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Autore: Sophie_moore    06/10/2018    0 recensioni
Questa storia fa parte della serie "Inktober - Persona's Stories"
Ogni tanto, Yusuke si chiedeva chi gliel’avesse fatto fare.
Sinceramente, non capiva che cosa ci facesse lì.
Non era il suo lavoro, non era quello che avrebbe voluto fare, ma gli servivano i soldi per pagarsi il materiale artistico e non era riuscito a trovare niente di meglio.
[...]«Beh. Allora devi impegnarti per fare in modo che l’arte sia quello di cui vivrai.» disse ad un certo punto, dopo qualche minuto di silenzio, in un modo talmente pacato da far quasi male.

Spero che vi piaccia!
Sophie
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Ren Amamiya/Akira Kurusu, Yusuke Kitagawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia fa parte della serie “Inktober – Persona’s Stories”

Prompt: Barista AU
Personaggi: Yusuke Kitagawa/Ren Amamiya

Un cappuccino


Ogni tanto, Yusuke si chiedeva chi gliel’avesse fatto fare.

Sinceramente, non capiva che cosa ci facesse lì.
Non era il suo lavoro, non era quello che avrebbe voluto fare, ma gli servivano i soldi per pagarsi il materiale artistico e non era riuscito a trovare niente di meglio.
Quindi si sorbiva i discorsi dei clienti senza ascoltarli troppo.
C’era che si lamentava del lavoro, chi si lamentava degli uomini, chi si lamentava delle donne, era tutto un lamentio che gli si insinuava nella mente e lo logorava, lentamente.
Finché un giorno, del tutto a sorpresa, mentre versava il caffè ad un’anziana signora, non arrivò un ragazzo in divisa scolastica.
Aveva i capelli arruffati e neri, degli occhiali da vista che gli coprono mezzo volto e un sorriso timido.
Yusuke capì subito che quel ragazzo era diverso dai suoi clienti abituali, perciò tornò subito dietro al bancone – ignorando spudoratamente le lamentele della vecchia donna.
«Buongiorno.» salutò, sorridendo.
Il ragazzo sembrò sorpreso. Si sedette sullo sgabello, si accomodò e posò la borsa sullo sgabello di fianco. «Vorrei un cappuccino, grazie.» disse.
Yusuke annuì e glielo preparò, diligentemente. Aveva la sensazione che quel ragazzo sarebbe stato completamente diverso, e non era la sua mentalità aperta a parlare.
Non poteva negare di trovare quel ragazzo molto attraente, ma in effetti non ci aveva neanche provato. Aveva accettato da tempo che il suo essere artista, sempre alla ricerca del bello, lo avrebbe portato a delle relazioni forse non del tutto consone. Non gli importava se ad essere bello era una donna o un uomo, era irrilevante.
La bellezza veniva prima id qualsiasi cosa.
«Come ti chiami? Non ti ho mai visto prima.» domandò al ragazzo, porgendogli la tazza.
«Sono Ren.»
Ren.
Era un bel nome, suonava bene. Gli stava bene.
Intavolò con lui una conversazione, senza rendersi effettivamente conto del fatto che stava facendo tutto da solo. Parlava, raccontava tutto quello che gli veniva in mente, e passò quasi un’ora così.
Il ragazzo, Ren, rispondeva poco, chiedeva poco, ma a Yusuke non importava.
In qualche modo voleva farsi conoscere nella sua interezza. E perciò arrivò a parlare dell’arte, della sua passione per il disegno, per la scultura, l’architettura, per il bello.
«Perchè sei qui, allora?»
La domanda arrivò inaspettata, interrompendo il flusso di parole di Yusuke.
«Perchè sono qui?»
Ren annuì. «Perchè lavori in una caffetteria?»
Yusuke arricciò le labbra, appoggiando i gomiti al bancone. «Devo pagarmi i materiali. Non ho una famiglia, quindi devo cavarmela da solo.» spiegò, senza pensarci troppo. Non sentiva di dover nascondere nulla, quel ragazzo dai grossi occhiali neri lo rassicurava a tal punto da non aver bisogno di avere difese.
Era forse stupido, o irrazionale, ma voleva fidarsi delle sue sensazioni.
Ren annuì, con fare pensoso.
«Beh. Allora devi impegnarti per fare in modo che l’arte sia quello di cui vivrai.» disse ad un certo punto, dopo qualche minuto di silenzio, in un modo talmente pacato da far quasi male. Aveva un’espressione talmente candida e ingenua che sembrava essere un bambino.
Yusuke rimase immobile, guardandolo. Poi sorrise.
Sì, era sicuro di aver incontrato un’opera d’arte.
  
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