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Autore: Lux in Tenebra    29/09/2018    1 recensioni
"Luce e oscurità.
In un mondo grigio, è quasi impossibile definire dove finisca l'una e inizi l'altra.
Un inteccio di anime legate da un filo rosso sangue. Il loro silenzioso patto stretto alla luce della luna e una maledizione antica che consuma tutto ciò che incontra sul suo cammino.
Le tenebre nascondono.
La luce acceca.
Non c'è una via giusta da prendere, solo tante scelte e due anime unite dal caso.
L'umanità si illude di essere arrivata in cima, ma lì, tra gli alberi più alti, nelle foreste più profonde, esistono creature molto più antiche.
Lui vive.
E ha una storia da raccontare.
Riuscirà il sentimento per la donna dagli occhi ambrati a sbocciare?
O avvizzirà sotto il peso di un passato segnato a fondo sulla pelle?"
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman, Slenderman, Splendorman, Trendorman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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6. Capitolo


"Specchio sull'acqua."

Non impiegammo molto per raggiungere la meta, solo una decina di minuti scarsi.

Si era accasata sulle sponde del grande lago, ad est della foresta, dove essa iniziava a diradarsi per mostrare sconfinati campi incolti battuti dai raggi lunari, in un luogo che a suo dire era molto ben nascosto, cosa che in un certo senso mi sarei aspettato da una strega, visto i loro precedenti storici con il resto della società.

Altri due metri più avanti e avrei potuto considerarla come un'indesiderata invasione dei miei domini: glielo concessi, in questo era stata astuta.

Ci fermammo sullo scricchiolante pontile dalle sfumature verdastre che si affacciava sull'acqua nera, producendo suoni tutt'altro che rassicuranti ad ogni nostro movimento. Sia il trascorrere del tempo che la totale mancanza di cure, avevano permesso alle muffe di rodere il legno in profondità, ma per qualche strano miracolo si teneva ancora in piedi.

Non avevo idea di quanto tempo ancora avrebbe retto.

Forse sarebbe durato un altro anno o forse sarebbe crollato l'indomani, non potevamo sapere con certezza cosa il fato avesse in serbo per quella vecchia struttura portatrice di ricordi sbiaditi.

La rossa si fermò al suo inizio, chinandosi a guardare un sasso di medie dimensioni, dalla forma piuttosto piatta, tra i tanti che formavano la ghiaia di quelle rive.

L'afferrò, spostandolo di lato, per poi rivelare un disegno di gesso nascosto parzialmente da alcuni arbusti.

Rimasi fermo ad osservare ciò che stava facendo, guardingo e decisamente stranito.

"Un cerchio bianco?" Alzai un sopracciglio, mostrando un piccolo dosso sul mio volto pallido.

Incrociò il mio sguardo, curiosamente soddisfatta dalla mia reazione. "Questa è la conferma che ho fatto bene il mio lavoro. Non poteva essere qualcosa di grande e troppo ovvio, ho anch'io le mie belle gatte da pelare e soprattutto facce che preferirei non rivedere mai, nemmeno se ne dipendesse la mia stessa vita." Sorrise, fierezza risuonava nelle sue parole, mentre con il dito si apprestò ad indicare il piccolo scarabocchio. "Questo disegno insignificante ci porterà diritti dove siamo diretti. Qualche passo più indietro per favore." Mi segnalò di allontanarmi con la mano, facendomi arretrare di un metro più in là.

Rimasi in attesa, spalle rigide e braccia conserte, nella viva speranza che non fossi stato gabbato da una strega.

Sarebbe stato perfetto per una freddura, una di quelle che Offender avrebbe ripetuto fino al mio completo esaurimento mentale. Naturalmente, il tutto si sarebbe concluso con un libro di cinquecento pagine diritto in fronte del mio cosiddetto fratello minore.

Se mi fossi trovato di pessimo umore e lui avesse esagerato troppo, avrei usato quello da mille, era deciso.

L'acqua del lago scrosciava tranquilla, accarezzandone lenta le rive, mentre il vento non fischiava quasi più, calmo come una carezza materna sul viso.

Nonostante questo però, i miei occhi incrociarono finalmente le nere nubi all'orizzonte che si camuffavano con parte del cielo notturno. Non promettevano nulla di buono.

Ero sicuro che, prima o poi, si sarebbe messo a piovere: supposi che non avessimo ancora molto tempo a disposizione.

Alzando il braccio a mezz'aria, la strega chiuse le palpebre ed inalò profondamente, proferendo parole sfuggenti come il vento che parvero avvolte da una sottile nebbia, celandone i segreti al resto del mondo, il loro significato oscuro come la più profonda delle ombre.

Non potevo conoscere la lingua a cui appartenevano, essendo gelosamente custodita da tutte coloro che, come la donna che avevo davanti, erano delle streghe.

Proprio sul limitare del porticciolo, ad un solo balzo dal lago, apparve un grosso ovale traslucido, alto quasi quanto due persone, la cui superficie ricordava quella di una perla dai riflessi arcobaleno, sottile come una pellicola in cui si rispecchiava il mondo circostante.

Si risistemò i capelli arruffati, portandoseli dietro la schiena con le mani.

"Questo è lo specchio della Dama Bianca: il portale per ciò che è nascosto alla vista, chiamato più comunemente come porta tra le realtà. Riflette tutto quello che ci sta attorno, anche ciò che non possiamo vedere, e fa da tramite per raggiungere luoghi che si vuole tenere segreti." La sua voce mi riscosse dall'incanto che mi aveva provocato quella membrana trasparente apparsa dal nulla, affascinato da una tale magia.

I suoi occhi si spostarono sulla superfice, scrutandone i riflessi con attenzione. "Siamo fortunati, non ci sta seguendo nessuno. Possiamo procedere." Tirò un sospiro di sollievo, tranquillizzata dalla notizia, quasi come se temesse di essere seguita.

Mi limitai ad accennarle con la testa di procedere prima di me.

Simulò un "ok" con le dita, rivolgendomi un occhiolino, e si addentrò velocemente al suo interno, seguita dalla mia alta figura.

Non era tanto diverso da un normale teletrasporto e, a mio parere, il viaggio era ben più tranquillo, soprattutto per la totale assenza di turbolenze che potevano portare a sintomi come nausea acuta, tremori agli arti ed eventuali giramenti di testa le prime volte.

In un battito di ciglia umane, mi ritrovai in un lungo corridoio bianco formato da un materiale che sembrava vetro, ma ben più elastico al tatto quando lo sfiorai.

Come i rami degli alberi, la strada principale si interrompeva in tante, differenti, diramazioni e cunicoli che portavano chissà dove.

Un vero e proprio labirinto.

In tutto quel candore, scorsi la figura della donna proprio qualche passo davanti a me. Si era fermata ad attendermi, con le braccia conserte, appoggiata contro una parete di quell'infinito corridoio, battendo la punta della scarpa al suolo con un ritmo del tutto casuale.

Temeva mi fossi perso?

In effetti era assai probabile.

Le vie da percorrere erano innumerevoli, se mi avesse lasciato lì da solo, senza una guida, probabilmente mi sarei ritrovato a vagare per chissà quanto tempo alla ricerca della strada giusta. In un certo senso, gliene fui grato.

Appena mi vide, il suo viso si distese, tranquillizzandosi per la mia presenza, attendendo che la raggiungessi mentre le sue braccia si rilassavano lungo il corpo.

"Pensavo che ci avrebbe messo meno tempo a portarti fin qui. Stavo iniziando a preoccuparmi." Inclinò la testa verso di me, tirando un sospiro di sollievo. Il suo sguardo si incuriosì, riflettendo su qualcosa di cui non mi fece immediatamente partecipe.

"Puoi anche non preoccupartene, l'importante è se io dovrei farlo. Devo?" Mi accigliai.

"No, per nulla. Sei molto più grande di una persona normale, quindi è naturale che ci metta il doppio del tempo per portarti qui." Portò la mano al mento per sostenerlo delicatamente, chiudendo gli occhi. "Funziona un po' come quando si scarica un file su un computer. Più grande è, più tempo ci si mette a trasferirlo."

"... che cosa è un file?" Scandii bene ogni parola mentre un tic impercettibile attraversava i miei occhi, stringendo le palpebre sigillate.

Mi doleva ammetterlo, ma c'erano molte cose che io non conoscevo ancora, tante quante le stelle nell'universo.

"E' un contenitore di informazioni in formato digitale." Rispose paziente, senza scomporsi. Era positivo che non avesse fatto commenti di nessun tipo sulla mia totale ignoranza in materia. Qualcuno in famiglia ne avrebbe riso, a crepapelle.

Io e la tecnologia eravamo acerrimi nemici.

"... digitale?" Dopotutto, l'unico modo per sconfiggere un nemico, era conoscerlo.

"Si riferisce a tutto ciò che funziona tramite l'utilizzo di numeri." Mosse le mani nell'aria per supportare il suo discorso.

"Come la matematica quindi?" Chiesi nuovamente, incoraggiato dalla totale assenza di stupide battutine e di giudizio sulla mia ignoranza.

"Beh... informatica e matematica sono strettamente legate, quindi ci è vicino. Bene!" Sorrise lei, contenta che il discorso si stesse dirigendo dalla parte giusta.

"Se continui a parlarmi in termini che non conosco però mi sento solo più confuso. Spiegati meglio. Cos'è l'informatica?" Mi accigliai, smarrito e leggermente lusingato allo stesso tempo.

"La parola stessa deriva dalla combinazione dei termini informazione e automatica, infor-matica appunto. E' la scienza che si occupa di trattare e scambiare l'informazione tramite l'utilizzo di strumenti che sono automatici, per esempio i computer o i cellulari. Tale scambio avviene tra due soggetti, la sorgente e il destinatario. Questi ruoli non sono fissi e possono scambiarsi. Per esempio, mentre una persona sente una notizia alla televisione la sorgente è la tv e lei è il destinatario. In caso questa persona andasse a riferire la notizia a qualcun altro, la sorgente diverrebbe lei. Importante è l'uso di un linguaggio comune per la distribuzione delle informazioni. E' attualmente di supporto a tutte le discipline scientifiche e non e, come tecnologia, è presente in molti strumenti di utilizzo quotidiano del mondo umano." Dalla sua espressione, dedussi che fosse piuttosto felice di poter condividere la sua conoscenza con qualcuno. Gli occhi le brillavano e la sua voce aveva assunto una tonalità ben più carica di emozioni.

"... credo di stare iniziando a capire." Era qualcosa, sempre meglio del precedente vuoto totale.

Dovevo procurarmi dei libri sull'argomento.

"E' una materia complessa. Penso che sarebbe meglio se gliela spiegassi in un momento più tranquillo, è più facile avendo degli esempi pratici davanti."

"Uhm... si, sarebbe meglio." Conclusi il discorso. Parte di me voleva sapere di più per riuscire a colmare quella mia mancanza ma, purtroppo, il mio non era solo un problema legato alla mancanza di sapere.

Percorremmo l'ultimo tratto di strada, attraversando infine un altro specchio molto simile al precedente: la curiosa immagine di una rustica casetta di campagna, appollaiata su una piccola isoletta lambita dall'acqua del lago, si muoveva nel suo centro, scossa da tante piccole onde trasparenti.

La prima cosa che sentii, appena uscito da quel passaggio, fu il pungente profumo di erba appena tagliata. Davanti a me si stendeva un prato di un verde quasi giallo, lungo qualche metro e, nonostante fosse sbiadito per l'arrivo dell'autunno, era comunque ben tenuto.

Proprio nel centro dell'isolotto, c'era la vecchia casetta che si ergeva su due piani di solida roccia, riparata da un bel tetto in legno da cui sbucavano ben due canne fumarie, una più piccola dell'altra.

Il giardino era grande tre volte la struttura principale, dividendosi a sua volta in due parti: una più piccola, recintata e con una serra dove venivano cresciute esclusivamente piante, ed una più spaziosa, ricoperta da un bel prato punteggiato da qualche rado fiorellino di campagna rinsecchito e un blando pezzo di terra rossastro con un fosso poco profondo al suo interno. Quella rientranza nel terreno non doveva essere lì da molto tempo, il suolo era stato smosso di recente.

Non potei però fare a meno di domandarmi dove conducessero le altre vie.

Aumentando il passo, la donna giunse agilmente sotto il porticato bianco illuminato dalla luce di una lampada appesa accanto all'entrata. Il suo calore intenso e i segni dell'usura mi portarono a supporre che fosse tenuta sempre accesa, almeno durante la notte.

Frugando nella stessa tasca nascosta del suo vestito, la strega tirò fuori un mazzo di chiavi con sguardo pensoso, cercando con calma quella giusta tra le tante. I monili che vi erano attaccati tintinnavano ad ogni chiave scartata, finché non trovò quella designata, apprestandosi ad aprire la porta d'ingresso.

Mi accostai lentamente, a passi silenziosi, preso ad osservare quel posto a me sconosciuto, imprimendomi nella memoria la sua mappa. Della lavanda era stata posta in una fioriera pensile lì vicino ad essiccare, il suo piacevole profumo mi accarezzò le narici.

La voce della donna mi chiamò dall'interno della sua dimora, la porta era adesso spalancata, invitandomi all'interno.

Con un tocco della mano, accese tutte le luci del piano inferiore, per poi ritornare sull'uscio, posando i piedi sul tappeto.

"Prego, può entrare adesso. Non si preoccupi, non ho intenzione di mangiarla per cena." Annunciò, lasciandomi abbastanza spazio per poter passare, rimanendo poggiata contro lo stipite dell'uscio.

Rispetto alla mansione, la sua dimora era molto più bassa e ristretta nelle dimensioni, dovetti chinarmi per entrare senza sbattere la testa, ma almeno all'interno il soffitto era abbastanza alto da permettermi di non stare gobbo per tutto il tempo, deambulando regolarmente.

Nonostante questo i lampadari rimanevano un pericolo, ma ero sicuro che li avrei evitati senza difficoltà, a differenza della terrificante quantità di scatole e oggetti di tutte le dimensioni ancora impacchettati che c'erano sparsi in giro.

Alla faccia del poco disordine!

Rimasi fermo sul posto, non sapendo dove andare di preciso, rigido come un palo della luce.

"Perdoni questo caos che c'è per casa, volevo sistemare prima il giardino e... ho finito per fare solo quello per il resto della giornata." Chiuse piano la porta alle mie spalle, togliendosi la mantella di dosso per poi posarla sull'attaccapanni di ferro battuto accanto a lei.

"Noto..." Commentai, limitandomi a non dire altro.

"Vuole appendere la giacca?" Mi propose, accostandosi a me, rimanendo sempre ad una giusta distanza per non infastidirmi, mentre il suo profumo si confondeva con i tanti altri della casa. Sbaglio o c'era un deciso odore di focaccia al miele e tè nell'aria?

"No, preferisco tenerla, non ho intenzione di stare più del necessario." Indietreggiai di un passo per mantenere una certa distanza tra di noi. Lo spazio vitale era comunque poco, non intendevo avvicinarmi più di così a qualcuno che non conoscevo se non fosse stato necessario.

Lei si limitò a fare un cenno con la testa, segnalandomi che aveva compreso le ragioni dietro quel gesto. "Allora mi segua." Si affrettò a dire, attraversando il corridoio fino ad arrivare in salotto.

Prese a fare un po' di spazio per permettere ad entrambi di accomodarci.

Mi liberò una grossa poltrona, impilando i libri che vi erano posati sopra accanto alla finestra.

Dalla grande quantità di tomi sparsi per la stanza, dedussi che, quanto meno, non ne disprezzava la lettura. Tra di essi, ne ero sicuro, mi parve di scorgerne uno che parlava di erbe soporifere. Il che non mi rassicurò per nulla, facendomi venire brutti pensieri in mente.

Nonostante la resistenza ai veleni della mia specie, i sonniferi fanno ancora effetto sul nostro corpo, anche se con minor efficacia.

Mi fece segno di accomodarmi e, infine, liberò un posto di fronte al mio, sedendosi anche lei, entrambi separati solo da un basso tavolino di vetro.

Congiunse le mani sulle ginocchia, rivolgendomi un sorriso affabile, cosa che, in un tale contesto, era una vera e propria rarità che mai mi era capitata prima di allora.

Rimasi guardingo, rilassando le spalle, aiutato in parte dalla comodità del mobile su cui ero seduto.

"Lo so che è molto tardi, ma gradirebbe del tè?" Propose lei, il suo tono così gentile e genuino sembrava quasi vero... così tanto che-

No!

Non potevo rischiare di finire per crederle, dovevo rimanere distaccato.

"Non sono venuto qui per questo, strega, e tu lo sai bene." Ribattei, serio come la morte. "Sono qui per stringere il patto di sangue e chiudere questa faccenda in fretta. Non per prendere il tè." Incrociai le braccia, certi trucchetti non funzionavano con me.

Poteva giocare a fare la strega premurosa quanto voleva, ma finché il patto non fosse stato concluso, non avrei mai creduto che non stesse recitando. L'avrei costretta a tirare fuori la sua vera faccia se avessi dovuto.

"Giustamente. Ha ragione, non siamo qui per cianciare come delle comare di paese." Si alzò in piedi in tutta calma, estraendo un libro nero da un cartone dietro il divano, per poi posarlo nello spazio che ci separava ed inginocchiarsi sulla moquette al fine di leggerlo meglio. Sfogliandolo lesta, arrivò alla pagina desiderata, iniziando a leggere a voce alta ciò che c'era scritto.

"Allora, patti... contratto di sangue... eccolo qua!" Esclamò mentre il suo dito scorreva su quelle parole antiche ingiallite dal tempo. Mi descrisse tutti i passaggi attentamente, senza tralasciare nemmeno un piccolo dettaglio.

Concordammo che fosse meglio stilare un testo scritto del nostro accordo prima di iniziare il rituale.

Rimasi sorpreso dalla velocità con cui riuscimmo a metterci d'accordo su cosa scrivere.

Lei si adattò abbastanza bene alle mie richieste, senza mai accampare pretese impossibili. Fu piuttosto ragionevole.

Passai il foglio tra le sue dita, lasciandoglielo leggere per un'ultima volta.

Non era necessario riportare tutto su carta ma, essendo piuttosto pignolo, preferivo avere una prova tangibile di ciò che sarebbe accaduto.

Il contenuto di tale accordo era piuttosto semplice: lei mi offriva il suo aiuto e la sua protezione in cambio del mio finché il pericolo derivante da quell'altare non fosse stato eliminato definitivamente.

Uno scambio equo, semplice, che ci avrebbe legati finché la foresta non fosse stata al sicuro da ciò che la minacciava o, almeno, così pensavo allora.

Realizzare un trattato molto più complesso, concordammo entrambi, non sarebbe stato utile per nessuno dei due. Lo firmammo entrambi. La sua firma era identica a quella della lettera, mentre la mia aveva il tratto leggermente tremolante a causa della penna troppo piccola per le mie lunghe dita.

Portai la mano al mento, carezzandolo con fare riflessivo. Feci per prendere il libro per poterlo osservare da vicino, ma lei lo portò verso di se prima che potessi anche solo spostarmi abbastanza per sfiorarlo, ritornando seduta al suo posto con il volume tra le dita.

Che singolare coincidenza: avevamo avuto la stessa idea nello stesso istante, fortuna che non aveva notato il mio goffo gesto.

Se lo posò in grembo, stando appoggiata contro lo schienale. Sul suo viso si dipinse un enigmatico sorriso mentre le pagine scorrevano leste e le sue labbra si inarcavano piano, sussurrando qualcosa.

Iniziò a ripetere i passaggi per memorizzarli, sfogliando ogni pagina con attenzione, per poi tirare fuori una piccola agendina rossa ed appuntarci sopra tutto ciò che le sarebbe servito, più qualche annotazione scritta con dei caratteri che non conoscevo.

Incrociai le braccia e attesi che concludesse di controllare il volume, finendo per fissare un grosso vaso che era stato riempito di asciugamani per qualche incomprensibile ragione.

Poi un peso si posò delicatamente sulle mie gambe, abbastanza da non farmi saltare dalla sedia, prendendomi però alla sprovvista e costringendomi a rivolgere lo sguardo verso di esso, mentre i miei viticci sbucarono dalla schiena, sulla difensiva, pronti ad attaccare chiunque si fosse avvicinato.

La rossa mi fissava, i suoi occhi gialli si spostarono ad osservare i viticci, per poi ritornare su di me.

Si era avvicinata senza preavviso, in silenzio.

"..." Rimasi fermo, immobile, fissandola intensamente, le palpebre ancora chiuse. Sulle mie gambe il tomo che prima stava leggendo.

Non batté ciglio.

"Ecco, ora può guardarlo anche lei se desidera. Glielo presto, ma deve restituirmelo. Io penserò a preparare tutto l'occorrente per il rituale in giardino nel frattempo. La chiamerò quando avrò finito." Si apprestò ad uscire dalla porta, come se nulla fosse successo, ma poi si bloccò. "Devo ancora mettere un sacco di oggetti fragili al sicuro, quindi la pregherei di non andare in giro a curiosare tra le mie cose." Mi vietò, girandosi a guardarmi per qualche secondo con un'espressione seria in viso. Feci un cenno di aver capito, ritirando i viticci, e uscì dalla stanza.

Per qualche tempo, il silenzio totale regnò nella stanza.

Dare una tale possibilità di propria spontanea volontà ad uno slender non era cosa da poco e soprattutto non spaventarsi ad una reazione del genere era piuttosto anormale.

"Che cosa curiosa..."

Infilai il contratto nel taschino della giacca, ripiegandolo più volte per farcelo entrare, e aprii il libro, iniziando a curiosare tra le sue pagine ingiallite, per raccogliere più informazioni possibili e capire quanto potesse essere pericolosa.

C'erano incantesimi di ogni tipo e sorta racchiusi al suo interno, tutti accumunati dall'uso dei sigilli, il che rese il titolo, "Guida alla magia dei sigilli", assai sensato.

Lo richiusi, esaminando copertina e dorso: sulla prima c'era disegnato un cerchio argentato con una stella a cinque punte rivolta verso l'alto, circondato da alcune iscrizioni che recitavano in una lingua antica, accanto ad ogni singola punta, i nomi dei vari elementi con l'aggiunta della parola "spirito", fungendo da quinto elemento. Sul dorso vi era inciso un piccolo simbolo dorato che non riuscivo ad interpretare.

Che strano, insignificante dettaglio, eppure così misterioso ai miei occhi.

Non posso negare che sentii un'insaziabile desiderio di sapere, tanto che quei concetti erano estranei e, in una certa misura, affascinanti.

Nell'esatto istante in cui riposi il libro sul tavolino, la corrente nell'intera casa saltò, lasciando l'area circostante nelle tenebre più nere.

Solo i raggi bianchi della luna facevano capolino dai vetri, unica fonte di luce in quelle tenebre a me così familiari, ma allo stesso tempo sconosciute.

Una strana sensazione gelida iniziò a risalirmi su per la schiena con una lentezza asfissiante, quasi come se qualcuno, o qualcosa, mi stesse fissando dall'oscurità.

Non mossi un singolo muscolo, in attesa che il mio osservatore si facesse avanti.

Ne ero assolutamente sicuro, quella sensazione, non era la prima volta che la provavo: una fredda paura che ti prende alla base del collo, portandoti a desiderare di essere altrove.

La sua energia era particolare, troppo ridotta per essere la stessa di quella donna, la differenza era abissare e non potevano appartenere allo stesso essere.

Spostai la testa in cerca della fonte di quegli sguardi e, ben presto, la scoprii appollaiata in cima alla libreria sul libro intitolato "Clavis Salomonis", fissandomi con i suoi occhi verde acqua che brillavano nelle tenebre.

Mi alzai in piedi di scatto.

 

   
 
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