Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: queenjane    30/09/2018    1 recensioni
Uno spin off di "Phoenix", "Once and again" et alia, ormai.. Le imprese di Catherine e Alexis Romanov al quartiere generale, la Stavka a Mogilev, durante la grande guerra, corre l'anno 1915."... Il quartiere generale.
Rumori e segretezza... E tanto lo zarevic, il diletto e viziato erede al trono dormiva, un dolce peso morto contro le mie gambe, incurante di tutto, una mano tra le mie. Rilassato, in quiete, una volta tanto, che si agitava anche nel sonno.
“ Cat”, aveva mormorato il nomignolo, Cat per Catherine... Un sospiro ... Il mio.
Che sarebbe successo? Quanto avremmo passato?
Era testardo e viziato, mi esasperava e divertiva come mai nessuno.
Un soldato in fieri.
Un monello.
Amato.
Il mio fratellino."..since he was never alone, his family was always there for him the whole time :.. you're never alone, my little Prince, my soldier, my Alexei ..Your Cat .. I love You forever, I'll lack You for always
Un portentoso WHAT IF, Alternative U.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tra le varie carte che ogni tanto giungevano, ecco che un giornale della capitale pubblicò “Una lettera aperta ad Alessandra Feodorovna”, la zarina che, ex o meno, era esecrata a prescindere. “ Tutto si è compiuto, la Russia è finalmente libera dal giogo.. “ La tirannia aveva avuto termine, che Alix per oltre un ventennio aveva tradito e venduto la Russia, nazione che l’aveva accolta a braccia aperte.  Diceva di essere stata tedesca come la grande Caterina, tranne che avevano in comune solo il luogo di nascita, la sua era una ridicola presunzione. Aveva confidato solo in Rasputin, mentore, consigliere e certo altro ancora. Solo orizzonte di Alix la sua cucina, mai era stata una vera imperatrice, aveva tradito tutti, non aveva fatto nulla, ringraziasse che non fosse stata messa al rogo o a morte in altro modo. 
Le chiacchiere, sempre, era vero che Alix, giovane imperatrice, metteva bocca sulle spese di gestione e come lamentavano gli economi non conosceva i prezzi correnti delle patate, ma non giustificava quell’attacco, il feroce odio di cui era vittima. 
“IO SONO UN CAPRO ESPIATORIO” 
Olga la strappò dalle mani di sua madre, le labbra strette. “Sono solo bugie” le tremavano le labbra “Feccia”  Alix fece un piccolo cenno con la testa, passava le giornate sul divano,  si imbottiva di Veronal, un medicinale a base di arsenico, che usava per dormire e calmarsi, perennemente sedata per non impazzire. Ne era satura, rilevava poi, ma si teneva stordita per non esplodere in continuazione. 

L’odio e il disprezzo erano al parossismo, i Romanov, Rasputin e compagnia erano odiati, sui giornali vi erano vignette su vignette, sconce e  caricaturali della tedesca e del suo siberiano, in una lei si faceva il bagno  in una tinozza piena di sangue e diceva “Se Nicky uccidesse più rivoluzionari farei il bagno così più spesso” 
Una abitudine che si consolidò, le uscite giornaliere nel parco, come la folla sugli spalti che fischiava e rumoreggiava “Il Tiranno!” “La puttana tedesca che andava con il diavolo” “Le puttanelle che facevano le orge con i soldati.. e mandavano i dolci avvelenati ai bambini!” “Quello con la malattia inglese” “Tiranno” “Traditore” “Moccioso” il vento recava quei motteggi, il teatrino dell’insulto la nuova moda. Dicevamo, le uscite giornaliere, poi il permesso di poter coltivare un orto, per tenersi occupati. E i problemi giungevano anche qui, il portone del palazzo di Alessandro, quello principale, era sempre aperto con sommo ritardo. Alessandra usava la carrozzina, i suoi problemi di sciatica e cuore le impedivano di passeggiare con marito e figli, e le guardie brontolavano, lo ritenevano una perdita di tempo. 

La curiosità verso Alessandra toccava apici da capogiro, i soldati formavano un corteo per il giardino, “Nemka”, tedesca, puttana e traditrice le parole più gettonate, sussurrate in modo che sentisse, omaggi alla carrozzina che passava, lei ingollava, serafica solo in apparenza. Aveva preso l’abitudine di sedersi su una coperta sotto un albero, ricamando, cercando di arginare i curiosi appollaiati sui muri.  Quella volta, la sua dama di compagnia, baronessa B. si era allontanata per non so quale consegna, una delle guardie atterrò gentilmente e senza preavviso sulla sua coperta. “Ora facciamo a turno” Alessandra non protestò, per evitare che tutta la famiglia fosse fatta  rientrare, tacque e ascoltò un concione, della serie “Disprezzate il popolo, non vi piace incontrare la gente e odiate la Russia”
“Vi devo confutare” con gentilezza, ma ferma “Nei primi 10 anni di matrimonio ho avuto cinque figli, che ho seguito personalmente, in seguito la cattiva salute mi ha impedito di viaggiare” Convincente, che era verità, come la sua successiva risposta sdegnata, quando il gentile soldato (sono sarcastica) insinuò che, essendo tedesca di origine, aveva certo simpatie verso gli eserciti del Kaiser “Ero tedesca in gioventù, ma ho sposato un russo, i miei figli sono russi, mi sento russa” intanto la baronessa B. aveva chiamato un ufficiale, la guardia si alzò, fece un piccolo cenno del capo e le strinse la mano, “Sapete, avevo una diversa idea di voi, mi sono sbagliato” e si comportò da allora in avanti in maniera cortese, una goccia, occasionale, come le lettere di conforto, la maggior parte erano un peana di odio e vituperio. 
E il 25 aprile 1917 portò una ingombrante e splendida sorpresa. Ero andata in biblioteca, con la scusa di vedere un certo libro, in verità volevo stare dieci minuti da sola, mi era venuto in mente di insegnare qualcosa di latino ad Alessio e alle due più piccole, che a breve avrebbero ripreso le lezioni, guariti, passare le ore dentro il palazzo senza alcun programma era un tedio.  Il tempo all’aperto era sempre troppo breve e la folla che rumoreggiava insulti fuori dai mura di cinta mi indisponeva, avessi avuto un fucile avrei sparato qualche colpo in aria per disperderli. Come allo zoo e le bestie erano umani, ovvero la famiglia del colonnello Romanov e il loro entourage. Tiranno lui, sgualdrina lei, le granduchesse delle lussuriose, Alessio un “moccioso” Per inciso, era tornato di nuovo Kerenskij, il Dr Botkin avrebbe chiesto, stante le condizioni di salute dei ragazzi, il permesso di andare a Livadia, magari, sarebbe stato bello e tanto non sarebbe andato a buon fine, non era possibile al momento. Inoltre, non vi era ancora alcuna notizia sulla partenza per l’Inghilterra, il che denotava che avesse scarso ascendente, Kerenskij ed il malefico governo provvisorio. Per la cinquantesima volta nella giornata pensai ad Andres.
Una piccola fitta alla schiena mi ammonì a non sforzarmi mentre mi tiravo sulla punta dei piedi per prendere il volume, sentii la porta aprirsi e non mi girai, certo era una delle guardie. 
Silenzio e un sospiro, quindi sentii che la persona si avvicinava. 
Una allucinazione dei sensi, udito e olfatto, quel modo di muoversi, quel profumo, a furia di desiderarlo ero ammattita. 
“CATHERINE..”
“ANDRES “
E il tempo si fermò.
Ci guardammo. 
E il tempo si fermò.
Gli sfiorai il viso con la mano “Andres, AMORE..” 
Era tornato, il mio incubo nel breve periodo era finito
..quando sono entrato nella stanza di Mamma, ho notato che sorrideva, la prima volta in quel lungo mese, come le mie sorelle. “Abbiamo una sorpresa.. Alexei. Una cosa bella. “ ”Sarebbe..” Non una nuova umiliazione? Una nuova maniera di comportarci? Un regalo che le guardie non abbiano rovistato con le sudice mani, aprono i vasetti di yogurt, riducono in scaglie la cioccolata e.. Nessuna lettera, i giornali raccontano che mia madre è una sgualdrina, mio padre un tiranno, alcune guardie sostengono che le mie sorelle sono delle meretrici e il mio marinaio Nagorny a stento mi trattiene, la rabbia come un demone..“Un armadio vivente dotato  di strepitoso appetito .. Ti  suona famigliare? “la voce di Catherine, divertita. Anche lei, era un soldato, una guerriera, la mia mamma elettiva che mi dice, è per te, non rispondere alle provocazioni dei pezzenti, Alessio, ho fiducia in te, sei e rimani un principe. E mi ha fatto cavalcare e sparare, prima, un duro scambio, io ero felice, lei in pensiero, che la mia malattia è imprevedibile, basta una piccola abrasione e rischio di morire per una emorragia, e tanto non mi faceva sempre stare a letto, fosse successo qualcosa ne valeva la pena, per una volta facevo come tutti, come un ragazzo normale “ANDRES..!!”  “Salve, Alexei Nicolaevich.. “
.. gli ho dato la mano, ricordandomi che ero grande “Che ne dite.. c’è posto per un’altra persona..?” Poi ho capito e mi sono tolto un peso “Rimanete..?” “Sì..” e mi sono buttato addosso ad Andres, al diavolo ogni compostezza “Sei dimagrito..”mi aveva stretto per un momento, sorridendo “E Catherine ingrassata, quindi compensiamo”,”Aleksey Nicolaevich”e ridemmo della mia uscita.
“Bravissimi” Marie ballò due passi di danza con Andres, resistendo stoico ai pestoni, una bella coppia, osservò Cat. Che fremeva per restare sola con suo marito e tanto rimasero a cena, quel giorno Kerensky aveva stabilito che le indagini erano finite, mia madre non era una spia tedesca che aveva tradito la Russia, brindammo, anche io, un goccetto di vino. Papa lesse qualcosa, a voce alta, alle nove andai a  letto “Notte, Cat”contro la sua spalla rivestita di seta “Visto..” “Sì..ti posso dare un bacio” “E mi racconti del cavaliere..” Quella sera ho sognato di essere a cavallo e galoppare tra le montagne, ero ancora lo zarevic e tutti mi obbedivano. Ed ero scattante, elastico, sano, in una parola, come tutti, il mio corpo non era stato scalfito e segnato dalla malattia, MAI. E la mattina ero da solo, fuori le guardie che brontolavano, era iniziato il nuovo giorno di prigionia. Ho abdicato per te e me per non farti riscontare i miei errori, ha detto Papa, io ho replicato che li stavamo scontando tutti ora, me compreso. Il ministro della giustizia, kerensky, mica ha risposto alla mia domanda se era legale che avesse abdicato pure per me. Perché non è legale, come non è legale che Andres abbia passato un mese in galera, lui una spia? Figuriamoci. Come dire che Cat non mi vuole bene, mi adora, a prescindere.. E non mi tratta da malato o bimbo piccolo, quello che ho sempre voluto.

“ E tu cosa mi insegni?” Aleksey strinse il gomito di Andres, un attimo veloce, il principe Fuentes restò basito e commosso, lo zarevic cercava la sua COMPAGNIA, al solito e nonostante tutto “Geografia, europea, se volete” “Sei ferrato, no, magari sai il nome di quasi ogni torrente, dai Pirenei alle Alpi e via così” “Certo “ senza falsa modestia, o almeno non troppa “Mi mancano i tutori..Papa e mia madre” Andres annotò che secondo uso, se non era presente,  chiamava Alessandra Feodorvona madre, Mamma era epiteto che riservava solo a Catherine, Olga e Tata, le sue vere mamme, che lo curavano e giocavano tutto il tempo con lui, mentre Alessandra, appunto, già zarina di tutte le Russie pregava e piangeva, e via così, perdendo ben poco tempo nelle attività pratiche e giornaliere di suo figlio, urlando che tutto doveva essere come au fait. Un affetto senza misura, che gelava suo figlio, che a sua volta l’amava e teneva la distanza  Alessio si sentiva più a suo agio con Catherine, Olga o Tata,appunto,  adorava suo padre.. Con Alix era sempre cauto, circospetto, sapeva che era la sua ragione di vita. E non si abbandonava a quel suo affetto goloso e ingordo. Una madre come una guida ed un faro, peccato che lui volesse, come tutti i bambini una MAMMA che giocava con lui, gli raccontava le cose e.. non stesse tutto il tempo con un santone e una devota amica. Tranne che quando aveva sentito gli insulti era andato fuori controllo. L'affetto esclusivo di Alix, oltre a scatenare la gelosia delle sue sorelle, le dicerie e via così,  aveva avuto l'effetto di allontanare Alessio, in una data misura, senza rimedio.
“Sì, che hanno detto? La nuova moda sarà per caso trovare insegnanti in chi non lo fa di professione” affondò la zappa nel terreno, un netto e fluido movimento, ora potevano  coltivare un angolo del grande parco di Alessandro come un orto, o far crescere le rose “Con Gilliard .. sai ci insegna il francese, lui che è svizzero, va bene,  comunque hanno fatto il punto della situazione, mio padre mi insegnerà storia e geografia, mia madre religione, la Buxhoeveden inglese, aritmetica la Schneider e Russo il Dr Botkin, Gibbes l’inglese” saltellava sulle gambe, si fermò un momento “  Catalina Fuentes espagnol y latin” Aleksey cacciò una smorfia, quindi sorrise, la consegna era parlare in russo e Andres la evadeva con nonchalance  “Traducete, intanto” “Catherine Fuentes spagnolo e latino e .. varie altre,”una piccola chiosa “A voi e alle vostre sorelle più piccole”  “I miti, Iliade, Odissea ed Eneide, non mi annoio, sai” “Buon per noi e in caso lo direste senza indugio“ “Perché mi dai del Voi, comunque” “Per rispetto, no?”  “E io ti do del tu..” “Come credete più opportuno” E si inchinava, un cenno leggero della testa, una deferenza e un rispetto che non erano mai venuti meno, oltre che forma era sostanza. “Comunque Andres non vi è nulla di male a imparare, anche da chi non fa l’insegnante per professione” lo rintuzzò. “Eccomi..EccoVi”

Ti voglio bene Alessio, anche quando scocci a giornate e ore intere, peggio di tua sorella.. e tanto da qualcuno hai preso.

..dall’Inghilterra, dopo l’iniziale offerta di ospitalità, non era pervenuto più nulla, tutto pareva fermo e sospeso, mentre quel mese di maggio declinava. Le lezioni, l’orto, le passeggiate, le letture la sera ad alta voce, cercando di ignorare angherie e umiliazioni, le rare messe.

“Maestà, per voi” chinai la testa e le porsi un ramo di lillà dalle bianche sfumature, con delle piccole rose raccolte a caso “Catherine” una pausa “Principessa Fuentes, grazie” mi  sfiorò il polso, le lacrime le scorrevano sul viso, era il Veronal, pensai, a base di arsenico, che la rendeva così emotiva, erano passati troppi affanni e secoli da quando mi voleva bene, una semplice bambina che cresceva e la adorava

"Tu?" una sola sillaba di disprezzo. La  zarina mi scrutava più inquisitoria del solito,appurando che ero cresciuta e la somiglianza con mia madre, a quando era una ragazza come me.
Le evidenze sempre più suntuose e marcate, i capelli castani che nel sole vibravano di ramati riflessi, ero  alta e snella, senza goffaggini apparenti.
La copia della giovane principessa Ella, che, in segreto, aveva conquistato principi e granduchi, che l’allora zarevic Nicola l’avrebbe voluta sposare, essendosene innamorato, tranne che non era possibile,che le regole dinastiche erano precise.. Uno zar, un erede al trono dovevano sposare una straniera, per evitare conflitti e diatribe nel Paese.. E mia madre Ella, secondo i pettegoli, lo aveva ricambiato, tranne che si era sposata presto e male, nel 1890 con Pietr Raulov. Tranne che Nicola II aveva voluto che io e le sue figlie fossimo amiche, festeggiando la gioiosa congiuntura che io e Olga eravamo nate nello stesso anno. Lui stesso, come mio zio Sasha e Pietr Raulov, erano cresciuti insieme, amici, compagni d’armi e avventure. E mia madre Ella era tra le dame preferite dell’arcinemica di Alix, ovvero la zarina vedova. Non poteva farla riscontare ad Ella, aguzzò le armi contro di me, inventando un plausibile pretesto.
Si convinse, infatti, che fossi io a istigare Olga ed essere intrigante e malevola, a discutere di Rasputin, nessuno doveva creare attriti o ingerenze tra lei e il sant’uomo giunto dalla Siberia, nemmeno l’amica di sua figlia.
Fu un esilio, una dura stagione, la nostalgia così forte da chiudermi la bocca dello stomaco.  Poi passata ed era stato uno stillicidio, il primo atto, ora..
“Scusatemi, so che amate i fiori e..” nessuno glieli portava più, mi ero premurata in buona fede, credo, una sfida alle meschinerie del governo provvisorio, su “inutili lussi” Mi sorrise, appoggiai la fronte sulle sue ginocchia, mi sfiorò i capelli “Grazie per tutto”, un lieve sussurro. “Mi spiace, ho sbagliato..” nessun rilievo, forse pensava alla lunga guerra che la aveva opposta a mia madre Ella, a sua suocera, al mondo intero, alla ragazzina rompiscatole che ero stata, sempre nel mezzo, prediletta da suo figlio e Olga, portata in palmo di mano dalle altre granduchesse, vituperata dalla Vyribova .. Non lo sapevo,  era una tregua reciproca.. I bambini non hanno colpa Alessio, non scelgono di nascere da una nubile o una sposata, tranne che io ero la bastarda dello zar, che amava i suoi fratelli fino allo sfinimento, eravamo insieme, mi imponevo di non contare solo su quello

Le serrai una mano, forse ero meno cattiva di quanto pensassi, chissà che avrei combinato io a parti invertite, a gestire una situazione difficile, sul filo del rasoio, con il senno del dopo siamo tutti bravi “ Scusatemi..” “Catherine, sei sempre nel mezzo da quando sei piccola.” Zittì la mia replica, le dita sulle mie labbra “Dammi del tu, “ un momento di silenzio “ E bada ad Alessio, lui ti vuole bene sul serio” uno strazio reciproco “Lui è il tuo bambino” insomma, me lo volevano appioppare tutti.LO SAPEVO CHE ERA IL MIO BAMBINO.“E..” “Lasciami sola, grazie..” Mi inchinai e lasciai la stanza, la sua mauve room, il suo rifugio contro il mondo, mondo che aveva abbattuto ogni barriera.  Era invecchiata, giorno per giorno, una icona della tragedia, le ciocche sempre più grigie, magra e le rughe marcate, pareva più vecchia dello zar, anche se aveva quattro anni meno di lui..
 
“Come è stato?” Aleksey  gli servì la  domanda mentre controllava un esercizio di inglese, nessuno li sentiva  “Lunga, lunghissima  ..”rispose Andres cauto, gli occhi verdi socchiusi “Che ti hanno fatto?” riferendosi al mese di soggiorno in galera, mio marito valutò l’opzione più congrua, nessuna bugia e nemmeno voleva agitarlo “.. principalmente mi provocavano” lo avevano definito un traditore, un figlio di puttana e un cornuto, sputato nei piatti dove mangiava e tanto .. Non aveva reagito. “Confessa e te la cavi” “Non ho nulla da confessare..” la replica. Minacce e blandizie, si era finto idiota .. “Le spie sono punite con la morte” “Ma non hanno abolito la pena capitale..di recente, che ho perso” “Potresti testimoniare che lo zar è un traditore..” 
Tornò ad Alessio “Non rispondevo, cercavo di passarci sopra”
“Ah.. “
“Pensavo a qualcosa di divertente. A una calamità naturale”
“Bella definizione per Catherine”  (ALESSIOO!!)
“E chi dice che era lei..?” sardonico.
“Andres, chi era?” un sorriso “Io no davvero..” una pausa “Giusto?”
“Negli anni recenti sono stato a pesca, con quella persona..”
Si riferiva a lui, decodificò lo zarevic, ridacchiando, in effetti si erano divertiti e lo aveva fatto diventare verde, tra domande e chiacchiere, cacciandolo in imbarazzo, impresa epica che era riuscita a ben pochi “Che comunque sa sempre il fatto suo, intelligente, spiritoso, con una parlantina infinita” Alessio arrossì “E tornando al discorso di prima, se rispondevo alle provocazioni avrei fatto il loro gioco e non mi conveniva. Non che fosse facile, bada, cercavo di estraniarmi, tra virgolette, alla fine l’ho spuntata.. Non solo per merito mio”
“Ci hanno messo le zampe i tuoi fratelli e Cat”un cenno di assenso. Alessio non lo fregavi, poteva fingersi ingenuo e non lo era.  
“E anche tu, sapevo che era in buone mani, mia moglie, che avevi cura di lei”
“Si e no, alcune volte l’ho trattata male” chinò la testa, mortificato, Andres bandì l’etichetta e lo toccò, sulla spalla “Era in ottime mani, sempre, grazie”
“Prego, tornando al compito, vi sono errori?”
“No, bravo Aleksej”
Erano nella stanza degli studi di Alessio, la sua classe, sulla poltrona d’angolo la zarina sferruzzava, ascoltava lì le sue lezioni come lo zar. Osservando lo spagnolo e suo figlio alle scrivanie, sopra di loro mappe geografiche, sulla Russia e l’Europa continentale. Per non tacere delle teche che contenevano le collezioni di insetti, farfalle e uccellini, per le lezioni di scienze, tutte curiosità per mantenere viva l’attenzione di Alksey, che si annoiava spesso e facilmente, un poco come Catherine, prima che sua madre sostituisse il tradizionale percorso di studi (ricamo, economia domestica e via così) con sessioni impegnative di lingue, letteratura e storia dell’arte straniere.. E storia.. Come con Alessio, se lo interessavi si divertiva e ti faceva divertire a tua volta nello spiegare e imparare.
“Nessun errore, sicuro”
“Sicuro”e non discutevano della lezione, quanto della sostanza.
“E se uno sbaglia?”
“Si corregge”
“Tu hai mai sbagliato?”
“Spesso .. e ho cercato di imparare”
“Sarai un bravo PAPA’, fidati”
Aleksey voleva bene ad Andres, in un dato senso era il suo eroe, un campione da cui trarre esempio, parlavano ben poco di sentimenti, ma si apprezzavano, il cameratismo maschile, credo.
Preferiva l’eroe irruento, il picador alla serena abnegazione dello zar, era meno umiliante, per lui.  E Andres non era pirite, il luccicante ed apparente oro degli stolti, era forma E sostanza.

I partiti estremisti domandavano intanto che Francia e Inghilterra dovevano proseguire da soli la guerra, che la Russia di doveva ritirare, per lo zar uno strazio, il governo provvisorio avrebbe resistito?
Allora i bolscevichi erano ben pochi, una sparuta legione che proclamava “Pane, terra e libertà”, con agguerriti agenti.. sarebbero saliti al governo, un “rimpasto” e non si sarebbero fermati nella loro scalata al potere.

“Marmellata di mirtilli, cioccolato, patatine fritte e torta di mele, e una insalata, pane fresco”
Enunciò Alessio, a casaccio, la mano sul mio gomito, facendo strada a me e al mio pancione, dietro Olga, Tata, Marie e Anastasia, cenavamo tra noi, nella stanza da pranzo delle ragazze, con il tavolo rotondo, le sedie di betulla, il cordino per chiamare i domestici era in disuso, come il bianco piano verticale non era stato più toccato. Mangiammo in fretta, al diavolo le guardie e le preoccupazioni, una serata dolce e amara, come quando ero una bambina, scrutando le nuvole e aspettavo un principe.
Uno mi atterrò sulle ginocchia  e sussultai, sospesa dalle mie fantasticherie “ Che c’è. Aleksey? “ “Nulla, stai bene?” “Certo, ce la caviamo” lo raccolsi per un momento, un bacio a caso.
Dai quaderni di Olga alla principessa Catherine “ ..Alessio ti si era attaccato a dismisura, in quelle infinite settimane, e viceversa. E da prima, alla Stavka, stare con te era probabilmente i tre quarti della gioia e del divertimento. Un nuovo esperimento, ti era stato affezionatissimo fin da piccolo, poi ti eri sposata ed eri andata via, da giugno 1913 ricomparisti qualche giorno in agosto, rientrando l’anno dopo per un paio di mesi. Sentì la tua mancanza, più cresceva e più ti si affezionava, sapessi quante volte si è svegliato, chiedendo di te, rimanendo deluso, perché non c’eri, ti inventavi una nuova vita a Parigi, giusto, ma gli mancavi e mi mancavi..Scoppiò la guerra, rimanesti vedova e sparisti di nuovo, ti ha rivisto a rate e il 1916 al Quartiere Generale, con te, con Andres, è stato tra i periodi più belli. Adesso, in quella lunga primavera del 1917 ti rispondeva spesso male, un poco come eravamo noi alla sua età, era l’adolescenza, non la malattia, ti provocava e sfidava, cocciuto e sfibrante. E avevi la sua fiducia, ti diceva se gli faceva male il braccio o la testa, lo confortavi, poche e secche battute, lo spronavi a reagire.. Senza compatirlo o trattarlo da malato, hai sempre cercato di farlo, sorvoliamo che lo hai viziato in maniera esponenziale. Logico che ti “preferisse”, e tu gli eri attaccatissima a tua volta, guai a chi te lo toccava. E ora.. Cat, da quanto è magro pare fatto di seta e cera, così pallido da essere trasparente, l’unica cosa di vivo sono gli occhi, brillanti e curiosi, a ogni rumore si tende, spera di vederti, anche se la ragione dice che non ci vedremo mai più, lo abbraccio, reagisco per me e noi, l’ultimo attacco di emofilia lo ha quasi ammazzato, ha delirato per ore e ti voleva “Arriva, Aleksey.. quando potrà..” “Bugiarda, io non la vedrò mai più e nemmeno te” “ E che ne sai”.. baciando i suoi pugni chiusi, era la rabbia, la frustrazione, io come lui” e arrivai alla casa a destinazione speciale, un diavolo disperato. Non certo l’ultima volta che lo stupivo, e non era per lui, quanto per me. Tra me e Andres eravamo due matti allo sbaraglio, e Olga ha saputo, anche quando è morta, che l’ho amata fino all’ultimo, fosse servito avrei barattato la mia vita per la sua. “Stupida coraggiosa” l’amabile esordio, stringendomi così forte che mi era mancata l’aria “Come al solito, a proposito, ti voglio bene..” “Perché..” “Perché sì..” e non vi era nulla da aggiungere, su quello.
 
Intanto, i bolscevichi prendevano piede, in maggio il governo provvisorio venne “rimpastato” con l’aggiunta di alcuni membri che rappresentavano i lavoratori ed i soldati. “Pane, terra, libertà” questo lo slogan, che trovò svariati proseliti. Il capo, Lenin, era giunto in aprile su un treno tedesco e si era acquartierato nella dimora di Matilda K., un tempo suntuosa abitazione, adesso devastata dai saccheggi, Matilde K., un tempo amante dello zar e prima etoile del balletto imperiale. 
Ai primi di giugno esibivo un trionfante pancione, un profilato usbergo. E  da una settimana all’altra avevo la sensazione di lievitare, forse erano due gemelli, per quanto fossi  esile,  magra di struttura di base,  in quell’ultimo mese il ventre mi era esploso, un budino ben cotto, una pagnotta che era lievitata ai massimi  gradi. Andres mi aveva tolto la fede, avevo le dita gonfie come le caviglie ed i piedi, alla fine mettevo i suoi stivali, tanto per dire la misura, per stare comoda. Andres portava un suntuoso 47, io un 40, in tempi normali, un leggiadro piedino da Cenerentola che era lietamente aumentato. E manco li vedevo i piedi, per la pancia, magari erano aumentati pure i polpacci, solo non stilavo paragoni.
Era il caldo e la gravidanza, una (in)felice combinazione, mi sentivo una zampogna, appunto. Sedendomi, trasalivo, sentendo il corpo del feto che premeva contro il mio, era energico e spumeggiante come un cavallino su un prato.  E avevo sempre sonno, mi alzavo tardi la mattina, verso le nove, alle cinque di pomeriggio avevo già sonno.
“Non sarà ancora per molto” osservò Andres.
“Vedremo..se penso che in inverno, pattinando sul ghiaccio, riuscivo ad andare all’indietro e a saltare mi pare passato un secolo, avevo 16 anni, troppo alta, troppo magra, ero una libellula” ora ondeggiavo come una papera al vento passando da una stanza all’altra, mi appoggiavo ai mobili, alle pareti, il fiato corto,  ne avevo 22, la gravidanza quasi al termine causava quell’effetto, un costante affanno. Conseguenza del pancione e del peso ora raggiunto, tranne che tutti mi vedevano bellissima, paffuta e ridente. Ispiravo tenerezza, come i bambini, the Children, lo zar usava annotare così dei suoi figli, tralasciando che Olga andava per i 22, Alessio per i 13.
“E ..” sapevo a cosa stava pensando.
“Presumo che ne vorrai un altro, a stretto giro”
“Perché no” gli occhi luminosi, una verde scintilla divertita, non raccolse la mia scherzosa canzonatura.
“Basta che ..tu sia gentile, non faccia troppe critiche”
“Cosa..?Ma che ti inventi,” allibito
“La zarina madre, Marie Feodorovna, ha sempre criticato la nursery imperiale, affermando che ..”
“Olga.. “alzò il viso dal libro, eravamo nella balconata che correva intorno al palazzo di Alessandro per prendere un poca d’aria “..Fosse brutta, con la fronte troppo grossa, Tata noiosa, Marie un piagnisteo ambulante e Anastasia l’ennesima inutile femmina che non poteva ereditare il trono.. .” con esatta precisione, si declinava in terza persona per prendere la distanza.
“Che persona svanita, per non dire altro, il 1895 è stato l’anno di nascita delle più belle principesse di sempre” Olga sorrise a quella esternazione, io di più “Senza offesa per le altre principesse, mia pattinatrice, mia ballerina”
“Ma non è possibile, glielo hai già raccontato..”
“Cosa, Olenka?” intanto avevo portato le mani al pancione, rispondevano calci e pugni, mai che si placasse, un bandito come il padre.
“Di quando avevamo sette  anni e ..mi misuravo la fronte, davanti a uno specchio”
“Ah..E io affermai che ne diceva tante, ma non ti conosceva sul serio”
“Una vera irriverente..già”
“Non sapeva nulla della tua intelligenza portentosa, del talento al pianoforte, e via così, constatazioni e non certo lodi di maniera, eh” e vedevo una ragazzina non sempre gentile od empatica, con splendidi capelli biondi, occhi chiari, gentile quando e se voleva, la ragazzina che era ora accanto a me, una giovane donna, una principessa militante e misericordiosa, Andres scosse il capo, le riteneva cose da donna, da capo, era sconvolgente quanto fossimo in sintonia, Olga mi sfiorò il ginocchio.
“Catherine,  di difetti ne ho a iosa, e mai ho criticato gratuitamente un bambino o sono stato poco gentile, in linea generale, in modo volontario, figurati con i miei figli” serio, tossicchiò, commosso, poi sancì che aveva voglia di fumare e ci lasciò alle nostre chiacchiere, appoggiandosi alla balconata di ferro, aggiungendo, come era vero, che non glielo avevo rappresentato.
“Cat, marito migliore non lo potevi trovare”
“Credo” Scrutai il meraviglioso fondoschiena di Andres, era appoggiato, pigro, al ferro della ringhiera,  il desiderio che sorgeva, bastardo .. facevamo l’amore anche se ero al termine della gravidanza, lo preferivo con me, piuttosto che fuori dal mio letto, anche se mi sentivo gonfia come una vescica, lo spogliai mentalmente dai vestiti, rividi i suoi tatuaggi, i nei sparsi, le cicatrici e i rilievi. 1895, l’anno delle più belle principesse di sempre, galante con me e Olga, as usual, compito e affabile.. E gli avrei torto il collo, era solo mio. E io solo sua, il senso di possesso e l’amore, quale era l’esatto confine, boh.  Gli scatti famelici e appassionati erano passati in seconda  linea, ora era lento e dolce. E fissava come un allocco, senza parole, la mia pancia, era felice, come me, nonostante tutto, la sua guancia ispida di barba si posava sul mio ventre sporgente, un tenero buongiorno. E io stringevo le sue chiappe, toniche e vigorose tra le mani, una pura  meraviglia. E si spostava verso il mio sesso, palpitante.
“Figli..?”
“Gemelli..” mi toccai il ventre, rispose un piede, una manina, boh, ormai mi sentivo un dirigibile, così grossa che forse erano davvero due bambini, in un colpo, Andres seminava e io raccoglievo.
“Macchè, ne fabbricherete uno alla volta..” un momento sospeso “Figli vostri e adottivi, la tua vocazione è la maternità, ironia, tu non volevi sentire parlare di matrimonio o figli quando eravamo bimbe”
Feci una battuta a caso.. Maternità.. Mi stava  pensiero il primo parto, figuriamoci il resto, ormai prendevo un giorno alla volta. E Sophie? Che pensavo, una madre la aveva, Erszi, io ero solo la moglie di suo padre, sarei stata una sua amica, volendo, non altro. Ed ero la mamma in senso traslato dello zarevic, di Aleksey, anzi era lui che mi aveva eletto tale per sfinimento “Forse.. “
“Grazie, Catherine”
“E  basta, sono io che ringrazio te” una pausa “Sperando di non rimanerci secca”
“Fammi questo scherzo e ti ammazzo io” senza altro dire, avevo paura “Alessio non te lo perdonerebbe, se ci resti, di parto”
“Non comanda lui, in questo”
“SST” mi abbracciò “Andrà tutto bene, Cat, la paura è normale, ma siamo insieme, ti aiuterò se posso” registrai il suo privato sussurro, mi fidavo di lei, più che di ogni persona al mondo o quasi.
Dai quaderni di Olga Romanov per la principessa Catherine “.. a volte, riflettendo su quel lontano episodio infantile, pensavo che lo dicessi per misericordia,che ero bella,  tu eri uno splendore fin da bambina, osservavano che avevi colori stupendi, suntuosi, come una piccola ninfa … invece ne eri convinta e avrei fatto meglio a darti retta.. Avevi ragione, come spesso accadeva. Poi quando avevi diciassette, diciotto anni ti lamentavi di essere troppo alta e troppo magra, quasi una beffa, per mia sorella Anastasia, che si riteneva bassina e grassottella .. Parevi una principessa orientale, come Sherazade, e mia nonna predisse che avresti fatto girare testa e polsi a molti uomini, aggiungendo che sarebbe stato lo stesso per me e Tatiana .. Per lo sbigottimento, per poco non caddi dalla sedia..  Tu eri bella, come Tata, io .. lasciamo stare. Non mi piacevo, Cat, fine della storia nonostante mi rassicurassi sul contrario, che difetti a parte, sarei piaciuta. E poi mi sono innamorata e, guardandomi nei suoi occhi, mi sono vista bella, sul serio ..Michael, a love, a sin, a secret.. quella sera ho fatto la doccia e ho pianto. Comunque, tornando a noi, apprezzavo tuo marito, era dolce e arguto.. La mia è invidia, Catherine, io me lo sarei preso e di corsa. Non come S., un flirt e poi si era eclissato, per me era amore, tranne che aveva obbedito a mia madre, fidanzandosi con Olga, Olga K., io ero la figlia dello zar e lui nessuno. In termini dinastici e di rango. E  le foto sullo Standard di quel periodo tradiscono la mia ripulsa,  braccia conserte, un serio cipiglio, mi aveva tradito, per dire, solo qualche bacio  e rari abbracci, cerco di mettere ogni tipo di distanza, in primis fisica. Tu Andres te lo eri scelto e di corsa, ottima opzione, scusa il crudo linguaggio, Cat, ma lui era la tua passione e viceversa,io Michael lo avevo voluto, il mio principe soldato, e non lo ho sposato,  ho preso quello che potevo prendere, sventata, e non me ne sono pentita, e dopo siamo diventati amici, solo il buonsenso e la fedeltà, mia e sua, nei confronti dell’impero, dello zar, mi ha impedito di perderci la testa del tutto.. Ed ero già una ribelle, una gramigna rispetto agli austeri dogmi di mia MADRE, già, tutta forma, lei, mai sostanza.. che non aveva torto, erravano gli altri, LEI giammai. E ammettevi di avere paura, che fatto sensazionale, per confortarti la baronessa B. e altre raccontavano cronache apocalittiche di parti che duravano ore, che vi erano complicazioni.. Logico che non volessi sentire. Ed eri giovane, tua madre, tua nonna non avevano avuto complicazioni, la tua stessa cognata, Marianna era sopravissuta a cinque parti e ora aspettava il sesto bimbo,  aveva 36 anni, su Cat, coraggio”
 
Da una lettera di Olga Romanov dalla prigionia di Carskoe Selo a una amica, dopo le formule di saluto“.. ogni pomeriggio, dalle due alle cinque usciamo, facendo qualcosa in giardino .. Se non è troppo lontano, Mamma viene fuori con noi e si mette sotto una coperta, vicino agli alberi e l’acqua, Papa ( con altri) fa passeggiate e sega gli alberi morti, Alessio gioca nell’Isola dei bambini, corre,   a volte nuota (..)Diamo l’acqua alle piante, oltre all’orto, coltiviamo il giardino, le rose (..) Abbiamo organizzato un piano di studi e lezioni, studio inglese con Marie.. Storia russa ed europea, nel cosiddetto tempo libero preparo il corredo, come le mie sorelle, per il bimbo della principessa Fuentes, alias Catherine, e leggo la storia europea, e romanzi..” 
 
“Andres” pronunciò il suo nome esatto, in spagnolo, Fuentes annoverò la sua stretta, chiedeva protezione, lo serrò con il braccio contro il suo addome, stese l’altro contro l’aria, per un momento, quindi lo posò contro di lui “Cosa è successo, dimmi Alejo” un soffio, il suo nome in spagnolo
Giocavo con il mio fucile giocattolo, me lo hanno tolto, dicevano che avevo armi, armi vere”  
“Chi?” gli passò le mani sulla schiena, una volta il principe Xavier suo padre aveva fatto lo stesso, quando combatteva conto l’oscurità e la disperazione, la fronte posata contro la lapide che custodiva i resti mortali del suo primo figlio, desiderava morire, lui che aveva sempre amato la vita, sempre. Variava l’evento, pensò Andres, e sarebbe bastato tanto poco per scatenarlo. Suo padre pensò Andres era un grande di Spagna, una figura inferiore al principe ereditario, forse il titolo più grande del regno iberico,  dopo quello di principe ereditario, appunto,   e nulla avrebbe consolato Alessio, che giustamente nulla ne sapeva “Dimmi, sfogati se vuoi”
“I soldati..”
Andres imprecò nella sua lingua, dedusse il ragazzino, dal tono parevano parolacce e belle pesanti “Spiegami meglio, non ti brontolo o che, solo fammi capire” E magari si calma, è agitatissimo, il mio sistema per arginarlo, spiegami.  Come faceva Catherine, tranne che ora l’onore di gestirlo era di sua spettanza.
“Ero all’isola dei Bambini e mi esercitavo con il fucile appunto, un ufficiale è andato da Monsieur Gilliard dicendo che doveva prendermi appunto l’artiglieria, che le guardie avevano deciso così, e dovevo consegnare. L’ho posato e sono andato vicino a mia madre, che era seduta sull’erba a pochi passi da noi. Un momento dopo ecco l’ufficiale e due soldati, Gilliard  ha cercato di spiegare e mia madre gli ha chiesto di ritentare, ma non c’è stato modo, se ne sono andati via con il trofeo, una grande, bellica conquista”
“Proprio, ironizzi  in modo sarcastico ed esatto come mia moglie” 
“Da qualcuno ho imparato, fidati”
Vi era del vero. Ad agosto avrebbe compiuto 13 anni, era alto, una struttura sottile ed elegante, e gli occhi non erano quelli di un ragazzino della sua età, diffidenti e cauti, di chi ha troppo visto “E Gilliard mi ha riferito che l’ufficiale lo ha preso da parte, rilevando che la faccenda lo ha stressato, atteso quanto aveva da fare”
“Sono ridicoli loro, mica tu”
“Guarda che del fucile non mi importa.. “Insomma, rilevò Andres, vediamo di organizzare qualcosa “Arco e frecce, giocattolo, ne hai mai avuti?”
“No.. “
“Te ne facessi uno ? Semplice, eh, magari con qualche freccia e ti costruisco un bersaglio”
“Grazie, Andres” e intanto lo zarevic si era costruito un suo metaforico riparo, alla fine dei giochi lo proteggevano i Fuentes, Catherine e Andres, Olga e Tata e le sue sorelle, Gilliard il precettore e il marinaio Nagorny. Infatti, sua madre, la zarina, suo padre, lo zar, pregavano e torcevano le mani, senza trarre alcun fiato per difenderlo o distrarlo in modo evidente, diretto.
Il Colonello Kobylinsky, nuovo comandante del palazzo di Alessandro, riconsegnò il fucile della Discordia ad Aleksey, smontato, pezzo per pezzo. Da allora in poi, ci giocò solo nella sua stanza.  Andres gli fece un arco giocattolo, corredato da frecce. E li rivedo buttati a giocare con  i trenini elettrici, a ridere a tutto spiano per minimi eventi, battute note solo a loro, per terra, Andres che gli insegna a usare quel benedetto arco e a tirare di boxe, dettagli ancora più specifici, Alessio che sfida il mondo, si sente invincibile.  Al sicuro e protetto.
 
 
Olga e Tata vicino a un cespuglio di rose in piena fioritura, la vita sottile enfatizzata da una fascia chiara, con un immenso capello.
Aleksey seduto su un pontile di legno, vicino a lui il precettore Gilliard.
Anastasia che contempla perplessa una farfalla.
Marie appoggiata sul pontile, di profilo, assorta e remota.
Alessandra seduta vicino allo zar, un parasole in mano, che sorride.
All’apparenza parevano le solite foto, fatte anno per anno, durante l’estate, in vacanza,tranne che non era così.
Adesso una delle principali occupazioni era coltivare l’orto, passando anche tre ore filate a estirpare cespugli e togliere pietre, creando solchi dritti e profondi. Le giornate si erano allungate, le piantine presero vita, fagioli, rape, lattuga, verza (500 esemplari) che si allungavano sotto il sole, annaffiate da piogge occasionali, la folla continuava a insultare dai muri di cinta, ora era un poco meno.
Venne creato un altro orto, per la servitù, lo zar si mise ad abbattere i vecchi alberi, ormai secchi, del parco, tagliando poi i rami, per farne legna da ardere.
Provviste e legname, casomai fossimo rimasti lì ..
“Mi avete schizzato”
“Giusto un poco, tuffatevi, tutti e tre, te e i gemelli” Aleksey si divertiva a nuotare nel laghetto intorno all’isola dei Bambini, dove giocava spesso, schizzando, appunto, chi gli capitava a tiro, senza distinzioni.
“Dalla testa ai piedi” Erano i primi di giugno, mi era riuscito a dormire un poco di più rispetto al solito e avevo le caviglie leggermente meno gonfie, tanto che ero riuscita a passeggiare senza ritrovarmi con il fiato mozzo e le costole doloranti, per i movimenti del bambino. Ignorai le guardie, rovesciai il viso verso il sole, diciamo che erano parte dell’arredo, mi sedetti sul pontile, sperando che poi non servisse un argano a rimettermi su.
“Cat, tuffati”
“No, Aleksey, e mollami la caviglia” sottovoce “Non ti azzardare  a fare cose strane, che questa  è la volta buona che non ti parlo per una settimana”
“Non fai più nulla, sei sempre stanca” petulante, eh, ero solo incinta di nove mesi, non avevo voglia di spiegarglielo per l’ennesima volta, dopo avere rifiutato marce forzate (passeggiate) nel giardino, allora avevo appena il fiato di dargli il bacio della buonanotte, se era di umore.
“Non ho il fiato”appunto.
“Già, quando arriva?” gli strinsi il polso, leggera, un tacito ammonimento, per evitare che gli venisse lo sghiribizzo di buttarmi in acqua sul serio.
“Presto, spero, e farò una nuotata, promesso, dopo”
“Sì, come no” mi fece il solletico sul malleolo.
“Cioè? “
“Fossi lui o lei, o loro, non avrei tutta questa fretta di nascere” si appoggiò contro di me, lo circondai con il braccio
“Io non vedo l’ora, invece” in parte per conoscerlo, in parte perché mi sentivo un galeone pronto al naufragio, per esperienza personale e successiva, appurata allora per altre confidenze, arrivi a un certo punto e vuoi partorire e basta, non ne puoi letteralmente più. Non dormi, non digerisci, andare in bagno è un incubo … non stai bene in nessuna posizione.
“Le mie sorelle ti hanno fatto un arsenale di vestitini, fasce, che basterebbe per cinque bambini..”
“Li userò per i prossimi” se sopravivo al parto, questa è la prima gravidanza che porto a termine, la terza, dopo gli aborti, mio figlio ha la precedenza, tranne che Andres lo avrebbe odiato se mi avesse ammazzato, lo avrebbe amato nella forma e mai nella sostanza. E Alessio non se ne sarebbe fatto una ragione, alla fine, oltre alla prigionia non avrebbe tollerato una mia dipartita.
“Per il primo o prima, avete già deciso, se fossero due, invece? “perché ci eravamo fissati con i gemelli, perché, perchèè.. Mi misi a ridere, i pensieri morbosi erano un filo da non srotolare.
“Alejo” secca, in spagnolo.
“E che ho detto scusa che mi brontoli?”
“Si chiamerà Alejo, in spagnolo, Alessio come te”
“No, Cat, non voglio che usi il mio nome”
Il motivo me lo spiegò poi, sul momento lo interpretai come una bizzarria, un   capriccio estemporaneo dei suoi.
“Lo sceglierai tu, va bene, per un secondo  maschio, pensaci”allargai le braccia, mi tirò in piedi in qualche modo,  gli accarezzai i capelli, annotai il suo braccio sulla schiena, mi raddrizzai, era LUI un portento.
...fossi il figlio di Cat, starei per un pezzo nella sua pancia,sarei al sicuro, saldo, nessuno mi farebbe male, anche se lei è esausta, con le occhiaie, e mi ascolta, mi fa ridere nonostante le mie monellerie.. ed i capricci. E tanto mia madre sta sul divano, piange e si dispera. Alessandra Feodorovna è mia madre, Cat, Olga e Tata le mie mamme. Madre e mamma, due parole, un mondo diverso. Se sei intelligente, resta dentro, Felipe. Ti conviene. Sarai un maschietto, lo so. E tanto, intelligente o meno, non vedi l’ora di uscire..sei curioso, come sono curioso io,  di vederti, tua madre non vede l'ora. 
Catherine, 
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: queenjane