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Autore: queenjane    05/10/2018    1 recensioni
Uno spin off di "Phoenix", "Once and again" et alia, ormai.. Le imprese di Catherine e Alexis Romanov al quartiere generale, la Stavka a Mogilev, durante la grande guerra, corre l'anno 1915."... Il quartiere generale.
Rumori e segretezza... E tanto lo zarevic, il diletto e viziato erede al trono dormiva, un dolce peso morto contro le mie gambe, incurante di tutto, una mano tra le mie. Rilassato, in quiete, una volta tanto, che si agitava anche nel sonno.
“ Cat”, aveva mormorato il nomignolo, Cat per Catherine... Un sospiro ... Il mio.
Che sarebbe successo? Quanto avremmo passato?
Era testardo e viziato, mi esasperava e divertiva come mai nessuno.
Un soldato in fieri.
Un monello.
Amato.
Il mio fratellino."..since he was never alone, his family was always there for him the whole time :.. you're never alone, my little Prince, my soldier, my Alexei ..Your Cat .. I love You forever, I'll lack You for always
Un portentoso WHAT IF, Alternative U.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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 “Ma si può essere più disperati per non dire altro..?”dichiarai ad Andres, di quel giorno avrei ricordato per sempre il calore della strette di Olga, il gusto salto delle mie lacrime.
E il furioso accoppiamento con Andres, uno sfogo di lussuria e disperazione.
“Sei sconvolta..” Un eufemismo, una cauta perifrasi, facevo prima a uscire con Alessio in braccio, piazzandoci sotto una delle mitragliatrici in funzione, e avevamo maggiori probabilità di sopravvivere. 
“Hanno ricevuto delle lettere” La prima all’inizio di giugno, che enunciava che gli amici non dormivano, attendevano l’ora della liberazione, la rivolta dei cechi scuoteva il potere dei bolscevichi .. Stare attenti e vegliare, ecco le istruzioni, seguì una risposta con la pianta della casa e la annotazione che Alessio era sempre a letto, che non si poteva muovere.  La seconda lettera si diffondeva a descrivere un piano di salvataggio, era necessario che una finestra fosse senza sigilli, per poter calare tutti..
La terza lettera giunse nel delirio, la guardia era stata rafforzata.
Se gliele avevano mandate i bolscevichi, ecco la scusa per ammazzarli.
Mi veniva da vomitare e lo feci, con zelo.

Dopo che eri arrivata Cat la risposta fu fredda, non potevamo e volevamo fuggire, solo la forza ci avrebbe portato via, come con la forza ci avevano portato via da Tobolsk, non avremmo dato alcun appoggio attivo
Il 5 luglio la guardia era cambiata, il giorno avanti era giunto un nuovo comandante Jurovskij, che aumentò le misure di sicurezza, una nuova mitragliatrice e di mettere delle sbarre alla finestra da cui dovevamo calarci, la  sola che era aperta per cambiare l’aria.
Era scostante e gelido,  pignolo fino alla nausea, fece inventariare i gioielli che la famiglia aveva addosso, facendo quindi apporre dei sigilli. Ignorando che la zarina e le granduchesse avevano i corsetti imbottiti di pietre preziose.
“Non potete entrare, ordini superiori”
“Come volete, ma questo latte chi me lo paga?”alzando la voce.
..nella strada c’era silenzio,una breve pausa dai  rumori mattutini,  sia Marie che Anastasia riconobbero la tua voce, che discutevi come una iena, in collera che quel giorno non potevi consegnare il latte.
Non eri venuta per sicurezza e se ti ammazzavano sia noi che i tuoi figli ne avremmo avuto un ben  misero risultato.
Cat. Catherine .. non me lo ero immaginato. “Alessio, se .. succede qualcosa, ogni cosa, promettimi che avrai cura di lei”
“.. ma che blateri Olga..” scherzava? Era impazzita? Intanto mi cambiava, a quasi 14 anni ero peggio di un infante, confinato a letto “Cat è forte solo in apparenza.. ha bisogno di te, per non impazzire”
Già, la violenza sia fisica che verbale, un surrogato di inferno, eri diventata grande tra le botte e le parole cattive.
“Alessio, promettimelo, di non mollare, che non la lascerai sola”
“Lo prometto” Allora non avevo idea del prezzo che avrei pagato, pensavo che fosse un discorso come tanti. “Siete amici, tu e lei”
“ E tu e lei ..”
“Sì.. “un breve sorriso, di speranza, era dimagrita, triste, immaginava meglio di noi quello che poteva capitare, quando Mamma aveva risposto alle lettere aveva sancito che avevamo fornito ai bolscevichi la scusa per ammazzarci tutti, un privato sussurro che Mamma eluse. Era disperata e ci avrebbe fatto morire tutti.. Tu credi solo in LEI.. la replica Certo. Che è la sola a essere venuta, con suo marito, lo sai ..  Se ho una sola speranza di scamparla  è grazie al lupo, la risposta. E finirono là.. per quanto ne so, Cat, ci avevi ridato la speranza, io mi imponevo di sorridere e mangiare, uscire un poco, in braccio a Papa, ero un soldato, quello il mio dovere dinanzi ai tuoi ordini inespressi. Fine del dettato.

Insieme a Jurovskij giunsero dieci uomini, indicati genericamente come soldati lettoni e prigionieri di guerra ungheresi, che sostituirono le guardie precedenti. Cenavano con J. e il suo assistente, creando malcontento con chi vi era stato in precedenza.
Poco dopo giunse una quarta lettera che prometteva soccorso.  Furbescamente non fornivano nomi e informazioni precise su chi fossero, l’ora della liberazione era vicina ..
 
Al principio dell’estate 1918, come già ripetuto,  la guerra tra l’armata rossa dei bolscevichi e i bianchi favorevoli alla monarchia aveva coinvolto tutto il paese, la pace di Brest-Litonsk aveva consegnato la Crimea, l’Ucraina e molto altro ai tedeschi, che avevano prontamente occupato quei territori. In parallelo, in Siberia era scoppiata la rivolta dei cecoslovacchi, vi erano circa tra i 40.000 e 50.000 prigionieri che i rossi avevano cercato di arruolare con scarso esito, la maggior parte voleva andarsene.  Il 14 maggio 1918 era scoppiato a Celjabinsk uno scontro tra cechi  e ungheresi, i bolscevichi arrestarono i cechi. Tempo di tre giorni, l’esercito ceco aveva invaso la città, liberato i prigionieri e scacciato i rossi. Si unirono all’armata bianca, iniziò l’offensiva in Siberia, il sette e l’otto di giugno i cechi avevano occupato importanti centri bolscevichi, come Omsk e Samara.
I rossi persero  il controllo della ferrovia Transiberiana,  del Volga e di tutte le linee ferroviarie dagli Urali dirette a est. Ekaterinburg  rimase in contatto con Mosca solo con le linee telegrafiche.
Si combatteva, una battaglia senza regole o lealtà.
Lenin, il cui fratello maggiore era stato assassinato per avere tentato di uccidere lo zar Alessandro III, era della linea di pensiero che, ove si fosse presentata l’occasione, era basilare per la politica sterminare la famiglia imperiale.
La prima, reale azione fu la fucilazione del granduca Michele, il fratello dello zar, che venne prelevato il 12 giugno a Perm, ove era agli arresti domiciliari in un albergo. Preso assieme al suo segretario, furono condotti in un angolo isolato di una foresta alla periferia cittadina, fucilati e i corpi distrutti nella fornace di una fabbrica.  Dissero poi che era scomparso, una tecnica di confondere le acque. In parallelo circolarono voci che lo zar e i suoi erano stati uccisi, per saggiare la eventuale reazione della Russia e dei governi stranieri dinanzi a questa ipotesi. La risposta fu il SILENZIO.  
Emblematico quando venne scritto sul giornale “The Times” di Londra il 3 luglio, in ogni occasione in cui veniva fuori l’ipotesi di cui sopra, le persone ritenevano che fosse successo qualcosa  di grave, i bolscevichi erano impazienti, vi era la questione “dell’opportunità di definire il destino dei Romanov, in modo da liberarsi di loro una volta per tutte”.
Domenica 14 luglio venne detta la messa a casa Ipatiev, dopo la funzione tutti i Romanov baciarono la croce.
Il tempo era estivo, caldo e afoso fin dal mattino. Il 16 luglio 1918  passarono la giornata come di consueto, uscirono in giardino nel pomeriggio. La zarina lesse il Vecchio Testamento con sua figlia Tatiana, i libri dei profeti Amos e Abdia. “In questo giorno – oracolo del Signore Dio- farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno. Cambierò la vostra festa in un lutto e tutti i vostri canti in lamenti .. ne farò come un lutto per un figlio unico e la sua fine sarà come un giorno di amarezza” [8,9-10]
E la sera, dopo cena,  giocarono a carte, andando a letto verso le dieci e trenta.
Gli spari di una vicina postazione di artiglieria ruppero il silenzio, appena scese la notte.


Il 17 luglio, molto presto, un contadino che abitava in viale Voznenskij nelle  stanze a pianterreno di una dimora che sorgeva dinanzi a casa Ipatiev uscì in giardino per un bisogno.  Sentì  degli spari soffocati che provenivano dalla cantina della dimora di cui sopra, il rumore di un furgone Ford in moto, tornò dentro subito. Il suo compagno di stanza gli chiese se avesse sentito, lui rispose che aveva udito delle detonazioni, entrambi avevano capito. Non parlarono oltre, poco tempo dopo i cancelli di casa Ipatiev si aprirono e un furgone  piombò fuori a gran velocità.
Il ragazzo stava ora  sperimentando  solitudini indicibili, dentro di lui era come un  freddo che  gelava le ossa, le foreste fitte, il fango  che entrava in ogni pertugio, la tensione, l’essere feriti, l’attesa di combattere. E ricordava, anche se non voleva, non ne parlava come sua sorella, due testimoni dell’orrore sopravissuti. Lei lo guardava, azzurro su azzurro, il colore delle loro iridi, una sfumatura rara e inusitata, innocente al pari di loro, lui ricambiava, poi distoglieva gli occhi.
 Perché ? Quella parola gli rotolava dentro come un rombo di guerra, la ragazza, espletate le attività quotidiane dormiva, o fingeva, giaceva a occhi chiusi, il buio delle palpebre come un conforto. E  lui si fissava le  mani e .. smontava e rimontava le armi, in quello era bravo, gli era piaciuto, nella vita di prima, come il tempo passato con LEI e con LUI. Soprattutto con lei.
Gli piaceva anche ora, stare con LEI. E si sentiva protetto e al sicuro. Che paradosso,  dopo che era successo lo avevo avvolto tra le braccia, serrato addosso facendo attenzione alla sua gamba lesa, incurante del sangue, dello sporco e del sudore, forse voleva  trasmettergli  tutta la sua voglia di vivere, la  rabbia, lo aveva stretto come a non volerlo più lasciare. 
Un privilegio. 
E la rabbia. In primo luogo ce la aveva con LORO, ma soprattutto con se stesso. 
Per quanto storpio, invalido, debole,  era sopravissuto. 
Che sarcasmo atroce. 
 And I’m  a soldier.
A fighter.
 
… Quando mi aveva riconosciuto, aveva cercato di mettersi in piedi,a fatica,  ero volata da loro, ci eravamo stretti, tutti e tre, senza parole, così forte da farci male. Dopo, lui mi aveva buttato le braccia sul busto, la testa sul petto, sentendo le mie spalle che sussultavano mi aveva baciato una guancia, asciugato le lacrime con le mani, già non era il momento per quello... Io altrettanto, dovevamo calmarci e andare via, una prassi di sopravvivenza, da soldati.
Una radura, eravamo in quella maledetta parte di foresta, e il buio e la disperazione mi stavano sommergendo.
E sentivo Olga a un battito, vicina, anche se sapevo che era morta, solo quello, che mi era vicina, che sarebbe rimasta sempre, nei ricordi e nella memoria. E ancora non era il momento, avrei pianto dopo, per loro e mio padre, come per Alessandra, vite spezzate in nome di nulla..  
Olga e il suo sorriso.
Tatiana, il lampo grigio del suo sguardo che raccontava quello che non diceva... e mille e mille cose, petali e frammenti, ricordi e risate, una vita da vivere anche per loro. E la speranza era il bagliore di quei grandi occhi, ora come allora, una delicata sfumatura di azzurro come quando sorge l'alba, era un miracolo che fossero scampati all'eccidio, altro prodigio che avessimo lasciato Ekaterimburg  senza farci ammazzare. 
Ma che inventare, se non mi parlavi .. Anzi, non parlavi con nessuno, siamo giusti, ci intendevamo a gesti, ti facevi  accudire solo da me, di pura malavoglia,  e tanto eri furioso. Con la vita, la tua debolezza apparente, con me e tutto il mondo. Tralasciando che se mi assentavo un’ora, mi cercavi con gli occhi, “Non te ne andare” e appena ricomparivo mi serravi il polso, possessivo. E il sollievo ti si  dipingeva sul viso, guai a me se volevo cambiare aria, ubriacarmi o che.. Eri una mia responsabilità, era amore al principio, come ora, tranne che ero ghiaccio, neve e brina, la mia freddezza era solo apparente ..  fino a quando non ne combinasti una delle tue, a stretto giro, dopo le mie solitarie isterie del lutto.
Mi hai tirato addosso tazze, asciugamani, e via così, la rabbia di una vicenda terribile.. E comunque, avevi reagito, tranne che ti avrei appeso per le orecchie.
Oddio. Mi facevi ammattire, come quando eri piccolo, sempre.  Dicevo, mi allontanavo e .. non volevi, mi lanciavi certe occhiate da incenerire, inespressi sussurri, e tanto non mi avresti mai implorato di rimanere, o portarti con me, la notte mi volevi stare vicino .. appena facevo un movimento di distacco  mi eri subito addosso, le dita sul mio braccio, mi allungavo per metterti comodo, ci disponevamo in posizione di arrocco, difesa e scongiuro, tesoro, che dovevo fare con te se ero la prima a non sapere cosa fare con me stessa. Mi mancavi, Alessio, mi mancavi tanto, anche se eri vicino, mi mancava la tua voce, i tuoi sorrisi, la tua vivacità. E tanti che dovevo pretendere, eri scampato alla morte per un soffio, il trauma quando si sarebbe risolto.. Forse mai.
Mi sfogavo con Andres, il sesso era il mio sfogo, in quelle settimane ci allontanavamo pochi minuti e .. Era la voracità di vita, un gesto di sfida e guerra, da puttana e sopravissuta, lui taceva, mi desiderava fino a stare male, da quando stavamo insieme ne avevamo passate troppe insieme, la realtà superava la fantasie.
I particolari, immagini e frammenti, vivevamo sdoppiati, una specie di doloroso trance.
 “Quando si muore, si smette di provare dolore?”parlavo così piano che dovesti accostare l’orecchio al mio viso. Eravamo a Spala, nell’ottobre del 1912, uno dei miei peggiori attacchi di sempre, il dolore così forte che la morte  sarebbe stata una liberazione, un paradiso.  Non ne potevo più, alla lettera. Mi raccontarono poi che la servitù si doveva mettere il cotone nelle orecchie per svolgere le sue mansioni, le grida di dolore e i rantoli provocati dallo sforzo di respirare passavano i muri della villa. Non che fossi molto presente, la maggior parte del tempo ero semi incosciente, girato sul fianco e la gamba sinistra contorta, il viso esangue.  E stavo un filino meglio, quando ti feci quel discorso, meglio rispetto a quanto sopra, chiariamoci, almeno un poco.  Il giorno prima eri venuta,  mi avevi raccontato qualcosa, ero riuscito ad assopirmi.
“Penso di sì, ma nessuno è mai tornato a raccontarlo. Un filosofo greco raccontava che è come dormire e poi ci si ritrova dinanzi a un fiume, dentro una grotta, e che se bevi quell’acqua dimentichi tutto e poi rinasci .. Lasciamo stare, ora mi metto a raccontarti del Lete e dei soldati. Anche Achille, sai, il leggendario guerriero venne immerso da sua madre in un fiume speciale, da renderlo invulnerabile, tranne che in un punto ..” ti sorrisi, a malapena un incresparsi di labbra, percepii che mi sfioravi una mano.. Cat. Non piangevi, avevi le occhiaie fino al mento e il viso scavato, quando stavo male non volevi toccarmi, avevi paura di farmi male anche non volendo, quell’estate era stata una eccezione. Lo sai quanto ti voglio bene? A parole, nei fatti lo sapevo che mi adoravi, quando ero in forma, non facevo pari a giocare con te, abbracciarti, riempierti di baci e dispetti, anche se ci dividevano quasi dieci anni.  Ricambiavi, a volte parevi tanto più bambina di me. 
E sopravissi, anche se mi avevano dato l’estrema unzione, avevo superato ogni previsione, anche me stesso, poteva essere ..pacifico, eppure .. la vita mi piaceva, la amavo anche se potevo fare molto poco. Attento, non giocare troppo forte, bada agli urti .. E i lividi, il sangue che non coagulava, il dolore su nervi e giunture e febbre e delirio.. le conseguenze fatidiche e malefiche, bastava un nulla e .. Un momento era a fare chiasso con le mie sorelle, quello dopo ero piegato dal dolore. Mia madre diceva che le preghiere di padre Grigory mi aiutavano, ma .. per quello che avevo non vi era cura, ho passato mesi, anni, a fingere di dormire, i miei genitori e i medici che parlavano sopra la mia testa, come se fossi un idiota. Ero malato, mica scemo, trattarmi sempre come un bambino piccolo o un infermo alla lunga mi riempiva di rabbia. Potevo solo cercare di stare bene.
Ricordo un pomeriggio di fine dicembre, a Carskoe Selo, fermo su un divano ascoltavo le gesta di Achille, l’assedio di Troia e compagnia, TU eri vestita di chiaro, chiffon,credo,  i capelli raccolti sulla nuca, un raggio di sole faceva diventare color rame e bronzo le ciocche.  Una coperta buttata sulle gambe, che celava un arto stretto da un apparecchio ortopedico, per raddrizzarlo, camminavo male e a fatica, mi dovevano sostenere e mi aggrappavo ai mobili, alle pareti, ogni mossa un affanno. E l’apparecchio ortopedico era un arnese di tortura, lo tolleravo come i bagni di fango eccetera per far tornare dritta la gamba. La coperta celava anche il pannolone che portavo, cercavo di non pensarci., ormai lo portavo a giornate e lo odiavo, era necessario, che non mi reggevo in piedi, ma si poteva evitare diu cambiarmelo accompagnando il tutto da smorfie e sussurri, come se fossi un bebè, avevo 8 anni, mica due mesi..
Lo sbuffo divertito di Olga, che si mise a parlare degli dei greci e romani, Atena e Apollo, forse.
E poi “Il Dio del Regno dei Morti era Ade, giusto?”
“Giusto, Alessio.”
“Allora, Zeus governava la terra, Poseidone il mare e Ade gli inferi.”
“Per la mitologia sì. “ ti avevo anche chiesto di riferire che, ove fossi morto, che costruissero un monumento di pietre nella foresta per ricordarmi.
“E come divisero le cose? Ci fu una guerra o se la giocarono, tipo con le monete o..”
“Una guerra, la lotta tra i Titani. “
“Che tristezza, erano tutti fratelli e esclusero l’ultimo.”
“Sono vecchie storie, Alessio, lo sai vero.” 

“ Ade era il dio più potente, che il suo era l’ultimo regno.  E lui non aveva paura. Mi piace, cosa credi, lui era forte e coraggioso come Achille. Io sono come Achille.. Credimi.”
“Ci  credo.”
 Ci credi anche ora accidenti. Accidenti a me e a te. Stupida eroina.. Coraggiosa come il rombo di un tuono. 
Ed impaziente, lo percepisco nel modo in cui mi sollevi, nel piccolo sorriso sulle labbra. “Ti lascio un poco da solo, mm?” Staccando la mia mano dalla manica “Torno presto” Faccio una occhiata, della serie, mollami qui e non ricomparire. 
E tempo tre secondi mi rigiro inquieto, ti voglio richiamare. E il tuo nome è bloccato in gola. 
E mi ricordo di essere sempre vivo, percepisco i fili di erba sotto le dita, il calore del sole dietro lo schermo delle palpebre, un’ape ronza, sono vivo, come un cavaliere che era caduto riprendevo coscienza del mio corpo, dei rumori, perché me lo avevi ricordato e quando tornavi.. Godo il sole e la bellezza dell’estate, respiravo.
Ero vivo. 
Me lo ripetevo di continuo, non mi pareva vero. 
E pensavo, a frammenti- le chiacchiere, i sussurri, che il marito di tua madre era il tuo genitore solo in via nominale.
Che eri la .. prima scelta, in senso lato. Che mia madre non ha mai sopportato la tua, mai, a dare retta non sopportava pure te, tranne che eri il mio maggior capriccio, tra virgolette, sia nel breve e lungo periodo. È buffa, mi fa ridere.. potevano riempirmi di giocattoli, darmele sempre o quasi vinte, e tanto.. “Cat..” “Catherine”Mi hai sempre fatto sentire al sicuro, un baluardo, anche se mi hai ripetuto fino alla nausea che tu miracoli e magie non ne operavi. Lo so .. che credi, solo che .. alla lunga hai imparato a fidarti di me, come io di te, a non essere iperprotettiva e asfissiante, che amore era sapermi lasciare andare. Non hai mai detto una parola contro mia madre, mai. E ne avresti avuto motivo, lei diceva che eri una sventata, tua madre peggio di te, che ti lasciava stare, eri senza controllo, al contrario della zarina, ovvero lei, che tutto controllava e nulla comandava. La manda a giocare con gli orfani, la fa studiare e cavalcare e .. La tua misericordia, Cat, Kitty Cat, la mia gattina, come diceva Olga, se non avessi sviluppato la tua intelligenza, saresti stata frustrata, infelice, tua madre ti dava la libertà, perché .. poche sillabe, un dolore atroce
“Papa, dimmi la verità .. Cat è la tua bastarda?” Dopo che eri venuta, a casa Ipatiev, un sussurro contro la sua barba, ripensando a tutto il tempo che avevamo passato insieme, le storie, che quando c’eri non ero monitorato a vista, cavalcare e che alla Stavka eravamo sempre insieme. Insieme per dire, quando non eri dietro ai tuoi ingaggi o con Andres, tranne che mi facevi sempre sentire importante. E apprezzato. Che mi volevi bene sul serio, non avevi la vocazione per le cause perse come diceva mia nonna. 
“Alessio .. “
“Dimmi la verità”
Mia madre non aveva pianto, bizzarro, era solo invecchiata di una vita quando avevi risposto che il tuo primo figlio, aveva gli occhi chiari. Azzurri, avevi precisato, sulla domanda inespressa di Olga che aveva sorriso in tralice. Strano, mia madre piangeva sempre, se vi era disordine, che era incompresa, per me, per tutto .. MA.. era tramortita, come se un suo sospetto avesse preso corpo“Alessio”
“Dimmi Papa” 
“Prima di sposare la mamma, io ho voluto bene alla principessa Ella” Un eufemismo, Papa, quando litigavi con mia nonna, Marie, e lei ti aveva rinfacciato che Alix von Hesse, la puttana tedesca, o così dicono, era la tua seconda scelta, ti aveva rinfacciato che la principessa Ella ti amava, e tu lo amavi. Tu avevi taciuto, chi sta zitto acconsente, rilevo“A prescindere da tutto..”Dai voti matrimoniali e dalla società. Vero. E da Alix von Hesse und Rhein, mia madre. “Sì ?” 
“Alessio, non .. La vita non è semplice, io ho voluto bene alla  principessa Ella e alla tua mamma”
“Catherine è la tua bastarda” Percepii che voleva picchiarmi, un duro lampo che mi ridusse al silenzio, i pugni serrati, i miei e i suoi.
“Alessio, IO ti insegnato l’Onore. Offendi te e lei, oltre che me”
“Allora?”
“Onora tua sorella, sempre, prenditi cura di lei, come farà con te” un lascito morale, la mia eredità tra frantumi e rovine, mi sento un vuoto  profilo contro le ombre della sera. 
Proviamoci .. me lo ripeto.
Painting birds, butterflies and flowers, and the future.Since he was never alone, his family was always there for him the whole time :.. you're never alone, my little Prince, my soldier, my Alexei ..Your Cat, you said and say.. OH CAT..
   
 
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