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Autore: queenjane    28/09/2018    1 recensioni
Uno spin off di "Phoenix", "Once and again" et alia, ormai.. Le imprese di Catherine e Alexis Romanov al quartiere generale, la Stavka a Mogilev, durante la grande guerra, corre l'anno 1915."... Il quartiere generale.
Rumori e segretezza... E tanto lo zarevic, il diletto e viziato erede al trono dormiva, un dolce peso morto contro le mie gambe, incurante di tutto, una mano tra le mie. Rilassato, in quiete, una volta tanto, che si agitava anche nel sonno.
“ Cat”, aveva mormorato il nomignolo, Cat per Catherine... Un sospiro ... Il mio.
Che sarebbe successo? Quanto avremmo passato?
Era testardo e viziato, mi esasperava e divertiva come mai nessuno.
Un soldato in fieri.
Un monello.
Amato.
Il mio fratellino."..since he was never alone, his family was always there for him the whole time :.. you're never alone, my little Prince, my soldier, my Alexei ..Your Cat .. I love You forever, I'll lack You for always
Un portentoso WHAT IF, Alternative U.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Dai quaderni “.. puoi pensare e scrivere quello che vuoi, tranne che i gesti non mentono.. Guardavi Aleksej con occhi d’aquila, attenta a ogni gesto, apristi le braccia e  lui ti si fiondò addosso, mentre  brandiva i precoci bucaneve, ti congratulavi e non lo mollavi, disse che era un poco stanco, come no, voleva farsi coccolare senza essere brontolato.. E ti aveva buttato le braccia sul collo, come al funerale di padre R. rimanesti con lui, attimo su attimo. Eri e sei la sua mamma, fine della discussione“Ah Aleksey.. mi viene in mente una foto.” “Quale ?” “Sono seduta nella mauve room della zarina e ho te in braccio, dormivi e zac, il  rumore ti ha svegliato, anzi, ero io che ti avevo stretto di più, per la sorpresa ed il nervoso ed ho camminato  per calmarti” “Eravate buffissimi, tutti e due, dovevi fare dieci anni, lui avrà avuto quattro mesi..Della serie, passa il tempo e non cambiate mai” “ E appena mi fermavo, ti mettevi a piangere, riprendevo a camminare e smettevi, via così per un pezzo.” “Che mi dovevi dare retta, sempre, ora ti fai fotografare senza troppe smorfie” “Scaltro pure se piccolo” ti toccò il naso, poi ti chiese di mollare la stretta. E avevamo appurato che non fosse troppo stanco o sudato, dicevamo, prima ancora di partorire eri una mamma, come io e le mie sorelle, con la differenza che nei limiti lo lasciavi fare. Non che lo amassi di meno, anzi, era ancora di più.”
“Una metafora, glielo avevo raccontato dopo Spala”Un ricordo di puro orrore, avevo lo sguardo velato, rievocando come era, le urla e gli spasimi, che invocava la morte come una liberazione. Intanto faceva a gara di palle di neve con le altre sorelle, Marie e Anastasie erano tornate dai loro reparti, ogni giorno continuavano a portare fiori, un sorriso, scrivere per chi aveva bisogno. E visitavano il cimitero dei caduti costruito per dare l’ultimo riposo a chi era morto, un omaggio, una preghiera. Ed erano ancora ragazzine, che si divertivano con poco.  Che la guerra era in stallo, ma i feriti abbondavano. Tanik era in reparto, era inflessibile, infaticabile, la sua resistenza era ultraterrena, mai nessun cedimento apparente. “Un inverno la zarina Caterina II scorse un bucaneve precoce e lasciò una guardia a vigilare, che era una cosa splendida ma bisognosa di attenzione, che resisteva .. “
“Mi chiedo quale sia il bucaneve e chi la guardia, tra i due. E di Achille, a quel giro me lo ricordo pure io” Una pausa “Non è che gli vuoi bene, qualcosa di più..” io ero il bucaneve e Aleksej la guardia. E viceversa, uno scambio di ruoli, lo amavo fino allo spasimo. Eravamo amici, compagni di armi e segreti.
“Ti adora, disgraziata, citando te” Sbuffò e stava per replicare quando colsi un movimento con la coda dell’occhio “Buttiamoci giù, che attaccano con le palle di neve..” Da davanti, in rapida e simultanea maniera, finimmo sul morbido e candido manto, attaccando a nostra volta.
E lo sentii.
Come avere inghiottito champagne a digiuno, un lieve battito intorno all’ombelico. Come una farfalla, premetti il palmo sul ventre, sorpresa, si incurvava appena e Lui.. c’era. La neve mi piovve sul viso e le spalle, non reagii.
FELIPE..  sussurrai dentro di me, un nuovo sfarfallio.
FELIPE.. è la tua mamma, benvenuto, tesoro mio.  E ora concentriamoci .. E Olga comprese al volo, senza che nulla osservassi, mi leggeva il viso come un libro aperto, quando non mettevo filtri,che leggeva dopo poco, chiariamo,  mi posò il palmo aperto sull’addome, dalle profondità del mio corpo salì un nuovo palpito, che percepì nonostante la pelliccia, gesti di confidenza che avrei concesso a lei e pochi altri “ E qui chi abbiamo? “Un ulteriore fremito, che quando mio figlio decise di muoversi si annunciò, ineludibile, senza fallo.
“Ciao, ci sei, allora Felipe .”Commossa “Potrebbe essere la digestione.. O una bambina, cosa ne sai “ coprendole le mani con le mie “ Io so che sarà un maschio, fidati, lo so” Un piccolo sospiro “E tanto io non ho mai torto.. Sarà Felipe.. Che, perdonami, Felipa in russo è uno strazio” per farmi ridere. “Forse.. e tanto..” le grida di Alessio su non so cosa, la protesta di Anastasia, Marie  che metteva pace ci inibirono dal proseguire“Tanto nulla, vai dai tuoi bambini elettivi..” che si sentiva Olga e Catherine, e Cat in ogni angolo “Dai nostri, semmai” “Alessio e Anastasia te li becchi tu” mi si cacciarono entrambi tra le braccia, ridendo, proprio due bambini. “Vieni qui, zarevic” mi si serrò addosso, annotai che ero stanca e avevo freddo, filammo a prendere il tè, ridendo, la gioia era ancora possibile.
Gli scoccai un raro gesto di affetto, un bacio vicino all’angolo delle labbra, un tenero tributo che richiedeva alle sue sorelle e a sua madre, le spalle accostate per non farmi vedere “ Grazie, CAT”
“Prego”
“Che bello quando sei affettuosa”
 “Mi manchi, Aleksey”confessai “Mi ero abituata a stare con te molto di più”
“Anche tu, sei brava a fare le patatine fritte come nessuno, mi facevi ridere tanto..” un barbaglio azzurro, divertito “Quando me le rifai?”

La gente continuava a benedire chi aveva ucciso Rasputin, vi erano scioperi, manifestazioni in onore della “domenica di sangue” del 1905, la Duma aveva riaperto i lavori. Nulla di risolto, in pratici termini, se il freddo inibiva l’offensiva, andava osservato come gelo, viveri scarsi e prezzi esosi esautorassero le persone, la cui dieta principale era zuppa e pane raffermo. 
“Davvero, Alessio, è troppo pericoloso.. ci sono tanti disordini, insultano i cosacchi a cavallo che pattugliano le strade e lanciano i sassi.. non voglio rischiare di farci male”
“Voglio fare un giro a Piter con te.. Ti prego, voglio uscire, Cat, non ne posso più..La mamma piange sempre, per il suo Amico ..”Strinsi le labbra, dannato Rasputin, se pensavano di annientarla avevano ottenuto solo di moltiplicare le  ansie della zarina e togliere il suo scudo, che in fondo usava il siberiano come paravento per propugnare le sue idee e lui era sempre stato abile nel far coincidere le idee di Alix con le sue, salvo poi morire come era morto. E moltiplicare le sue preoccupazioni per Alessio, il timore che gli venisse una crisi fatale e senza rimedio.
”E mi stanno tutti addosso..”Malinconico, serio come non mai “Ordini di mamma, e papà si arrabbia e ordina il contrario e poi lei di continuare…” scosse la testa, una bella contraddizione in termini “ A momenti mi farebbe stare sulla sedia a rotelle e portare sempre in braccio dai marinai. E non va, mica sto male, vorrei fare una bizza poi vedo come è triste e cerco di stare calmo, e non vedo più i miei amici, sai i cadetti o i figli di Deverenko e.. Mi manca Sasha, è stato bello quando è venuto a Mogilev con la tua mamma, prima che combinasse il guaio”mi abbracciò da dietro, la fronte contro la spalla, la nursery era piena di giochi, luce e calore e lui desolato, un sole spento
“Spero che passi, Alexei”diplomatica, che gli dovevo dire, che erano misure dettate da una isterica ansia, un modo per controllare una sfuggente situazione..
 “Comunque, te lo anticipo, qualche ragazzino verrà a giocare.. Non puoi stare sempre con i grandi.. Me lo ha detto tuo padre”
“Gioco volentieri con te e le mie sorelle, ma anche loro tra lavoro come infermiere negli  ospedali e visite.. Non possono sempre starmi dietro. Per disperazione, mi metto a studiare” lo feci girare verso di me, stupita, basita, di solito lui e lo studio erano agli antipodi.
“Cioè, può essere anche piacevole..” una pausa, era saturo di premure e attenzioni ed era corretto quello che andavamo combinando? Sempre dietro alle sue spalle, un segreto e.. Sapendo che IO, ove si fosse sentito male, lo avrei tenuto in braccio per tutto il tempo, salvo stramazzare, o che non avrei fatto pari a portarlo in bagno, per renderlo indipendente, come era, aveva dodici anni, mica due,  avrei bandito i pannolini che gli appioppavano.
“ E glielo ho detto, che non sono un bambino piccolo, che prenderò i miei provvedimenti, Mamma non ci crede e ..”Rimasi seria “Alexei, se ti porto fuori mi devi dare retta, lo sai”
“Da da..” disse in russo e mi cinse con le braccia. “Oppure portami a vedere l’orfanotrofio, hai avuto delle belle idee”  ne ebbi un’altra “Ora vuoi giocare a carte?” Tentiamo, non possiamo sempre agire di nascosto. “Abbracciami, invece”mi vietai di chiedergli se avesse l’emicrania o qualche dolore e tanto gli avevo promesso che sarebbe uscito. Ne presi coscienza come del suo bisogno cieco e disperato di evadere.

E non era corretto che Alessandra prendesse certe decisioni e suo  marito il contrario, io che  assecondavo, lo zar, mi veniva naturale, pure era equo agire sempre di nascosto.  NO..
E Alessio nel mezzo, che se veniva fuori qualcosa, l’avrebbe riscontata lui. “ Per favore, Cat, io non ho fatto nulla di male “
“Aleksey.. “
“Per favore”
The tears of an angel, I think. “Please, Catherine” “Stop, we’ll see” “Promised?” “Promised. “vedremo, e tanto glielo avevo promesso, rigirandomi senza parere.
E così fu.
Intanto, vennero dati ricevimenti e feste, gli zar cercavano di dare l’impressione che tutto andasse bene. Ed era una mascherata, un naufragio.
Vi furono concerti nei salotti, commedie per i ragazzi.
Ad un banchetto di Stato in onore dell’alta commissione britannica, Alix comparve in un abito color crema con ricami azzurri e argentati, la sua squisita bellezza che ritornava, ma il suo sorriso si era spento. Eravamo presenti pure io ed Andres, io in rosa cipria, lui con la sua uniforme da generale dei dragoni spagnoli, aveva iniziato a rivestirla da un giorno all’altro.In fondo, per quanto membro della Ocharana, rimaneva un militare di alto livello, veniva a patti con il passato, alla fine, per vivere meglio il presente. Mangiammo crema d’orzo, torta in aspic, pollo con insalata di cetrioli e gelato al mandarino, il cibo era squisito, l’ambiente elegante e tanto mancavano allegria e divertimento.
“Che hai inventato sulle braccia?”rilevai, quando ci ritirammo, annottando le fasciature per passare ad un argomento più allegro.
“E dove lo hai scovato un tatuatore? Erano anni che avevo voglia di farmene di nuovi”scrollai le spalle “Per te questo ed altro..fammi vedere. Sono curiosa. ..” togliendo le bende
Una rosa bianca, di squisita perfezione, sull’avambraccio destro, ove lessi “Catherine”, che la sua rosa invernale ero io.


Ed  i disordini continuavano  e mi pareva di essere di nuovo nel 1905, quando vi era stata la domenica di sangue ed una mezza guerra civile. E si parlava di cospirazioni per far abdicare lo zar in favore di Alessio, la situazione stava degenerando.  Alix era odiata da tutti, era considerata la paladina della Germania e ne parlava finanche la gente comune. 
Avevo letto il segreto rapporto redatto dalla Ocharana intorno alla metà di gennaio, sulla situazione del governo “..Nei vari ambienti della società circolano le voci più allarmanti, da un lato sull’intenzione del governo di prendere misure reazionarie e dall’altro, su presunti piani di elementi e gruppi ostili che starebbero organizzando disordini e moti rivoluzionari” 
In uno dei loro ultimi colloqui, Rodzjanko, presidente della Duma, rappresentò lo zar come fosse di dominio pubblico che l’imperatrice emettesse ordini senza che lui lo sapesse, come  i ministri parlassero direttamente con lei, che era odiata in tutto il paese, la ritenevano la paladina della Germania.
Nicola chiese dei fatti, delle prove, che non vi erano, ammise R.,  ma la tendenza generale era quella, che si evinceva dalle linee della sua politica.
“Maestà non costringete il popolo a scegliere tra voi ed il bene del Paese”
“E’ mai possibile che per 22 anni abbia cercato di operare per il meglio e per 22 anni sia stato tutto un errore?”
“Sì, Maestà, per 22 anni avete seguito una strada sbagliata”
Lasciò il palazzo convinto che Alix doveva rinunciare a ogni interferenza, era odiata e vituperata in tutti gli ambienti. Le medesime considerazioni, attuare le riforme, creare un governo affidabile, eliminare l’ingerenza di Alessandra erano state rappresentate dagli ambasciatori alleati, francesi e britannici, senza alcun esito.
 
 “Alessio”
“Cat, mi fa male la testa” accostai la guancia alla sua, era calda, era stato un giorno tranquillo, senza giochi
“Vuoi andare  un poco a letto” prassi di quando aveva qualcosa, rispose con una smorfia “No? E magari sì, è pomeriggio.. ti metto io, come a Mogilev”
“Ho caldo e ho freddo..” mani e piedi  finirono sotto le mie ascelle e tra  i miei polpacci, me lo serrai addosso, ricordando che pochi giorni avanti un piccolo cadetto aveva giocato con lui ed Olga nella neve, gli avevano diagnosticato il morbillo.. No, non poteva essere Quando lo avevo preso, quelli erano i sintomi. Lo convinsi a mettersi a  letto, alla fine,rimettendo in ordine i suoi vestiti, al bando le cameriere e i marinai, chiamai poi per il medico, mi aveva cacciato il viso contro il petto “Mi fa male la luce, troppa, Mamma “
“La chiamo..”
“ Chi chiami..Mamma è qui”sintetico
“Chi è Mamma?” allibita , che delirava?
“Tu ..” come se fosse una cosa ben ovvia, scontata io come Olga e Tata, le sue mamme elettive. Da sempre.. Per strazio della zarina sua madre. E non era il delirio, ne era convinto. E non mi aveva mai chiamato mamma prima di allora“Bene Alessio” una pausa “Cerca di riposarti, ti racconto una cosa..quando eri piccolo mi hai chiamato Catherine o Cat dopo tanto. “

… “Ora basta.. Gioco io” “No” e lo serravo. “Chi sono io? “ “..oh..” Per boh. “Sono Catherine.. dillo” E lo sillabavo e taceva, il furbone e lo cedevo ad altre braccia, quando dovevo ritirarmi..E si metteva a piangere, quando scomparivo, andando avanti per un pezzo se non tornavo, mi si buttava addosso e giocava, da capo e di nuovo con me, mi tirava i capelli, mi sorrideva, faceva buffe smorfie.“ E dì Cat, va bene uguale” Una pausa e un sospiro “ Come tua sorella Olga” Ancora “Zarevic, che volete..” e mi strattonava le ciocche, serrandosi “ Basta.. “Lui zitto, viziato e  bizzoso.
“Basta ..” “No. Decide Bimbo”“ Chi è bimbo?”“Baby..” Alix lo appellava bimbo, Baby, un tenero vezzeggiativo che principiò allora, come Little One. “La bambola?” e tante altre eventuali, e lui corruscava il visetto, lo stringevo e mi si rannicchiava addosso, fingendo di essere offeso “ Lo zarevic è bellissimo .. ma chissà chi è Bimbo, boh..” Un sorriso “ A Bimbo voglio bene, solo a lui” mi arrivò un calcio, io tirai un colpo sul suo sederino fasciato dal pannolone.
“Aleksej, tesoro..bravissimo..” Me lo caricai in grembo, rapida, come tanti anni dopo .. Avevo aperto le mani ed aveva camminato barcollando tra le mie braccia, mi ero sollevata, con lui in trionfo, dritto come un fuso“ Altro che Bimbo.. “ “Bimbo bravo” lui a me.
“ Va bene..Bravi tutti e due, ma Bimbo sa chi sono, voi no..”
“NOOO..  Tu .. Cat..” “CHI? Chi sono “ commossa, in estasi.
“TU.. CAT:.” Prese fiato, una smorfia, concentrato “Catherine ..”  E lo avrebbe detto molto prima, tranne che non voleva darmi soddisfazione.

Tornai al presente, si era appisolato, accostai le tende e andai a chiamare chi di competenza. non era possibile che fosse come sopra
Tatiana scrisse a suo padre, lo zar, nei primi giorni di marzo, marzo 1917 “..ora siamo veramente tristi, abbiamo pianto quando sei andato  via. Stiamo molto tempo di sopra, Olga è a letto, come Alessio, facciamo i turni per visitarli.. Alessio sta  spesso con Catherine, lo fa ridere e lo tiene tranquillo, gli racconta di un magico cavallino, di paesi lontani, della Spagna, di una radura di melagrani su i cui tronchi ha inciso le varie nostre iniziali, quando era in là.. So che quando la guerra finirà andrà a vivere per sempre in Spagna, e mi spiace, anche se il suo posto è là, è la principessa Fuentes  

Dalle annotazioni di Alexander Rostov Raulov in Crimea”.. a marzo sono cominciati i disordini, la gente aveva fame, i prezzi delle cibarie dall’inizio del conflitto erano aumentati del 400 per cento..l’8 marzo, donne affamate si sono unite a gruppi di scioperanti e socialisti, gridavano “Abbasso l’autocrazia” e cantavano la Marsigliese. Le violenze sono cominciate il 9 marzo, hanno saccheggiato i negozi per prendere il poco cibo rimasto..(..) Tafferugli, pattuglie male in arnese ..(..) scoppiò l’anarchia, il governo era paralizzato, sparatorie.. i soldati che sparavano gli uni contro gli altri e si unirono ai rivoltosi.. Effetto domino.(.) il governo si dimise e ne venne formato uno provvisorio, il cui leader era Kerenskij..Lo zar era alla Stavka (.) Saccheggi e vandalismi, sui palazzi sventolavano le bandiere rosse..La guardia imperiale disertò (…) L’abdicazione di Nicola II, per sé e suo figlio, a favore di suo fratello Michele, che rinunciò a sua volta al trono, fecero terminare 304 anni di storia..” 

Da una nota di Andres Fuentes “.. ero con lo zar, via via che giungevano le informazioni, tutti lo scongiuravano di abdicare in favore di Aleksej, sotto la reggenza del granduca Michele,  per evitare un bagno di sangue, che era scoppiata una rivoluzione, che l’odio per l’imperatrice aveva toccato il parossismo estremo.  Quasi tutti i suoi generali gli chiedevano di abdicare, perfino suo cugino Nicola Nicolevic aveva pregato in ginocchio per quello. Rostov-Raulov fu il solo a dichiararsi contrario, come me. “Non fatelo, per favore” sottovoce, mi scrutò a lungo, il viso non tradiva alcuna emozione “Pensateci ancora”  passando a guardare il paesaggio innevato fuori dai finestrini, per un pezzo “Lascerò il trono a mio figlio” si fece il segno della croce, imitato da tutti e appose la firma  sull’atto predisposto, vergando 15 marzo 1917, ore 15.00.  Fumò continuando a scrutare fuori, in silenzio, poi chiese di parlare con il dottor Federov.”Ditemelo in tutta franchezza, la malattia di mio figlio è incurabile?”  “La scienza ci insegna, sire, che non vi sono cure e tuttavia alcuni malati, qualche volta, giungono ad un’età avanzata. Tuttavia, Aleksey Nicolevic è alla mercé di qualsiasi accidente..” Difficilmente avrebbe cavalcato, sempre doveva fare attenzione a non stancarsi troppo, a non compiere movimenti azzardati.. E sicuramente, il governo provvisorio, già ostile agli imperatori, ben difficilmente gli avrebbe concesso di tenere con sé il ragazzo, in caso di esilio li avrebbero separati.  Lo zar scosse la testa, mormorò tristemente che lo sapeva, che Aleksey non avrebbe potuto servire la Russia come voleva per lui, aveva quindi il diritto di tenerlo con sé e i suoi. E tanto non era giusto, Catherine. Verso le nove giunsero due inviati della Duma e del Governo provvisorio, iniziarono con i loro sproloqui e vennero interrotti da un cortese cenno della mano “Il discorso non serve, ho deciso di rinunciare al trono, fino alle tre di oggi pensavo a favore di mio figlio, ora ho mutato opinione in favore di mio fratello, confido che comprenderete i sentimenti di un padre. Firmò un nuovo atto di abdicazione, secondo i propri desideri, mantenendo invariata la data e l’ora. Come noto, Michele non accettò e finì così” 

“Alessandro e Bucefalo, aveva il mantello scuro e una piccola macchia candida sulla fronte e accompagnò il suo reale padrone nelle battaglie, alla conquista del mondo. Riportate ferite mortali, nella battaglia di Idaspe, non permise al suo padrone di montare un altro cavallo e, facendo appello alle ultime sue forze, lo portò alla vittoria. E in tramonto di ruggine e sangue, o almeno così immagino, sul far della  sera, coperto di sudore e di sangue, Bucefalo si stese al suolo e morì per le lesioni ricevute, all’età di vent’anni…” cercavo di non pensare al caos che regnava nella capitale, ad Andres che era a Mogilev con lo zar, raccontavo, il suono della mia voce un quieto mormorio. Presi una mano di Alessio, l’accostai al viso, baciandone il palmo, dormiva per la maggior parte del tempo, aveva il morbillo, come Olga e Tata, a febbraio dei cadetti avevano giocato con lui e Olga nella neve e avevano poi riferito che uno aveva il morbillo, quindi ecco il contagio.  Un sonno irrequieto, che non lo ristorava, aveva 40 di febbre.
“Morbillo in forma grave.. con la temperatura molto alta..” nel 1907 me lo ero buscato, pure io, stando così male che mi avevano somministrato l’estrema unzione, un miracolo che fossi scampata,l’anno avanti avevo fatto una portentosa caduta da cavallo, battendo una testata e per poco non ero finita all’altro mondo “Principessa, dovreste riposarvi”
“Non ti preoccupare per me, Alessio, l’ho già avuto.. “ a rate, riemergeva dal torpore, era fradicio di sudore “Sì, ma sei incinta.. se succede qualcosa al bambino” si preoccupava per Lui e Me, gli altri, mai per sé.
“Non gli succederà nulla.. Io l’ho avuto, qui dentro non gli succede nulla“gli tamponai il viso, prese un poca d’acqua, che situazione, che disastro “Qual è l’animale più testardo, lo sai?” mi chiese.
“Il mulo, credo, quelli iberici sono i più testoni” fece un sorrisetto “Vatti a riposare, fallo per me”
“Va bene..tra un poco” lo accontentai dopo mezz’ora, rimasi con lui, che spesso chiamava Cat, Catherine, stordito e se mi percepiva vicino si calmava, gli raccontavo mille scemenze per distrazione e preferivo essere là con lui, che sola a rimuginare, più per me che per lui, che aveva la febbre. Balle, mi voleva bene e io volevo bene a lui, eravamo legati a doppio e triplo filo, fragili da soli, invincibili insieme.
Anche la Vyribova si era ammalata di morbillo, l’imperatrice faceva la spola tra lei e i ragazzi, io giravo al largo, che malata o meno, aveva sempre il potere di darmi sui nervi, sacrosanto. Planai nella stanza dove avevo dormito tante volte da bambina, da ragazza quando mi recavo al Palazzo di Alessandro, atterrando sul divano con un tonfo sgraziato. Ero stanca, ingrossata, di malumore, altro che la sua rosa invernale, come mi appellava Andres, soprattutto preoccupata per i disordini, avrei pagato per avere mio zio e la sua ironica saggezza.. Ed era in Crimea, con mamma e Sasha, finalmente si sentiva meglio. La capitale era in pieno fermento per i disordini, tuttavia avessero assaltato palazzo Raulov avrebbero ricavato ben poco, i quadri erano riproduzioni, i mobili imitazioni,  l’argenteria era scarna, i gioielli erano con lei a Livadia, vi era poco da prendere, la stessa cantina era sfornita, il principe Raulov aveva una sua curiosa e contorta ironia .. Casa mia a Carskoe Selo era ancora più sobria, quindi avrebbero rastrellato molto poco.. Assente Andres, con i ragazzi malati, preferivo stare al Palazzo di Alessandro..
I miei prediletti, che le sorelle di misericordia Romanov non compivano solo I loro doveri di infermiere, ma erano anche una buona compagnia per I soldati feriti, leggevano loro, gli aiutavano a scrivere lettere a casa, giocavano a carte con loro, li portavano fuori per un poca di aria, o, in semplicità, si sedevano vicino a loro e parlavano. Anche io mi sedevo, raccontavo a caso o leggevo..
Un periodo surreale e devastante.

Il suono inconfondibile degli spari  ruppe il silenzio della sera

“Maestà che succede?” Alessandra si fece il segno della croce, portava la divisa da infermiera sopra il vestito nero, il velo sui capelli raccolti, era tragica e fiera, una martire in fieri “ Dicono che una folla di 300.00O stia marciando sul palazzo.. Non abbiamo paura, non dobbiamo avere paura, è tutto nelle mani di Dio. Domani arriverà l’imperatore, andrà tutto bene..”
“Il conte B. comunque ha fatto bene a richiamare dei reggimenti..” lo aveva fatto il giorno avanti, saggia misura precauzionale, vari battaglioni per 1.500 uomini, che si erano appostati nel cortile  tra il corpo principale del palazzo  ed il colonnato corinzio, altri  dinanzi all’ingresso principale e poco lontano, accendendo fuochi per scaldarsi e sistemando un enorme cannone.
“Papà sarà sbalordito”
“Giusto Anastasia, giusto..”
Scopo dei soldati ammutinati era portare la zarina e Alessio alla fortezza dei santi Pietro e Paolo, ma, giunti al villaggio  di Carskoe Selo fecero irruzione in un negozio dove si approviggionarono di vino e vodka, a quel punto si ubriacarono a puntino.
Venne uccisa una sentinella a meno di 500 metri dal palazzo, dalle nove di sera in avanti risuonarono colpi di fucili.
“Sono manovre speciali” spiegò ai ragazzi, Alessandra, per tranquillizzarli, io mi mordevo la lingua, cercando di stare calma, mi era stato detto di tacere, per non agitare, finché fosse stato possibile
Rimanemmo nel salotto verde, io e  Anastasia, vai a sapere chi reggeva chi, i colpi risuonavano nel freddo, lei mi serrava per la vita, io le cingevo le spalle “Ho paura”un piccolo sussurro.
“Andrà bene.. guarda tua mamma, sta parlando con i soldati” Un nero mantello di pelliccia gettato sopra la divisa da infermiera, la accompagnavano Marie e la contessa B. 
Era buio, le truppe erano in allineate in ordine di combattimento, la prima fila in ginocchio nella neve, gli altri in piedi dietro di loro, i fucili pronti, Alix passava di soldato in soldato, sussurrando che avevano tutta la sua fiducia, che la vita dello zarevic era nelle loro mani, quelli erano amici, loro devoti.
“Paura la ho anch’io, comunque” ci sedemmo, cercando la calma, mi imposi di respirare piano, rievocare momenti migliori, la mente tornò alla rocca di Ahumada, le pietre color miele in un tramonto, baluardo mai preso, che aveva resistito ai secoli e agli assedi, la casa dei Fuentes. Casa mia.
“Quanta?” lei che era vivace e mercuriale come una lepre marzolina, era quieta, tesa. “Parecchia” era inutile che facessi l’eroina, non dovevo dimostrare nulla a nessuno “Cerca di pensare a qualcosa di bello, per rilassarti”  mi venne in mente Andres, nuova, vero, l’ultima volta che avevamo fatto l’amore, l’8 marzo mattina, il gusto di sale della sua pelle, appena più forte di quello di una mandorla, un tenero saluto, avevo dormito stretta a lui, come sempre, in quell’alba che doveva partire per Mogilev con lo zar era stato lento, dolce, sospirai involontariamente “A cosa stai pensando..?”
“A un posto in Spagna, una radura sulle montagne, ci crescono i melograni, buffo che reggano in quel clima, vicino ad Ahumada, sai .. sui Pirenei, il castello dove è nato Andres, casa nostra” spalancò gli occhi “Ci sono stata .. anni fa ed è bello, Anastasia..  “
“Descrivimelo” chiuse gli occhi, cercò di rilassarsi, eravamo sui Pirenei, le mani allacciate. Rividi me stessa che osservavo delle iniziali, una A, una I, Andres ed Isabel, una M e una R, Marianna e Raul, scavate, io che a mia volta incidevo i tronchi, leggera, tracciando una C, per me, Catherine, e OTMAA, per Olga, Tatiana, Marie, Anastasia e Alessio, assenti erano sempre con me, pure in Spagna.  Una lettera per ogni tronco. Lo splendore estivo che rivestiva di una dorata patina il mondo, avevo 14 anni, una stagione di scoperte e curiosità, di vedermi finalmente bella, una ragazza scura di occhi e capelli, perle ai lobi, che fissandosi in uno specchio si era vista finalmente in quel modo “Dico casa.. che era bello, essere lì. Le persone sono di poche parole, ma ti offrono un bicchiere di vino, del prosciutto.. Ballando magari su una festa improvvisata, e..”
“Casa è con chi stai bene..”
Passammo la nottata sul divano, senza svestirci, Alix si stese, gli spari durarono fino alle cinque, poi gli ammutinati tolsero il disturbo.
Li aspettavamo per  le sei di mattina, lo zar con Andres e compagnia, non venne nessuno.
“Sarà stato trattenuto per la neve, il treno” cercando di offrire una scusa logica.
“Il treno non è mai in ritardo.. mai”disse Anastasia, uno sbadiglio le frantumò il viso, lo ricacciò contro il mio gomito, le presi una mano, mio figlio era sempre pimpante, a tutte le ore, o pareva, con le sue mossette ed  i calci.. Quindi accostai il suo palmo al ventre, lei ci appiccicò la guancia, le sue braccia sui miei fianchi, sussurrando qualcosa che non sentimmo “Cat, io ho sonno, ti stendi da me? Per me e Marie è una gioia sentirlo, non devi stare sempre con Olga, Tata e Alessio” bofonchiai un sussurro, cerca di dormire, naufragando nel senso di colpa. “Fai i turni”
Alessandra iniziò a mandare telegrammi, quella mattina e nei giorni successivi, tentando di contattare il marito, ritornarono tutti indietro con la scritta  in alto, in matita blu”Indirizzo della persona indicata sconosciuto” 
Le truppe a difesa del Palazzo di Alessandro iniziarono a disertare, la situazione peggiorava di ora in ora, staccarono le conduttore idriche, solamente rompendo il ghiaccio del lago avevamo l’acqua fresca, tagliarono le linee elettriche .
“Tu hai la febbre, Anastasia..”
“Sto bene..”
Le toccai la guancia, scottava, una tragica replica della scena con Alessio, le ingiunsi di mettersi a letto, Marie annotò di sentirsi strana e non fiatò oltre, per non preoccupare sua madre, poi le venne il raffreddore, il morbillo e la polmonite doppia. “Non mi posso ammalare, devo aspettare che torni Papa, Mamma ha bisogno di me..”  “Tesoro, sei stata bravissima..”
“NO”
“Sì..” io stavo bene, loro no, ero incinta, non malata, tralasciando il mal di schiena, che la notte andavo in bagno tre o quattro volte, che l’aroma di fritto o profumi troppo intensi mi davano la nausea.

Ho completamente rimosso dalla memoria la notizia dell’abdicazione, i frammenti sono vaghi, ancora oggi è uno strazio ripensarci, dimentico per salvarmi dalla disperazione, sempre.
Ma non scordo la guancia di Alessio contro il petto, che sussurrava “Cat, tienimi al sicuro”, e non ci riuscivo, in quella battaglia non potevo aiutarlo, se non in misero modo. Stavo con lui, tanto, gli raccontavo le favole, ricordi, di Castore e del cavaliere, le storie della reconquista di un regno, e lo tenevo tra le braccia quando si agitava, lo cambiavo quando era fradicio, a costo di prendermi un rabbuffo, ero incinta, giusto avere contratto il morbo anni prima mi salvava dal contagio. E dovevo pensare a mio figlio, tranne che Alessio si faceva toccare da me e pochi altri senza agitarsi, si era abituato in quel modo, e non lo avrei mutato, ormai le vecchie abitudini non morivano mai. Già, stupida eroina, mi definiva Olga, con ogni ragione e diritto, mulo iberico io, senza recedere di una iota
“Cat”
“Sono qui, Alessio, amore”
“Mi fa male la testa”
“ Chiudi gli occhi, cerca di dormire”


Dei servi che si erano recati a Piter tornarono con dei manifesti che recavano l’annuncio dell’abdicazione, lo stesso annuncio venne recato il venerdì pomeriggio dal granduca Paolo, zio di Nicola II, a quel punto Alessandra barcollò e lasciò la stanza, arrivando in una vicina, vi eravamo io e Marie, vacillava così tanto che la sostenemmo fino alla scrivania. “Abdiquè..”
“Quanto deve avere sofferto, da solo, io non l’ho aiutato..”
Pianse, come pianse in seguito annunciandolo ai membri del seguito, tuttavia sostenne che era la volontà divina per salvare la Russia.

Alix si impose di andare nella stanza dei giovani malati, seguire la solita ruotine per non agitarli, solo Marie sapeva, essendo presente, e aveva pianto a sua volta, cercando di non esagerare, per non rendere sua madre ancora più ansiosa.

Era la fine di una vita, di un mondo.

Mi escoriai le nocche sbattendole al muro quando ero da sola, impotente e frustrata, una vertigine senza appello.
Uno strazio surreale e senza ritorno, come Andres quando era impotente, il suo mondo che era crollato, quando aveva perso Isabel e Xavier.
Ero in frantumi.
No.
No, come quando avevo capito che Alessio aveva l’emofilia, il mio urlo si era perso tra le montagne, mi sentivo persa, senza appello, rimedio, tranne che poi lo amavo a prescindere, o tentavo, fifona mi definiva Alessio quando aveva cinque anni, io 14..  a 22 anni restavo una vigliacca, mi curavo solo di lui.

Da una nota di Andres Fuentes “.. ero con lo zar, via via che giungevano le informazioni, tutti lo scongiuravano di abdicare in favore di Aleksej, sotto la reggenza del granduca Michele,  per evitare un bagno di sangue, che era scoppiata una rivoluzione, che l’odio per l’imperatrice aveva toccato il parossismo estremo.  Quasi tutti i suoi generali gli chiedevano di abdicare, era la mattina del 15 marzo 1917..perfino suo cugino Nicola Nicolevic aveva pregato in ginocchio per quello. Rostov-Raulov fu il solo a dichiararsi contrario, come me. “Non fatelo, per favore” sottovoce, mi scrutò a lungo, il viso non tradiva alcuna emozione “Pensateci ancora”  passando a guardare il paesaggio innevato fuori dai finestrini, per un pezzo “Lascerò il trono a mio figlio” si fece il segno della croce, imitato da tutti e appose la firma  sull’atto predisposto, vergando 15 marzo 1917, ore 15.00.  Fumò continuando a scrutare fuori, in silenzio, poi chiese di parlare con il dottor Federov.”Ditemelo in tutta franchezza, la malattia di mio figlio è incurabile?”  “La scienza ci insegna, sire, che non vi sono cure e tuttavia alcuni malati, qualche volta, giungono ad un’età avanzata. Tuttavia, Aleksey Nicolevic è alla mercè di qualsiasi accidente..” Difficilmente avrebbe cavalcato, di sicuro, come sempre, doveva evitare di stancarsi troppo, a livello fisico, per non compromettere le articolazioni. E sicuramente, il governo provvisorio, già ostile agli imperatori, ben difficilmente gli avrebbe concesso di tenere con sé il ragazzo, in caso di esilio li avrebbero separati.  Lo zar scosse la testa, mormorò tristemente che lo sapeva, che Aleksey non avrebbe potuto servire la Russia come voleva per lui, aveva quindi il diritto di tenerlo con sé e i suoi. E tanto non era giusto, Catherine. Verso le nove giunsero due inviati della Duma e del Governo provvisorio, iniziarono con i loro sproloqui e vennero interrotti da un cortese cenno della mano “Il discorso non serve, ho deciso di rinunciare al trono, fino alle tre di oggi pensavo a favore di mio figlio, ora ho mutato opinione in favore di mio fratello, confido che comprenderete i sentimenti di un padre. Firmò un nuovo atto di abdicazione, secondo i propri desideri, mantenendo invariata la data e l’ora. I due inviati controfirmarono come testimoni e venne steso uno strato di vernice sulla firma. Come noto, Michele non accettò e finì così” 

Lo zar mi raccontò che prima di tornare al Palazzo di Alessandro, a Mogilev, il quartiere generale ove aveva abdicato nel marzo 1917, ebbe la visita di sua madre, l’imperatrice vedova accompagnata dalla principessa Ella ..imitabile, la sua Ella.. mia madre.

Madre e figlio rimasero a colloquio due ore, poi la zarina madre li lasciò soli per una mezz’ora.. evento che non venne mai diffuso. 
Fu la loro ultima volta, anche se ancora non lo sapevano, lo zar sperava in un esilio in Inghilterra”Non è finita, Ella, adesso vai, che si sta facendo tardi-“Le dita di lei contro la maniglia, si girò di scatto.
Ti ho sempre amato, Nicholas “ Per la prima e unica volta a voce..
“Ti ho sempre amato anch’io, Ella, per quanto ho potuto, per come ho potuto..”
“Forse il solo possibile, per noi..” una pausa “ Abbi cura di te e Sasha.. Catherine ti deve raggiungere prima che la gravidanza sia troppo avanti”
“Come se non la conoscessi.. Verrà ma non adesso, più avanti” 

Trascorsero tre giorni, giunse il 21 marzo.  
Giorni di stallo, di miseria, di amore, mi alternavo al capezzale dei malati, leggevo, giocavo con i soldatini con Alessio, a carte con Olga e Tata, raccontavo scemenze ad Anastasia e.. mi preoccupavo, mon Dieu. E giravo al largo, nei limiti del possibile, dalla zarina.. Marie un punto di contatto, fingeva di ritenere i miei silenzi, a prescindere dalla forma e dagli inchini, con sua madre una magagna della mia gravidanza.. In generale, che nello specifico avevamo già discusso, quando mi convocò avevo le meni gelate, pena e terrore, per entrambe.

Alle dieci di mattina raggiunsi Alix nel suo salotto malva. “Siediti per favore e ascolta.. Lo Zar tornerà domani”
Andai su una poltroncina rosa chiaro, scrutando il suo viso pallido e tirato” Il Governo Provvisorio ha mandato il Generale Kornilov per informarci, quale onore, che sia io che lo Zar siamo sotto arresto e tutte le persone che .. non vogliono rimanere devono lasciare il palazzo di Alessandro entro le quattro, per non essere confinate” Mi poggiò una mano sulla spalla, con affetto, la strinsi per un momento
  “ Tra poco Gilliard dirà ad Alexei ..tutto.. Io alle ragazze. Tu..” Marie sapeva, dalla prima all’ultima notizia “Io resto con voi”
“Domani torna tuo marito e decide lui..”Mi rimbeccò, con tenerezza, esasperata e divertita. “Sei testarda come ..”Non trovava definizioni, sorrise per un breve momento“La gravidanza ti ha reso ancora più ostinata” Fissammo entrambe il mio ventre sporgente, mentre mio figlio si muoveva dentro di me. Non portavo il busto, quando mi spostavo da una stanza all’altra usavo una scialle, la sorella di Alix, Irene di Prussia, aveva aperto la strada “Posso ritirarmi..?Mi vorrei stendere un paio d’ore”ero stanca, mi doleva ogni  osso e muscolo “Cat, ho avuto cinque figli, lo so come ti senti..anche tre o quattro, senza offesa, nessuno ti disturberà. Sei stanca e affaticata, lo so, vieni verso le due, anzi  le tre”Forse, e tanto dovevo fare un’azione preventiva.  Speriamo. Al dolore delle granduchesse e di Alessio per l’abdicazione avrei pensato dopo, erano malati e la notizia li avrebbe fatti sentire peggio. “Ve lo prometto” 
   
 
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