Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: queenjane    04/10/2018    1 recensioni
Uno spin off di "Phoenix", "Once and again" et alia, ormai.. Le imprese di Catherine e Alexis Romanov al quartiere generale, la Stavka a Mogilev, durante la grande guerra, corre l'anno 1915."... Il quartiere generale.
Rumori e segretezza... E tanto lo zarevic, il diletto e viziato erede al trono dormiva, un dolce peso morto contro le mie gambe, incurante di tutto, una mano tra le mie. Rilassato, in quiete, una volta tanto, che si agitava anche nel sonno.
“ Cat”, aveva mormorato il nomignolo, Cat per Catherine... Un sospiro ... Il mio.
Che sarebbe successo? Quanto avremmo passato?
Era testardo e viziato, mi esasperava e divertiva come mai nessuno.
Un soldato in fieri.
Un monello.
Amato.
Il mio fratellino."..since he was never alone, his family was always there for him the whole time :.. you're never alone, my little Prince, my soldier, my Alexei ..Your Cat .. I love You forever, I'll lack You for always
Un portentoso WHAT IF, Alternative U.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il commissario Rodiov, assieme alle imprescindibili guardie rosse, sopraggiunse da Ekaterimburg a Tolbosk, per accompagnarci alla nuova destinazione, rifletteva Tatiana. E intanto giocava a carte con Alessio e Anastasia, lui sbuffava che era annoiato, cercava di essere brillante e il suo sorriso faceva male al cuore. Distrutto, sconfitto rispetto al ragazzino che era stato fino all’anno prima, quello che non gli aveva causato l’emofilia lo aveva provocato l’abdicazione dello zar, la prigionia ..
“Pensavo ..” Erano a pranzo, il menu erano cotolette stoppose con patate dure“Cosa?”
“Il digiuno del venerdì” 
“Ora è salutare patire la fame?”
“Forse..per chi pesca sì. Se al venerdì tutti mangiassero pesce, le famiglie dei pescatori sarebbero a posto per tutti i giorni della settimana..”
“Giusto” Alessio lanciò uno sguardo birichino, spostò la carne “Oggi è venerdì” Inutile dire che bambini e malati erano dispensati dal digiuno, lui rientrava in entrambe le categorie e non gli piaceva.
“Per saltare i pasti sei peggio di Cat” lo redarguì poi Olga, tralasciando che se era polemico si sentiva un filino meglio “Anche no, lei e' imbattibile, almeno prima che avesse i bambini, allora mangiava SEMPRE”
“Cerca di dormire, dai, fatti abbracciare”
E la sua fragile bellezza, il suo sorriso la commossero fin nelle ossa, come Catherine quando era in sospeso, prima di combinare una delle sue epiche scemenze.
Due bucaneve, fragili e delicati, vai a sapere chi guardava l’altro.
 
Un assaggio da subito, che le condizioni sarebbero peggiorate. Al peggio non vi è mai fine, pensava Olga, nel loro caso era una cauta perifrasi.
Che situazione.
Doveva venire un sacerdote, per la messa, non venne concesso “il privilegio”.
Scrollavo le spalle dinanzi agli stolti, alla stupidità degli scemi, me lo imponevo.
Ahora y por siempre, ora e per sempre, il motto dei Fuentes, antico di secoli rotolava nella mia mente.
I tuoi antenati lo avevano urlato nei decenni, nelle battaglie, come il tuo antenato Felipe, il bastardo forgiato dalle combattimenti, eroe e pirata, adoravo le sue gesta. E quel motto scandito in un dorato settembre, te sottobraccio a Andres che passavate sotto una galleria di spade, riso e petali di rose.
Ridevi, eri bellissima,  le zagare tra le mani e i capelli, sorridevi ed eri una una tortora che prendeva il volo ..
“Fino alla fine del mondo”
Il nostro è ormai finito Cat.
Stai con me, almeno nei ricordi, mai come ora ho bisogno di appellarmi al tuo coraggio.. .
Cat.
Ci venne proibito di chiudere la nostra stanza da letto a chiave.
Nonostante ogni ragione, sapevo che avresti messo i tuoi figli  al sicuro e saresti arrivata.
Che non avresti mollato.
Eri la dea della guerra, un titano.
Ed era una pazzia totale.
Dove sarebbe arrivato l'affetto, il debito che pretendevi di avere con me, che avevi saldato da un pezzo .. ?

“.. sapete, Eccellenza, perché il mio addestramento è stato rapido, riguardante il corpo a corpo, la difesa? Perché fin da ragazzina, nulla mi è mancato, tra ossa rotte, lividi e slogature, crescendo nell’ambiente violento di cui tacevo, il silenzio e la testardaggine.. Dando per scontata la padronanza nelle lingue e l’avvenenza fisica (altrui definizione, e non mia), la preparazione è stata rapida. E vi ho ben stupito nel primo ingaggio, tempo una settimana e avevo preso chi doveva vegliare su di me.. Sarebbe stato strano se non mi aveste mandato nessuno dietro per controllarmi e.. “Ci hai battuto su tutta linea” affermaste “Siete pronta”. Diciamo che mi ritenevate pronta, o fingevo di esserlo,le due cose ben potevano coincidere,  E ho iniziato..Ho avuto anche molta fortuna” un pezzo di report di Cassiopeia 130/Lupo/Catherine mi danzava dinanzi agli occhi.. Fortuna, ma anche un coraggio ai limiti dell’incoscienza..  Qual era il vero motivo, di quell’affetto che era rimasto, immutato, crescente,a dispetto di tutto? Lo sapevo, no? Per te questo e altro.. un pomeriggio, raccogliendo fiori, osservando le nuvole, i piedi scalzi, poi ci avevano chiamato per il tè, una solenne brontolata, non era come au fait.. So che è successo, on mi ricordo il momento preciso, un frammento di colore in questo mondo a tinte grigie e nere..
E noi resistevamo. Dicevo, non potevamo chiuderci nella nostra stanza, io e Tata e Anastasia.
Ma Alessio e il suo marinaio infermiere Nagorny li avevano serrati dentro.
Che idiozia. Lui era malato, aveva bisogno del medico, rimanevo senza parole. Anzi volutamente tacevo, se avessi cominciato sarei impazzita, del tutto.
Oddio .. Cat.. i termini laidi e osceni, la proposta di rapporti contro natura, contro la volontà.
 I sussurri indecenti, mia madre una meretrice senza onore, così noi sue figlie, invece che fare le infermiere, avevamo avuto un amante dietro un altro, che poi avevamo fatto uccidere, eravamo assetate di sangue e sesso, come la zarina Caterina II, che da vecchia andava con i giovani e li divorava.. Certo, come no.
E le manovre delle guardie.. i palpeggi.  Le mani, le strette sucide. Ho tirato una ginocchiata nei genitali a una, pregando poi che fossero troppe ubriache, l’arnese floscio per un abuso.
L’ordalia, il Golgota era  appena agli inizi.
Ed era primavera,  i fiori incorniciavano i rami e i prati, desideravo cavalcare, correre senza freni, baciare Michael. Essere giovane. Avevo solo 22 anni, me lo meritavo, forse. Tranne che ero la figlia dell’ex zar, Nicola l’ultimo, e della sua cagna tedesca. Le colpe dei padri ricadevano su noi figli, in questo caso anche della madri.
In treno, poi, in battello prima, il lento corteo verso gli Urali più profondi.
Che ne sarebbe stato di noi?
E Alessio ti aspetta, anche se lo nega, siete amici e compagni di armi, siete stati vicinissimi, condividendo battute solo vostre, scherzi scemi che capivate solo voi due, rassicurandovi a vicenda..
Pierre Gilliard raccontò nelle sue memorie l’ultima volta che vide i principi imperiali a Yekaterinburg, nel Maggio 1918, dopo che erano giunti su un treno speciale, lo avevano separato dai suoi pupilli: " Il Marinaio Nagorny, che aveva cura di Alexei Nikolaevitch, passò sotto  il mio finestrino del treno, portando il ragazzo malato tra le sue braccia, dietro di lui venivano le Granduchesse portando le valigie e i loro piccoli averi personali. Cercai di uscire per aiutarle, ma venni trattenuto bruscamente dentro la carrozza.. Tornai al finestrino,  Tatiana Nikolayevna veniva ultima e cercava di tenere in braccio il suo cagnolino e lottava contro una pesante valigia scura. Pioveva e a ogni passo affondava nel fango.”
In  quelle settimane, prima che si riunissero, Olga Nicolaevna aveva badato alla casa, Tatiana Nicolaevna allo zarevic, che stava sempre male, allora, per potersi muovere e anche Anastasia Nicolaevna aveva fatto  quanto poteva.  Preparavano i  bagagli, impacchettavano oggetti, ma Olga  sottraeva tempo al riposo per scrivere su un quaderno, una specie di sfida. Con attenzione, di nascosto, non era una novità, era sempre a trafficare con penne e carta.. E quello era un lascito privato, le sue memorie, in un dato senso, niente filtri o censure. Appunto, e dopo il viaggio, quando apprese che Gilliard era stato congedato gli consegnò il plico, dicendo che doveva darlo alla “mia principessa”, sempre che la consegna non gli procurasse guai.  
La nuova prigione era circondata da un alto muro, le finestre sprangate e verniciate di bianco, tranne una, le guardie e il loro comandante li insultavano in modo costante, entravano nelle stanze in ogni momento,giorno e notte, senza differenze, sempre, di sottofondo barzellette e canzoni oscene, frugando tra gli oggetti, portando via quelli che ritenevano più interessanti e di pregio. 
 Andare in bagno era un incubo, le pareti scrostate erano ornate di disegni pornografici che rappresentavano Alessandra e Rasputin, il monaco siberiano che sancivano essere stato suo amante nelle più sconce posizioni.
La colazione era dopo le preghiere, pane nero e tè, il pranzo una minestra e poco più, i guardiani non si peritavano a togliere il piatto allo zar o prendere con le mani luride dei bocconi.
A casa Ipatiev, Olga e le sue sorelle dovevano provvedere da sole a lavare la propria biancheria e impararono a fare il pane.
A turno, le ragazze facevano compagnia alla madre e al fratello, che era sempre confinato a letto e soffriva per il suo ultimo incidente, non si alzava e non camminava.
 Appena giunto nella nuova prigione si era fatto male ad un ginocchio, cadendo dal letto..come se lo avesse fatto di proposito, annotò lo zar nel suo diario, una nuova crisi che si sommava alla precedente. Quella notte non aveva dormito per il male e nemmeno i suoi, straziati dai suoi lamenti. Cat..
Per i testimoni, Olga appariva depressa e smagrita, pallida e sottile, come ebbe a dire una delle guardie, Alexander Strekotin, nelle sue memorie, e trascorreva molto tempo con il fratello, uscendo poche volte nel giardino, circondato da una alta palizzata.
Un’altra guardia annotava che quando camminava fuori, spesso il suo sguardo era tristemente fissato sulla distanza, in un passato che non poteva più tornare. Il marinaio Nagorny, che era rimasto sempre con loro, devoto ad Alessio in ogni battito e respiro, venne allontanato e messo nella locale prigione, ove fu poi fucilato, dopo che aveva protestato per il trattamento inflitto ai prigionieri e la ennesima ruberia, volevano sottrarre a un ragazzino malato una catena d'oro che reggeva  delle sacre immagini.. ( è facile essere smargiassi verso un inerme...e Alessio si era difeso sferrando calci e pugni, tre contro di lui, attaccava per difesa)
“Chi ti ha insegnato?” chiese Anastasia, allibita, ammirata “Lo sapevi fare.. i pugni, i colpi..”gli aveva fatto un occhio nero e.. bravo, Aleksey”
Mi devo difendere, devo fare da solo .. Non è giusto ..  CAT.. arriva.. vieni a prendermi…
“ E gli stavi rompendo la mascella” “Andrej.. lui era amico mio, lo sai, mi ha insegnato” guardandosi le nocche.
Era ancora amico suo, pensò, forse. Sentendo che le guardie arrestavano Nagarny, che aveva appena avuto il tempo di mormorare un “Arrivederci, Zarevic”gli era venuto voglia di piangere e non lo aveva fatto.
Cat..
“La principessa Fuentes .. vi adora, lo sapete”
“Perché? Sono un invalido, lo sai” un dialogo smozzicato, di quando erano chiusi a chiave dentro la stanza e la cabina del battello e poi in treno, lui murato a letto o in sedia a rotelle. “Cosa ci vede? Le faccio pena” (Alessio .. perché te lo raccontavi? Mi hai fatto ridere e piangere, dato sui nervi in maniera esponenziale, sempre, e ti ho viziato e coccolato oltre misura, pena .. MAI.. )
“Non è compassione, lei non compatisce nessuno, mai da sempre, lo sapete” Vero, lo aveva fatto cavalcare, raccontato storie, gli aveva fatto smontare le armi, avevano litigato fino al delirio, i suoi capricci e  i nervi di Car, la aveva sentita litigare con Andres fino al delirio, aveva fatto soffrire Olga, nonostante il loro legame inossidabile “Fa sempre di capo suo”  
“Zarevic”una parola potente e proibita “Lei ha passato l’infanzia a prenderle, dal principe Raulov, picchiava lei e sua madre, le voci sono circolate per anni .. “ Gli raccontò delle frustate, di una ragazza di 16 anni.. Taceva, Alessio, la gola serrata “.. e poi è cresciuta, penso che ci sia del vero, ma lei non ha mai mollato che diceva sempre che vi era qualcosa di bello, ovvero voi, le facevate vedere che il mondo poteva essere bello.. Non mollate, per favore”
Alessio .. vengo … aspettami.
Era diventato paziente. Seduto, si massaggiava la gamba. “Alexei .. ti fa male?”
“No”
“Invece sì..”
“Vedete sempre il dolore, ma mica c’è” Non lo voleva dire, voleva stare bene e contro ogni logica ci sperava, in modo remoto, si confermava lui per primo che era un illuso “Pensi che ce la farò?” Una volta a sua sorella Tatiana“Certo” “Bugiarda.. allora mi aspetto di vedere Cat”Una cosa impossibile, se non improbabile,  visto che lei era in Spagna. E peraltro aveva fatto bene. Tatiana tacque, quella era una opzione irrealizzabile.
L’inappetenza continuava, mangiare era una tortura e non era un capriccio, come quando era piccolo .. Ma se non assumeva cibo si indeboliva ancora di più, lo sapeva, ci provava ma quel piatto proprio non riusciva a ingollarlo. Il cuoco propose una altra opzione, più delicata, per il prossimo pasto, pagando il tutto di tasca sua, ma Alexei non volle, non dovevano spendere per lui. Cercava di non mollare ed il compito era arduo. Cat era sempre stata sfrontata, alle volte offensiva, ma sempre coraggiosa, affrontava critiche e complimenti a schiena dritta in ugual misura, sincera, era da ammirare pure quando si faceva odiare.
Sempre in quel giugno, a padre Sergei Storozhev venne chiesto di celebrare una messa a casa Ipatiev.  Rimase allibito nel vedere Alexei, che stava sdraiato su un lettino da campo. Era pallido fino  a parere trasparente, magro, e  si intuiva che era molto alto per la sua età, la coperta che lo ricopriva dalla vita in giù non celava la  sua statura. Solo gli occhi erano vivaci e brillanti, fissarono il prelato con curiosità. Una persona nuova. Vicino a lui sua madre, seduta su una sedia, vestita di blu scuro, senza gioielli. Il sacerdote annotò che la sua postura era “maestosa”, salvo poi riferire che pareva inferma, appena in grado di gestire le sue emozioni durante la funzione. 
Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine, nata nel gennaio del 1895, sua amica e sorella elettiva: “… Mia principessa, ti ho scritto senza fronzoli o censure, per sfogo, un talismano contro la mia cronica insonnia  e i cattivi pensieri. I ricordi tornano, potenti come il rombo di un tuono lontano, delicati come  una perduta armonia. 
Immagini, impresse come quelle di un quadro, una foto. Due ragazzine con le trecce, io bionda, lei castana di capelli, le iridi di suntuosa ambra, come un remoto antenato spagnolo ..  che giocano a carte o scacchi.. e mi facevi sempre vincere, lo so..  trovando il modo senza che apparisse troppo palese, di palmare evidenza.. Che pattinano su un lago in inverno,ghiacciato,  sottili come danzatrici,  che parlano sotto una pergola di glicini e edera, nell’estate, dopo una passeggiata a cavallo.. I libri, passando da Cervantes a Flaubert a Omero, senza ordine, come le nostre parole .. E le tue storie, eri una narratrice di portentoso talento …
Avermi fatto ridere quando era tutto nero, senza uno spiraglio di luce .. 
Bisogna sempre celebrare il caso di essere vivi, respirare, al diavolo tutto .. diresti così, giusto.
E hai fatto ridere e sorridere Tatiana, Marie, Anastasia, confortato Alessio. Il mio fratellino, il tuo prediletto, ti ama Cat.. Ti adora .. E non hai dimenticato di portare i primi lillà della primavera nelle stanze di mia madre, in barba ai divieti delle guardie, che le negavano anche quel conforto .. Saresti venuta, lo so, my dear, pure non ti volevo esporre al rischio, alle umiliazioni .. Non sei scappata, non sei fuggita, hai obbedito a un mio ordine ..  E ti ho spezzato il cuore, anche se non volevo, e pure io mi son spezzata, ci davamo coraggio a vicenda.. Mi sei mancata in ogni singolo giorno, come una eterna amputazione. Ogni momento, siamo sinceri. Tu ci sei stata sempre, anche da assente.
Catherine.. quando saremo liberi, ti verrò a trovare e  berremo un bicchiere di vino e rideremo .. Ci sarai quando mi sposerò.. E ci sarò quando avrai degli altri figli (ricorda, per una bimba il secondo appellativo deve essere Olga..), mi sarebbe piaciuto conoscere il tuo secondo bambino, Leon..  Ora andiamo a Ekaterinburg, ma spero che presto saremo liberi .. Ti penso, sempre, ricordati di me, tua Olga Romanov..”Aveva poi aggiunto e cancellato qualcosa, cambiato idea e  rimesso altro“… see you soon, my friend, my sister, you are my memory and  my reflection. I love you, forever yours sister Olga Romanov..Se ci dovesse succedere qualcosa, farai e sarai la mamma di Aleksey, sarà il tuo bambino”
Ti aspetto, so che ti rivedrò, almeno una ultima volta. 
La nostalgia che giunge a tradimento, come la seta, un lungo tramonto estivo, nei giardini del tempo e della memoria ti ritrovo, in quiete. 
Lost worlds, neverending scars.
“…  un miraggio, un rimpianto. 
Lei era la padrona del mondo e delle rose. 

Addio, Catherine, principessa dell’altrove
Mia  immortale”.
Casa Ipatiev era al margine di una collina, le sue facciate erano  decorate con ornamenti di tardo stile impero,  fregi di stucco e ringhiere di ferro inserite nel tetto dipinto di verde, con due ingressi e un  piccolo giardino, la famiglia imperiale aveva a sua disposizione il primo piano, escludendo  la parte occupata dal comandante delle guardie.
E un salotto, con pianoforte e massicci mobili, vicino la sala da pranzo e tre camere da letto.
In una, d’angolo, con una gialla carta a fiori, in un letto matrimoniale dormiva lo zar con sua moglie, un lettino era occupato dallo zarevic. La  più grande, al fianco,  con un lampadario di vetro soffiato e una stufa e una specchiera era spartita dalle quattro granduchesse, la terza, intima e piccola era per la cameriera.
 La  sorveglianza era strettissima, le guardie non davano requie.
L’ultima missione, per me e Andres,  per puro miracolo ci eravamo infilati fino a lì, nel mezzo della guerra civile, spie tra le spie, l’ultimo degli ingaggi.
Dovevo essere  lucida, preparata, senza cedimenti emotivi.

Tutti i piani di salvataggio e riscatto, l’esilio inglese, fantomatico come un miraggio, un sedicente piano di fuga si erano arrestati quando avevano portato  Nicola Romanov, sua moglie e una delle figlie da Tolbosk fino a là, gli altri ragazzi li avevano seguiti dopo, che lo zarevic non stava bene, aveva avuto un attacco quasi fatale di emofilia. E stava ancora malissimo, che a casa Ipatiev aveva avuto una nuova crisi. Era pallido e esangue, lasciava il letto per la  sedia a rotelle oppure lo tenevano  in braccio, nelle stanze o nel giardino, quando lo spostavano.
Era caduto dal letto, era dimagrito così tanto che cambiare posizione gli aveva leso un ginocchio. Non stava in piedi e non camminava da molte da molte settimane. Sul suo diario, Nicola Romanov aveva annotato che pareva averlo fatto di proposito, o forse no, era carta, fumo, così pallido da ricordare una pergamena sbiadita che sarebbe scomparsa ben presto.
La casa era troppo sorvegliata, vi erano guardie su guardie, ogni tentativo di fuga avrebbe causato un massacro, sul momento.
E tanto dovevano sapere che vegliavo, che non erano soli, che a breve la guardia bianca avrebbe preso la città,  gli spari si sentivano.
E avevamo due guardie infiltrate. Mi vietavo ogni ipotesi, non volevo cedere all’ansia e alla disperazione.
Nessun messaggio segreto, che se lo intercettavano erano morti,  il soviet poteva raccontare che vi fossero state collusioni con stranieri e disertori..
Era mio padre.
Olga, Tata, Marie e Anastasia, le mie sorelle, Alessio, il mio tesoro.
Poco importava che fossi la bastarda dello zar, una spia e un segreto, erano la mia famiglia, avevo combattuto per un sogno e una vendetta, dovevo fare l’impossibile, Aleksej era il mio bambino.
E Andres con me.
Era un pazzo, un eroe, un coacervo, due matti ne fanno uno sano, no? E non avrei cambiato nulla al mondo, quando entrai nella casa a destinazione speciale, gli dei mi concessero il dono dell’imperturbabilità.
“Argo” aveva sussurrato Mattias ad Olga, una delle guardie infiltrate, gli avevo fatto ripetere quella parola fino allo sfinimento, durante il nostro colloquio informale. Che mi preparava a toccare il fondo della realtà, me lo aveva anticipato, quando entrai non vi volevo credere.
Le canzonature, le guardie ubriache e lascive, il comandante fradicio di vodka, che insultava lo zar, ogni richiesta era accolta dall’andare a quel paese, tiranno, bevitore di sangue, supportava le angherie, i piccoli furti, la lascivia. Quattro belle ragazze in balia di guardie tracotanti, che allungavano occhi e voci e mani. Come il comandante. Un incubo, come gli insulti allo zar, alla zarina e allo zarevic. Anche andare in bagno ..era una impresa ed una umiliazione. Per giungere al gabinetto, i prigionieri dovevano uscire dalle loro stanze, percorrere un corridoio collegato con la stanza delle guardie, passare la cucina e un altro corridoio, sempre tallonati, preceduti e seguiti dai carcerieri. E la porta accostata, notassero le caricature che ritraevano la zarina e il suo Rasputin..  
“Argo”come il cane di Ulisse, il solo che lo aveva riconosciuto, quando era tornato alla sua reggia, come un mendico straniero.
“Ogni tanto la casa va pulita, sarò una donna delle pulizie..”
“Badiamo che non se ne presentino altre, oltre a te..”
“Dì che non pagano” E avevo le mani callose, le unghie corte e rovinate, potevo passare per una contadina. Anzi, per come mi conciai nemmeno mia madre mi avrebbe riconosciuto. E mie foto non erano in giro. A posto. Potevo tentare di entrare.  Uscire .. un altro discorso. Andres rischiava di rimanere vedovo per la seconda volta, come me.
Argo.
Nel 1907, raccoglievo i capelli in una treccia voluminosa che mi pioveva sulla schiena, quando Aleksej non era nei paraggi, si divertiva a sciogliermela e poi a giocare con le ciocche..e ripassavo le sillabe di greco, inutile dire che avevo preso in mano l’Odissea.
Olga, of course, preferiva l’Iliade e Achille era tema di discussione e confronto. Era la più dotata e precoce tra i figli dello zar, avida di sapere e cultura, la sua intelligenza era un dono da sviluppare.
“Era il guerriero più forte, il terrore dei nemici”
“Era un irruento, agiva in preda all’ira e poi si pentiva. A me piace il re Ulisse, astuto e saggio”
“Che fa vincere con l’inganno”
“ Ma  viaggia e torna a casa sua”
“Achille fece una scelta, una vita breve ma gloriosa rispetto a una lunga e nell’oscurità” Scrisse quel nome sulla sabbia.
ACHILLES.
“E il mondo ancora lo ricorda e parla di lui”
“Sì, ma quando Ulisse lo trova come ombra nel regno dei morti, Achille rifiuta le sue lodi.. Afferma  "Vorrei da bracciante servire un altro uomo,senza podere e non con molta roba,piuttosto che dominare tra i defunti!"...
Sorrise e non rispose, uno sguardo tenero, indulgente.
 
A Ekatenerimburg avevano toccato il fondo della realtà e della prigionia, avevano ben studiato e appreso la pazienza, il senso di incertezza una costante questione. La casa e la strada erano pattugliate dalle guardie rosse, la sorveglianza era una continua umiliazione.
Il comandante della “Casa a destinazione speciale” Avdeiev rispondeva a ogni richiesta riguardo allo zar “Che vada all’inferno”. Sempre sporco, la divisa in disordine ed ubriaco entrava nella stanza di Alessandra per il solo gusto di spaventarla e irritarla. Le sentinelle entravano nelle stanze private in ogni momento, bestemmiando e raccontando barzellette sconce. Scortavano le ragazze in bagno, le invitavano a vedere le loro opere d’arte che tappezzavano le pareti, vignette sconce della meretrice tedesca e del suo “caprone”siberiano.. Se stavano al piano inferiore, le si sentiva cantare canzoni oscene, inni rivoluzionari, mentre i Romanov pregavano. Lo zar, le granduchesse erano i capri espiatori, ora che Nagorny era stato mandato via, toccava a  Nicola  portare in braccio il ragazzino, il pomeriggio, ove se la sentiva di uscire un poco.
Si alzavano alle 8, recitavano le preghiere., quindi la prima colazione, pane nero e tè, il pranzo era un momento glorioso per le sentinelle che toglievano il piatto allo zar o ne prendevano bocconi direttamente con le mani
 
.. sai Aleksey, mentre ero in viaggio dalla Crimea agli Urali, pensavo all’amore, un sentimento che domina tutta la vita, dalla scintilla dell’inizio alle ultime braci, pensavo che era una pura follia. I miei figli rischiavano di rimanere orfani, erano approdati in Spagna, alla fine, attraversando un continente squassato, due pacchi su un treno diplomatico, io e il loro padre alla deriva in quella missione.. Eravamo due vigliacchi o due eroi?
Ho paura a rispondere.
Mi fingo di ferro e pietra.
Olga.
Tatiana.
Marie.
Anastasia.
Alessio..
Io vengo sempre a riprendere quello che è mio, sempre.
Sono il lupo che canta nelle albe.
Una sventata.
Che ha appreso a essere indifferente,almeno nella forma.
The sun rose only for me.
Always.
Now and the forever.
   
 Al principio dell’estate 1918 la guerra tra l’armata rossa dei bolscevichi e dei bianchi favorevoli alla monarchia aveva coinvolto tutto il paese. Infatti,  la pace di Brest-Litonsk aveva consegnato la Crimea, l’Ucraina e molti altri territori  ai tedeschi, che li avevano prontamente occupati. In parallelo, in Siberia era scoppiata la rivolta dei cecoslovacchi, vi erano circa tra i 40.000 e 50.000 prigionieri che i rossi avevano cercato di arruolare in modo forzato con scarso esito, la maggior parte voleva andarsene.  Il 14 maggio 1918 era scoppiato a Celjabinsk uno scontro tra cechi  e ungheresi, i bolscevichi arrestarono i cechi. Tempo di tre giorni, l’esercito ceco aveva invaso la città, liberato i prigionieri e scacciato i rossi. Si unirono all’armata bianca, iniziò l’offensiva in Siberia, il sette e l’otto di giugno i cechi avevano occupato importanti centri bolscevichi, come Omsk e Samara.
I rossi persero  il controllo della ferrovia Transiberiana,  del Volga e di tutte le linee ferroviarie dagli Urali dirette a est. Ekaterinburg  rimase in contatto con Mosca solo con le linee telegrafiche.
Si combatteva, una battaglia senza regole o lealtà.
Lenin, il cui fratello maggiore era stato assassinato per avere tentato di uccidere lo zar Alessandro III, era della linea di pensiero che, ove si fosse presentata l’occasione, era basilare per la politica sterminare la famiglia imperiale.
La prima, reale azione fu la fucilazione del granduca Michele, il fratello dello zar, che venne prelevato il 12 giugno a Perm, ove era agli arresti domiciliari in un albergo. Preso assieme al suo segretario, furono condotti in un angolo isolato di una foresta alla periferia cittadina, fucilati e i corpi distrutti nella fornace di una fabbrica.  Dissero poi che era scomparso, una tecnica di confondere le acque. In parallelo circolarono voci che lo zar e i suoi erano stati uccisi, per saggiare la eventuale reazione della Russia e dei governi stranieri dinanzi a questa ipotesi. La risposta fu il SILENZIO
E ve ne era bisogno, di essere imperturbabile.
La città di Ekaterinburg era sui pendii degli Urali, basse le colline su cui era collocata, circondate  da folti gruppi di pini e betulle, sede di fabbriche e miniere.  Scoperte delle risorse minerarie, il denaro era affluito e la città era stata abbellita, da vasti viali alberati, un giardino pubblico lungo il lago che si trovava ai piedi delle colline. Vennero eretti due grandi alberghi, il Palais e l’America, sul viale Voznenskij che tagliava in due l’abitato. Su questa arteria si trovava casa Ipatiev, al margine di una collina, rinominata “Casa  a destinazione speciale”. La facciata della dimora dava appunto sul Viale V. e piazza dell’’Ascensione, ove era situata una cattedrale intonacata di bianco. Un lato della casa dava su via Voznenskaja, ove vi era un secondo ingresso.
Una palizzata di legno, le finestre imbiancate, i Romanov confinati a un solo piano..
Dieci guardie, una nell’atrio di ingresso del primo piano, una seconda nel corridoio posteriore, che conduceva al bagno e al gabinetto, e via così fino a controllare ogni angolo e avere la completa visuale.  Nella balconata del retro della casa e alla finestra di uno degli abbaini avevano messo due mitragliatrici.
Oltre alle guardie collocate all’interno, dieci, che vivevano nelle stanze del seminterrato, ve ne erano anche altre all’esterno, alloggiate in casa Popov, proprio di fronte, sulla via Voznenskaja. Settantacinque uomini in tutto, scelti per lo più tra gli operai locali.
Il comandante Adveviv aveva trentacinque anni, aveva detto Mattias, i suoi amici lo definiscono un vero bolscevico, rozzo, bevitore e maleducato.
Fissai le assi sconnesse del pavimento, lo sporco che si annidava in ogni dove, nelle narici il profumo di sapone.  Scrutai commossa le scarpe che occhieggiavano dalle gonne scure, fino a passare al rilievo sottile di vita e gomiti, una candida camicetta, sbattei gli occhi per non piangere e.. sentii la misura, quasi fisica di un esame attento, di uno sguardo lucido, abbassai la testa, scoprendo le maniche e arrotolando i polsini, apparve la cicatrice sull’avambraccio sinistro, il  pendant di un’altra che avevo nella parte alta dell’arto destro, due regali della guerra, dell’essere stata come un soldato.
Un respiro strozzato, girai il mento verso la spalla. 
“TU” sussurrò Olga, che mi aveva riconosciuto. A prescindere  dai vestiti logori, le spalle ingobbite e il sudicio di una settimana, fingevo di essere una contadina giovane, sporca e ignorante, le ginocchia piegate per nascondere la mia statura.
Argo ..
Il nome del cane di Ulisse, solo lui e la sua nutrice lo avevano riconosciuto quando era tornato, come un mendico straniero a Itaca, in incognito.
Per come ero conciata manco mia madre mi avrebbe riconosciuta, invece Olga era sempre Olga.
“Mia stupida, coraggiosa eroina” mi accolse con la solita ruvida gentilezza, un  abbraccio così forte da rompermi le costole era il successivo passaggio“perché” un sussurro, una questione che riassumeva tutta la nostra storia “Perché ti voglio bene, lo sai, sempre”un sospiro, un’eternità contro i suoi capelli .. Dio, grazie .. almeno vi vedo ..
“.. Mattias lo conosciamo, una delle vecchie guardie, i tuoi infiltrati, ha detto Argo fino a diventare scemo.. I mendicanti entrano in ogni dove, eh”
Annuii, mi baciava le guance, il mio viso tra le dita, davanti a noi uno secchio solmo di acqua con annessi strofinacci.
.. e strinsi Tatiana e Marie, svelta, dovevo passare le consegne, dire, non perderci nel valutare i danni della lontananza. “Vi voglio bene, lo sai” “Sì” tra me   e lei correvano meno di dieci mesi e pareva .. spenta. Vecchia, consapevole, magra e affilata, i grandi occhi azzurri come mio figlio Felipe, la sua assenza scagliata come un pugno nei denti.
Resistetti, avrebbe dimenticato che mi aveva chiamato “MAMMA” a ogni sussurro, prima che me ne andassi.
Felipe. Leon.. qualsiasi cosa fosse successo erano in Spagna, al sicuro, avevano attraversato un continente in guerra, inflessibili per quanto piccoli.  Xavier Fuentes, mia madre Ella e Sasha li avevano portati, loro erano al sicuro, mentre mio zio R-R aveva iniziato una nuova battaglia, si era unito alle truppe dei bianchi che combattevano i rossi, due colori contrapposti per il dominio su una nazione.
Ne vale la pena?
Sei una pazza, ed una egoista.
Dico di sì a entrambe le domande.
“Sei una pazza”
“E mio marito pure.. due pazzi ne fanno uno sano, forse”
“Vattene “ mi salutò lo zar “Che ci fai qui?” Toccandomi la spalla, come quando gli avevo chiesto di sposare Luois, cinque anni e rotti erano passati, e TANTO.. .. Figlia mia.. Papa, sussurrai, era  la ultima e prima volta che proferivo quel termine davanti a lui, scorsi la sua barba piena di fili grigi, le rughe.
“Vai da tuo fratello, è quasi un anno che ti aspetta”
“Prima devo pulire.. dobbiamo, il Signore ci scampi se viene fuori qualcosa” mi misi a fregare il pavimento, il lavoro di una mezza ora fatto in tre minuti “Ditegli che arrivo”
“Aleksey”gli baciavo la fronte,le guance, avevo lasciato un ragazzino, ritrovavo un adolescente,il viso fiero e solenne, pallido come una pergamena, così magro da stringere il cuore “Aleksey”mi sfiorò la guancia, rafforzai la stretta delle braccia “Ciao Cat” Per quanto potessi essermi preparata in teoria, mi veniva da piangere a vederlo. “Mica sto delirando” “No, sono io” mi tirò un  pizzicotto per cautela, risi, tornai seria, lo serrai, mentre parlavo, rapidi sussurri.. E ascoltavo, gli strofinai il pugno contro le scapole E parlavamo. “Aleksey, Alejo tesoro”
.. ne avrei avuto di tempo su cui riflettere, intanto ti stringevo, Cat, ricambiato con zelo, eri tesa, le braccia irrigidite quando lo dissero, non pronunciasti una parola e tanto  ormai avevo imparato a conoscerti, non quello che dicevi ma le tue reazioni, i gesti.
Il primo sussurro di Mattias ruppe l’aria.
NO.
NO.
“Lasciami, è un ordine” disse Alessio e intanto mi stringeva, disperato, come me “Ti saluto ora con un bacio e un arrivederci, qualsiasi cosa mi facciano o dicono, non reagire.. Non reagite, fate finta di nulla”
“NO” .. Cat non mi lasciare, ti prego, voglio stare con te, voglio venire in Spagna … NON MI LASCIARE. Dicevo una cosa e ne volevo un’altra, da prassi e tradizione, e non avevo la febbre,  mi avevi scosso, ricordandomi che esisteva il mondo, oltre la sedia a rotelle, le stanze chiuse e la tristezza, che di nuovo volevo sentire la pioggia sul viso, l’erba sotto le mani e ridere, avevo da compiere 14 anni me lo meritavo. Le colpe dei padri e delle madri non dovrebbero ricadere sui figli, come ci stava succedendo. E in mezzo a tutto quanto, mi sentivo di nuovo sicuro, che ..
“Invece sì… le truppe di rinforzo arriveranno al massimo verso il 25 luglio” lo baciai  sulla guancia, per quello che avevo sentito facevo prima a uscire con lui in braccio, andando come bersagli sotto una  mitragliatrice, le possibilità di uscirne vivi erano maggiori.. Oddio. “Ti voglio bene, Alessio, sempre” sussurrai, annichilita, il mio cervello che macinava, disperato.
Il secondo sussurro ruppe il momento, sussultai, Alessio mi aveva tirato un morso, mio malgrado mi scostai per istinto “Vattene, Cat..” una pausa “Scusami “
“Scusami tu.” Mi inchinai, vietandomi di toccarlo “Alessio, andremo via..”
“Già..” Morti o vivi, non poteva durare per sempre. Ed ero arrabbiato, rivederti confermava che potevo stare meglio,  ora avevo due possibilità su un milione, prima manco una me ne concedevo .
Eri leggenda, Catherine, mai ti saresti fermata.
Eri il sole.
 
Il terzo sussurro “Cerca di uscire in giardino e mangiare se ti riesce”mi stringesti per una breve eternità “Io non mi faccio ammazzare, intesi, ti porto via, ti voglio bene”
“Anche io, Cat, portami via”
“Ora no,  presto” E dimmi il motivo, quello vero. Non ti facevi ammazzare, come quando mi avevi salutato a Mogilev, nel settembre 1915, era una promessa. Tirai in alto il mento, le spalle indietro come quando avevo reagito alle guardie che mi volevano fregare una catena d’oro,  Nagorny agli arresti, suo solo crimine la devozione verso di me. Il tuo solo peccato l’amore che ci portavi.
Vidi mia madre invecchiare ancora di più nel giro di pochi minuti quando dicesti che il tuo primo figlio aveva gli occhi chiari.
La costernazione.
Ma ero arrivata fino a lì,  non potevo mollare.
Papa stracciò un foglio, la rabbia trattenuta quando Mattias dichiarò che ti avevano perquisito sia in entrata che uscita, per sincerarsi che non avessi nulla addosso, Avdeiev si era premurato di metterti le mani addosso con zelo, non raccontò balle. Il marito la aspettava fuori dalla porta, a quella puttana, disse poi Avdeiev, una stanga di due metri, o quasi,era circondato dai suoi e Andres li aveva messo paura.
BENE.
..avevo avvisato di non reagire, me per prima, che la rabbia stava tracimando quando mi aveva toccato, le spalle, il seno e le braccia, scendendo sui fianchi e i glutei e poi le gambe, scivolando verso il mio sesso. Mi sentivo un toro dentro l’arena, la scarlatta muleta agitata dinanzi a me, non scattai per puro miracolo.
Era violenza, e tanto, come affermava Shakespeare l'amore guarda con l'anima e non con gli occhi.
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: queenjane