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Autore: _Destinyan_    02/10/2018    1 recensioni
Inghilterra, 1945.
Antonio ha vissuto tutta la sua vita in un orfanotrofio, vorrebbe che la gioia trovata lì non finisse mai. Sarà però costretto a dover affrontare la realtà una volta capito che cosa significa crescere, conoscere il mondo... e affrontare qualsiasi tipo di viaggio pur di rivedere Lovino.
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Italia, 1958
ottobre

La figura di Lovino, immobile alla finestra, rimase lì per qualche interminabile secondo. In quel poco tempo ad Antonio sembrò che il tempo avesse cessato di correre. Le sue labbra formarono un sorriso, e quando Lovino si spostò dalla sua vista, iniziò a sentire di nuovo i rumori del mondo reale e tutto era tornato alla normalità. Ben presto i fratelli Vargas uscirono dalla porta. Feliciano fu il primo ad urlare e a correre verso Ludwig. Si strinsero per poco mentre Feliciano rideva. Antonio si avvicinò a Lovino, che lo osservava dal portico di legno. “Ciao.”  La voce di Antonio era emozionata e tremolante, con un sorriso stampato sul volto, mosse le braccia per abbracciare Lovino, ma Feliciano gli saltò sulla schiena. “Antonio che sorpresa!” urlò. Antonio iniziò a ridere, ma nel frattempo continuava a guardare Lovino. Il suo aspetto era cambiato, sembrava più maturo, ma la sua faccia continuava ad essere perfettamente liscia come quella di un bambino. Lovino era arrossito e lo fissava come se volesse dirgli qualcosa. Antonio spostò la sua attenzione su Feliciano, che ora teneva Ludwig per un braccio e inondava entrambi di domande. Quando tornò a guardare il portico, Lovino ormai non era più lì.
“Penso sia andato ad avvertire il nonno.” Feliciano gli disse.
“Oh… capisco.” Antonio disse con delusione. Avrebbe voluto salutarlo per bene. Sul portico si presentò presto la figura di un uomo, doveva essere il nonno. L’uomo incrociò le braccia e osservò entrambi.
“Cosa sta succedendo qui?” disse verso i nipoti. Lovino era nascosto dietro di lui, gli sguardi di Antonio e Lovino si incrociarono per un istante e poi l’italiano iniziò ad osservare il nonno. “Sono nostri amici.” Disse Feliciano con leggerezza.
“Lovino.” Il nonno si girò e spostò il nipote avanti a lui. Lovino sbuffò.
“Antonio e Ludwig.” Li indicò uno alla volta. Antonio sorrise in modo stupido quando lo sentì parlare, non sentiva la sua voce da tanto tempo e gli era mancata. “Erano nell’orfanotrofio con noi, in Inghilterra.” Gli sembrò più bassa in realtà.
Il nonno tornò a guardarli e Antonio riusciva a sentire che anche Ludwig era spaventato, eppure fu il primo a parlare. “Ci scusi l’intrusione.” Allungò una mano “Ludwig Beilschmidt e Antonio Carriedo, siamo venuti a trovare Feliciano e Lovino, dato che siamo amici di infanzia, se non è un prob-”
Il nonno lo interruppe “Non c’è bisogno di essere così formali.” Scoppiò a ridere, mentre Ludwig arrossì. “Entrate dentro, vi faccio un caffè.”
Antonio guardò verso Ludwig, completamente rosso “Sembra simpatico.” Gli sussurrò e Ludwig sembrò riprendersi dall’imbarazzo. Mentre entravano in casa il nonno disse “Beilschmidt hai detto?”
“S-sì.” Rispose Ludwig. Antonio rimase all’ingresso e osservò intorno a lui, nel frattempo sentiva gli altri discutere e Feliciano prendere i bagagli di Ludwig. Lovino andò verso Antonio, per prendergli la valigia.
Antonio gli sussurrò “Ehy.” Lovino si avvicinò sempre di più e iniziò a parlare anche lui a bassa voce “Come sei arrivato qui anche tu?”
“È una storia lunga.” Gli rispose e poggiò la mano su quella di Lovino, sulla maniglia della valigia. Lovino guardò verso la cucina, quando tornò ad Antonio finalmente lo guardò negli occhi.
“Smettila.” Gli sussurrò mentre spostava la mano “Il nonno e gli altri-”
Antonio mise la mano in tasca e gli disse “Volevo vederti.” Rimase ad osservare la mano snella di Lovino sulla valigia, e poi tornò a studiargli il viso, e i loro nasi erano così vicini da potersi quasi toccare. Le guance di Lovino erano diventate color porpora, tornò a guardare il pavimento.
“Lo so.” Gli rispose. Guardò di nuovo verso la cucina “Non fare cose strane.” Aggiunse. Si allontanò e Antonio rimase ad osservarlo mentre camminava. Arrivò dove c’era un tavolo grande da pranzo.
“Ho già sentito quel nome.” Il nonno stava parlando con Ludwig. Antonio osservò la scena mentre si accomodava sulla sedia di fronte al tedesco. Il nonno si voltò e diede le spalle alla caffettiera che faceva rumore sui fornelli. “Qualche parente andato in guerra?”
“Mio padre.” Rispose Ludwig con voce seria.
“No, no, troppo giovane” disse scuotendo la testa “Tuo padre avrà l’età di mio figlio.” Schioccò le dita “Tuo nonno?”
Ludwig annuì, Antoni notò che quando l’uomo non lo guardava, ne approfittava per scambiare qualche sguardo con Feliciano.  Il nonno iniziò a ridere “In effetti sei uguale!”
“Lei… conosceva mio nonno?” disse sbalordito.
“Sì, sì, quel tipo strano, con i capelli lunghi, sempre così formale.”
Feliciano si immischiò nella conversazione e andò a sedersi accanto a Ludwig “Non è una bellissima coincidenza?”
“Altroché!” il nonno rispose mentre metteva il caffè nelle tazze. Antonio notò che Feliciano e Luwdwig si guardavano invece in modo tenero. Era lo stesso sguardo che aveva lui quando vedeva Lovino… le sue supposizioni non erano sbagliate. Quando il nonno tornò con le tazze e lo zucchero i due ragazzi si ricomposero. “Lui conosce la storia del mio soprannome.” Aggiunse il nonno, guardando verso il nipote.
“Posso saperla?” Feliciano chiese.
“Neanche per sogno!” poggiò il vassoio sul tavolo e offrì a Ludwig e Antonio la bevanda.
“Qual è il suo soprannome?” chiese Antonio, curioso dopo aver sentito tutto. Vide con la coda dell’occhio Lovino spuntare nella stanza, e poi lo vide passare per prendere un bicchiere d’acqua in cucina. 
“Roma.” Disse. Antonio scosse la testa e lo guardò.
“come?”
“Il mio soprannome è Roma, chiamatemi così, il mio vero nome invece è Julius Vargas.” Rispose. Si voltò e notò Lovino in cucina “Che stai facendo lì? Vieni con noi.” Lovino guardò prima Antonio e poi di scattò tornò a suo nonno. Antonio sentiva un’aria strana, come se tutto fosse teso. Lui e Lovino volevano parlarsi disperatamente, ma con il nonno presente sarebbe stato impossibile e sembrava lo stesso anche per Ludwig e Feliciano. Lovino sbuffò e si avvicinò con il bicchiere in mano. Il nonno lo strizzò con un braccio e poi gli pizzicò una guancia “Fa sempre così, ma lo sapete già, lo conoscete da prima di me, no?”
Antonio rise e annuì e sentì il piede di Lovino colpirgli il ginocchio. Lasciò il nipote “Io devo uscire, devo preparare un pranzo più abbondante del solito.” Si allontanò “Divertitevi nel frattempo.” poi sentirono la porta sbattere.
“Come vi è saltato in mente di presentarvi così all’improvviso?” Lovino si rivolse ad Antonio e Ludwig che sobbalzarono quando lo sentirono urlare.
“Non abbiamo avuto il tempo di avvertirvi.” Antonio spiegò “Avevamo abbastanza soldi e volevamo partire subito.”
Lovino sbuffò e si mise una mano sul volto “Santo cielo.”
Feliciano si alzò e andò accanto al fratello “Aiutami a prendere quella vecchia brandina, altrimenti dove dormiranno?” cambiò discorso e portò Lovino dall’altra parte della casa.
“Cosa ti fa pensare che il nonno li farà rimanere, non abbiamo tutto questo spazio.” Antonio e Ludwig sentirono la voce di Lovino infastidita in lontananza, dopo un po’ i due fratelli iniziarono a discutere, ma le voci sparirono.
“Andiamo a controllare?” Ludwig chiese, non sapendo che cosa fare in quel momento.
“Non saprei.” Rispose l’altro. Si guardarono per qualche secondo poi Antonio sorrise “Sono contento che ce l’abbiamo fatta.”
Ludwig annuì mentre si alzava per raggiungere gli italiani.
“Grazie mille.” Antonio gli disse quando gli passò accanto.
“Di cosa?”
“Di avermi portato qui con te.” Rispose tranquillamente. Ludwig si grattò il collo e sorrise lievemente.
Feliciano e Lovino misero la brandina accanto al divano, quello che si trovava in un’altra stanza accanto all’ingresso.
“Volete vedere la casa?” disse Feliciano rompendo il silenzio. I due annuirono. Feliciano saltellò da Ludwig e lo trascinava sotto braccio, ogni tanto faceva domande a raffica e parlava di argomenti di ogni tipo con Antonio che rideva trovandolo buffo. La casa non era molto grande e non aveva nulla di particolare, si addiceva ad un uomo che aveva vissuto da solo per tutti quegli anni.
“Come ha reagito vostro nonno?” chiese Antonio, mentre Feliciano gli stava mostrando il portico di casa. “Quando vi ha visti intendo.” Si sentiva il rumore del vento che muoveva le foglie del pesco quasi appassito del tutto. Ogni tanto, ad intermittenza, invece si sentiva il suono di una foglia secca che veniva spostata.
“Lui… era contento di vederci credo.” Rispose Feliciano “Ci aveva visti poche volte quando eravamo piccoli, eppure il suo affetto nei nostri confronti è autentico. È stato molto calmo, non ha dato di matto e non ha fatto nessuna storia.”
“Sembra una persona che sa quello che fa.” Notò Ludwig.
“Lo è.” Lovino rispose, con le braccia incrociate poggiato alla porta con la schiena. Feliciano gli sorrise. Dovevano essersi molto affezionati al nonno.
“Vi faccio vedere il giardino!” Feliciano esplose quando realizzò che non aveva ancora fatto vedere la parte più bella ai suoi ospiti. Tirò Ludwig per il braccio destro e iniziò a descrivergli tutte le piante e i fiori che aveva fatto crescere. Antonio rimase dietro e aspettò accanto al tavolo che Lovino entrasse.
“Vai con loro, o ti perderai la spiegazione su ogni minimo dettaglio di Feliciano.” Disse con fare scocciato, cercando di non guardare in faccia Antonio.
“Voglio parlarti.” Gli disse sinceramente “Mi dispiace per come mi sono comportato l’ultima volta che ci siamo visti.” Continuò e Lovino alzò gli occhi al cielo.
“Non ne voglio parlare, lascia perdere.” Si allontanò e Antonio gli prese la mano.
“Sei arrabbiato con me?”
“Ti ho già detto che non lo sono più.” Antonio sentì il suo cuore iniziare a tamburellare quando le dita di Lovino si intrecciarono con le sue.
“Lovi…” Antonio abbassò la voce e Lovino lo guardò “Le cose non sono cambiate per me, da quella volta.” Parlava dei suoi sentimenti, non c’era bisogno di specificare, si erano già capiti. Non sentendolo lo rispondere continuò “Se la cosa è un problema andrò via.”
“No.” Gli rispose subito e la sua voce tremò. Le loro mani erano strette e Antonio avvicinò Lovino per abbracciarlo. Con il volto nascosto nel petto di Antonio disse “Devi restare.” E Antonio tornò a sorridere. Lovino aveva le mani sulla schiena di Antonio, e lui invece con una mano gli accarezzava i capelli castani.
Fratello!” Feliciano lo chiamò dal giardino e Lovino si allontanò in fretta.
“Arriviamo!” Lovino gli urlò in risposta e poi tornò ad Antonio. “Tu sai di quei due?”
Antonio non si aspettava quella domanda, quindi rimase per qualche secondo un po’ perplesso “C-credo di sì.” In effetti era quasi impossibile non capire.
Lovino grugnì e Antonio fece un passo indietro. Sembrava agitato “Non mi piace questa situazione.”
Antonio alzò le spalle “Non hanno fatto nulla di male, Lovi…”
“Sì, ma…” l’ansia nelle sue parole era palpabile “Se mio nonno, intendo… se lo scoprisse nessuno sa che cosa potrebbe dire o fare.” Gesticolava parecchio. 
“Non succederà nulla, stai tranquillo.” Antonio gli poggiò una mano sulla spalla.
Lovino gli puntò un dito contro “Tu non fare cose strane.” Gli ripeté “A quell’uomo non sfugge nulla.”
Antonio accennò una risata “Sei troppo paranoico.” Spostò la mano dalla spalla al volto, ma Lovino lo fermò.
“Sono queste le cose che non dovresti fare.” E tornarono seri entrambi.
“Lovino, cosa state facendo? Vi stiamo aspettando.” Feliciano parlò in italiano, ma Antonio capì che li stava chiamando. Mentre li raggiungevano di fuori, non profanarono parola.

***

Quando il nonno tornò fecero un grande pranzo, in più Roma si mostrò molto cordiale nei confronti di Ludwig e Antonio. Lovino non aspettava in realtà un comportamento del genere. Decisero che sarebbero rimasti lì per un po’ di meno, e Lovino iniziò seriamente a domandarsi dove quella situazione avrebbe portato.
Antonio e Ludwig gli spiegarono come si erano incontrati, a Lovino sembrò assurdo. Sembrò assurdo l’incontro con Arthur quando lo venne a sapere all’orfanotrofio, ma la storia di Francis e Gilbert era ancora peggio. Era incredibile come un susseguirsi di eventi li avesse riportati ad incontrarsi.
Feliciano nel pomeriggio propose di fare una passeggiata. Quando uscirono Feliciano e Ludwig volevano raggiungere la campagna, mentre Antonio e Lovino andarono dalla parte opposta. Per qualche ragione quei momenti gli ricordarono gli anni in Inghilterra, ma questo non gli fece provare nessun tipo di sollievo. Osservò le figure di Feliciano e Ludwig allontanarsi e andare verso gli alberi dalle foglie secche e ingiallite che riempivano la campagna e pensò fra sé e sé, che avrebbe visto il fratello allontanarsi con Ludwig per sempre molto probabilmente.
“Lovi…” la voce di Antonio lo fece trasalire.
“Cosa c’è?” rispose in tono quasi scorbutico. Antonio stava indicando il centro del paese, e con gli occhi innocenti aspettava che Lovino gli rispondesse. “Sì, andiamo.”
Lovino scoprì che i pomeriggi d’autunno in Italia erano i suoi preferiti. Il caldo non era insopportabile e non faceva nemmeno troppo freddo. Era un tempo mite, in modo particolare verso il tramonto, e per qualche motivo lo faceva sentire bene. Ad ogni passo si sentiva una foglia scricchiolare sotto le suole delle loro scarpe, un rumore che Lovino adorava.
“Sono contento di essere venuto fino qui.” Antonio gli disse. Ogni volta che gli parlava il suo cuore sussultava. Quando rideva ancora di più. Ma la cosa che preferiva era scoprire Antonio ad osservarlo con un sorriso, quello gli provocava un dolore nel petto, e Antonio lo fece quasi per tutto il tempo mentre erano a casa, durante il pranzo e mentre il nonno raccontava le sue storie agli ospiti. Lovino si voltò a guardarlo, ma non fu capace di rispondere, alzò solo le spalle. Sentì una mano poggiarsi sulla spalla, e il braccio di Antonio dietro la testa. Antonio lo avvicinò a sé mentre camminavano per il paese. Lovino gli pizzicò la mano e le sue guance bruciarono. “Piantala!” gli disse e accelerò il passo, Antonio scoppiò in una risatina.
“Quindi non ti infastidisce proprio la situazione?” disse come se volesse stuzzicarlo.
“Che cosa?” Lovino fece il finto tonto, ma aveva capito Antonio a che cosa voleva arrivare.
Antonio indicò prima se stesso e poi l’altro “La situazione.”
Lovino chiuse gli occhi e strinse le mani in due pugni “Ovvio che mi infastidisce.”
Antonio ridacchiò da solo “Quindi anche tu…”
Si voltò e gli punto un dito contro la faccia prima che potesse finire di dirlo “No!”. Antonio aveva incrociato gli occhi al centro per guardare il dito di Lovino. No, non gli avrebbe dato nessuna soddisfazione, non lo avrebbe ammesso ad alta voce. Pensava fosse una cosa stupida, che se lo avesse ammesso avrebbe fatto la figura dell’idiota. Lui non era come Feliciano, non era come nessun altro, non poteva permettersi di convivere con un tale imbarazzo per il resto della sua vita. “Andiamo con gli altri.”
Antonio fece per parlare “Ma… ”
“Andiamo con gli altri.” Ripeté Lovino, non poteva sopportare di stare da solo con Antonio un minuto di più. Antonio lo osservò mentre passava accanto a lui e gli scrutò ogni particolare, Lovino se ne accorse e il suo petto iniziò a dolere.

Per qualche motivo non riuscirono a trovare Feliciano e Ludwig da nessuna parte.
“Ma dove si saranno cacciati?” Lovino borbottò.
“Saranno tornati a casa.” Antonio disse alzando le spalle “Andiamo anche noi.”
“Tu credi?”
“Oppure si sono allontanati, non conviene seguirli se non sappiamo neppure dove sono.”
Lovino tornò a guardare la strada di campagna, in effetti c’erano troppe vie che andavano in luoghi diversi, era inutile mettersi a cercarli. La sua mente poi iniziò a vagare sul perché si fossero allontanati… e preferì smettere subito per il suo bene. Sperava proprio che Feliciano non avesse fatto sciocchezze simili.

***

Una settimana era passata. Antonio e Ludwig dormivano a rotazione sul divano e sulla vecchia brandina. Alcune notti sentiva Ludwig alzarsi, e a volte gli sembrò di
sentire la vocina di Feliciano ridere. Avrebbe voluto fare lo stesso con Lovino.

Le giornate scorrevano veloci, si diedero tutti da fare per dare una mano in casa. Roma, zoppicante, dava un compito ad ognuno di loro e alcune volte Antonio doveva portare fino al mercato con Lovino alcune verdure da dover vendere. In paese iniziarono a riconoscerlo, Lovino sembrava invece conoscere tutti, o almeno sembra che tutti conoscessero lui. Chi per pettegolezzo, chi per sentito dire, sapeva che casa di Roma si era animata con i suoi nipoti e altri due ragazzi.
Quando Lovino gli fece incontrare Emma, una mattina in cui andarono insieme a prendere la colazione, lei gli spiegò di come aveva indirizzato lei Antonio a casa Vargas. Passavano bel tempo tutti e tre insieme, anche se spesso era Lovino a dover fare da interprete per far comunicare Antonio e Emma. Era successo un paio di volte che mentre tornavano a casa dalla pasticceria Antonio era riuscito a prendere la mano di Lovino per gran parte del tragitto. Un pomeriggio Antonio andò a comprare delle sigarette e Lovino gli chiese “Me ne dai una?” lui gli rise in faccia scoprendo quanto fosse dipendente dal fumo, mentre lui era solo un fumatore occasionale.
Per ultima cosa, la situazione fra Antonio e Lovino era strana, ma non spiacevole. Alcune volte, quando erano da soli e molto vicini, Antonio sentiva una specie di tensione e quando Lovino si voltava a guardarlo la tensione saliva e si chiedeva se anche l’altro potesse avvertirla. Il problema era che ogni volta che Antonio provava a parlargli seriamente, Lovino lo liquidava o cambiava discorso.

La sera andavano a dormire sempre dopo le undici o mezzanotte, di solito Roma li abbandonava molto prima.
Quella sera Ludwig e Feliciano erano tremendamente stanchi, dopo aver lavorato nell’orto tutto il giorno. (Era il periodo in cui bisognava occuparsi delle zucche) Entrambi decisero di andare a dormire subito dopo cena, o meglio, subito dopo aver visto Carosello, perché Feliciano non poteva perdersi nemmeno una pubblicità. Antonio e Ludwig lo guardavano riuscendo a capire forse un quarto di tutto quello che veniva detto, ma dopotutto era divertente guardare quei cartoni animati. Dopo quei dieci minuti Feliciano si alzò in piedi sbadigliando “Allora io vado!” e si avviò verso la camera da letto. Ludwig invece andò a coricarsi dopo aver augurato la buonanotte a tutti. Roma poi guardò Antonio e Lovino “Voi due che volete fare?”
“Che ne so, che c’è in televisione?” e si spostò, allungandosi dove prima c’erano Feliciano e Ludwig.
“Qualche film credo.” Roma si mise comodo sul divano. Lovino alzò le spalle e rimase sdraiato.
Avrebbero passato la serata a guardare la televisione.
Roma crollò sul divano, e Antonio lo osservò mentre gentilmente veniva svegliato da suo nipote “Nonno, nonno, vai a letto. Mi senti?” quello si svegliò e scompigliò i capelli di Lovino.
Vado, vado.” Gli rispose e zoppicando si allontanò. Antonio gli osservò la gamba e poi gli chiese “Come te lo sei fatto?”
Roma lo guardò, ancora intontito dal sonno. Sorrise “Prima guerra mondiale.” Disse quasi fiero, prima che potesse iniziare a raccontare qualche storia Lovino lo interruppe “Buonanotte, nonno.”
Lui sbuffò “Buonanotte!” e Antonio gli augurò altrettanto.
Lovino spense la televisione “Vuoi vedere una cosa?” Antonio pensò di dover cogliere la rara occasione, non sempre quel ragazzo si comportava in quel modo, annuì. Lovino sparì per poco e tornò con una chitarra. Antonio osservò lo strumento di legno attentamente, sembrava che fosse stato lucidato da poco. “Suoni la chitarra?” gli chiese sorridendo.
“Più o meno.” Lui rispose alzando le spalle, avvicinò la chitarra ad Antonio. “Il nonno ha detto che era di mio padre.”
“Voglio sentire come la suoni!” Antonio gli disse entusiasta e Lovino arrossì. “Andiamo fuori, così non sveglieremo Ludwig.” Quando guardò però oltre Lovino, nella stanza difronte, dove si trovava il divano, la brandina, un tavolino da the rovinato e il camino, notò che Ludwig non c’era più. Lovino dovette accorgersi dall’espressione di Antonio che qualcosa non andava.
“Figlio di puttana.”  Disse in italiano appena si voltò e notò l’assenza del tedesco. Antonio non aveva idea di quello che Lovino avesse detto, ma sembrava arrabbiato.
“Credi che sia andato…” provò a dirgli. Lovino lo guardò infuriato.
“Spero sia solo in bagno.” Si avviarono nel corridoio, dove la porta del bagno era aperta, e si vedeva chiaramente che in quel momento era libero. Lovino e Antonio si guardarono con esitazione, entrambi preoccupati, ma per qualche motivo la situazione fece scoppiare Antonio a ridere e Lovino se ne dimenticò presto aggiungendo “Se la sbrigheranno da soli.” Poi aggiunse “Immagina il nonno quando li vedrà nel letto domani mattina.” E quello fece scompisciare Antonio.
“Andiamo comunque fuori.” Si era ripreso dalle risate. Lovino assentì e si avviarono con la chitarra. Sul portico faceva abbastanza fresco, tanto che Antonio rientrò in casa per portare delle felpe. Indossavano entrambi ancora gli abiti che avevano portato per tutta la giornata. Antonio una tuta e una maglietta bianca, Lovino dei jeans con una maglietta rossa infilata in essi. A piedi nudi sul legno si sedettero e fecero scricchiolare il pavimento. Lovino non si preparò per suonare, anzi, poggiò la chitarra fra loro due e dalla tasca dietro del jeans sfilò una sigaretta e un accendino. Antonio lo guardò mentre teneva la sigaretta fra le labbra e con una mano copriva la fiamma che si accendeva dal vento. Quando fumava sembrava anche più grande di lui.
“Perché mi fissi?” gli fece posando l’accendino “Ne vuoi una?” poi ne sfilò un’altra, aveva una specie di scorta a portata di mano. Antonio rifiutò, non gli andava molto.
“Arthur smise di fumare perché diceva che di quel passo si sarebbe ammalato.” Iniziò a parlare. “Francis invece non sembrava esserne interessato, ho fumato troppe sigarette nel periodo che sono stato in sua compagnia.”
Lovino si chiuse nelle spalle “Io ho iniziato lo scorso anno, all’orfanotrofio.”
“Che cosa?” Antonio esclamò “E dove le prendevi?”
“Le compravo di nascosto quando la signorina mi mandava a fare le faccende in paese.” Rispose quasi soffocando una risatina.
“Pensavo fossi un bravo ragazzo!” Antonio lo prese in giro e rise di gusto. “Tu e Emma come vi siete conosciuti?” s’informò poi.
“Cercavo casa nel nonno, come te in pratica.” Parlò mentre teneva la sigaretta fra il pollice e l’indice, poi se la riportò alle labbra.
“Dovremmo fare più cose insieme.” Propose “Sai cosa dovremmo fare?” schioccò le dita “Andare al cinema!”
Lovino rise un pochino, goffamente “Non c’è un cinema qui, Antonio. E poi tu non capiresti nulla, i film sono in italiano.”
“Capirò da quello che vedo.” Lo rassicurò. Antonio nel frattempo aveva cambiato posizione e si era seduto con le gambe incrociate “Sono andato solo due volte al cinema, con Arthur.”
“Non possiamo andare, non abbiamo la macchina e nemmeno la patente.” Lovino continuava a trovare motivazioni “E Emma non può andare da sola con due ragazzi al cinema.”
“Perché? Che problema c’è?” Antonio inclinò la testa.
“Il padre si arrabbierebbe a morte, una ragazza che esce con due ragazzi verrebbe presa per una poco di buono.”
“Ma noi e Emma…” provò a parlare, ma Lovino troncò la sua frase.
“Non importa, non cambieranno idea.” Disse lui rammaricato. Antonio gli fece un segno con la mano e Lovino gli passo la sigaretta. Fece un tiro e poi la rimandò all’altro, le loro dita si sfiorarono e il verde dei loro occhi si incontrò, Lovino poggiò le labbra dove le aveva poggiate Antonio poco fa. Per qualche motivo dopo quello si creò di nuovo quella strana tensione. Antonio tossì e cercarono di non guardarsi. “Quindi… tuo nonno cosa faceva prima?”
“Non lo so.” Rispose schiarendosi la gola, diede l’ultimo tiro alla sigaretta e poi la lanciò via. “Non parla molto di sé.”
“E come fate con i soldi?” Antonio era seriamente curioso sulla situazione. Roma era un personaggio singolare. Un uomo di 60 anni che ne dimostrava almeno 20 in meno, e che ne aveva passate di tutti i colori nel corso della sua vita. Non lo avrebbe mai dimenticato.
“Mangiamo quello che coltiviamo, e sono le stesse cose che vendiamo al mercato.” Lovino iniziò a spiegare “So che prima aveva un negozio, ma non ne parla. In ogni caso non si allontana molto da casa.”
Tornarono a guardarsi “Comunque ha una certa età, non ha nessun motivo per uscire a perder tempo.”
“No, io credo che non si allontani da casa da dopo… la morte di mio padre.” Disse lui un po’ preoccupato “Come se lo sentissi, ne sono sicuro.” Si poggiò una mano sulla spalla e le sue guance assunsero il colore delle rose “Sembro un idiota, fai finta che non abbia detto nulla!” si affrettò a dire e prese la chitarra, poi guardò Antonio. Lui gli sorrise, per fargli capire che non pensava fosse un idiota, lo trovava adorabile e intelligente, probabilmente lui non aveva la metà della sua intelligenza. Lovino iniziò a pizzicare le corde, ma Antonio lo fermò di nuovo.
“Cosa ti piacerebbe fare… come lavoro?” gli chiese “Hai così tanti talenti.” Lovino sapeva disegnare, gli piaceva scrivere, aveva imparato a suonare e Antonio sapeva che aveva una bella voce, lo pensava da quando erano bambini.
“Non lo so.” Rispose lui, le sue guance ancora più porpora “E poi non sono bravo in nulla.” Antonio non rispose, Lovino sapeva che pensava l’esatto contrario, non c’era bisogno di dirlo. Gli fece un cenno con la mano per invitarlo a suonare e Lovino chiese “Che cosa dovrei suonare?”
“Quello che vuoi tu.” Antonio rispose distrattamente, mentre gli osservava le dita lunghe muoversi sul legno lucido. Lovino guardò lontano per qualche secondo, poi tornò allo strumento.
“Questa canzone non puoi conoscerla, ma mio nonno l’ascolta quasi sempre praticamente.” Disse iniziando a pizzicare le corde dolcemente, poi si fermo in modo brusco “Però non sono bravo, quindi…”
Antonio scosse la testa “Vai.” Gli fece un cenno con la mano e lo calmò. Erano anni che non sentiva Lovino cantare, lo aveva in realtà sentito solo alcune volte, perché si vergognava troppo, ma Antonio ricordava che trovava la sua voce particolarmente interessante. Era più bassa rispetto a quella di Feliciano, forse proprio per questo la preferiva.
Lovino si gonfiò il petto di aria e riprese di nuovo a muovere gentilmente le dita, ogni tanto sbagliò, Antonio se ne accorse, ma non disse nulla. Lovino aprì la bocca.
“Penso che un sogno così non ritorni mai più
Mi dipingevo le mani e la faccia di blu”

Antonio sentì un brivido fino alla schiena quando udì la voce di Lovino, non si aspettava che avrebbe effettivamente cantato, si aspettava piuttosto di essere mandato a quel paese. Lovino continuava a muovere le dita.
“Poi d'improvviso venivo dal vento rapito
E incominciavo a volare nel cielo infinito.”

Smise per un momento di suonare e guardò Antonio negli occhi, che gli sorrise.
“Volare oh, oh
Cantare oh, oh, oh
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare lassù
E volavo, volavo felice più in alto del sole
Ed ancora più su
Mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù
Una musica dolce suonava soltanto per me…”

Mentre suonava quella parte commise qualche errore e dovette fermarsi e riprendere a suonare. Ad un certo punto Antonio vide gli angoli della bocca di Lovino inarcarsi, stava sorridendo mentre cantava.
“Ma tutti i sogni nell'alba svaniscon perché
Quando tramonta la luna li porta con sé…”

Poi si fermò e guardò la chitarra “Come cazzo era?” disse con voce stizzita. “Ah sì!”
“Ma io continuo a sognare negli occhi tuoi belli
Che sono…blu?”
Tornò a guardare Antonio e poi di nuovo le sue mani “...come un cielo trapunto di stelle.”
Finì di suonare e di cantare e poi poggiò la chitarra di nuovo accanto a lui. Si toccava i polpastrelli delle dita, ancora non era abituato e dopo aver suonato sentiva dolore in quel punto.
Antonio sentiva il suo cuore battere veloce, Lovino sembrava ancora più bello mentre suonava, non avrebbe mai dimenticato quella scena. “La tua voce…”
“Non era granché?” chiese subito, quasi sulla difensiva.
“No, no” Antonio rise “Sei bravissimo, Lovi.”
Lovino sgranò gli occhi e arrossì ovviamente. Rimasero per poco ad osservarsi, la tensione era alle stelle. Antonio cercava qualcosa da dire, mentre invece Lovino pensò di avvicinare il suo volto e di stampargli un baciò sulle labbra. Antonio lo osservava con tanto d’occhi. Lovino si allontanò in fretta e rimasero immobili ancora per poco.
“L-Lovino io credevo che…” Provò a dire qualcosa di sensato, ma non riuscì. Dallo sguardo dell’altro sembrava che si stesse vergognando e Antonio capì cosa doveva dire “Credevo che non ti saresti mai deciso!” e rise un po’ imbarazzato per quello che aveva detto. In realtà voleva dirgli che pensava che ormai Lovino non provasse più niente del genere e che i loro baci erano solo dei ricordi lontani. L’altro si coprì il voltò, ma Antonio gli spostò la mano e questa volta fu lui a baciarlo. Per un momento Lovino rimase fermo, poi sentì la lingua scivolargli in bocca, e le labbra si schiusero. L’unica persona che avesse mai baciato Antonio era lui, quando erano bambini, ma quello era nulla in confronto. Notò con piacere che ad ogni tocco Lovino reagiva in modo differente, mentre a lui veniva la pelle d’oca ogni qual volta le mani snelle dell’altro gli accarezzavano il collo. Ben presto rimasero senza fiato, e non si resero nemmeno conto di come era potuto succedere.
Ansimò “Non qui fuori.” Gli disse e lo fece sedere di nuovo composto, non si erano accorti che erano finiti uno sopra l’altro sul legno scricchiolante.
“Scusa!” disse subito e si alzò in piedi. Non riusciva a togliere gli occhi di dosso a Lovino. Lo prese per mano e lo alzò, si avvicinò di nuovo e gli diede un bacio sulla guancia, Lovino ricambiò con uno all’angolo della bocca. Andarono dento e Lovino si poggiò al tavolo, Antonio lo raggiunse e ripresero. La sua testa girava veloce, e tutto era confuso, non esisteva più nulla, solo loro due. Non riuscendo più a contenersi provò a togliere la maglia di Lovino.
“No.” Gli disse, schiaffeggiandogli le mani.
“Non vuoi…?” Antonio sentì un’ondata di vergogna, si era forse montato la testa?
“No… cioè sì!” sentendogli dire quello sprofondò la testa nel collo di Lovino che subito disse “N- non possiamo, gli altri potrebbero sentirci!” disse sussurrando e con il fiatone.
Antonio smise di baciarlo e tornò a guardarlo. “Quindi dobbiamo fermarci?”
Lovino era completamente rosso in volto, non rispose, chiuse le gambe attorno ad Antonio e lo avvicinò a sé. Gli indicò il divano nell’altra stanza e Antonio capì. Andò con l’altro in braccio fino al divano, stando attenti che non spuntasse nessuno dal corridoio, mentre continuavano a baciarsi. Si sdraiarono delicatamente sul divano in pelle finta, che fece parecchio rumore anche se agirono cautamente. Quando finalmente iniziarono a togliere i pantaloni, Lovino gli disse “Ma tu sai come si fa?” Antonio gli aveva quasi sfilato i jeans.
“Sì...” ammise, incerto.
Lovino nel frattempo aveva messo le mani attorno al collo di Antonio, che invece lo stava spostando in modo da rendere l’atto più facile. Erano completamente avvinghiati uno all’altro, quando Antonio si avvicinò per un bacio, Lovino lo interruppe. “Lo… hai fatto altre volte?” nella sua voce, un po’ tremolante, si riusciva a sentire la paura di una risposta positiva.
“No.” Gli sorrise, era la verità. Negli occhi verdi di fronte a lui vide qualcosa brillare. “Però se continui a fare domande rovinerai tutto!” rise imbarazzato. E Lovino si coprì il volto con le mani.
 “Dannazione. Non era così che la immaginavo la prima volta con te.”
Il petto di Antonio si gonfiò “La… prima volta la immaginavi con me?” i pantaloni di Lovino erano finiti ormai sul pavimento. In quel momento sentirono un rumore, proprio quando Antonio era tornato al collo di Lovino e lui gli aveva affondato le mani nei ricci. La porta nel corridoio si era aperta, era quella della camera da letto.
“Antonio, levati di dosso!” Lovino gli sussurrò all’orecchio e lo lanciò nella brandina accanto al divano. La schiena di Antonio urtò contro il materasso scomodo e vide per un momento le stelle. Sentiva il palato asciutto e il cuore in gola. Cercò di fretta i jeans scoloriti di Lovino e glieli lanciò. Videro la luce accendersi e Lovino disse, senza emettere quasi alcun suono “Che cazzo fai?” scaraventò il pantalone dietro di lui. Prese la coperta ai suoi piedi e se la mise addosso. “Copri quello tu!” sbottò.
Antonio scosse la testa “Eh?” e poi si guardò tra le gambe “Oh!” esclamò mettendosi la coperta fino al petto. I passi dal corridoio iniziarono a diventare più vicini, Lovino spense la luce accanto al divano e fecero entrambi finta di dormire.
Antonio aveva gli occhi serrati, era come quando facevano finta di dormire da bambini e non volevano farsi scoprire dalla signorina. Sentì qualcuno andare verso la cucina e versarsi dell’acqua in un bicchiere, dopo alcuni secondi la figura si spostò. Quando i passi furono lontani, e la porta si chiuse di nuovo. Nel buio Antonio si voltò e disse “Chi era? Non ho visto nulla.”
“Mio nonno, idiota.” Lovino disse seccato. Riusciva a vederne solo la sagoma.
Antonio, un po’ imbarazzato da quello che era successo “Vogliamo continuare o ...?”
“Non ci pensare nemmeno!” non poteva vederlo, ma dalla sua voce sembrava tremendamente imbarazzato e arrabbiato, quindi dovette lasciar perdere.
Deluso disse “Va bene, buonanotte Lovi.” Si voltò dall’altro lato, ma non riuscì a dormire prima di un’altra ora almeno. Non riusciva a darsi pace, ripensò a tutto quello che era appena accaduto, e come fosse accaduto, aveva studiato ogni espressione di Lovino e tutte quante gli rimasero impresse nella mente per tutta la notte. Ora il problema era capire come avrebbero dovuto comportarsi la mattina dopo.






---Angolo dell'autrice---
Il capitolo doveva essere più lungo, ma poi sarebbe stato TROPPO (Tipo un 20 pagine invece di 10)quindi ora la storia durerà un capitolo in più rispetto a quanto avevo stabilito, piango.
   
 
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