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Autore: Zikiki98    29/09/2018    1 recensioni
- Avevo iniziato a scrivere questa storia qualche anno fa, lasciandola incompleta. La sto modificando e sto aggiungendo delle parti per renderla più piacevole e completa. Potete trovarla sia su Wattpad sia qui su Efp. I primi 9 capitoli li ho pubblicati tutti insieme, in modo che la storia segua lo stesso ritmo della pubblicazione su Wattpad. Spero vi piaccia -
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E se Bella provenisse da un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vederla?
Dopo la battaglia terrificante contro i demoni, avvenuta circa cento anni fa, non si è più sentito parlare di Shadowhunters, ovvero, di Cacciatori di Demoni. Da quella strage di Nephilim, tutte le creature del mondo invisibile, vale a dire vampiri, licantropi, maghi e fate, hanno creduto che si fossero estinti.
E se non fosse così? E se si fossero solo nascosti?
I demoni stanno ripopolando il mondo e la vita, non solo degli esseri umani, ma anche delle creature mitologiche presenti nelle favole dei bambini e nei racconti terrificanti degli adulti, è a rischio.
Chi li manda? Come possono uscire dalla loro dimensione? La terra potrà tornare ad essere un pianeta "sicuro"?
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Instagram: _.sunnyellow._
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FanFiction su Twilight e Shadowhunters.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Quileute | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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THE WORLD OF DEMONS
IL PORTALE DEI DEMONI


9. GOLD EYES

[
POV BELLA]

Stephan appena vide il suo nuovo amico voltargli le spalle, si rivolse a me, facendo un lungo sospiro - Dimmi, che problema c'è? - .

- Non possiamo parlarne qui! - proclamai, come se fosse ovvio - Seguimi -.

Iniziai ad incamminarmi verso il bosco che costeggiava la scuola, senza voltarmi per vedere se mio fratello mi stesse seguendo, perché ero sicura che fosse così. La strada non era in piano e quando iniziammo ad addentrarci nella boscaglia fitta, il terreno si faceva sempre più ripido e scivoloso. Fortunatamente, eravamo entrambi allentati, perciò non era un grosso problema. Ci capitava di scivolare ogni tanto per via delle scarpe sbagliate che indossavamo, non adatte per quel tipo di percorso, ma ogni volta riacquistavamo subito l'equilibrio senza troppi intoppi.

Dopo qualche minuto, quando mi sentii al sicuro da occhi e orecchie indiscrete, decisi di fermarmi. Appoggiai le mie spalle al tronco di un grosso albero e mi voltai verso Stephan, che mi guardava sempre più curioso di sapere che diavolo mi passasse per la testa. Quello era un posto perfetto per parlare in privato, senza il pericolo che qualcuno potesse ascoltare la conversazione. Nessun mondano sarebbe arrivato fin qui senza farsi notare a metri di distanza, perciò potevamo stare tranquilli in quel senso. Invece, mi preoccupavano dei Nascosti in particolare, ma per loro in quel momento non potevo farci niente. Comunque, con tutta probabilità, se i due vampiri non si fossero mossi dalla scuola, ero sicura che non potessero ascoltare nulla per via della distanza che io e Ste avevamo percorso.

Iniziai a guardare Stephan, con l'intenzione di parlargli, però non sapevo esattamente come iniziare il discorso. Mi risultava assurdo che lui non avesse capito chi si era trovato davanti e non volevo farglielo notare con l'intenzione di pormi in una posizione di superiorità a lui o, addirittura, farlo sentire uno stupido.

Vedendo la mia improvvisa e palese indecisione, iniziò a spronarmi.

- Dimmi quello che mi devi dire - disse con fare disponibile, come per mettermi a mio agio.

Presi due lunghi respiri profondi e infine parlai - Ho incontrato un vampiro... -.

La sua espressione non si modificò di un centimetro, iniziando a pensare che non avesse compreso realmente ciò che gli avevo appena detto. Forse era dovuto allo shock e alla consapevolezza di aver avuto al suo fianco un vampiro per ben due ore e di non essersene accorto.

Quando interruppe il silenzio, mi lasciò quasi senza parole per la sorpresa - Quale? -.

Lo guardai, non nascondendo la mia confusione - Come sarebbe a dire "quale"? Che razza di domanda è? -.

- A Forks ci sono sette vampiri e, cinque di loro, vengono a scuola con noi, Bella - mi rivelò, abbassando notevolmente il tono di voce.

Cioè... lui sapeva...

Ma come?

Un'uscita del genere, considerando il modo in cui si era comportato con Emmett, non era per niente coerente. A meno che, non si fosse mostrato gentile agli occhi del vampiro, per far sì che si fidasse di lui.

In ogni caso, stava iniziando a dolermi la testa. Probabilmente, mi stava per venire anche una crisi di panico, cosa che in tutta la mia vita non mi era mai capitata.

- Tu mi stai dicendo che ben cinque vampiri frequentano assiduamente la Forks High School?! - esclamai, ricalcando con il tono di voce ogni singola parola che proferiva dalle mie labbra.

Annuì, concentrandosi un attimo su di me - Perché respiri in modo così strano? Stai bene? -.

Non mi ero nemmeno accorta di aver iniziato ad ansimare. Tutti quei mondani vivevano a stretto contatto con dei vampiri pericolosi e assassini, e nemmeno se ne rendevano conto. La loro vita era in pericolo e nemmeno lo sapevano. Quindi sì, stavo decisamente una favola.

- Come fai a saperlo? - gli domandai, tra un respiro e l'altro.

Ero contenta che ci fosse solo Ste qui con me. Una reazione di questo genere, da parte mia, non sarebbe stata vista bene da qualsiasi altro shadowhunters. Una delle cose più importanti era mantenere sempre i nervi saldi, sempre.

- Ho parlato con un mondano che, a sua volta, mi ha parlato di questi Cullen: stanno sempre per i fatti loro, non parlano mai con... -.

Lo interruppi bruscamente, iniziando ad innervosirmi - E perché mai, questo mondano, ti avrebbe parlato di loro? -.

Io stessa il giorno prima avevo già dato abbastanza spettacolo, davanti all'intera scuola. Ora più che mai dovevamo seguire le regole e mantenere un basso profilo, per quanto fosse possibile in questa cittadina.

- Beh... lui mi stava parlando della scuola e, dopo avermi fatto qualche domanda personale, in battuta, gli ho chiesto chi sono gli studenti più fichi, così è uscito il loro nome. Cioè, cognome - si corresse, per poi proseguire, grattandosi la nuca - Emmett, come ti ho già detto, l'ho incontrato in palestra. Dovevamo fare degli esercizi in coppia e il professore ci ha fatti lavorare insieme. Ho capito subito che era un vampiro, ma ho fatto finta di niente, ovviamente. Poi, quando si è presentato, ho collegato quello che mi ha detto Mike con quello che mi ha detto Emmett -.

Quindi era davvero così: lui era a conoscenza della loro natura e faceva tranquillamente amicizia con uno di loro? Non che avessi qualcosa contro i vampiri, per carità: sotto diversi aspetti, noi stessi cacciatori eravamo dei mostri e, in ogni caso, esistevano sempre creature peggiori. Ma frequentare una scuola mondana era un grande rischio, non solo per i mondani, ma anche per i vampiri stessi. Potevano facilmente rischiare di far saltare la loro copertura, in modi che nemmeno osavo immaginare.

Inoltre, eravamo a rischio anche io e Stephan: chissà quanti decenni o, peggio, secoli avevano... avrebbero potuto riconoscerci facilmente e, così, far saltare anche la nostra di copertura.

- E che cosa ne hai ricavato? - chiesi, in tono di sfida.

Il mio obiettivo era metterlo alla prova, per verificare se effettivamente rischiare così tanto parlando prima con un mondano e poi con un nascosto, avesse avuto i suoi frutti, perlomeno.

- Da quel che ho capito, sono stati adottati, tutti e cinque. Il "padre" lavora all'ospedale di Forks. Emm e uno degli altri due fratelli adottivi, non mi ricordo quale, sono fidanzati con le loro sorelle adottive. Sembrano essersi trasferiti dall'Alaska qualche hanno fa. Penso di averti detto tutto - mi informò, come se fosse la migliore tra le pettegole di quartiere.

Nonostante mi costasse ammetterlo, le informazioni che Stephan aveva raccolto erano interessanti, non di vitale importanza, ma comunque ci sarebbero state utili. Ma un particolare attirò la mia attenzione, più degli altri.

- Mi stai dicendo che sono fidanzati tra di loro?! - esclamai sconcertata.

Per un momento mi immaginai come sarebbe stare insieme a Stephan o con un altro dei miei fratelli adottivi. Immediatamente, venni colta da un conato di vomito. Persino immaginarlo mi faceva stare male. Forse, perché io li consideravo come veri e propri fratelli ed ero stata cresciuta, fin da piccola, con questa mentalità. Probabilmente, anzi, sicuramente, per loro era stato diverso.

Stephan in tutta risposta alzò le spalle con una calcolata indifferenza - Non sono fratelli di sangue - disse, iniziando a sghignazzare come uno stupido - L'hai capita? -.

Ignorai la sua ultima domanda, alzando gli occhi al cielo per la battuta squallida di mio fratello.

Cambiai totalmente discorso - Come hai fatto a restare così tranquillo in compagnia di Emmett? -.

- Che intendi dire? -.

Angelo Raziel, se avessi potuto invocarti, probabilmente in quel momento lo avrei fatto.

- Ci sono cinque vampiri solo a scuola. Non uno, come pensavo inizialmente, ma cinque - parlai con calma, nascondendo una valanga di preoccupazioni - Senza contare i loro "genitori". Cinque vampiri, assetati di sangue, che frequentano una scuola formata da trecento studenti, più il personale scolastico. Ti rendi conto, riesci a percepire il pericolo, per tutti gli studenti e i mondani che vivono qui nei dintorni? -.

Non riuscivo seriamente a capire perché Stephan non si ponesse le domande che invece mi ponevo io. Non riuscivo a capire come non dimostrasse nemmeno un minimo di preoccupazione, neanche con me, la persona a cui mostrava sempre le sue debolezze. Davvero non gli importava niente di tutte quelle persone? Era nostro compito, nostra responsabilità, tenerle al sicuro, anche da situazioni come queste!

Non gli diedi il tempo di rispondere, che lo anticipai - Se dovesse esserci uno scontro, tra noi e quei vampiri... Okay, in teoria, siamo ancora vincolati dagli Accordi, ma loro non sanno che siamo ancora vivi - dopodiché, gli domandai - Abbiamo le armi giuste per ucciderli, vero? Chiedo, giusto per essere pronti ad ogni evenienza -.

Iniziò a sfregare i palmi delle sue mani contro le mie braccia e poi, con più calma, mi disse nel tentativo di rassicurarmi - Qui nessuno uccide nessuno, okay? Non ce n'è alcun motivo, per ora -.

Annuii, trovandomi ad essere d'accordo con lui. Effettivamente aveva ragione.

Non sapevo perché ero andata così in apprensione. Forse perché ci trovavamo io e Stephan, da soli, per la prima volta, a dover risolvere una questione senza l'aiuto di nessuno. Era una grande responsabilità. Nessuno aveva detto che sarebbe stato facile eseguire il compito che il Conclave ci aveva assegnato, ma essere addestrati ad Idris in un luogo sicuro, quasi senza pericoli, per poi essere catapultati da un giorno all'altro nel mondo vero, con tutti i rischi che ne conseguono, era comunque un bel fardello. Possibile che me ne stessi rendendo conto solo in quel momento?

Ad un certo punto, Ste interruppe i miei pensieri - Hai visto di che colore sono i loro occhi? -.

- Sì, sono dorati - farfugliai mentre mi attirava al suo petto, per stringermi tra le sue braccia, ricordandomi improvvisamente l'ora di biologia.

In memoria di quello sguardo, un brivido di freddo mi percorse la schiena.

- E ti ricordi, ad Alicante, nella biblioteca, che cosa avevamo letto a riguardo sui vampiri? - domandò, riflettendo anche lui sulla stessa domanda che mi aveva posto.

Sciolsi l'abbraccio per guardarlo meglio in volto, non riuscendo a capire dove volesse realmente andare a parare.

- Abbiamo letto e studiato tante cose sui vampiri - gli ricordai, cercando di seguirlo passo dopo passo nel suo ragionamento.

- Sì, ma ti ricordi il capitolo che parlava del colore degli occhi? - .

Certo che me lo ricordavo, alla perfezione. Avevo una memoria formidabile per quanto riguardava lo studio. Una volta che immagazzinavo per bene un'informazione nel mio cervello, non la dimenticavo più. I miei fratelli mi invidiavano per questa mia dote, soprattutto quando eravamo più piccoli, perché ero sempre quella che finiva di studiare prima degli altri per avere il privilegio di iniziare gli allenamenti di combattimento con papà Jonathan.

- Diventano neri quando sono affamati e rossi quando si sono appena nutriti - dissi ad alta voce, sintetizzando la pagina del libro che ne parlava, capendo finalmente che cosa intendesse dire.

- Sono rossi quando si nutrono di sangue umano! - continuai, rivelando ad entrambi che c'era effettivamente qualcosa che non quadrava tra la realtà dei fatti e ciò che il libro scriveva.

Possibile che l'autore si fosse sbagliato? Lo dubitavo, ma avendo sempre vissuto ad Idris, non avevamo altri metodi di paragone con altri vampiri. Non potevamo sapere se questa fosse una peculiarità che riguardava solo i Cullen oppure era una specie di mutazione genetica che aveva colpito tutti o alcuni vampiri. Quest'ultima ipotesi mi sembrava altamente improbabile, anche se non totalmente impossibile.

- Di conseguenza -, concluse Stephan per me - i Cullen non si nutrono di sangue umano -.

Annuii, convinta anche io di quest'ultima possibilità. Questo spiegherebbe perché cinque di loro si aggiravano per i corridoi della Forks High School totalmente indisturbati.

- Se non si nutrono di sangue umano, allora di che cosa si cibano secondo te? -.

- Non ne ho idea, vuoi andare a chiederglielo? - scherzò, passandomi un braccio intorno alle spalle per poi spingermi a camminare nella direzione opposta a quella che avevamo intrapreso in precedenza, diretti verso la scuola.

Decisamente più tranquilla grazie a Stephan, scoppiai a ridere - No, non mi sembra proprio il caso -.

__

Il resto della giornata passò abbastanza tranquillamente, nonostante in mensa i Cullen ci avessero riservato qualche occhiata. Anche se, notando bene, al loro tavolo mancava un fratello all'appello: il vampiro che aveva frequentato la lezione di biologia con me quella stessa mattina.

Continuare a rimuginare su di loro non faceva altro che alimentare il mio mal di testa così, appena finito di pranzare, decisi di accantonare quel pensiero e concentrarmi sulla lezione di trigonometria che avrei avuto quel pomeriggio. Dire che non ci capii nulla era niente in confronto a quanto effettivamente il mio cervello si rifiutasse di apprendere ciò che era strettamente collegato a numeri e calcoli. Pensai che questa materia mi avrebbe dato filo da torcere, senza alcun dubbio.

Una volta concluse quelle due interminabili ore, finalmente la campanella che segnava il termine delle lezioni suonò e, con il pensiero che da lì a poco avrei rincontrato Stephan, mi sentii automaticamente più sollevata.

Uscii dalla classe e mi incamminai verso la nostra moto. In lontananza, potei notare che mio fratello si trovava già lì, seduto in sella, mentre sosteneva con entrambe le mani i nostri caschi. Non mi aveva ancora vista da quanto era perso nei suoi pensieri e, tantomeno, si accorse di tutti gli sguardi che le ragazze nei dintorni gli lanciavano.

Aumentai il passo nella sua direzione, quando ad un certo, sentii una mano racchiudersi delicatamente intorno al mio braccio, facendomi voltare.

Mi ritrovai davanti Angela, con lo sguardo intimorito e le gote più arrossate del solito. Pensai che le fosse successo nuovamente qualcosa e che fosse venuta a chiamarmi per aiutarla, ma quando mi parlò per la prima volta in quei due giorni, restai sorpresa di quello che mi disse. Non me lo aspettavo proprio, anzi, non mi aspettavo proprio che mi parlasse in generale, considerata la sua timidezza. Anche se più che timidezza, a pensarci bene, sembrava paura.

- Grazie - sussurrò.

Non aggiunse altro. Mi fece un sorriso piccolo, ma sincero, dopodiché mi voltò le spalle e si allontanò verso il suo autobus.

Una sensazione di gratificazione si espanse nel mio petto, facendomi automaticamente sorridere. Anche se non avrebbe dovuto farmi piacere, il gesto di ringraziarmi mi aveva leggermente sciolta. Dovevo ammetterlo, almeno a me stessa.

Sperai con tutta me stessa che nessuno mi stesse osservando in quel momento, ma quando alzai lo sguardo per verificare che effettivamente fosse così, i miei occhi caddero su Emmett che a quanto pare mi stava già osservando da un po'. Non fece cadere lo sguardo nemmeno per un istante e non sapevo come interpretarlo. Era serio, come se mi stesse analizzando, però i suoi occhi non sembravano cattivi. Erano solo troppo curiosi, troppo curiosi di sapere ciò che eravamo, potevo facilmente intuirlo.

Gli lanciai un'occhiata gelida e gli regalai un dito medio, al quale rispose con un sorriso palesemente divertito. Già stanca di quella interazione totalmente inutile, mi girai per raggiungere mio fratello che, da come mi stava guardando, sembrava aver assistito a tutta la scena.

Appena gli fui davanti, senza dire niente, mi passò il mio casco. Lo indossammo contemporaneamente e poi salii sulla moto, allacciando le braccia intorno alla vita di Stephan.

Mise in moto, ma prima di partire, mi disse - Devi stargli molto simpatica -.

Naturalmente, il suo commento era riferito a Emmett e a quello che era successo poco più di un minuto prima.

Alzai gli occhi al cielo e lo ammonii dandogli una pacca, per niente leggera sul fianco - Chiudi il becco -.

Finalmente partì, lasciandoci alle spalle la Forks High School.

Il viaggio di ritorno verso casa fu veloce e tranquillo: dopo meno di mezz'ora Stephan stava già parcheggiando la moto in garage. Scesi dalla sella e aspettai che finisse di sistemare i caschi al loro posto prima di rientrare.

Quando finì, mi voltai verso la porta che conduceva in salotto, ma mi prese alla sprovvista afferrandomi per il braccio e tirandomi verso di sé.

- Che c'è? - domandai confusa.

L'espressione di Stephan era preoccupata - Devo chiederti un favore...-.

Restai in attesa che continuasse a parlare per qualche minuto. Quando intuii che forse gli serviva un certo incoraggiamento, parlai - Dimmi pure -.

- Potresti... - iniziò titubante, mordendosi il labbro per l'agitazione - Potresti non dire niente agli altri di quello che ho fatto oggi? -.

Ci misi qualche secondo per capire a che cosa si stesse riferendo esattamente. Quando finalmente ci arrivai, non potei fare a meno di sorridere: aveva paura che potessi rivelare al resto dei nostri famigliari che quel giorno aveva conversato amichevolmente con dei mondani e avesse intrapreso un rapporto, molto vicino all'amicizia, con un vampiro.

- Dov'è finita tutta la strafottenza che avevi stamattina? -.

Quel giorno non era stato poi così tanto strafottente, ma la tentazione di punzecchiarlo era talmente grande da non resistere. Volevo farlo penare un po', volevo fargli credere di avere io il coltello dalla parte del manico.

Ma un sorrisino divertito si espanse sulle sue labbra, facendomi intendere che la mia domanda non aveva ottenuto l'effetto desiderato - Per caso, ti devo ricordare che cosa hai fatto tu ieri in mensa? -.

Immediatamente mi ammutolii. Cavolo, eravamo sulla stessa barca e, considerando che entrambi avevamo sbagliato, non potevo avere alcuna sorta di potere su di lui. Peccato.

- È pericoloso, Stephan - dissi, non del tutto convinta che fosse la scelta giusta - Non è un gioco -.

Iniziai a massaggiarmi le mani nervosamente. C'era un motivo ben preciso se il Conclave ci aveva impartito regole e limiti da rispettare rigorosamente. Il motivo principale era garantire la nostra sicurezza e quella della nostra specie. Ci era stato assegnato un compito non da poco e non potevamo permettere che andasse tutto all'aria per colpa di qualche mondano o nascosto, anche perché la nostra missione era rivolta anche a salvaguardare le loro vite, non solo le nostre.

- Lo so, hai ragione. Ti prometto che sarò responsabile, ma appoggiami - mi supplicò, scatenando il potere che i suoi occhi azzurri esercitavano su di me - Ti prego -.

Capivo perché ci tenesse così tanto ad avere più libertà e a godersi tutto ciò che l'esperienza di andare a scuola potesse darci, incluso farsi delle amicizie. Eravamo finalmente nel mondo vero e, nonostante la nostra realtà comprendesse demoni pericolosi e puzzolenti, essere qui era elettrizzante e spaventoso allo stesso tempo. Avevamo l'occasione di vivere una vita normale per qualche ora al giorno, per poi tornare ad essere dei comuni Cacciatori in "missione".

Era mio fratello, mi era sempre stato vicino e gli volevo un bene dell'anima. Ma se lo avessi appoggiato, avremmo tutti rischiato molto. Se, per pura sfortuna, qualcosa fosse andato storto, ci sarebbe andata di mezzo tutta la nostra famiglia.

D'altra parte, per quanto noi tutti amassimo Idris, viverci senza mai avere l'occasione di esplorare nient'altro, ti faceva sentire inevitabilmente prigioniero. Molte volte avevamo immaginato, la notte, al posto di dormire, insieme agli altri nostri fratelli, come sarebbe stato il mondo là fuori. Ipotizzavamo e raffiguravamo mentalmente grandi e piccole città, con i loro cittadini, i caratteri delle persone, il loro modo di vestire...

Ora che potevamo smettere di immaginare e vivere tutto questo per davvero, creava quasi dipendenza.

Notando la mia indecisione, Stephan mi abbracciò con l'intenzione di farmi cedere con il solletico. Sapeva quanto ne soffrissi, così non potei fare a meno di cominciare a dimenarmi e ridere nello stesso momento quando le sue dita mi sfiorarono i fianchi. Sentendo la mia risata, anche lui iniziò a sghignazzare.

Improvvisamente, sentimmo sbattere una porta. Presi alla sprovvista sobbalzammo e, senza accorgercene, ci separammo. Sebastian aveva appena fatto il suo ingresso in garage e non sembrava avere un'aria contenta.

- Che cosa sta succedendo qui? - indagò, con il tipico tono di voce scontroso che lo sentivo utilizzare nel momento in cui mi vedeva ridere e scherzare con un qualcuno che non fosse lui.

Corrugai le sopracciglia, mettendomi sulla difensiva - Niente -.

Mi squadrò per qualche secondo, prima di passare ad incenerire Stephan, che abbassò lo sguardo sulle sue scarpe. Ste si sentiva sempre molto a disagio in presenza di Seb, e come dargli torno onestamente? Ogni scusa, soprattutto se riguardava me, era buona per litigare.

- Bene - concluse, capendo perfettamente che quella che gli avevo detto era una balla - Bella, ti aspetto in palestra per l'allenamento - ordinò con un tono che non ammetteva repliche, per poi andarsene, ma non senza riservarci un'altra occhiata, naturalmente.

Possibile che fosse davvero così infastidito dal rapporto che legava me e Stephan?

Il biondo, che sembrava aver ritrovato il buonumore non appena Sebastian se ne andò, attirò la nuovamente la mia attenzione - Mi aiuterai? -.

Alzai gli occhi al cielo, nella speranza che non me lo chiedesse nuovamente.

- Sì, basta che non mi stressi più! - esordii.

Sorrise, attirandomi di nuovo tra le sue braccia, ma stavolta non per farmi il solletico. Mi abbracciò dolcemente e, ancora più teneramente, mi sussurrò all'orecchio - Grazie -.

Il secondo "grazie" di quella giornata. In fin dei conti, sotto questo punto di vista, il secondo giorno di scuola non era stato poi così male. Senza alcun'ombra di dubbio, batteva il precedente.

Mentre sciolsi l'abbraccio, mi ricordai che non avevamo ancora deciso come organizzarci sull'argomento "vampiri".

- Ascolta - mormorai, per essere sicura che potesse sentirmi solo lui - Cosa facciamo con i Cullen? Lo diciamo agli altri oppure ce lo teniamo per noi? -.

Ci pensò per qualche secondo prima di parlare - Secondo me, è meglio se ce lo teniamo per noi. Prima di prendere qualsiasi altra decisione più "drastica", sarebbe meglio informarsi a dovere sulle abitudini dei Cullen -.

Gli sorrisi teneramente, concordando con lui - Va bene, mi fido di te -.

- Anche io mi fido di te -.

__

[POV EMMETT]

La guardai uscire dall'aula di trigonometria. Indossava la sua solita espressione seria, nonostante i suoi tratti fossero delicati e dolci. I capelli scuri le ricadevano lungo tutta la schiena e, i suoi occhi, così scuri e profondi, erano a me talmente familiari...

Non volevo trarre conclusioni affrettate, ma d'altra parte, quanti altri cacciatori avevano gli occhi di quel particolare colore? Purtroppo, questa prova non bastava però, non per me.

Ero solo pieno di sensazioni, sensazioni che mi portavano a pensare che fosse proprio lei, il dono più prezioso che mi era stato portato via, che ero stato costretto a lasciare con la convinzione di non poterlo rivedere mai più. Era davvero riuscita a sopravvivere?

Inoltre, il nome "Isabella" era abbastanza popolare tra gli shadowhunters, quasi quanto "Jonathan", perciò non potevo affidarmi del tutto a questo particolare. Anche il cognome non corrispondeva a quello che ricordavo, nonostante Durwood non mi fosse comunque nuovo.

Diamine! Erano passati troppi anni dalla mia vita umana e i miei ricordi, purtroppo, stavano vacillando da tempo ormai. Non riuscivo a ricordare bene quel tipo di dettagli, nonostante per me fossero importanti. L'idea che i pochi ricordi della mia vita passata mi stessero abbandonando definitivamente mi terrorizzava, e non poco.

Continuai a guardarla dalla mia postazione, accanto alla mia Jeep. Avremmo usato solo quella per tornare a casa, dato che Ed aveva deciso di abbandonarci all'ultimo momento, a bordo della sua volvo grigio metallizzata, senza troppe spiegazioni.

All'improvviso, Angela Weber fermò la cacciatrice per dirle semplicemente un "grazie". Onestamente, lo trovai abbastanza strano ed inquietante, soprattutto perché non le avevo mai sentito aprir bocca prima di quel giorno. Isabella, da parte sua, rimase immobile per qualche secondo prima di lasciarsi andare in un piccolo sorriso che, ovviamente cercò di nascondere subito. Non mostrare le proprie emozioni era la regola base dei cacciatori.

Ad un certo punto, si accorse che la stavo fissando. Non distolsi appositamente lo sguardo, soprattutto perché volevo vedere la sua reazione. Naturalmente, tenendo conto dell'episodio del giorno precedente, la ragazza non mi deluse: mi lanciò un'occhiata decisamente poco gioviale, per poi regalarmi la bellezza del suo dito medio.

Mi limitai a sorridere divertito, anche se la tentazione di scoppiare a ridere era tanta. Jaz, che aveva assistito alla scena, invece non si trattenne. Rose, dal canto suo, mi incenerì con lo sguardo.

- Perché la stavi fissando? - chiese gelida, posizionandosi esattamente davanti me per far sì che la guardassi.

Se nemmeno Rosalie l'aveva riconosciuta, allora con tutta probabilità ero io che mi stavo riempiendo di idee e sogni stupidi.

- Non per i motivi che stai pensando tu in questo momento - la rassicurai con una serietà che non mi apparteneva, sorprendendola.

Decise di sorvolare la discussione, almeno per quel momento. Dopodiché, salimmo tutti in macchina: io ero al volante e Rose nel sedile del passeggero accanto a me, mentre Jaz e Alice erano seduti nei posti dietro.

Guidai a tutta velocità in direzione di casa nostra. L'unica cosa che volevo fare era prendere in mano l'album fotografico del mio passato, che si trovava in camera mia e di Rosalie, per colmare la forte nostalgia e preoccupazione che provavo in quel momento, con la consapevolezza che non se ne sarebbero mai andate del tutto.
 

#IlMioAngolo

Buonasera!

Come state? Spero bene. Ecco a voi il nono capitolo, con qualche aggiunta che la versione originale non dispone. Da qui, possiamo dire di starci addentrando finalmente nel vivo della storia.

Fatemi sapere cosa ne pensate e, se volete, lasciate qualche stellina.

Un beso <3

Zikiki98

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