAMBOGIA A CIELO APERTO, magari andando a pestare i piedi e andandosi a scontrare con altri baldi, nonché egualmente esagitati ed arrapati giovinotti imberbi ed implumi provenienti magari da altre bande rivali…non vi era che un’unica soluzione.

Fargli capire, mettergli in zucca che qualunque cosa volessero, era portata di zampa.

Bastava chiedere allo zio Finn. Che teneva le zampe in pasta dappertutto e che conosceva tutto quel che c’era da conoscere.

CONOSCEVA OGNI COSA E DOVE ANDARE A PESCARLA, A QUALUNQUE MOMENTO DELLA GIORNATA, DI NOTTE COME DI GIORNO.

Glielo aveva detto, al suo comandante. E lui era stato di poche parole, come sempre. Non sprecava mai un vocabolo più del necessario. Ed ognuno di essi era una sentenza.

 

“Mi fido di te, ISPANICO. Buona idea. Pensaci tu.”

“M – ma c – como? Es…es todo aqui? Tutto qui, CYRUS?”

“Si, ispanico. Tutto qui. Tu hai proposto, e tu te ne occupi. Lascio tutto nelle tue zampe.”

 

E lui ci aveva pensato. E quando uno di quei valenti pisciasotto e teppisti in erba adocchiava qualche signorina che gli faceva un’occhiolino o gli lanciava un bacino con un soffio, in modo da rimediarsi un sicuro nuovo cliente o una ruzzolata sul materasso in qualche sordido motel da poco lì vicino, rispondeva in egual misura.

Erano tutti uguali, quei cacainbrache dal pannolino appena dimesso e ancora freschi di fasciatoio.

Bastava che vedessero due curve o un gesto di finto ammiccamento e non capivano più niente.

Ma lui era scafato, a certe cose.

 

“EHI, EHI! ZIO FINN! ZIO FINN!! GUARDA QUELLA, GUARDA QUELLA!! LE PIACCIO, CI PUOI SCOMMETTERE!! GUARDA QUELLE, PER LA MISERIA!! ADESSO ANDIAMO LI’ E CE NE FACCIAMO QUALCUNA, EH? CHE NE DICI?”

 

“Calma, figliolo. Una cosa alla volta. Adesso per prima cosa parcheggiamo. Poi andiamo lì belli e tranquilli, un passo alla volta…e ce le facciamo TUTTE!!”

 

Eh, ma lui era scafato a certe cose.

Ci aveva portato anche il socio a quelle sortite, non appena aveva raggiunto l’età puberale. Bisognava celebrare, e gli aveva organizzato un festino coi fiocchi. Non aveva tralasciato nulla, selezionando le più belle e navigate.

Il meglio del meglio, per colui che considerava il suo più valente discepolo. Il suo fratellino. Il suo figlioccio.

Peccato che le cose fossero andate in maniera un pò strana, con lui. Del resto…lo aveva capito da subito che era un tipino un pò particolare. DIFFERENTE dagli altri.

Differente DA CHIUNQUE ALTRO.

Di solito, a cose fatte, tutti quei giovani virgulti non vedevano l’ora di vantarsi delle loro presunte imprese a letto, vere od inventate che fossero. Tanto poi lui parlava direttamente con le ragazze che se li erano passati tra le grinfie, e la verità la veniva a sapere comunque. Ma, nel caso del suo socio…

Era un enigma. Tornava a bordo del suo furgone dopo aver consumato, e non diceva mai una parola. Solo…

 

“Andiamo, Finn. Per favore.”

 

C’era da sospettare che non ci combinasse nulla con quelle tipe. Magari faceva come quei vecchi soli che con la loro magra pensione non si possono permettere una TRIFOLATA nemmeno con quelle di basso profilo, e che quindi le abbordano ai lati della strada o dei marciapiedi accontentandosi di fare giusto quattro chiacchiere sul tempo o sul governo ladro, tanto per cambiare, con lei che lo guardava con quel misto di disprezzo e compatimento e che annuiva annoiata al suo insulso blaterare, senza avere però la forza di mandarlo via.

Li conoscevano a memoria, quei vecchietti. Così come i loro nomi, di ognuno di loro. Un po’ come i classici cari amici ma un po’ rompiscatole.

Finn non capiva. Non lo capiva. E aveva voluto vederci più chiaro.

Era andato naturalmente a parlare con le fanciulle che se lo erano prese in consegna. E la risposta era sempre la stessa, ogni volta.

 

“Non ti preoccupare, zietto. Nicholas è stato davvero fantastico. Ed è DOLCISSIMO. E’ un così caro ragazzo…”

 

Roba da non potersi descrivere. C’era da poter davvero credere che il furbetto avesse mangiato la foglia. E che le avesse intortate al punto da metter loro in bocca le farsi da dire, qualora il suo compare più grande le avesse sottoposte ad eventuale interrogatorio.

Fu allora che il fennec si rese conto per la prima volta che il suo socio aveva un talento più unico che raro nel manipolare la gente. E di condurla a dire, a fare e ad agire come lui voleva.

E fin qui tutto bene. Era una dote a dir poco essenziale per ciò che dovevano fare nella loro vita, giù per le strade. E una garanzia su futuri e lauti guadagni. Forse era davvero la volta buona che SVOLTAVANO, grazie al suo aiuto. Avrebbero potuto finalmente salire di livello e piantarla una buona volta coi furti, o con gli atti vandalici a tempo perso per far intascare assicurazioni o per fornire lavoro a meccanici e carrozzieri per passare a qualcosa di più sostanzioso. Come LE TRUFFE, ad esempio. Però…

Però non stava ai patti, dannazione. Non lo portava lì per quello. A quelle tizie avrebbe dovuto METTERE IN BOCCA QUALCOSA D’ALTRO, e non le parole. Gli stava facendo solo perdere del tempo.

Una volta arrivò persino a sospettare che avesse delle TENDENZE UN PO’ PARTICOLARI.

DIVERSE.

E per non saper né leggere né scrivere lo aveva portato da qualche bel ragazzone muscoloso. E da qualche altro così fine ed effeminato da non parer nemmeno un maschio. Così perfettamente camuffato che non avresti compreso la realtà delle cose fino a che non fosse calato i calzoni.

Chissà…forse apprezzava L’ALTRA SPONDA. O MAGARI ENTRAMBE, a seconda del periodo.

Dopotutto…anche quello era AMORE, come sosteneva da sempre lui.

Un po’ strano, incomprensibile…ma sempre amore. E non bisogna combattere o reprimere i propri istinti.

E si ricordava che il socio se l’era presa alquanto. Anzi…aveva sbottato. SCLERATO DAVVERO. E DI BRUTTO, ANCHE.

 

“Ma che ca…MA SEI SCEMO, FINN? MA CHE TI SALTA IN TESTA? MA CHE TI DICE, QUEL POCO DI CERVELLO CHE TI E’ RIMASTO?! TE LO SEI BEVUTO ASSIEME AL RESTO, PER CASO?!”

 

No. Non era nemmeno quello. Era senza ombra di dubbio anche lui un iscritto alla SACRA CONFRATERNITA DEI BEATI ESTIMATORI DELLA ACROS.

E si prega di anagrammare l’ultima parola leggendola a partire dall’ultima lettera in modo da ottenerne il vero significato.

Ah, l’enigmistica. Davvero affascinante. Il passatempo più sano ed economico. Ovviamente subito dopo lo SC…

E comunque, meno male. Anche se, in caso contrario…non ci sarebbero stati problemi di sorta. Parlando di guerrieri dei tempi antichi…la gente non ha la benché minima idea di quanti se la intendessero, tra loro. E che importava? La cosa che importava davvero era che dessero il sangue fino all’ultimo, nel corso delle battaglie.

Ma, visto che si parlava di problemi…quale diamine era il problema, allora?

Perché il socio non ci stava?

Il dilemma rimaneva insoluto. E non la smetteva di continuare a porsi, nonostante il tempo che passava. Al punto che finì per mandarlo in bestia. Come lo mandavano in bestia tutte le cose che non gli riusciva di capire.

 

Si una cosa la capisco, allora todo bien. Por que sta a segnificare que la posso ENQUADRAR, inquadrare. E si la posso inquadrare vale anche a dire anche que la puedo usar, la posso usare.

Ma si non la compriendo, allora…allora non ce puedo combinare nada, nulla. Y allora, por quel que me riguarda, la puedo anche TIRAR, gettare nella spazzatura por que tanto por mi non cambia niente. Por que NON SIERVE. NON SIERVE A MI.

Non costringerme a jettarte nel bidone dell’immondizia, socio. Non dopo tutto quello que ho fatto por ti. Non dopo todo EL TRABAJO, tutto il lavoro que ho fatto su de te por renderte quello que sei.

DAME UNA SPIEGAZIONE VALIDA, TE NE PREGO.

DIMMI PERCHE’ FAI COSI’.

 

Non riusciva proprio a farsene una ragione. Era lui che sbagliava qualcosa, forse? O era Nickybello che non gradiva ciò che gli proponeva?

Forse perché proveniva da un ambiente rispettabile?

Forse perché ci era FINITO in mezzo alla strada e non NATO come lui? E quindi si sentiva troppo SCHIZZINOSO, troppo RAFFINATO? TROPPO SUPERIORE per simili cose?

Era questa la verità, forse? NON LO RITENEVA ALLA SUA ALTEZZA?

Padronissimo di rifiutare, per carità. Anche se presso le tribù di una volta i doni, specie se fatti da un capo dei villaggi vicini in segno di rispetto e di amicizia, non si rifiutavano MAI.

NON SI POTEVANO RIFIUTARE. Era un lusso che non ti potevi concedere.

E se proprio non te la sentivi di accettarlo…dovevi fornire una spiegazione adeguata. E che facesse leva sul profondo rispetto e considerazione che nutrivi nei confronti di colui che ti aveva fatto quei regali. Altrimenti…

Altrimenti ERA LA GUERRA.

Difatti. Ed è proprio quello che aveva intenzione di fare, col suo socio. Così sarebbero finite le cose, tra loro due. Gli avrebbe spiattellato in faccia tutto ciò che pensava. E in quanto all’altro…avrebbe fatto meglio a prepararsi una bella serie di scuse. Ed un motivo quantomeno decente per giustificare il suo atteggiamento. Altrimenti…

Altrimenti sarebbe scoppiata la guerra. E gliel’avrebbe fatta scoppiare DRITTA DRITTA SUL SUO GRUGNO, A SUON DI PUGNI.

Così stanno le cose, FOLKS. Così si gestiscono le amicizie ed i rapporti interpersonali giù nel mondo parallelo ed invisibile della strada, con le sue norme e le sue leggi. Sconosciuta da chi non vi bazzica, ma che per chi le conosce e quella strada la frequenta, esse sono sacre ed inviolabili. Ed IMMUTABILI.

Così è il rapporto tra due volpi dei bassifondi, due fratelli che si sono divisi sempre tutto.

E se non ti va più di dividere, spiegami il perché. E spera di riuscirmi a convincere, altrimenti TI AMMAZZO DI BOTTE.

Poiché lo stesso braccio con cui ti do una pacca sulla spalla, in segno di amicizia e di conforto…quello stesso braccio lo posso usare l’istante dopo per FARTI SALTARE TUTTI QUANTI I DENTI, se mi fai perdere la pazienza.

Così é. AUGH. Un rapporto alla pari. E se siete anime belle e troppo candide per poterlo accettare, beh…fareste meglio a menare le tolle e ad andarvene da un'altra parte.

UN bel giorno lo aveva preso quindi a muso duro.

 

“Escuchame, socio…se puede saver que es el problema que tu tienes con migo?”

 

Si ricordò che il suo socio, per prima cosa, lo aveva guardato con espressione stupita.

 

“E dai, Finn…parla come mangi, ti prego. Lo sai che non ci capisco un’acca, quando fai così.”

“Oook…REWIND, REPLAY. Allora, ricapitolando…SI PUO’ SAPERE QUAL’E’ IL TUO PROBLEMA, HERMANO? CHE PROBLEMI HAI, CON ME?”

“Con…con te? Ma di che parli, scusa?”

“Tu lo sas bien, a cosa me riferisco. Lo sai fin troppo bene.”

“E invece no, vecchio mio. Continuo a non capire che intendi. Vediamo di darci una mossa, piuttosto. E occupiamoci delle cose veramente importanti, invece di perdere tempo in chiacchiere. Ti rammento che questo mese siamo ancora indietro DI UN CENTONE, sulla busta da consegnare a Mr. Big. E tra una settimana E’ GIORNO DI PAGA, nel caso tu te lo sia scordato.”

“Lassa perdere, quello. Y lascia perdere quel RATTUSO D’UN TOPORAGNO FETENTE.”

“M – ma Finn!! Sei impazzito, per caso? Se ti sente qualcuno passeremo dei guai?”

“Oh…no te preocupe, socio. Fossi in te non me preoccuperei. Visto che i guai RISCHI DI PASSARLI LO STESSO, se non starai attento a quel che dici.”

“Spiacente…ma continuo a non comprendere dove vuoi andare a parare, col tuo discorso.”

“Ah, no? Allora lascia que te rinfreschi la memoria. Te la do io, una dritta. En este SEMANAS, nelle ultime settimane…te ho portato da FIOR FIORE DE SQUINZIE. LA CREME DE LA CREME, socio! Toda roba de prima qualidad, provata y testata personalmente da el sottoscritto! EL NON PIU’ ULTRA! Ma roba che chiunque, al posto tuo, sarebbe venuto a stresciarmi davante sulle ginocchia y a pagarme qualunque genere de cifra pur de avere un’oportunidad! Yo te ho offerto todo esto, tutto questo, y por giunta AGGRATIS! Y tu, razza de mangiapane a tradimento ed ingrato que no es altro, cosa fai per ringraziarme? LE RIFIUTI, ECCO COSA FAI. TUTTE ME LE HAI RIFIUTATE, UNA DOPO L’ALTRA!!”

“Ri…RIFIUTATE, dici?! Ma questo non è affatto vero! Io ti posso assicurare che…”

“ZITTO! STA’ ZITTO!! E non tentare di de farme messo. Tu puoi raccontarmi quello que te pare, y convincere quelle chicas a dire ciò que più conviene por ti, ma a me non me freghi. NUN ME FREGHI, ENTIENDE? Yo certe cose le capisco. LE CAPISCO AL VOLO. Tiengo su el groppone molti ma molti più ANOS de ti, molti più anni de te. Sono nato molto prima de un mucchio de gente, y morirò MOLTO DOPO DE LORO.”

“Finn…”

“Allora…ora yo te farò una domanda. Y tu sarai pregato de risponderme sinceramente. E guarda que me ne accorgo, se me racconti BALLE. Allora…cosa cappero hanno quelle ragazze che non va? Perché non sono di tuo gradimento? CE SEI ANDATO IN BIANCO PRATICAMENTE CON TUTTE, SANGRE DEL DIABLO!! NON CE HAI FATTO NULLA!! NADA DE NADA!! MA LO SAI IO COSA NON COMBINAVO, SI ERO AL POSTO TUO? TU ES JUVEN, GIOVANE. CE SAI FARE, HAI LA PARLANTINA SCIOLTA. TU ES SPIGLIATO, IRONICO UND SPARKLING. BRILLANTE. Y TU ES MAS GUAPO. HERMOSO. MUCHO CARINO. NON SARAI UN ADONE…MA NON SEI NEMMENO DA SBATTERE VIA. ED INOLTRE SEI SENSIBILE, ED INTELLIGENTE. E LAS HEMBRAS APPREZZANO MOLTO ESTE COSE. COSI’ COMO APPREZZANO EL FATTO QUE TU ES MUY EDUCADO, EDUCATO. OLTRE CHE PULITO, VISTO QUE CE DAI GIU’ DE SAPONE. TU TIENES TODOS LOS NUMEROS, HAI TUTTI I NUMERI AL POSTO GIUSTO. Y ALLORA…QUALE ES EL PROBLEMA? QUALE ES EL TUO PROBLEMA, ME LO VUOI DIRE? QUE PROBLEMA TU TIENES, CON MIGO?! CHE PROBLEMA HAI CON ME? O CON LORO? NO, SPIEGA!!”

“Finn…per cortesia, datti una calmata e stammi a sentire…”

“NO! NO!!TU STAS A SIENTIRE ME!! QUE TE FANNO SCHIFO, QUELLE MUCHACHAS? QUE TE FACCIO SCHIFO PURE IO MAGARI, GIA’ QUE CE SIAMO?! IL SIGNORINO NON LE RITIENE DI SUO GRADIMENTO? NON LE CONSIDERA ALLA SUA ALTEZZA, FORSE?! O FORSE NON CONSIDERI ME ALLA TUA ALTEZZA?! NON CONSIDERI I MIEI RAGALOS, I MIEI REGALI DEGNI DI TE? NON CONSIDERI FORSE ME, DEGNO DEL TUO RANGO?! IO, CON TODO QUELLO QUE HO FATTO PER TE!! FAI QUELLO CHE TE PARE Y QUELLO CHE VUOI MA DIME LA VERITA’ POR FAVOR!! IO…IO GIURO QUE ME STAI MANDANDO AL MANICOMIO, CON ESTA STORIA!! IO…IO DIVENTO MATTO!! GIURO QUE NUN CE CAPISCO PIU’ NADA DE NADA, NIENTE!!”

 

Si ricordò che il suo socio era stato a pensarci un poco su, e poi si era alfine deciso a rispondere.

 

“Uff…e va bene. TU L’AS VOULU, GEORGE DANDIN. Tu l’as voulu.”

“Ma que…MA DE QUE CAVOLO PARLI, HERMANITO?! CHI CAPPERO ES ESTO TIZIO, AHORA?! CHI CAVOLO SAREBBE?! UN ALTRO CON QUI TE SEI MESSO EN AFFARI A MIA INSAPUTA, POR CASO?! QUE MI HAI SCAMBIATO PER UNO DE QUEI DANNATI MANGIALUMACHE?! TE SEMBRO UN MANGIALUMACHE, YO?! UN O DE QUELLI QUE SE DANNO TANTO LE ARIE DA RAFFINATI E POI RUTTANO E SE SCACCOLANO EN BELLA VISTA, PUZZANO DE AGLIO E SE TENGONO EL FILONE DE PANE SOTTO L’ASCELLA PRIMA DE COMER, PRIMA DE MANGIARLO?! GUARDA QUE TU ESE FUORI DE ESTRADA!! YO ME LLAMO FINNICK, Y SOY APOLIDE!! NON HO PATRIA!! POR MI PATRIA ES DOVE LE MIE PATAS, LE MIE ZAMPE POSANO TERRA, ENTENDIDO?!”

“Ti ho detto di stare calmo, Finn. Era solo una DOTTA CITAZIONE DA LETTERATO, tutto qui.”

 

Ma dopo quella frase il caro Nickybello doveva aver convenuto che era meglio piantarla lì con tanti arzigogoli e giri di parole. E di iniziare a spiegarsi come mangiava. Perché alla parola LETTERATO lui aveva definitivamente perso la pazienza, era montato in bestia ed era sul punto di parcheggiargli le mani direttamente sul muso.

 

“Ok, Finn. Vuoi la verità? E io te la dico, la verità. La verità è che…IO NON SONO COME TE, da quel punto di vista. E non sono come gli altri ragazzotti tuoi compari di bisboccia che hai scarrozzato in giro a notti brave prima di me. E NEMMENO CI TENGO A DIVENTARLO, se proprio lo vuoi sapere. Mi spiace per quelle povere ragazze. E ho tentato di spiegarglielo. E mi pare che loro, a differenza tua, lo abbiano persino capito. E sin da subito, anche. La verità è che…NON MI PIACCIONO, FINN. Non…non sono sicuro che mi piacciano ABBASTANZA. Con tutto il rispetto per il lavoro che fanno, ma io…IO NON SONO IL TIPO DA PERDERE LA TESTA E DA ANDARE IN FUMO OGNI VOLTA CHE MI TROVO DAVANTI AD UNA MASSAGGIATRICE, UNA PASSEGGIATRICE O UNA SPOGLIARELLISTA DA QUATTRO SOLDI. Fine della storia. Sono stato abbastanza chiaro, adesso? Mi sono spiegato, contento?!”

 

E come no. Si era spiegato benissimo. Fin troppo bene.

Più chiaro di così. Limpido, proprio.

La verità era…che lo faceva CON IL CUORE. VOLEVA FARLO CON IL CUORE, QUANDO SAREBBE CAPITATA L’OCCASIONE GIUSTA. O che avrebbe ritenuto LA PIU’ giusta, per lo meno dal suo punto di vista.

Come IN OGNI ALTRA COSA, del resto.

Era sempre la solita storia, con quel dannato ed insieme benedetto ragazzo. CI METTEVA SEMPRE QUEL CAVOLO DI CUORE.

CI METTEVA SEMPRE IL CUORE, IN QUALUNQUE COSA FACESSE.

Proprio non riusciva a rinunciarci. Era l’unica lezione che non aveva mai voluto imparare. L’unica che non era mai riuscito ad inculcargli, del CORSO ACCELERATO A PUNTATE DELLA VIA DELLA VOLPE ASTUTA.

KOMBA – DO, per i LAPINOFILI. O FUCHS – FU, per che ne mastica di orientale. O chiamatelo come ACCIDENTE VI PARE A VOI, che tanto…LI AVEVA INVENTATI ENTRAMBI DI SANA PIANTA E SUL MOMENTO, quei due nomi.

Non aveva mai voluto metterselo in testa, il suo socio. Quando si vive in mezzo alla strada, e si fa un lavoro come quello che fanno loro, al cuore BISOGNA RINUNCIARCI. SVENDERLO IN SALDO, alla prima opportunità. O quantomeno…metterlo da parte, in un angolino all’interno di sé stessi. Per poi spolverarlo e ritirarlo fuori solo quando serve, e nella giusta misura. Tipo quando c’è da dover generare nel prossimo più pietà e compassione del solito, per poterlo meglio fregare. Per ciò che riguarda il resto…meglio lasciarlo dov’é.

Anzi…meglio lasciarlo perdere, proprio. E prima lo si capisce e lo si fa, questo, e meglio é. Perché in caso contrario…sono DOLORI. MA DOLORI GROSSI.

Tenersi il proprio cuore rappresenta un autentico SUICIDIO, per un truffatore. Come può un delinquente continuare a fare il delinquente, se inizia a provare DEI SENTIMENTI? Col rischio di provare del RIMORSO per ciò che fa? Col rischio addirittura di DISPIACERSI per ciò che combina alle sue vittime?

No, è una bestemmia. UNA BESTEMMIA, E’ CHIARO IL CONCETTO?!

Sei un IDIOTA, se fai una cosa simile. Un povero SCEMO che non ha la minima idea su quello a cui sta andando incontro. Che non ha la minima idea di cosa sta andando a rischiare.

E come buttarsi dentro ad un fiume con le game e le braccia completamente legate. E queste ultime dietro la schiena, per giunta.

Fai una fine atroce, dibattendoti inutilmente.

Equivale ad AUTODISTRUGGERSI. A FREGARSI CON LE PROPRIE ZAMPE.

Eppure…era ciò che aveva sempre continuato a fare il caro, piccolo Nicky. Ed era ciò che si ostinava a fare con tutte le sue forze. Nonostante c’era da scommettere che stesse pagando un pegno a dir poco salatissimo, per quella sua scelta. Nonostante non si poteva minimamente immaginare quanta sofferenza dovesse costargli, quella sua stoica decisione.

Ma perché lo faceva? Perché si auto – infliggeva tutte quelle ferite?

Proprio non lo capiva. Così come il volpacchiotto seguitava a non capire il senso del suo discorso. Al punto che aveva applicato lo stesso, insano principio anche nella scelta del suo COMANDANTE. Quando era arrivato il momento anche per lui di decidere per chi avrebbe sguainato la spada, nella vita.

Ricordate? Ogni spada, una volta fuori dal fodero, deve scegliersi un proprietario. Oppure ogni guerriero, una volta che l’ha estratta da esso, deve scegliere per chi adoperarla. Altrimenti la prima finisce con l’arrugginirsi, ed il secondo con l’avvilirsi.

Mph. Arrugginirsi – avvilirsi. Bella rima baciata.

E Nickybello non si era smentito neanche stavolta. Anche in quell’occasione aveva dato retta alla sua testa cocciuta ed a quel suo cavolo di carattere ombroso, che il cielo lo danni.

Ci aveva messo il cuore anche questa volta. E chi ti era andato rimediare?

LA PICCOLA JUJU.

Una CONIGLIETTA.

E PER DI PIU’ UNO SBIRRO.

Pessima scelta. Davvero una GRAN PESSIMA SCELTA.

Ok che tutti i gusti son gusti, per la miseria. E non c’entrava certo il fatto che gli antenati di quei due si inseguivano per mezza pianura tutti i santi giorni, dato che erano nemici naturali. Certe cose sono da preistoria, ormai. Nessuno mangia più nessuno.

La vera ROGNA era che si trattava di UNA FEMMINA. E qui la faccenda diventava complessa. Troppo complicata. Subentrava l’affetto, subentravano i sentimenti, subentrava…subentravano un sacco di cose che in una battaglia come quella che combattevano loro quotidianamente non potevi, non dovevi assolutamente portarti dietro. Troppo pericoloso.

Quando c’è di mezzo una femmina, un maschio rischia di SMARRIRE TOTALMENTE LA BUSSOLA.

Per lei diventa capace di compiere QUALUNQUE IMPRESA O PAZZIA, davvero. Si getta a capofitto e a testa bassa. Diventa pronto persino a dare la vita. A FARSI AMMAZZARE.

Come i maschi degli insetti durante la stagione degli amori. Solo a quello servono, e poi vengono eliminati. Si fanno scoppiare il cuore e le budella nel tentativo di entrare nelle grazie della loro regina, e di conquistarla. Poi, quando hanno fatto quel che devono fare…per quel che gli frega possono anche tirare le cuoia all’istante. Sono solo un attrezzo alla continuazione di una specie, non hanno motivi che lo spingano a ragionare a lungo termine, o i termini di conservazione.

Ma un mammifero è un pelo più evoluto di un insetto. E un maschio porta dentro di sé un energia enorme, che può concentrare e sprigionare nel giro di pochi attimi. Deve centellinarla, non può bruciarsi totalmente in un’unica fiammata fino a lasciare un mucchietto di cenere bianca. Non esiste.

Ma la cosa vale anche per le femmine. Sono esistite anche grandi guerriere, in passato. Forti, belle e coraggiose come e più dei loro stimati colleghi. Ma, a differenza di loro, non lo facevano per libera scelta. Diventavano combattenti perché SI INNAMORAVANO DI UN GUERRIERO. E volevano stare al suo fianco per il resto della loro esistenza, nella vita come nella morte. Vivere, morire e lottare per e con chi amavano. Era il loro modo di SPOSARLO.

Nickybello aveva voluto fare sempre UN PASSO IN PIU’ come suo solito. Perché lui era DIVERSO, e ci teneva a darlo da vedere e a metterlo in risalto in ogni occasione. E anche quella volta non fu certo da meno.

Doveva farsi scegliere da un comandante…ed era andato addirittura a farsi agguantare da UNA PRINCIPESSA.

UNA PRINCIPESSA, ACCIDENTI A LUI.

Una dannatissima principessa a cui donare il suo braccio e la sua fedeltà, oltre al suo cuore. E disposto a tutto, pur di fare colpo su di lei. Anche di FARSI FARE IN TANTI MINUSCOLI PEZZETTINI, pur di proteggerla.

La piccola Juju. Per cui era disposto a mollare tutto.

Ed infatti…et voilà.

Addio per sempre a SLICK NICK.

NICK IL DRITTO, il genio del raggiro. Ed ecco a voi, in tutta la sua magnificenza e rifulgente di gloria, nella sua intonsa divisa blu…

L’AGENTE NICHOLAS PIBERIUS WILDE.

Bah. Lo sapete tutti quanti come si dice, del resto. LA VITA, LA PELLACCIA E LA PELLICCIA DI OGNUNO SONO LE SUE. Però...

Però era un gran peccato. Chi lo capiva era bravo.

Lui, invece…si era fatto scegliere dal suo bravo comandante tempo addietro, quando era arrivato il suo turno. Il migliore con cui potesse finire, sul serio. Nessuno gli teneva testa, e tutti si prostravano al suo passaggio. Talmente forte ed in gamba come nessuno prima di lui. E nemmeno dopo, visto che era stato l’ultimo della sua stirpe.

L’ultimo a comandare la gloriosa casta dei guerrieri, prima che sparissero per sempre.

Con lui aveva sempre avuto un rapporto alla pari. Diretto, schietto e sincero. Un sano rapporto tra maschi. Niente affetto o sentimenti. Solo amicizia FRATERNA, TOSTA E VIRILE.

TI DO TUTTO QUEL CHE MI CHIEDI, AMICO. DIMMI SOLO DOVE E QUANDO. MA SOLO PERCHE’ NE HO VOGLIA IO, E PERCHE’ PENSO CHE TE LO MERITI. TUTTO QUI.

Aveva sempre funzionato così, tra lui ed il suo condottiero, il suo capo supremo. Ma aveva sempre funzionato ALLA GRANDE, per il tempo che era durato.

Non gli piaceva rimembrare quella parte della propria vita. Gli provocava piacere e dolore insieme. Per un’epoca ed un’epopea grandiose che ormai non c’erano più, e che giacevano sepolte sotto alla sabbia. Sotto starti di sabbia arida del deserto.

Il suo socio si ostinava a non volerlo capire. Il cuore va accantonato, se vuoi vivere.

Lo si può usare persino per poter AMARE, quando e se occorre. Ma giusto perché sta a metà tra IL CERVELLO E L’ INGUINE. Tra la grossa sfera composta da materia grigia e LE DUE MINUSCOLE SFERETTE SITUATE SOTTOPANCIA, DAL COLORE BRUNO MA DAL CANDIDO E CREMOSO RIPIENO.

Va usato, in quel caso, per rimanere attratti o colpiti da una persona quanto basta per finirci a ruzzolare sopra al materasso e sotto le lenzuola. A patto di non rimanerne troppo coinvolti, in modo da potersi defilare quando la faccenda iniziava ad assumere un contorno troppo serio.

Perché con le femmine è così, gente. E che possa piacere oppure no…rappresenta la pura e semplice verità. E chi afferma il contrario è un puro fesso.

Sogna ad occhi aperti chi ritiene che qualcuna GLIELA MOLLI senza poi finire con l’appiccicarsi.

Quanti mariti aveva visto finire così, quando stazionava e bighellonava giù a Zootropolis e dintorni. Quante scenate e litigate per strada. A volte tutti e tre insieme: moglie, amante ed ingenuo malcapitato di turno. E non erano certo lì per farsi UNA ROBA A TRE, nossignore.

Finiva piuttosto ad urla, strepiti, insulti e lanci di oggetti vari. Che lui recuperava e rivendeva al robivecchi, naturalmente.

E tutto perché, ad un certo punto, l’amante si stancava di fare solo l’amante e si metteva in testa di volere di più. Di essere messa al posto che spettava loro, al posto in cui l’avevano messa le due paroline pronunciate dal rimbambito nei momenti di intimità.

TI AMO.

Volevano PRENDERE IL POSTO DELLA MOGLIE.

E terminava tutto nel solito massacro. Avvocati, separazione dei beni, perdita o vendita della casa, alimenti e figli trattati come e peggio DEGLI OSTAGGI.

Naah, non faceva al suo caso. Lungi da lui.

ALLONTANATE DA ME QUESTO AMARO CALICE.

MAI.

Qualcuno avrebbe potuto insinuare che si stava approfittando della situazione, riguardo alle gentili pulzelle di produzione O’ Riordan. Sfruttando biecamente un mal interpretato senso o desiderio di riconoscenza da parte delle procaci fanciulle.

Ma che, scherziamo?

Lui non si stava approfittando affatto della situazione.

SI STAVA APPROFITTANDO LETTERALMENTE DI LORO, punto. E loro erano più che contente di concedersi e di concedergli le proprie grazie, senza che lui avesse chiesto o fatto nulla. O dichiarato la benché minima intenzione in proposito.

Mancava all’appello solo Prue, la cara e bella mammina…ma, a giudicare dalle impressioni, non ci doveva volere ancora poi molto prima che lei si decidesse.

Bastava ancora qualche complimento all’aspetto, ai vestiti, all’acconciatura o alla sua cucina. E allora si, che alla prima occasione che l’avesse beccata da sola…

Altro che succulente pietanze o manicaretti. Allora si che si sarebbe stata una roba veramente GASTRONOMICA, tra loro due.

Allora si che sarebbero veramente finiti a CULINARIA.

Deh, eh, eh.

CUL – IN –ARIA.

Buona, questa.

Davvero buona.

TU – DU – DUM. TE –DUM.

Ovviamente…c’erano delle eccezioni. La cosa non era valida per tutte.

LILLYBETH, ad esempio, non rientrava nel conto. Nonostante fosse quella che ci provava in maniera più lampante e spudorata.

E ne aveva ben motivo, di escluderla dai giochi. Non che gliene volesse quella cara ragazza, ma…troppa abbondanza di CARNE, LARDO E CICCIA.

Per farla breve...TROPPA BUDRIA, gente.

E non era certo un fattore puramente estetico. Belle o brutte che fossero…quando gliene capitava una non la rifiutava mai. Non si tirava mai indietro. Mai fare i difficili neanche in tempi di abbondanza, che quando poi sopraggiunge la carestia…

E che era FISICAMENTE IMPOSSIBILE con una così, nonostante ci avesse potuto mettere tutta la buona volontà di cui disponeva. E anche se avesse provato a farla mettere in tutte le posizioni possibili conosciute dal pur ampio KAMASUTRA DELLE VOLPI.

Se stava sopra lei…rischiava di SCHIACCIARLO COL SUO PESO. Ed una FRITTATA DI PARTI INTIME CON TUTTI GLI ORGANI RIPRODUTTIVI ANNESSI E CONNESSI NON E’ MAI COSA BUONA E GIUSTA. Era ancora troppo giovane e in forze per contemplare l’idea di appendere GLI AMENNICOLI AL CHIODO.

Anche perché il chiodo in questione avrebbe finito col cedere di schianto e tirarsi giù tutta quanta la parete.

Allora aveva provato a starle sopra, e…NON CI ARRIVAVA.

Proprio così. NON CI ARRIVAVA.

Non riusciva ad arrivarci a quanto bastava per poterglielo BUTTARE.

BUTTARE DENTRO, giusto per chiarire e non lasciare spazio a possibili equivoci o dubbi di sorta. Quella dannatissima TRIPPA DEBORDANTE CHE FACEVA PER CINQUEPANCE LO OSTACOLAVA COME UNA BARRIERA, gliela potessero ACCOPPARE A RIPETUTI COLPI DI LIPOSUZIONE, MANNAGGIA A TUTTI QUANTI LI PESCI CHE CE STANNO NELL’OCEANO.

Aveva quindi provato in altre maniere, ma…alla fine SI ERA DOVUTO ARRENDERE. Aveva preferito lasciar perdere.

Spiacente. NON C’ERA SCOZZO, a quanto sembrava. E se con una non riusciva ad INZIPPARE, A PUCCIARE, AD INTINGERE IL BISCOTTO NEL LATTE…come diamine si faceva?

Che diamine di gusto c’era?

Certo…nel corso di un amplesso ci potevano essere tanti modi per giungere all’ACME, al CULMINE del piacere. Allo stesso modo in cui esistono decine di strade e diversi sentieri che finiscono per confluire tutti nella stessa destinazione. Nella medesima meta. E nel suo caso…una bella ed ampia piazza con annessa fontana che SPRUZZAVA A GETTO CONTINUO.

Il SELVAGGIO E RITMICO SCONTRO DI PELVI era solo una delle tante opzioni a disposizione. Ma per lui era importantissimo. Rappresentava la parte FONDAMENTALE. Altrimenti era come mangiare un piatto senza sale, guardare un bel film con i paraocchi o ascoltarsi una grande canzone con i tappi nelle orecchie.

ME DESCULPE, piccola. RIEN A FAIRE.

La natura era stata davvero crudele, con lei.

Però era strano. Era la prima in assoluto, che non riusciva a soddisfare. E con cui non provava soddisfazione.

Non gli era mai capitato. Era grave. Molto grave. In compenso…

In compenso con tutte quante le sue altre sorelle si consolava e rifaceva alla grande. E senza sentirsi minimamente in colpa. E per quale motivo avrebbe dovuto, in fin dei conti?

Spupazzarsele tutte lo considerava il giusto premio per aver salvato loro la vita. La proba e CALDA ricompensa che le femmine dovevano concedere ai combattenti non appena facevano di ritorno dal campo di battaglia, coperti di sangue e ferite ma rimasti limpidi nell’animo. E infoiati di brutto a partire dalla cintola in giù.

Ed il bello era che quelle care e dolci ragazzuole sembravano averlo capito al volo, che cosa voleva.

E glielo avevano…anzi, no. GLIELA AVEVANO OFFERTA BELLA CALDA, PRELIBATA E FUMANTE SU DI UN PIATTO D’ARGENTO E SU TOVAGLIA DI PIZZO.

Esta es vida, folks. Questa è vita. Che goduria, che libidine e che gran sollazzo quando si può dare libero sfogo al proprio GRAN C…

Ok, fermiamoci qui.

E comunque, stando così le cose…che male c’era?

Lui si prendeva a piene zampe solo quello che quelle pupattole gli offrivano. Niente di più.

Pura gratitudine, e basta. Con un modo unico e tutto loro di dimostrarglielo, offrendogli la giusta e sacrosanta ricompensa. Però…

Però c’era qualcosa di strano. Qualcosa che non tornava. E che non gli riusciva di inquadrare.

E come chiunque sia a conoscenza del buon Finnick sa, quel che il predone dalle grandi orecchie non è in grado di inquadrare, riconoscere, incasellare ed interpretare lo manda immediatamente nel panico e nel pallone più totale.

Urgeva trovare rimedio.

Era una sensazione strana, che aveva iniziato a provare da quando aveva salvato le chiappe all’allegra famigliola di manguste, ed aveva iniziato a frequentarla con cadenza pressoché fissa e giornaliera. L’aveva scoperta sin da subito ma aveva dovuto ammetterne la presenza all’interno del suo essere solo dopo qualche giorno. E precisamente quando si era accorto che non poteva più far finta di nulla, per quanto si sforzasse.

Era una specie di fitta al centro del petto. Ma non era infarto, no di certo. E nemmeno un’angina. Non poteva essere, nonostante fosse abituato ad abusare di tutto quello che potesse abusare un mammifero, nella sua vita. Da quando aveva iniziato a camminare a sufficienza per raggiungere una paglia da accendere, una bottiglia da scolare e una bambola da CHIAV…

Era piccino ma là dentro, nel vecchio motore, teneva le valvole di un toro. E poi era in stretto contatto con il livello di salute del suo organismo. Dopotutto, era il suo. E lo conosceva meglio di chiunque altro e di qualunque medico.

E poi era un doloretto, si. Ma non spiacevole. Ed era accompagnato da una sorta di calore diffuso.

Possibile che fosse…

Naah, non poteva essere. Lui non ce l’aveva più, un cuore. E da un pezzo, ormai.

Delle DUE C che danno vita ad un maschio vivo e pulsante gliene era rimasta solo una. E bastava ed avanzava, visto che funzionava che era una bellezza e faceva le veci di entrambe.

Ma forse era il caso di parlarne col socio, il prima possibile. Visto che un cuoricino ce lo aveva ancora, poooovero. E bello tenero grassottello e tenero, ciccino lui. Ma intanto…

Tra un’elucubrazione mentale e l’altra era giunto finalmente al luogo di partenza delle pulizie, ed era giunto alla conclusione che si era arrovellato abbastanza su pensieri e scemenze senza alcun senso.

Ora di darsi da fare, adesso Un’ultima passata di spazzolone ed anche per quella sera era fatta. Poi si sarebbe potuto finalmente fiondare nel retro del proprio fido furgone per poter abusare no – stop di qualunque sostanza illecita gli sarebbe capitata a portata di zampa fino a fare il pieno. Perché chiunque lo conosca anche solo un minimo sa benissimo che senza i soliti quattrocento TIRI A BASE DI PAGLIE FARCITE in concomitanza di ALTRETTANTI CICCHETTI poi la notte non gli riusciva di dormire molto bene.

Quei cavolo di doppi turni lo stavano massacrando, davvero. Non è davvero fisiologicamente possibile sostenere due lavori contemporaneamente senza avere serie ripercussioni sulla salute. Ma era per un amico, un CARO amico. E la parola data ad un amico fraterno E’ SACRA.

E’ LEGGE.

E metà della sua basta paga di sbirro tutta in liquido una piacevole e succosa digressione.

Come si diceva poc’anzi…non amava molto le dimostrazioni di forza. E da quando aveva iniziato a riempire di legnate gli operai di Carrington in libera uscita e pronti a far danni per conto di TANGO E CASH…whoops, di NICKYBELLO e della sua FIDANZ…ah – ehm, della sua FIDATA vice OCCHIDOLCI, ne aveva già date troppe.

FIN TROPPE, per i suoi gusti. E ciò…NON ERA BENE.

Era un combattente nato. E uno dei vantaggi che aveva ottenuto dall’esperienza il quel campo era che aveva imparato il valore della PARSIMONIA.

Certo, certo. Un po’ bizzarro, detto da uno che del NON AVERE UN SENSO DEL LIMITE ne aveva fatto la sua filosofia esistenziale. Ma quel principio valeva per tutto il resto. NON PER LE BOTTE.

Non le si deve dare MAI a vanvera. O soltanto per il puro piacere di darle. E comunque mai più del necessario o di quante ne servano per risolvere la situazione. Perché così ci si innamora della propria abilità. E si finisce solo col farne inutile sfoggio e vanto. Ed unicamente al fine di soddisfare il proprio ego.

Per sé stessi. Ed un arte, QUALUNQUE ARTE, non esiste unicamente per sé stessi. Non può esistere per una cosa così infima e minuscola.

Cyrus lo aveva sempre messo in guardia, da ciò.

I presuntuosi e gli arroganti finiscono sempre col fare una brutta fine. Una ben misera e triste fine.

Se ti metti nella zucca di voler dimostrare a tutti quanti che credi di essere L PISTOLA O L’ ARTIGLIO PIU’ VELOCE IN CIRCOLAZIONE NEL WEST…è ben che tu sappia che vorranno tutti sfidarti per dimostrare di essere più bravi e veloci di te. Fino a che non arriverai ad incontrare quello DAVVERO PIU’ BRAVO E VELOCE DI TE.

Qualcuno potrebbe obiettare che se non ti metti alla prova non potrai mai sapere con certezza che sei la pistola o l’artiglio più veloce del west.

Bene, benissimo. Li si lasci pure farneticare, quei poveri fessi. Parlano giusto perché possiedono una bocca ed ogni tanto, come natura comanda, devono provvedere a cambiargli aria.

La volete sapere la verità nuda e cruda, una buona cavolo di volta?

La verità è che se sei la pistola o l’artiglio più veloce del west LO SAI E BASTA, e preghi di doverlo mai mostrare ad anima viva. E che nessuno se ne accorga, MAI.

 

“I guai vanno sempre EVITATI, amico. Almeno fin quanto é possibile. Il più forte di tutti se ne resta sempre AL RIPARO e BEN NASCOSTO. NESSUNO sa chi sia davvero. E se qualcuno dovesse avere la SFORTUNA di scoprirlo…beh, NON L’ HO MAI LASCIATO CAMPARE ABBASTANZA A LUNGO PERCHE’ POTESSE VANTARSENE O ANDARE A RACCONTARLO IN GIRO.”

 

Così sosteneva il leggendario JACK BEAUREGARD. Il più grande tra tutti i GUNMAMMALS di frontiera. Uscito indenne da più di DUECENTO duelli faccia a faccia sotto al sole cocente.

Non amava le inutili dimostrazioni di forza. Ma per quanto riguardava L’ OLIO DI GOMITO, invece…nessun problema. Non gli dispiaceva farsi passare agli occhi degli altri come un lavoratore in gamba, nonostante preferisse di gran lunga il turlupinare allo spaccarsi la schiena. Ma non sempre era periodo di VACCHE GRASSE, per i raggiri. E senza offesa per le vacche. Intese come BOVINI, é ovvio.

E quando mancava la materia prima, o l’ispirazione…nell’attesa toccava rimboccarsi le maniche.

Arrangiandosi ed arrabattandosi a fare qualunque cosa. Aveva nettato tanti i quei pavimenti, in passato…e fatto il cuoco, il cameriere e il rigovernatore di camere d’albergo. Oltre ad un’altra mezza dozzina di mansioni e lavori diversi. Anche se aveva sempre avuto la tendenza ad approfittarsene. Tipo mangiarsi e trangugiarsi ciò che preparava o che portava ai tavoli, o grattare le forniture dell’albergo ed alleggerire le camere del loro contenuto. Di quello degli ospiti.

L’esperienza, oltre che insegnargli il valore del duro lavoro, gli aveva anche fornito dei corsi di ripetizione accelerati su come trarne sempre profitto. E che un lavoro, OGNI TIPO DI LAVORO, può essere divertente. Come spezzettare e ramazzare un vecchio locale polveroso consunto.

E chi non ci crede…se ne resti a guardare cosa sta per accadere.

Miri e rimiri, e che se ne possa restare strabiliato.

Dopotutto…AMICO, RESTA DI STUCCO. E’ UN FENNEC – TRUCCO!!

Dopo aver poggiato il mastello a terra e finalmente sgravato schiena e spalle da quel peso impegnativo ma non insopportabile, il piccoletto prese due flaconi lì vicino che contenevano rispettivamente ammoniaca purissima e detergente profumato. Ne versò il contenuto rimanente di entrambi dentro l’acqua, spremendoli ben bene e ricavando un mix colorato e odoroso, all’aroma di lavanda e pino marittimo. Anche la candeggina doveva essere profumata, a quanto sembrava.

Poi afferrò uno straccio per pulire posizionato anch’esso a terra poco distante e ci buttò dentro anche quello, immergendolo completamente, e decidendosi a tirarlo fuori solamente dopo averlo fatto inzuppare a puntino. Una volta che lo ebbe di nuovo tra le zampe anteriori lo torse e lo strizzò ripetutamente per far fuoriuscire il liquido in eccesso.

Quando fu pronto lo rigettò sulle assi di legno che ricoprivano il terreno del locale, ripiegandolo su sé stesso. Si fece quindi una breve sgambata fino al bancone, tirò su la lunga spazzola che stazionava e languiva da quelle parti e la poggiò sopra allo straccio.

A quel punto parti in avanti e, dopo aver preso una breve rincorsa, saltò a pié pari sopra la parte in legno che ricopriva le setole dure ed ispide e si lasciò trascinare nella folle corsa dell’attrezzo a cui lui stesso aveva dato vita, usando il bastone verticale come sostegno ed al contempo timone.

La visione d’insieme era alquanto bizzarra. Sembrava alla guida di un monopattino senza ruote. O di una vela senza specchi d’acqua sotto lo scafo. Ma filava come il vento, complici il bagnato dello straccio e la pavimentazione perfettamente liscia, consumata da anni di passi e pedanate.

Cominciò a cantare.

“Ooohh…AL VULANTE IO SO’ TREMENDO…”

Attraversò il locale in un batter di ciglia schiantandosi letteralmente contro la parete più lontana, dato che non aveva ben calcolato l’esatta fine corsa. Ma si stava divertendo talmente tanto che l’impatto col muro non gli causò alcun male.

Sterzò, rimise spazzolone e straccio in posizione di partenza e si lanciò nuovamente in avanti, in direzione del muro opposto.

“…TRA UN LAMPEGGIAMENT’ E UNO SHGUMMAMENT’…”

Non accennava a smettere di cantare a squarciagola e di sproloquiare, mentre passava in zona bar.

“…EEEHHH…IL MIO PAPPA DICCEVA…QUI DA NOI, SOLO ER MEJO!! ALLOR, COS’ NE PENZA?! THE BEST…MA SI PUO’ AVERE ANCHE A CASA?! SCCIUURRRR….TENGHI!!”

Rimase perplesso per un istante. E questa roba da dove l’aveva fatta spuntare fuori, di grazia? Forse da una vecchia RECLAME che ormai in tv non passavano nemmeno più. Roba della preistoria.

Ma quello era niente. Ciò che vide dietro al banco lo rese ancora più perplesso. Decise che al giro di ritorno avrebbe fatto una sostarella ad indagare.

Altro LAP, ed altra fine della corsa. Ed altra botta contro al muro. Indolore anch’essa. Ed al giro di pista successivo fece quanto aveva pianificato in precedenza.

Rallentò e si fermò. Scese con un saltino dal veicolo improvvisato e raggiunse il barista al bancone, che stava fissando lo schermo nero con la solita aria assente. Ma non aveva certo bisogno di accenderlo. Anche perché era rotto, e tale era rimasto. Probabilmente davanti ai suoi occhi stralunati stava scorrendo un bel programma immaginario tutto suo, in prima serata ed in prima visione. E sicuramente anche in esclusiva, visto che nessuno con un minimo di sale in zucca si sarebbe mai sognato di condividere i pensieri che dovevano ronzare dentro ed intorno a quella zucca stralunata che si ritrovava.

Ad osservare bene si poteva persino scorgere un filo di bava penzolare dl labbro inferiore storto e semiaperto.

Primo ed unico esemplare al mondo di mammifero coi lobi separati dalla nascita. Anzi, verrebbe da dire…un caso più unico che raro di LOBOTOMIA SPONTANEA, signori.

Giù il cappello ed inchiniamoci ai misteri dell’inconscio e della natura. Che quando ci si mette d’impegno fa le cose meglio di qualsiasi medico, chirurgo o specialista di sorta.

TOBEY GOOFER.

Accipicchia.

NOMEN OMEN, proprio.

Un nome, un programma.

Il solo essere al mondo a nascere con il cervello GIA’ OPERATO DALL’INTERNO, E SENZA SEGNI DI CICATRICI VISIBILI.

Davvero pazzesco, gente. Veniva proprio da chiedersi se era il suo vero nome o se avesse fatto espressa richiesta di assegnamento giù all’anagrafe.

“Yo, Tobe!!” Esclamò Finnick, rivolgendogli la parola. “Allora…pare che il pancione di tua mogie sia aumento di parecchio recentemente, eh?”

Niente. Nessuna reazione. Il cavallo non si voltò neanche, e seguitò a mantenere la sua espressione a metà tra il perso ed il trasognato. Si sarebbero potuti sentire gli anfibi gracidare, in quel momento. O il frinire dei grilli. O il fischiare del vento secco con tanto di balla di sterpi che rotolava.

Il fennec gli andò davanti.

“Ehr…yo – ho!!” Fece, agitandogli al mano destra ad altezza muso. “C’é nessuno all’ascolto?”

Tobey ritirò in bocca il filo di bava pendente all’interno della propria bocca, emettendo un bel rumore di risucchio simile a quello di un lavandino sgorgato.

“Shhhllluuurrppp!!”

E finalmente nell’istante successivo si decise a rispondere, proprio mentre il suo interlocutore reagiva con una smorfia di malcelato disgusto.

“Ehm…scusa, amico…dicevi a me?”

“Nin zo, companero…” commentò stupefatto il piccoletto. “…Tu que dise? Vedi altri tizi oltre a noi due, qui dentro?”

“Eehm…no, amico. Scusa, amico. Di cosa avevi bisogno, amico?”

“Ma no, niente. Solo me chiedevo…sbaglio, o il pancione de la tu mujer es aumentado ancora, de recente? Direi che ci siamo, no? Dovrebbe mancare poco!!”

“Mia…moglie, amico?” Domando il cavallo. “Ti riferisci per caso a Martha, amico?”

Finnick non credeva alle proprie orecchie.

No. Non poteva essere. Doveva trattarsi di uno scherzo. Doveva esserci una candid camera, nascosta da qualche parte.

DOVEVA ESSERCI, PER FORZA.

Decise comunque di mantenere la nonchalance dimostrata fino a quel momento.

“Suppongo…suppongo di si” puntualizzò, trattenendo a stento le risa. “Stando a quel che so, nun me risulta che la BIGAMIA o la POLIGAMIA siano attività consentite, da este parti. Quindi…si, me riferisco a tua moglie. O a chiunque ne faccia le veci.”

“Eehm…scusa, amico…ma che intendi con chi ha fato le FEC…”

“Le VECI, Tobe” lo interruppe l’altro. “Le V – E – C – I. Y comunque…es como dico yo oppure no?”

“Eehm…esatto, amico” confermò Tobey. “Almeno è quello che ci ha detto anche il dottor Samuel…cioè, Cooke.”

Ottimo. Di bene in meglio. Aveva guadagnato un altro potere speciale. La capacità di invertire al volo i nomi coi cognomi. Era un’autentica e continua rivelazione, quel tizio. Chissà cos’altro aveva in serbo, prossimamente.

“Il…il dottore dice che manca davvero poco, amico.” Aggiunse poi, con tono quasi perplesso.

“Beh…ma allora congratulazioni, amico!!” Gridò Finn spalancando entrambe le braccia.

“Ehr…si. Grazie, amico. Anche se io continuo a pensare che abbia solo MANGIATO UN PO’ TROPPO. E niente mi toglie l’idea dalla testa, amico.”

 

Certo, come no. E chi te la toglie? Però prima tieni ben presente che BISOGNA AVERCELA una testa, prima di tutto.

 

Questo era ciò che aveva pensato Finnick. Ma, per fortuna, si limitò solo a pensarlo. Replicando in tutt’altra maniera.

“Beh, non per contradirte, Tobey…ma se fosse seulement UN PETIT MAL AU VENTRE, un poco de imbarazzo de panza…se la sarebbe cavata giusto con un paio DE MOTIVETTI DA EL SEDERE CON TANTO DE PUZZA ANNESSA y qualche RIUNIONE DE GABINETTO SULLA TAZZA DEL WATERCLO’, nun te pare anca a ti? Nun te sembra, hm?”

“Ehm…si, amico. Mi sa che forse hai ragione tu.”

“Dimmen’po, piuttosto…avete già deciso EL NOMBRE, il nome?”

“Beh, amico…visto che sarà una femmina, pensavamo DIANE. Oppure CAROLYNE.”

Finnick lo guardò strano.

“Perdoname se me impiccio, ma…avete fatto degli esami, in proposito? Ecografie, o cosas del genere por caso?”

“Veramente no, amico. Io e Martha dubitiamo un po’ dell’efficacia di quelle medicine lì.”

E vai. Sempre più in alto. Oltre ogni limite.

VERSO L’ INFINITO ED OLTRE, di questo passo.

Meglio lasciar perdere.

“Ook…” fece sconsolato il piccolo mammifero. “Allora…spiegame como fate ad essere tanto sicuri que se tratti de una HEMBRAS, de una femminuccia? No, por que se tenete delle DOTI DIVINATORIE ve faccio scegliere a voi i numeri delle prossime ESTRAZIONI DEL LOTTO!!”

“Beh…non é niente di speciale, amico. Sai…in casa nostra abbiamo solo femmine.”

“Y allora? Non lo vorresti un bello y maravillioso STRAPPO ALLA REGOLA, una volta tanto? Es mas posible que non desideri un bel maschietto con cui jogar a pallone? O con cui fare due lanci a baseball? O dos tiri a canestro?”

“No, amico. Abbiamo già un maschio, in famiglia. E basta e avanza.”

“Oh, really? Davvero? E chi sarebbe?”

“Io, amico” Spiegò Tobey. “In persona.”

Il fennec era allibito.

“T – TU?!” Sbraitò. “M – ma che diavolo centri, tu? Yo te sto hablando de un NINO! TE STO PARLANDO DE UN FIGLIO!! NON VUOI CONTINUARE LA TUA STIRPE, POR LA SANTA VIRGEN! NON TE INTERESSA PERPETUARE EL TU COGNOMBRE, EL TUO COGNOME?!”

“No, amico. Non fa per me. CHI VUOLE VIVERE PER SEMPRE, dopotutto?”

E va bene. Messaggio recepito in pieno.

Meglio chiuderla lì e passare ad altro, và. Ma prima c’era da aggiungere ancora una cosa.

“Y comunque, se vuoi un meu parere…Me sembrano un pò troppo antequati, como nomi.”

“Dici, amico?”

“Seguro. Que ne diresti de TULIP, por esempio? O magari CHASTITY. O BEATRIX. O BLANCHE. Oppure QUIET. O MODESTY.”

“Hai…hai detto Modesty, amico.”

“Yessss. Era il nome de una mia cara amica. Figurate che gestiva un bar proprio como el tuo, giù a Zootropolis. Beh…ad OJO Y CRUZE, ad occhio e croce, era un filo mejo del tuo, senza offesa. Ce ritrovavamo lì tutte le sere insieme a tutte le altre bande, ogne volta prima de partire per una scorribanda. Y anche dopo, a dir el vero. Teneva OUVERT, aperto, por toda la noche, fino all’alba. Era un tale bocconcino…ma aveva un carattere de ferro. Una VELENOSA CON BRIO, ecco como le chiamavamo quelle como lei. Se non stavi più che attento a non esser trueppo brusco, troppo rozzo, tra un sorriso e l’altro rischiavi de ritrovarte en un attimo UN BEL RICAMO AD ALTEZZA GOLA, CON I TUOI AMENNICOLI COMO FARCITURA.”

“Dici…dici sul serio, amico?”

“Giuro su quanto resta de la mi alma, Tobe. Era todo el dia…pardon, toda la noche in mezzo a corpulenti teppisti. Gente muy violenta y pericolosa. Ma…a memoria mia NINGUNO, nessuno es mai riuscito anche solo a sfiorarla con un dito. E te assicuro che ce provavano en tanti, por que era bella. BELLA DA MORIRE. MAS GUAPA. Y quando decidevano de provarce…non ci andavano tanto por el sottile. Ma lei aveva un metodo pressoché infallibile, por conciarli per le feste. Lo chiamava STUCCO.”

“S – STUCCO, amico?”

“Exacto. Quando iniziava ad averene piene le tasche y pure quelle que NON TIENEVA, por tode quelle avances…por primera cosa se piazzava davanti al rompiscatole de turno. Poi se apriva la camicetta de botto e…BAM!! Glie mostrava LE SUE DU MARACAS. Y mentre quello restava imbambolato como un IMBECYL, como un idiota a fissare tutto quell’ondeggiare, sussultare y ballonzolare…mentre rimaneva por l’appunto DE STUCCO, lei pigliava el primero oggetto contundente a portata de zampa e glielo pestava ripetutamente addosso, massacrandolo SIN PITIA’. Sienza alcuna pietà. Ma te garantisco que quel PAIO DE BOCCE erano a dir poco CLAMOROSE. Te giuro que una volta soy arrivato a prenderne UN SACCO Y UNA SPORTA PURO YO, PUR DE POTERME GODERE LO SPETTACOLO!!”

“Beh…ti capisco, amico…” commentò l’equino. “…Se mi dici che ne valeva la pena…”

“E come!!” Replicò Finnick. “Ma tornando a el nombre, comunque…metti que se dovesse realizzare L’ IMPOSSIBILE. Que nasca un bell’esemplare de CROMOSOMA XY…”

“Aspetta, amico…” lo interruppe Tobey. “…Vuoi…vuoi dire un MUTANTE, per caso? Ma i mutanti esistono SOLO NEI FILM, amico!!”

“Entendievo un bel maschietto…” chiarì l’altro, scuotendo la testa. “Nel caso nasca un bel MASCULO, che ne diresti de…BOJACK?!”

Il barista lo guardò stranito. E cioè con la sua espressione tipica.

“BO…BOJACK, amico? Hai detto BOJACK?! E…e che razza di nome sarebbe, amico?!”

“E’ il nome de un mio caro amico, Tobe. Es un attore de televisione mezzo spiantato. Ha fatto una serie vecchissima, una di quelle con un padre scapolo alle prese con tre figlie contemporaneamente. O era divorziato? Bah, al momento nun me recuerdo de preciso…aah, la confusiòn mental…pensa che da quella serie in poi non ha fatto praticamente più niente. Nada de nada. Però es muy ricco. Ricco sfondato. Vive de rendita. Anche se in tiempi recenti gli hanno proposto de fare un film por el cinema, ed una altra serie in tv…vive in una villa a quattro piani con piscina sul promontorio de BAYOU BAY, a Zootropolis. Un posto da favola. Ce vado sempre. I festini che organizza sono qualcosa de incredibile. Men meno que mitiche. Mai visto niente del genere. Fiumi de sostanze proibite e de CHICAS mas guape e muy disponibili. Per non parlare de quando andiamo in giro anotti brave a bordo della sua fuoriserie, in compagnia dei suoi amici. Ne abbiamo sempre combinate de cotte y de crude. Non esiste una altro como lui in tutta FURLYWOO, te puoi jogar qualunque cifra su quel che te ho appena detto.”

“Ehm…se non sbaglio si dice FURLYWOOD, amico.”

“Naah” lo corresse il fennec. “E’ FURLYWOO. Punto e basta. Lo e’ dalla noche in cui siamo saliti sulla collina della famosa scritta y ABBIAMO GRATTATO LA LETTERA D. Deve avercela ancora in casa, nascosta da qualche parte.”

“C – come…come hai detto, amico?!”

“NEVER MIND, Tobe. LASSA PERDE. Como se non avessi detto nulla. Tra l’altro…dimenticavo che es pure UN TUO SIMILE.”

“D – davvero?!”

“Già. Parlando d’altro…come te vanno gli affari de recente, qui dentro? Ho perso un po’ il filo, a riguardo. Sai como es…a fare la spola tra un posto de TRABAJO y l’altro…”

“Non mi lamento, amico.”

“Dime un po’…” lo incalzò il tappo. “…en tutta sincerità non te manca un poco la cricca de Carrington? Non por offendere, ma a quest’ora me pare que esto posto es diventato peggio de un CIMITERO. Non ce sta più anema viva, da quando quella marmaglia se tiene bene alla larga…”

Tipico esempio di faccia tosta e liscia come il fondoschiena, il suo. Come se non sapesse che ciò che ciò che stava avvenendo era in parte attribuibile a lui. Anzi…a dirla tutta il nuovo corso degli eventi era IN GRAN PARTE attribuibile a lui, visto che era quello che pestava di più e che ne aveva rifilate più di tutti.

Ma Tobey non ci fece caso, a tale aspetto. Come al solito. Come su tutto il resto, del resto. E si perdoni il gioco di parole. Non faceva caso ad un mucchio di cose. Probabilmente in quella sua zucca doveva esserci spazio solamente per UN UNICO PENSIERO ALLA VOLTA, come si sostiene avvenga nella mente degli SCOIATTOLI.

Ma che non lo si dica mai ad uno scoiattolo. Li manda letteralmente IN BESTIA, questa cosa.

“Non ti do torto, amico” si limitò a rispondere il barista. “Però…”

“E dai, amigo. A me la puoi contare giusta. Voglio dire…es pur vero que scoppiava una rissa ogni DOS MINUTOS, due minuti, ma es anche vero che quel branco de balordi ce lasciavano un autentico CAPITALE, dientro al tuo registrador de cassa, en bevute…E nun me pare que tu abbia mai speso poi TODO ESTO DINERO, tutti questi soldi, por le riparazioni. Oramai te limitavi a risistemare gli sgabelli con SPAGO Y GIRI DE NASTRO ADESIVO. Occhei que ho perso un poco de vista la situescion, ultimamente…ma aqui, tra lavoro y fesserie varie ce finisco por passarce più de mezza giornata. Y nun te ne credere que nun me ne accorga, de este cose…”

“No, no. Ci mancherebbe, amico…”

“Insomma…giusto por HABLAR, por parlare sienza peli sulla punta della lingua, a parte QUELLI DE CERTE MIE AMICHE QUE ME RIPASSO AD ANTERVALLI REGOLARI…”

“…Eh, amico?”

“Dimentica giusto THE LAST ELEVEN WORDS. Le ultime UNDICI PALABRAS, parole. Dicevamo…ho como l’impression que tra gli abitanti de esto posto eri quello que CE RIMETTEVA SIENZ’ ALTRO DE MENO, da toda quanta la faccenda…”

“No, amico. Non ti sbagli” confermò Tobey. “Ma ti dirò, amico…ti sembrerà strano, amico…ma tutto sommato PREFERISCO COSI’. Adesso a tarda sera è vuoto, ma…se eri qui alle nove dovevi vedere QUANTA GENTE CI STAVA!! TU NON NE HAI PROPRIO LA DANNATISSIMA IDEA, AMICO!! E tutta del paese. Tutte persone che conosco. Gruppi di amici, conoscenti, coppie sposate…qualcuna persino con qualche bambino dietro.”

Finnick rimase sorpreso. Non poteva aver certo assistito ad una simile scena dato che a quell’ora, di solito, era di ronda con i suoi due compagni. Da quando il socio l’aveva finalmente piantata con quel maledetto viziaccio di andarsene in giro solo soletto a perlustrare le varie zone della città. Per poi fare il pieno ed ubriacarsi fino a svomare anche l’anima, con quel ridicolo pretesto. Ma la notizia lo sorprese lo stesso.

“C – como?” Disse stupefatto, sgranando gli ochi e drizzando gli enormi padiglioni auricolari. “Really?”

“Certo, amico!” Aggiunse il cavallo, con tono sincero ed entusiasta. “Non me lo ricordo nemmeno più, da quanto i miei compaesani non mettevano più piede al mio locale. E poi le chiacchiere, gli schiamazzi, le risate…quanto mi mancava tutto questo, amico! Quella è musica!! E’ così che deve essere, la clientela del mio pub!! E chi se ne importa, se guadagno di meno!! Nelle mie orecchie ormai sentivo solo insulti, minacce e imprecazioni. In un posto come questo la gente deve essere felice, allegra, contenta e sorridente! Non ubriaca, arrabbiata, rissosa e violenta!! Sai che ti dico, amico? Che quasi quasi mi faccio mettere una FRIGGITORIA FORMATO GIGANTE e trasformo questo posto in un RISTORANTE PER FAMIGLIE!! Tanto te le puoi prendere in leasing, te le tirano letteralmente dietro. Tu che ne dici eh, amico? Ho avuto una bella pensata oppure no?”

Altrochè se ce l’aveva avuta.

Questa, poi.

E chi se l’apettava?

 

E pensare che doveva avere el quoziente intellettivo de un BARATTOLO, pensò il fennec piacevolmente colpito da tutto quel ragionamento. Beh…pare que stia facendo notevoli progressi, da quel punto de vista. Persino più rapidi de quel che se poteva immaginare. Da quel che vedo y siento…azzarderei a dire que glie sta spuntando persino EL BERNOCCOLO POR GLI AFFARI.

 

“Beh, non vedo por que no…” gli rispose. “Dopotutto el mio soc…cioè, lo sceriffo a dato anca a ti, anche a te una quota de risarcimento, alla pari degli altri. Ed è un bel gruzzolo.”

“Beh…si, amico. Però dovrò dare un’ammodernatina al bancone degli alcolici, mi sa. Va bene per il succo di mirtillo…visto che me lo ha chiesto cortesemente IL SOC…ehm, volevo dire lo sceriffo di procurarglielo, ho voluto accontentarlo. Sai, comé…ci tenevo, visto che mi ha dato tutti quei soldi. Ma per tutto il resto…mi toccherà darmi da fare. Figurati che mi hanno chiesto roba come COCA, FANTA e SPRITE.”

“Hm, capito.” Fece Finnick. “E allora?”

“Beh, insomma…mi sa che sono rimasto un po’ in arretrato. Io penso di saperne abbastanza…ma da tanti anni che faccio questo lavoro ti dico che QUESTE MARCHE DI BIRRA NON LE MAI SENTITE, amico. Da nessuna parte.”

 

Mmh, rimuginò la piccola volpe dal manto color della sabbia, non appena udì quelle parole.

Forse ho cantato vittoria un po’ troppo presto. Forse es el caso de andarci cauti, col dire que ha fatto PROGRESSI.

E vabbuò. Como diceva qualcuno de muy famoso…ROME WASN’T BUILT IN A DAY. Roma un la s’è fatta in giorno. E manco IN DUE, se es por esto. Se è per questo.

 

“Forse es el caso que tu te faccia un bel giretto en un supermarket, Tobe” si sentì di consigliargli. “Reparto SOFT DRINK, por la precisiòn. BIBITE GASSATE, por l’esattezza. Vedrai que troverai todo quel che te sierve por remetterte en pari coi gusti della giente moderna.”

“Sul…sul serio, amico?” Chiese il barista. “E che ci vado a fare al supermercato, amico?”

“Fidate de me” lo rassicurò l’altro. “Non criederai a TU OJOS, ai tuoi occhi. Vacci e basta. Y te garantisco que por ti sarà como una REVELATION. Una revelazione. Sarà como lo scoprire un nuevo piano dell’existezia, e…”

Si interruppe di colpo.

Un rumore. Una sorta di eco lontana e comparsa senza preavviso né troppi giri di convenevoli. Seguita subito a ruota da una sorta di rombo minaccioso che non si decideva più a scomparire. Anzi…sembrava che stesse aumentando sempre più d’intensità col trascorrere dei secondi.

Il fennec si mise ad imprecare. E la sua espressione si fece seria.

“Ma che ca…”

“Sembra proprio un temporale, amico” commentò Tobey mentre riprendeva la sua solita aria assente, così simile a quella del ruminante allo stato che bruca guardando un treno che passa e sferraglia. “Che strano…non erano previsti temporali oggi, amico.”

“No, ombre” lo corresse Finnick. “NO ES UNA TORMENTA.”

Mollò tutto l’armamentario facendolo schiantare a terra, e si precipitò di fretta e furia all’ingresso.

Lui sapeva bene cosa significava quel rumore. FIN TROPPO BENE, purtroppo. E la sua subitanea comparsa lo aveva fatto mettere istintivamente sull’attenti e sul chi va là.

Era abituato ad riconoscerlo. Per pura e semplice deformazione professionale acquisita da tanti anni ed anni passati sulla strada. E’ risaputo che, quando si tratta di salvarsi le rispettive chiappe, anche il peggiore dei delinquenti e dei manigoldi deve farsi venire l’occhio galante da GENTILMAMMIFERO. Il frastuono in questione era diverso di volta in volta, e si poteva presentare sotto infinite versioni e sfumature. Ma l’origine era sempre la stessa.

E cioè qualcuno che parte silenzioso, dalla lunga distanza, senza che tu abbia la possibilità di potertene accorgere. E che acquista sempre più forza, velocità e potenza mano a mano che ti si avvicina. E mentre tu non lo stai guardando. Con l’unico risultato che, in genere, quando ti è addosso ti accorgi che è TROPPO TARDI per poterlo evitare.

Troppo tardi per poter scappare. Troppo tardi per potersi spostare. Troppo tardi per poter fare qualunque cosa.

A quel punto puoi solo rimanertene lì, immobile ed imbambolato come il peggiore dei fessi, a farti TRAVOLGERE.

Come una mandria di bisonti o di bufali al galoppo. O di cavalli, proprio come Tobey.

Ma i primi ormai erano estinti da tanto tempo, e in quanto ai secondi ed ai terzi…non gli risultava che esistessero in circolazione ancora mandrie che circolavano a quattro zampe ed allo stato brado.

E non era solo quello. Fino a quel momento aveva cercato di non darlo a vedere, mantenendo u atteggiamento il più possibile e disinvolto, ma…da un po’ avvertiva chiaramente che c’era QUALCOSA CHE NON QUADRAVA.

Lo sentiva sulla pelliccia. E sulla pelle più sotto. E nelle ossa. E nelle orecchie. Soprattutto nelle ultime.

Anche a notte fonda ci sono sempre dei rumori che lasciano intuire un certo grado di attività, anche se minima ed a livelli infimi. Tutte cose che un udito ben sviluppato ed allenato sono in grado di percepire. Un colpo di tosse, il brusio di due chiacchiere o della televisione sintonizzata su qualche canale dove stanno trasmettendo qualche programma scadente fatto giusto per adescare ed intrattenere i vecchi rimbambiti che non riescono a prendere sonno, qualcuno che sfrega col pollice la rondella di un accendino o di uno Zippo per appizzarsi l’ultima sigaretta della giornata, le molle dell’intelaiatura di un letto con sopra uno che ronfa, si agita e russa. Oppure due che stanno SC…

Ok, ci siamo capiti. Li si può sentire benissimo, comunque. Basta un poco di attenzione. Specie in una cittadina isolata e fuori dal mondo quale era quella.

Ma da un po’ era cessato tutto di botto.

Era sceso il silenzio. Un silenzio greve e pesante.

UN SILENZIO DI MORTE. DI MORTE IMMINENTE. E poi quel suono crescente…

La somma di quelle due cose non poteva che equivalere ad un unico, chiaro messaggio:

PERICOLO.

Meglio correre fuori a dare un’occhiata. E fu proprio quello che fece.

Non appena uscì fece appena in tempo a tirarsi bruscamente all’indietro, finendo con la schiena contro l’altra metà della porta rimasta chiusa, per evitare di finire investito.

Il fennec vide cinque pick – ups neri come la notte e lanciati a velocità folle lungo la strada principale. Cinque macchie scure indistinte di cui riuscì a scorgere un unico, piccolo particolare.

Ma tutt’altro che insignificante.

Tre squarci obliqui e profondi lungo i lati delle portiere anteriori di ogni veicolo. Simili ai segni lasciati dagli artigli di una belva gigantesca.

Rimase come imbambolato, per un attimo. Ebbe come l’impressione che quei segni non gli fossero nuovi. Dove…dov’è che li aveva già visti, quegli sfregi?

Dove?

Proprio non riusciva a ricordarlo. Ma non aveva la benché minima importanza.

Per quel poco che aveva capito bastava ed avanzava.

Non poteva certo sapere chi fossero. O di chi si trattasse. Ma, a giudicare dove stavano andando… Sapeva dove erano diretti, questo era più che certo.

Così come ebbe da subito il sentore spontaneo che sarebbero stati GUAI GROSSI, PER CHI SI TROVAVA LA’. E per chiunque si sarebbe trovato sulla loro strada, o avesse provato ad intralciarli.

Era un’equazione alquanto semplice e scontata, in fin dei conti

SOCIO PIU’ OCCHIDOLCI UGUALE PERICOLO.

Non c’era altro da aggiungere. E neanche un solo istante da perdere.

“GODDAM’N…”

Si mise a correre verso il furgone, sfoggiando un nuovo rosario di imprecazioni varie e tirando in causa i santi più disparati.

Doveva fare alla svelta. La vita di Nick e di Maggie erano nelle sue zampe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Ebbene si…REDFERNE IS BACK!!

E FINALMENTE, oserei aggiungere.

Dopo la consueta pausa estiva sono pronto di nuovo a ridiscendere in trincea. Dopotutto…i miei stimati colleghi sono già ad attendermi in prima linea, e non mi sembra il caso di farli aspettare!

Un rientro in scena un po’ diverso dal solito…infatti mi auguro che non sia venuto troppo noioso. Ma tra non molto ci si ributterà nell’azione, ed un minimo di preparazione del terreno era d’obbligo.

Come sempre spetterà a voi giudicare, ma dal mio punto di vista…l’ho trovato piuttosto divertente. Una chiara e limpida esposizione del FINNICK – PENSIERO nella sua forma più pura e devastante. Continuo a pensare che il cambio di rating a GIALLO abbia giovato tantissimo, specie a questo personaggio. Alcuni pezzi mi hanno fatto cappottare, davvero. Ma il finale non promette nulla di buono. Tanto per usare una frase estrapolata da un famosissimo film…

STA PER SCATENARSI L’INFERNO. O almeno spero.

E parlando del film in questione…allora il buon Finnick dovremmo chiamarlo ISPANICO, da ora in poi?

No. Decisamente no. Solo Cyrus può chiamarlo con quel nome.

CHI E’ CYRUS, vi chiederete.

CHI E’ CYRUS? CHI E’ CYRUS, avete detto ?!

Niente paura. Presto avremo modo di conoscere anche lui.

In quanto a Judy…trovo che il termine PRINCIPESSA le calzi a pennello.

Se ci fate caso…a parte i film Pixar che rappresentano un caso a parte, in ogni film Disney E’ PRESENTE UNA PRINCIPESSA. Anche dove non è dichiarato esplicitamente.

Ed in questo caso…il ruolo è ricoperto dalla nostra coniglietta.

Una piccola parentesi anche su Nick. Con la parte in cui Finn gli proprone varie (e vari) partners per vederci chiaro sulla sua identità sessuale…diciamo che ho voluto ironizzare un po’ su una certa “tendenza” da parte di moltissimi autori di fan –comic su Zootropolis, specie stranieri, sulla nostra volpe preferita. Forse sembrerà strano, forse è dovuto un po’ al suo comportamento ambiguo, ma…secondo parecchi Nick sarebbe dell’altra sponda. Se non addirittura bi –sex.

Premetto che ognuno ha il diritto di esprimere le proprie idee e di vedere un personaggio come meglio ritiene e preferisce. Non esiste un’unica verità. E poi…ritengo da sempre che conti la storia, e non le proprie opinioni. Ben venga una storia in cui Nick ha tendenze sessuali diverse dal solito, se è una bella storia.

Dal canto mio…per me Nick è uno che con le femmine va forte. E parecchio. Anche se magari è un po’ timido, dietro la sua facciata ed il suo atteggiamento spregiudicato e strafottente.

In ogni caso…si fa per ridere, ragazzi. Non intendo offendere né mancare di rispetto a nessuno. Ognuno è libero di pensarla come gli pare, come ho già detto.

Senza offesa, quindi.

Per il resto…come va, ragazzi?

Spero bene. Mi auguro che vi siate potuti riposare tutti quanti e che abbiate passato delle buone ferie. Io mi sono già rigettato a capofitto nel lavoro. E si è ricominciato peggio di prima…senza contare il caldo che non accenna proprio ad andarsene…

Ma ormai manca davvero poco, al cambio di stagione e di clima. Al primo acquazzone le temperature caleranno drasticamente.

Per il resto…vi chiedo una piccola cortesia.

Non ho ancora risolto i problemi con il mio pc. Di conseguenza, mi sto arrangiando con un vecchissimo portatile che avevo relegato in soffitta. E per pubblicare…ho utilizzato una postazione internet messami gentilmente a disposizione dalla biblioteca comunale.

Sono un tipo abitudinario, che non vede di buon occhio i cambiamenti. Infatti, da quando ho iniziato a scrivere, è la prima volta che utilizzo un computer differente dal mio. E la cosa mi genera una leggera apprensione.

Dovrebbe essere tutto a posto, ma…mi raccomando: se doveste notare qualche errore, pezzo mancante o strafalcione non esitate a dirmelo.

Vi ho sempre chiesto di segnalarmi errori o refusi ma quest’esortazione, fino a che non avrò fatto riparare il mio computer di fiducia, resterà più valida che mai.

Conto su di voi, ragazzi. SU TUTTI VOI.

E’ IMPORTANTE.

Nei prossimi giorni darò una stretta finale alla one – shot su BRISBY E IL SEGRETO DI NIMH, così finalmente potrò postarla. Ce l’ho nel cassetto da mesi e non vedo l’ora. E’ decisamente troppo tempo che aspetta. Finito con quella…in parallelo alla mia long su Zootropolis inizierò un racconto su un altro dei miti della mia infanzia.

Sto parlando di HOKUTO NO KEN – KEN IL GUERRIERO.

Sarà una storia composta da cinque – sei capitoli.

Una piccola annotazione sulle citazioni presenti in questo capitolo. SU UNA, in particolare.

JACK BEAUREGARD é il nome del leggendario pistolero interpretato da Henry Fonda nel bellissimo spaghetti – western IL MIO NOME E’ NESSUNO.

Diciamo che l’idea mi è venuta dopo aver letto l’ultimo episodio della long IL MIO AMICO CR – 0C di Sir Joseph Conrard.

Un autentico capolavoro, quel film. Il canto del cigno del genere, dove un gun - man che sembra uscito da un western del mitico Sergio Leone (Fonda, per l’appunto) incontra un tizio strano che fa il verso al grande Trinità (non a caso lo interpreta uno strepitoso Terence Hill). Quest’ultimo nutre una vera ammirazione nei confronti di colui che considera il suo mentore, e quando si rende conto che Jack è deciso ad imboccare il viale del tramonto farà in modo di fargli compiere un’ultima, memorabile impresa. Per poi aiutarlo ad uscire di scena e a tornare ad una vita normale, priva di duelli e sparatorie. La loro alleanza rappresenta la perfetta commistione tra i western seri (i film di Leone) e le sue varianti più ironiche (la serie di Trinità, ad esempio). Non a caso le musiche sono di Ennio Morricone.

Memorabile la frase finale di Beauregard, che augura buona fortuna al suo giovane amico, che diventerà a sua volta un pistolero e ne seguirà le orme.

 

Quel che ti chiedo è solo di mantenere un minimo dello spirito che faceva muovere ed agire noialtri, quelli della mia generazione. Che ci spingeva ad affrontarci in duello sotto al sole, guardandoci dritto negli occhi. E che ci faceva credere che bastasse quello per poter sistemare le cose, e raddrizzare i torti. E anche se lo farai con il tuo consueto tono da burla…te ne saremo grati lo stesso.”

 

E veniamo all’angolo dei ringraziamenti, prima di concludere.

Ringrazio di cuore Plando, hera85, Sir Joseph Conrard, Lord _Fener e Devilangel476 per le recensioni all’ultimo episodio. Ed EnZo89 per la recensione al capitolo 50.

Credo…anzi, spero di non aver tralasciato nessuno.

E, come sempre, un altro grazie di cuore a chiunque leggerà la mia storia e vorrà lasciare un parere.

E, giusto prima di finire, lasciatemi aggiungere che…E’ BELLO ESSERE TORNATI SU QUESTE PAGINE.

 

Grazie ancora a tutti e alla prossima!

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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