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Autore: queenjane    06/10/2018    1 recensioni
Uno spin off di "Phoenix", "Once and again" et alia, ormai.. Le imprese di Catherine e Alexis Romanov al quartiere generale, la Stavka a Mogilev, durante la grande guerra, corre l'anno 1915."... Il quartiere generale.
Rumori e segretezza... E tanto lo zarevic, il diletto e viziato erede al trono dormiva, un dolce peso morto contro le mie gambe, incurante di tutto, una mano tra le mie. Rilassato, in quiete, una volta tanto, che si agitava anche nel sonno.
“ Cat”, aveva mormorato il nomignolo, Cat per Catherine... Un sospiro ... Il mio.
Che sarebbe successo? Quanto avremmo passato?
Era testardo e viziato, mi esasperava e divertiva come mai nessuno.
Un soldato in fieri.
Un monello.
Amato.
Il mio fratellino."..since he was never alone, his family was always there for him the whole time :.. you're never alone, my little Prince, my soldier, my Alexei ..Your Cat .. I love You forever, I'll lack You for always
Un portentoso WHAT IF, Alternative U.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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 “Perché..perchè” quella parola mi rotolava in gola, il dolore, la rabbia.
Piangevo, così forte che le spalle mi sussultavano, la diga di autocontrollo incrinata.
Non vi era alcuna pressante necessità sul cibo, di accudire Alessio, stare di guardia,  mi ero allontanata per sfogarmi in pace, lo avevo mollato (si fa per dire) su un pezzo di prato, Alessio, sperando che stare un minimo senza noi tra i piedi lo distraesse un poco, in quei mesi non aveva mai avuto il piacere di stare un poco solo. Prima gli piacevano il sole e la bellezza dell’estate, cercava di goderne.
Ora?  
Venti  metri, ma non volevo controllarlo, giuro, aveva il diritto di starsene in pace, io di sfogarmi, che stavo sul filo del rasoio, mi pareva di impazzire, gli girai la schiena, aspettami fino a quando non torno, meno isterica, saggia, rassegnata, oh Alessio, mio principe soldato che dovevo fare di me e di te?

 Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Così aveva detto Gesù sulla croce, loro erano passati in un Golgota di umiliazioni fino a quello, una morte atroce, come criminali, sepolti senza una croce, dispersi e smembrati.
Quando era morto Luois e avevo avuto gli aborti mi si era spaccato il cuore,  ora apprendevo cosa significasse perdere una persona amata, che, scoprivo, ora nella perdita era stata la mia metà,  la parte migliore, desideravo solo che fosse un incubo, da cui svegliarmi.
Che mondo sarebbe stato, da ora in avanti? Una notte senza fine, una perdita immane. Da desiderare di addormentarsi, per non svegliarsi mai più.
E ora, non cominciamo, non ti mettere in posa di martire, non ti compatire, hai un marito e due figli, tutta una serie di possibilità, che io non avrò più.. Lotta. Reagisci. E sarà dura e rischierai di perdere la ragione, e tanto non te lo permetto.. Io sarò sempre con te, lo sai .. nel cuore, nei ricordi, nessuno te lo porterà via, se non glielo permetterai ..
CAT.
TI PREGO.
NON MI LASCIARE.

 E aprii gli occhi, di scatto, come se fosse davvero con me. E mi  avrebbe detto quello.. Scorsi tre farfalle bianche davanti a me, posate su dei fiori rosa. Nella cultura giapponese le farfalle bianche erano i messaggeri dei morti, un ponte verso i vivi.
 Noi ora siamo in pace.. ora.
Ricordati di me …
Tutto il mio amore a chi si ricorda di me e di noi, così, alle volte, chiudevi le tue lettere, da ultimo.
 
Sempre.
Come se potessi dimenticarti…
Sarai sempre con me e tanto …
Mi sento Giuda, sono sopravissuta, la bastarda dello zar, respiro, faccio l’amore con  mio marito e scampo alle battaglie..
PHOENIX.
LA FENICE. 
Poi ..
“Alessio, vieni qui” le sue braccia sul collo, il  viso posato contro la sua clavicola, lo serrai addosso, almeno io conforto fisico, della reciproca presenza, potevamo offrircelo.
“SSt .. basta, Cat” una pausa “Don’t cry” Non piangere, sfiorandomi  “Non voglio” singhiozzai ancora più forte “E’ colpa mia quello che ti è successo.. che vi è successo” singhiozzai di nuovo “Non dire balle “ macinò due parolacce irripetibili, da soldato” .. quello che è successo in cantina.. tu non c’entri nulla, davvero” il tono aspro, deciso, mi asciugò le lacrime, un movimento solenne “E non voglio che mi lasci, intesi?”
“Non .. quando vorrai, se vuoi dimmelo” Lei me lo aveva detto, avevo appurato, mancava lui ..
Alexius vir es..” Alessio, sei un eroe, un vero uomo, capì all’impronta, il latino glielo avevo insegnato a sufficienza per tradurre quanto sopra“Proprio, Cat” Compresi, lui intendeva l’eroismo con atti eclatanti, io con la sopravvivenza, il non mollare mai la vita, con le unghie e i denti, giorno per giorno come lui. Ed ero così rintronata che manco mi ero accorta che era venuto, sommersa come ero a compiangermi<, forse era strisciato, osservai che le maniche erano sporche di fili d'erba e polvere. 
“CAT” si divincolò dopo un ultimo bacio “Hai ragione, sono troppo appiccicosa” cercando la mia leggendaria ironia “Come si fa?”
“Al solito.. un passo alla volta…”
Affermato da lui che non camminava era un ossimoro totale, ma io non colsi ironia nelle parole di Alessio, quanto una nuova sfida.
 “Ce ne andremo via.. starai bene..” mi ero ripresa, lui non parlava, già tanto che mi avesse raggiunta,e detto quelle frasi, “starai bene” era appena un sussurro, una profezia altisonante, che sentì, magari pensava che lo sfottessi alla grande ma in qualcosa dovevamo credere.. E  quella sera lo vegliai per ore, la trama delle palpebre, i pugni chiusi. Aveva camminato, aveva strisciato.. come aveva fatto.. Ora si reggeva in piedi, sostenuto,  non piegava il ginocchio, la lesione del suo ultimo attacco.  Che aveva  inventato .. Boh.. “Hai camminato?”Manco mi rispose. "Cammini, se vuoi"


Ripensai a un frammento di quel mattino avvelenato,  sarei potuta andare a cercare il furgone, ammazzare qualcuno e rimanere eliminata a mia volta. Mollare tutto e andarmene .. Potevo anche sopprimermi. “Aspetta..  posso sollevarti?”Lui aveva sbuffato, lo avevo  già fatto, mentre il mio cervello bacato si perdeva nelle sue ipotesi, mi ero già mossa. Barcollando un poco sotto il suo carico, era diventato alto e per quanto i recenti attacchi di emofilia lo avessero debilitato, facendogli perdere peso e colorito, pesava. “Che si fa?” le sue braccia allacciate sul collo, a cercare calore e riparo, la mia mano sotto al suo pannolone fradicio, avevo soppresso una mia imminente crisi isterica. Due sopravissuti che cercavano conforto da una disperata..
E l’istinto di sopravvivenza era il sedativo più potente, che li portava avanti.
Sbuffai, mi misi sul fianco, a circa un palmo da lui, senza sfiorarlo, mi riuscì a dormire fino un poco, inutile aggiungere che mi era già accanto, il palmo  contro il mio, una guancia che mi sfiorava il gomito, sulla schiena il calore di Anastasia.
Un momento di  quiete.
 
..non era tempo perso, annotava Andres, il lavoro che faceva Catherine con lui era puro amore, e pazienza, e viceversa, Catherine se non avesse avuto lui sarebbe andata in completo tilt. Entrambi sbuffavano, era impensabile che fossero così in simbiosi, lui si svegliava, il busto inarcato, teso, Cat lo stringeva,  accostandoselo vicino “Sst..” quando non lo vegliava a ore nella notte, come faceva Alessio, il viso accostato contro la spalla di lei. Io lo sapevo che parlava, a rate, ma parlava, almeno con me, poche frasi, “Ho fame”, “Dove siamo”, giusto alle sue sorelle non dava l’onore. E tanto che .. ce ne saremmo fatti di quei due ragazzini sopravvissuti a una strage, silenziosi, guardinghi.. Gli occhi color acquamarina, zaffiro e indaco..Lo sapevo. E lo sapeva anche Catherine, erano i suoi fratelli, due combattenti, come lei.
Ahumada..  La rocca dei Fuentes, la mia casa.  Magari sarebbe stata la loro casa. E pensavo a mio figlio Xavier, nel 1918 avrebbe avuto 17 anni, sarebbe stato un uomo.. E tanto viveva solo nei miei ricordi.. Era morto a una settima dalla nascita, il mio primogenito, il mio infinito rimpianto.
E pensavo..
 

Ed i sopravissuti celebrano il caso di essere sempre vivi, riti inventati e pronti sul momento.
Al diavolo i morti, sul giornale  “Le Matin” a Parigi, del 20 luglio 1918, si parlava della fucilazione dello zar, che lo zarevic e sua moglie erano stati portati via, nessun accenno alle figlie, le voci di terza e quarta mano che raccolsero i bianchi, quando espugnarono Ekaterinburg furono che erano tutti morti, la famiglia e quattro servitori, la casa era vuota,  la cantina piena di sangue e buchi dei proiettili. Vennero condotte delle inchieste. Informazioni di terza o quarta mano li davano tutti deceduti, al Pozzo dei Quattro Fratelli gli investigatori rinvennero  resti bruciati di scarpe, vestiti, schegge di gioielli e altro ancora che vennero ricondotti alla famiglia imperiale.
E non solo loro, se possibile la fine della sorella della zarina e di chi con lei era stata ancora più terribile, che almeno lo zar e i suoi erano morti nel giro di poco. Nell’aprile del 1918, un gruppo di bolscevichi aveva portato Ella dal suo convento di Mosca a Perm. Vedova dal 1905, si era dedicata alle opere di fede e carità, prendendo i voti. La accompagnava una delle sue consorelle, Barbara. A Perm, oltre a loro due imprigionate vi erano anche il granduca Sergio Mihajlovic, Igor, Ivan Costantino, i figli del granduca Costantino, ed il principe Vladimir Palej, figlio del granduca Paolo, nato dalle sue seconde nozze morganatiche. Da Perm li trasferirono poi a Alapaevsk, una città che distava 60 chilometri da Ekaterinburg, il 18 luglio 1918 vennero prelevati e portati via, fino a un pozzo isolato nella foresta, scortati da una divisione armata fino ai denti di rossi. E…
 “Scusami, Alessio” … si può sapere che hai, Cat? Mi scosto, e intanto continui a stringermi, una mano contro la mia magra schiena, mi sfiori il pannolone, reagisco scartando e mi stringi, ignorando la mia replica, mia sorella appare ancora più spiritata del solito,  che avete? Andres sta imprecando in spagnolo, presumo parolacce, pare sgomento, annichilito. E intanto mi baci i capelli, un attacco di possessivo affetto e costernazione. Ma che è successo mentre dormivo? Non è da te svegliarmi a meno che non sia qualcosa di grave, abbia  un incubo e te ne sia accorta o che tu sia spaventata da qualcosa o qualcuno“Non è possibile” ti interrogo con gli occhi , i automatico ti affaccendi a cambiarmi e il pannolone è asciutto scalcio e mugugno, non mi dai retta “Abbiamo parlato con dei soldati bianchi che vengono da Alapaevsk e .. “ Dove sta zia Ella, l’hanno liberata, come sta? Sospiri, incerta se dirmelo o meno. Parla, le cose me le hai dette sempre quando ero piccolo, ora voglio sapere, a  maggior ragione., intanto arriva un biberon di latte, piango mentre me lo cacci in bocca, bevi e zitto, mi tocchi la schiena , tastando che fai Il pannolone sia asciutto
Li avevano gettati vivi nel pozzo, tutti, per sicurezza avevano gettato delle granate.
“… non sono morti subito, per alcuni giorni è sentito un canto che proveniva dalle viscere della terra, non li hanno soccorsi per tema che i rossi tornassero e ammazzassero pure loro” la voce mi resta conficcata in gola, ti obbligo a guardarmi, come lo avete appreso che il decesso non è stato immediato? “E’ giunta l’armata bianca, hanno estratto i corpi e fatto l’autopsia. Ella Feodorovna ha usato un pezzo del suo velo  per bendare una ferita di Ivan Costantinovic, suo fratello Costantino  ha mangiato la terra..” Dopo ore o giorni erano scomparsi tutti, per l’ipotermia, le lesioni o la fame.
Deceduti.
Iniziai a agitarmi appena lo realizzai.
Non era possibile.
Agitazione per dire, respirava forte, le guance arrossate, gli occhi lucidi, mi tese le braccia, un gesto di conforto del passato, ora volontario. “SSt”
“Cerca di calmarlo”mi disse Andres in spagnolo, quelle morti avevano sconvolto anche lui, ne aveva sentite e vissute tante, definirlo basito, schiumante di rabbia era un eufemismo. Io ero annichilita, Ella Feodorovna era stata un modello di grazia e virtù, bellissima e pia, aveva dedicato il resto dei suoi giorni e delle sue opere, rimasta vedova dopo la morte del granduca Sergej, alla fede, alla carità.
“Vieni, tesoro”
 “Ci ha svegliato il Dr Botkin”aprì e richiuse i palmi, realizzai che mi stava parlando, mi scostai a guardarlo, le ginocchia raccolte sotto il mento “Saranno state le una e trenta, il comandante gli aveva chiesto di avvisarci che la situazione era insicura, dovevamo vestirci e passare la notte in cantina, era più facile proteggerci” la voce  era sarcastica, amara, il tono adulto “Abbiamo fatto con calma, siamo scesi verso le due, Papa mi portava in braccio” Entrambi vestiti con le loro uniformi, cappello, mostrine e stivali “Dopo me e lui, mia madre, le mie sorelle”In gonna scura e camicia chiara, Tata portava tra le braccia il suo cagnolino, la domestica due guanciali, al cui interno erano cucite delle scatole che contenevano gioielli, quindi il medico, il valletto e il cuoco. “.. ci portarono in quella stanza, ho contato ventitre gradini, per scendere” Sussurrai il suo nome, era perso in quell’orrore senza ritorno o rimedio, non osai confortarlo a vuoto, me lo premetti contro, in attesa o.
Alexei.
Amore.
“Non avevamo idea, sai. Il locale era vuoto, mia madre chiese se era proibito sederci, portarono due sedie, su una si mise lei, sull’altra Papa, sempre con me in braccio” Le nostre sorelle e i domestici rimasero in piedi, di fianco e di lato.
Venne acceso un furgone in cortile per coprire i rumori.
Il plotone di esecuzione era composto da dieci membri, oltre che da Jurovskij e il suo assistente Nikulin.
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro.
“… Jurovskij dichiarò che, considerati i tentativi che i nostri parenti continuavano a fare contro la Russia sovietica, il comitato esecutivo degli Urali aveva deciso di giustiziarci. E vi erano le prove. Papa ha detto cosa,due volte, mica si sentiva, per il rumore del furgone, in cortile,  Olga quali prove? Avete prove scritte.. “mi sollevò il mento, con delicatezza, lei mi aveva difeso fino all’ultimo, era morta sapendo che li avevamo fregati, che non mi avevano scoperta,  io e Andres eravamo la punta della liberazione.  E comprendeva che poteva morire, come tutti loro, ogni giorno a casa Ipatiev era segnato da quell’incubo ..ma.. fedele fino all’ultimo, ero una Fuentes, per ascendenze e matrimonio, leale fino con i suoi fratelli. Quando ero infilata, dentro la casa-prigione, aveva compreso e perdonato. Lo zar, nostro padre, per essere andato a letto con mia madre e avermi generato, me per avere capito che eravamo sorelle, glielo avevo dimostrato nei fatti.
 Ero la sua principessa, il suo altrove, la sua veggenza  “Cat, non hanno capito .. quando sei venuta, non ci hanno capito nulla come che avevi infiltrato Mattias e un altro nel plotone” Mi morsi le labbra a sangue, avevo pensato che ci avessero scoperto e tanto mi sarei sentita in colpa fino al giorno della mia morte. “Ognuno aveva un bersaglio, dovevano mirare al cuore ma.. “Lo zar era stato colpito per primo alla testa, era crollato in avanti sul pavimento trascinando Alessio nella caduta. Una pallottola aveva colpito Alessandra sul cranio, aveva avuto appena il tempo di farsi  il segno della croce.
“Gli spari sono continuati, Papa era sopra di me, sentivo le urla, i pianti.. delle mie sorelle, della cameriera, lo strattonavo per la giacca” deglutì ancora incredulo che se la fosse cavata, ora stava strattonando me per la manica, posai la mano sopra il suo palmo.
“C’è stata una pausa .. Il buio, Cat, i particolari. Il fumo delle pallottole. Il sangue sul pavimento e la polvere. Sapeva di ferro. Il cuore mi stava uscendo dalle orecchie”
Solo Olga era deceduta in seguito alla prima scarica, Tata, Marie e Anastasia erano ancora vive, urlavano, coperte di sangue, si stringevano e .. Ancora spari, successivamente le avevano infilzate con le baionette, i corsetti imbottiti impedivano alle lame di affondare nelle carne.
Alla fine le  avevano ridotte al silenzio, come la cameriera, il cuoco, il valletto ed il Dr Botkin.
Pensai che la vita di Olga era cominciata e terminata tra gli spari. 101 salve avevano annunciato la sua nascita, nel  1895, nel 1918 era terminata in una cantina umida e polverosa, in mezzo alle detonazioni,  mi piegai in avanti per stringere nostro fratello, il testimone di quello strazio.
Amalo.
Proteggilo.
Ti adora
Tutto era durato una ventina di minuti, presero i battiti cardiaci, dichiararono i decessi. “Costantino mi ha sparato due volte, vicino alla testa, ha detto che dovevo stare zitto, che ce la avrei fatta .. Che …” Lo presi in grembo, il suo dolore era liquido, senza misura, avrei voluto ammazzarli a mani nude, tutti, mi appoggiò la testa sulla spalla, lo circondai con le braccia, mi sdraiai sulla schiena, un abbraccio intimo e possessivo, sapeva di erba e estate  e paura, il mio bambino delle fate, per una irriverente alchimia eri il mio bambino Alessio, io la tua mamma, la più improponibile e sgangherata che ti potesse capitare “Ho chiuso gli occhi, Cat, ho pensato che non ero lì ma in una valle piena di fiori, che cavalcavo .. Quando mi avevi raccontato del cavaliere, un sogno per cacciare un incubo, salutavo il cielo e l’estate. Ero su Castore, non avevo paura, le strade del mondo il mio regno..”
Forse sono diventata, in modo definitivo la tua mamma in  quella radura. Figlio del mio cuore, se non del mio grembo.
Avevano caricato i corpi sul camion, un cumulo indecente, senza pietà per i morti che avevano portato nella foresta alle porte della città.
L’autista aveva sbagliato strada, il furgone si era fermato.
“Abbi cura di tua sorella, dobbiamo muoverci e.. Vi viene a prendere..” gli avevano detto, Alessio aveva cullato Anastasia tra le braccia, incredulo, lui che era malato doveva curare? .. Alessio in greco antico significa “Colui che protegge”.
“Ogni giorno, con Andres, ci siamo spostati Alessio, Mattias e Costantino ci hanno recuperato per puro caso” Non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere, se non ci avessero trovato.
“Anche tre volte in una giornata, per le spie, i rossi”
“Già.. quei contadini che ci hanno aiutato, quanto li avete pagati?” Ci avevano tenuto nascosti e dato dei vestiti di ricambio, senza badarci troppo, la sua mente vivace che frullava verso altro.
“Molto” e ci avevano ringraziato, increduli.
Non li abbiamo più rivisti.
Tornai alla cronaca che mi avevano rappresentato, a quell’orrore senza fine.
Lost.
You’re lost.
Olga.
“Dimmi il resto Cat, come se facessi un report”
“Ero brava, sai, sai che facevo ridere mio zio, con qualche annotazione, quando non si arrabbiava per i guai in cui infilavo o mi cacciavo”
“Come se ora non lo fossi, dai .. peggio di così che mi può mancare?”cercando di essere ironico, coraggioso. “Poi mi racconti,  di quando eri un soldato”, intanto.gli avevo sistemato l ennesimo pannolone, di media erano sette od otto al giornose non di più, lui non ci badava ma era un continuo
Andres sosteneva che avevo gli occhi scuri come onice, a quel giro erano spalancati nell’immaginare quell’inferno.
 
Jurovskij  avrebbe in seguito dichiarato che i  gioielli e i diamanti cuciti negli abiti facevano rimbalzare i proiettili sui corpi delle donne che, ferite e spaventate, non smettevano di dibattersi in preda al dolore e al terrore, che il suo aiutante dovette consumare un intero caricatore e poi finirle a colpi di baionetta, non si davano la pena di mollare.
I corpi vennero portati nel vicino bosco di Koptiakij e dopo avere diviso due cadaveri dal mucchio, per rendere incerta una eventuale ricognizione, li spogliarono, li smembrarono e li buttarono in un pozzo.
Li riesumarono, seppellendoli poi in una fossa poco distante, buttando poi acido solforico, i visi fracassati con il calcio dei fucili per impedire che fossero individuati..
Il giorno successivo all'esecuzione, Sverdlov, interrompendo i lavori del comitato centrale di Mosca, mormorò qualcosa a Lenin; quest'ultimo allora disse ad alta voce: «Il compagno Sverdlov ha da fare una dichiarazione». «Devo dire» continuò Sverdlov «che abbiamo ricevuto notizie da Ekaterinburg. Per decisione del Soviet regionale, è stato fucilato Nicola II in un tentativo di fuga mentre le truppe cecoslovacche si avvicinavano alla città. Il presidium del comitato esecutivo centrale panrusso approva tale decisione». Seguì un "silenzio generale", fino a quando Lenin non propose di continuare il lavoro interrotto.
Il comunicato ufficiale alla popolazione fu diramato solo il 20 luglio, in quella data il quotidiano di Ekaterinburg Ural'skij rabočij pubblicò la notizia assieme a un articolo del giornalista Safarov:
« Ammettiamo pure che in questo caso siano state violate molte regole del processo borghese e non sia stato rispettato il tradizionale cerimoniale che nella storia è sempre stato riservato all'esecuzione delle teste coronate. Ma il potere degli operai e dei contadini ha manifestato un eccezionale spirito democratico. Non è stata fatta eccezione per l'assassino di tutte le Russie, che è stato giustiziato al pari di un qualsiasi brigante. Nicola il sanguinario non c'è più. E a buon diritto operai e contadini possono dire ai loro nemici: «Avevate scommesso sulla corona imperiale? Essa è perduta, raccogliete in cambio una testa coronata vuota!»

Avevo gli incubi, come te, Alessio, appena veniva il buio, sognavi di quella cantina. A prescindere da tutto, silenzi, dialoghi, orrore, il mio unico rimedio era sdraiarmi vicino a te e appisolarmi, ci arrangiavamo di giornata in giornata, ti tenevo perennemente vicino, ti cambiavo spesso il pannolone, o controllavo. Semplici gesti, ero arrivata a essere contenta dei lanci di oggetti, degli sbuffi e dei calci che reagivi, eri vivo e vitale, rabbioso, meglio così che senza risposte, chiuso nei tuoi silenzi, come quella sera, dopo che avevi raccontato “Odio dipendere da te, non mi voglio lavare”
“Arrangiati, per me puoi rimanere sporco tutto il tempo o far fare ad Anastasia o Andres” Con lui si vergognava, lei non sapeva gestirlo per lavarlo e cambiarlo, in quell’ambito. E non scherzavo, a costo di legarmi le mani sulla schiena ce lo avevo lasciato. E il pannolone alla fine glielo mettevo solo la notte, se volevo riposarmi tre o quattro ore,  a costo di mille manovre di giorno non volevo che lo usasse se non in casi speciali, di spostamento “No.. e tanto faresti prima a farmelo tenere sempre, e non vuoi” 
“Non vuoi tu, è diverso ..”Un sospiro “Non ti voglio punire, Alessio, né umiliare.. ma ti serve aiuto”A essere sorretto, eccetera, ma tanto .. “Meglio così, odio portare i pannolini” “Ci arrangiamo, credo” “Che perifrasi” una pausa “Cattiva” un brandello di pianto nella voce “Le guardie..” erano maligne che lo chiamavano poppante e via così, io cattiva nel senso opposto, che lo stimolavo, reagiva, non era abulico. “Allora”
“Ti ODIO” di nuovo "TI ODIO" 
“Avevo inteso”  schivai il pugno. "Che si fa, Alessio?"
“Anche  no .. Odio questa situazione, che mi manca? Scusami” mi prese una mano, la intrecciò con la sua, baciando il palmo “Ho paura, Alessio”di non farcela, che ti venga un accidente definitivo, che ci ammazzino, di non sopravvivere al lutto e … “Una cosa alla volta e tanto siamo una squadra, lo sai” "Già", convenni io, aspettai un poco, gli tolsi il pannolone sporco, lo lavai, allacciando quello pulito, poi me lo trattenni addosso, la sua testa contro la clavicola, sussurrai ".. in questo momenti sei al sicuro, ti prometto che non ti porteranno via, starai con me" "LO SO" Scontato, ovvio, anche no, adesso glieli facevo tenere tutto il tempo, no "Siamo noi, sempre"
Che ti poteva mancare Alessio?
Solo di capire una cosa per un’altra, colpa mia, in gran parte, ragionasti che ti volevamo scaricare e mi accorciasti la vita, tanto per gradire, palesando il tuo lato cocciuto, che spesso era insopportabile e tanto era quello che non ti faceva mollare, mai cedere di una iota, alle volte eri veramente impulsivo e scriteriato (chi mi ricordava?! Oziosa questione, eccomi allo specchio, il mio amore per te non era cieco ai nostri difetti e somiglianze).
“Alessio!!
“Dove sta?”
“Ma .. “
“Baby..”
“Little One.. “ Anastasia, usando i suoi antichi nomignoli.
“Alessio .. ALESSIO! Dove sei?”
"ALEJO" quello era Andres in spagnolo, lo chiamava in francese, inglese, poi, oltre che russo, se lo avesse saputo anche in serbocroato, urdu e via così. 
“Alessio ..  dove sei?”
“Salta fuori o ti appendo per le orecchie alla porta!”quando ne trovo una, che al momento manca. E quella ero io. 
“ALESSIO!!!” a squarciagola, caricai la  voce, nervosa, mi stava per venire una crisi isterica “… dove cazzo sei.” TI HO PERSO? Dove sei.. 
“Smettila di urlare!! Ti sentiranno fino al Polo nord o che, sono qui scema” corsi veloce quando sentii il suo contro urlo. E quando si arrabbiava andava oltre se stesso, ed era … Uno Zeus tuonante, non lo avevo mai visto in quella guisa, realizzai, sbigottita, sorvolando che mi stava per prendere una  arrabbiatura epica, che si mescolava al sollievo, era tutto intero, nessuno lo aveva portato via, non si era fatto male. Mi ero prefigurata scenari mitici, ansiosi, un completo disastro “Sempre con le parolacce, sono stufo dei vostri schiamazzi, parete oche bastonate”
“E tu a sparire.. SONO STUFA IO!!! Sentiamo il motivo, credevo di schiantare..”
“O in Danimarca, magari, ti sentono”
“Eh?” girai la testa, vidi Andres e Anastasia che erano comparsi sullo sfondo degli alberi, valutarono che era il caso di lasciarcela sbrigare tra noi, la questione era nostra. “Che ci incastra?”
Mi guardava dal basso verso l’alto, gli occhi scuri come un mare invernale, adirato, mi sembrava di incombere e  mi sedetti accanto a lui, il fiato corto, senza toccarlo che non era proprio il caso “Allora, Alessio?” fissando le mie mani rovinate, i palmi callosi e le unghie corte, rovinate e mangiate, la mia dieta in quelle settimane, aggiungevo le unghie al cibo, erano le mani di una contadina, non di una principessa, e tanto eri la cosa migliore che potessi avere, eri amato, cocciuto e viziato, una meraviglia ed una esasperazione. 
" Non voglio andare a Copenaghen da mia nonna.. Avevi detto che decidevo io e mia sorella decideva .. non tu... Non ci vogliamo stare con lei, hai capito?" respirò a fondo, cercando di non piangere “Vogliamo stare con te, con voi, abbiamo deciso così!! Non potete avere fatto tutta questa fatica per …  per questo!! I soldi li abbiamo, i gioielli che ha nel busto..li vendiamo e vi ripaghiamo .. vi ridaremo tutto quello che avete speso per i passaporti, i noleggi, gli ingaggi! Non ci credo, che tu abbia perso tempo, a accudirmi e tenermi abbracciato per questo, o no? Tu non rischi la vita  a caso, non almeno da quando sei diventata mamma. I soldi li hai, tra gli ingaggi e le ricchezze di tuo marito, da sempre “ lo placcai in un abbraccio, dura e netta, dei soldi non mi fregava nulla, anche se era grande lo riempii di baci, lo strinsi, possessiva, non doveva scappare “Allora perché” non riuscivo a inserirmi nel suo discorso, scostò il busto e le braccia, non voleva nemmeno essere sfiorato, ora, in compenso mi arrivarono dei pugni e mi imposi di non contenerlo  a livello fisico “Mia nonna non mi vuole, non .. NON MI  HA MAI VOLUTO LO SAI! Se prima ero un peso, un impiastro .. ora che sono?Cat .. non sono un pacco da accantonare e spedire, sono una persona, non mi metti in un angolo o in cantina.. E mi molli lì, come se quello che voglio non conti nulla. Non sei come loro, Jurovskiy e le guardie, prima mi volevi bene, sempre” e ancora, di rincalzo “Lei in Danimarca? Dalla Crimea ? Come ha fatto?” Mia madre e compagnia l’avevano lasciata nel maggio 1918, la zarina madre (ragionò Alessio, ora) non avrebbe mai mollato la sua patria adottiva, la Russia, fino all’ultima stilla di resistenza, lei era una principessa danese per nascita e aveva finito di considerarsi più russa di molti che erano nati là“Cioè? Lei non andrebbe mai in esilio, manco per salvarsi la vita, se non all’ultima chiamata .. Non è una martire. Ancora, non credo…” Non penso che volesse rientrare nell’elenco dei morti, non mi risultava.
“Sei cattiva come lei, comunque” il pianto nella voce, il mio tirarmi indietro lo aveva scosso “Come loro” una pausa “Non volevo che finisse così” Manco io Alessio, fidati.  E tanto avevi ragione te, avevo fatto un caos magistrale.  
Cattiva in modo diverso rispetto a quanto sopra.
" Ascolta dieci secondi, prima di saltare alle conclusioni " avevo voglia di prenderlo a schiaffi ed era tutto dire, vedevo come apriva e stringeva i pugni e reagiva, finalmente, dopo giorni. E parlava, il viso arrossato per la collera, infine non era abulico, fosse stato un bambino piccolo sarebbe stato più semplice da gestire e tanto non funzionava in quel modo, da una parte mi sarebbe piaciuto, avrei risparmiato affanni e casini " Vedi che ragioni .. .quando vuoi. Mica si tratta di tua nonna. Si tratta di Andres.. “
………………
Illusa, sei solo un’illusa.. mi aveva definito Anastasia, forse  a ragione o forse no. Che lo cambiavo, ci perdevo tempo, ci giocavo e mi sarei fatta ammazzare per lui, illusa vero, lo so, a sperare in un lieto fine.
Quando eravamo in mezzo al nulla e all'oblio, avevo tirato fuori la storia del Talmud, che se  chiamavi una persona con  un altro nome ne potevi cambiare il destino. Ero disperata, come LEI, e Andres era uscito fuori con l’appellativo del suo primo figlio, Xavier, nato prematuro e morto troppo presto, Xavier come suo padre, un nome amato, Xavier .. Xavier Fuentes, e tanto lo amavamo a prescindere. E Alessio non ne poteva più, non era il dolore fisico, che certo non gli mancava mai, quanto  la disperazione, il senso di vuoto, la colpa di essere sempre vivo.
Tornai  a noi “Senti, non funziona così, che sparisci e dopo fai le scenate, la devi piantare di fare finta di dormire, che capisci dopo una cosa per un’altra! Io ho sbagliato a non dirtelo, subito, eri  stravolto … E tu..  ti sei comportato da sconsiderato”
“Da che pulpito!! Tu cosa facevi, quando non ti tornava qualcosa?Sparivi e .. ”
“Basta, ti metto in punizione, basta intesi”
“E chi decide, sentiamo?”con sfida, puntiglio.
“IO e fine del dettato”
Quando usavi quel tono era meglio tacere, da una parte ero curioso di vedere che avresti inventato. E non ti era piaciuto il riferimento ai dileguamenti, da qualcuno avevo imparato, fidati.. E tacqui, che ti stava per venire un’arrabbiatura da segnare sul calendario, memorabile, avevi gli occhi  neri per la rabbia. E mi sentivo in colpa, volevo essere trattato da grande e mi ero comportato come un bambino.. Invece di chiedere, ero scappato e, in ogni modo, ero rimasto disorientato. E avevi pianto, cosa che detestavi e facevi ben di rado, almeno davanti a me, a mia volta odiavo le lacrime, che piangessi per me mi faceva sentire in colpa, da capo.

Mi ricordai che la madre di tuo marito era trapassata quando aveva circa 13 anni, Sofia il suo nome.
Mia madre era morta, un colpo di pallottola in fronte sparato dai nostri nemici, e avevo 13 anni, andavo per i 14. Rabbrividii.  Ed era caldo, l’afa pioveva nell’aria, ero sudato, incerto ed infelice, mi dovevi cambiare il pannolone, rilevai, me la ero fatta addosso “Appendermi per le orecchie non credo proprio, manca la porta”
“Alessio, continua … è proprio il caso di farmi saltare i nervi? Mi hai visto all’opera, sai come posso essere antipatica e CATTIVA” Tacqui, era vero.
Ma a quel giro volevi farmi riflettere, tu dietro. 
E intanto mi caricasti in braccio, attenta e lieve. "Sai che non ti picchierei, mai"
"Lo so" Ne avevi prese così tante quando eri piccola che mai avresti riservato ad altri quella tortura, non perchè ero malato. 
   
 
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