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Autore: FairLady    08/10/2018    1 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Mentre Mark continuava a vomitare e singhiozzare nel bagno di Doug – e solo Dio poteva sapere quanto stessero tutti soffrendo nel vedere il loro amico, loro fratello, conciato così – Gary prese il cellulare e compose quel numero, l’unico che in quel momento potesse digitare.
«Cazzo, Gaz, dimmi almeno cosa è successo!», Rob era andato subito su di giri quando gli aveva detto che Mark era ridotto uno straccio. Gary non si era sentito di spiegargli le cose al telefono, aveva bisogno che l’amico corresse da loro all’istante.
«Rob, devi stare tranquillo, Mark sta bene, o almeno così pare. Penso che ne abbia combinata un’altra delle sue, ma forse stavolta ci deve essere andato giù pesante. È completamente fuori di testa, soltanto tu puoi calmarlo. Siamo da Howard.» L’amico all’altro capo del telefono rispose tra i denti: «Sto arrivando.»
Gary si sentì subito rinfrancato all’idea che Robbie li stesse raggiungendo. Per la prima volta si trovava nella condizione di non sapere cosa fare e Mark aveva bisogno di tutto il sostegno possibile.
 
Era passata qualche ora da quella telefonata, Howard aveva fatto cancellare gli impegni del pomeriggio e lo staff li aveva lasciati in pace, avendo subito compreso la gravità della situazione. Robbie non era ancora arrivato; Mark aveva smesso di piangere e vomitare, ora si limitava a starsene seduto sulla moquette con le spalle ricurve appoggiate al muro e lo sguardo vacuo, perso nel vuoto cosmico. I ragazzi gli stavano attorno, seduti per terra vicino a lui.
Si scambiavano occhiate preoccupate, a tratti quasi terrorizzate; avevano paura per l’amico, ne avevano molta perché tutti sapevano cosa Mark avesse passato, quanta volontà gli ci fosse voluta per rialzarsi da certe situazioni che nessuno di loro si sentiva ancora in grado di chiamare per nome. Temevano che potesse ricascare in quell’oblio autodistruttivo che per poco non se l’era portato via per sempre e nessuno di loro si sarebbe perdonato se fosse successo di nuovo.
Di colpo la porta della stanza si spalancò e Robbie entrò come un comandante dell’esercito pronto a fare una lavata di testa agli insubordinati. Dietro di lui lo seguiva Asia, la sua nuova fiamma…
Jason si alzò e andò ad appoggiarsi sul letto, non prima di aver lanciato un’occhiataccia a Rob che aveva portato una fan – perché così lui la reputava – in un momento così privato e delicato per il loro amico. In realtà, anche gli altri sembrarono dello stesso avviso. Nessuno espresse il disappunto ad alta voce, ma i loro sguardi non lasciarono molto spazio all’interpretazione. Non che Robbie ci badò più di tanto, comunque. Con espressione impassibile si avviò verso Mark; al suo passaggio gli altri si dispersero per la stanza per lasciare loro un po’ d’aria. Gary si accorse che Asia stava uscendo dalla camera da letto per prendere poi posto su un puff, in un angolo del salotto, come a volersi estraniare dalla situazione e lasciare loro un minimo di privacy. Gliene fu grato.
 
***
 
Mark, suo amico, suo fratello, suo compagno di avventura. Si passavano due anni, Rob era il più piccolo di tutti in effetti, eppure verso quello scricciolo aveva sempre provato uno strano istinto di protezione. Soprattutto dopo tutta la merda che lui stesso aveva dovuto affrontare dal 1993 in poi, da quando aveva scoperto appieno i vizi – e i danni - del Dio denaro e quasi ci era morto affogato dentro.
Si sentiva come il Sopravvissuto, come il peggiore dei peggiori, che aveva annusato l’odore del fondo e si giocava ogni carta per evitare a chi amava di sentire lo stesso putrido odore. E lui Mark lo amava, lo amava davvero. Avrebbe dato la vita per lui, c’era da scommetterci.
Guardarlo in quello stato gli fece così male che gli venne da piangere. Era incazzato da morire con lui, che nonostante tutti i consigli che avevano cercato di dargli, era riuscito a ficcarsi in quella cazzo di situazione. Mark si accorse della sua presenza e lo guardò dal basso verso l’alto, Rob si piegò sulle ginocchia per guardarlo negli occhi e in un istante la rabbia sfumò per diventare affetto, comprensione. Fratellanza.
«Che succede, Marky?», cercò di sfoggiare un tono intimidatorio, ma gli uscì quasi una cantilena materna.
«Eh, che succede!? Non ha ancora capito cosa vuole fare da grande, il nostro piccolo Marky!», bofonchiò Gary, che stava consumando la moquette a furia di camminare su e giù per la stanza.
«Voglio sapere da lui cosa è successo, Gaz, grazie!», tornò a fissare l’amico, che aveva pianto probabilmente tutte le lacrime e aveva due occhiaie così viola da far paura.
«Cosa succede, Mark Sono qui, dimmi.»
L’amico sospirò e sembrò leggermente più tranquillo. Chinò appena il capo, prese un altro respiro e sputò fuori tutto.
«Ha detto che sparisce dalla circolazione, che mi porta via i bambini. Ha detto che sono un fallito testa di cazzo e che se non avessi voi finirei sotto i ponti a chiedere l’elemosina, malato di cirrosi. E la cosa peggiore sai qual è? È che credo che lei non abbia tutti i torti. Sono una testa di cazzo e fallisco in ogni cosa che faccio, e soprattutto con lei… non sono stato onesto con lei fin dall’inizio e ho passato i nostri anni insieme a deluderla! Io…», Rob lo interruppe appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Non dire stronzate, per favore. Queste cose non voglio più nemmeno sentirle, devi smettere di credere alle cazzate che ti racconta quella. Sei grande nel tuo lavoro e sei grande come padre; è il lavoro di marito che non ti viene bene, ma solo perché ancora non vuoi fare i conti con il fatto che quella donna non è giusta per te e non lo è mai stata!»
Gli altri si avvicinarono di qualche passo, si fecero loro intorno. Mark alzò lo sguardo e disegnò sulle labbra una lieve curva. Non era un sorriso, Rob percepì in quella smorfia compassione per se stesso.
«Lo sai che ho ragione, te lo abbiamo sempre detto tutti. Non ami quella povera donna e non l’hai mai amata veramente, amavi l’idea che ci fosse qualcuno a prendersi cura di te, ma non lei. E questa storia continua solo a farti del male, a farvi del male.»
Mark e gli altri rimasero in silenzio. Rob, che era ancora in ginocchio di fronte a lui, gli si sedette accanto con le mani incrociate sulle gambe.
«Va bene, io chiedo e tu rispondi, ok? Chi è la malcapitata stavolta? Ed Emma cosa ha visto esattamente, vediamo se possiamo mettere una pezza a questa cosa.» Mark sospirò di nuovo.
«Non c’è nessuna pezza da mettere, Rob, e non voglio neanche. Penso che tutta la mia disperazione sia legata solo alla paura che ho di perdere Elwood e Willow», tirò su con il naso e riprese a parlare. «Rob, lei mi ha seguito, capisci? Non mi ha fatto seguire, era proprio lei dietro di me. Ha visto tutto! Dopo l’ennesima litigata sono uscito di casa per sbollire e, senza nemmeno rendermi conto, mi sono trovato a casa di Marta. Emma mi ha seguito e ci ha visti mentre ci baciavamo sulla porta. Questa volta non ho nessuna balla da potermi inventare. Era lì.»
Rob si prese la testa tra le mani. «È sì, amico, in questo caso c’è poco da fare…»
«Si è messa a strillare come una pazza, urlava che stavolta l’avevo fatta davvero troppo grossa e che mai e poi mai si sarebbe di nuovo fidata di me. Ha gridato che i miei figli non meritano un padre così. Te lo giuro, era fuori di senno. Il punto è che ha ragione.
Improvvisamente una voce si levò dall’altro lato della stanza, come se si trattasse di un narratore esterno che aveva lasciato scorrere la storia senza commentare.
«Beh, se avessi in testa più corna di un cesto di lumache, anche io sarei un tantino inviperita, mi sembra una reazione abbastanza normale.» Così come Asia aveva parlato, tutti si erano voltati a guardarla attoniti. La ragazza si portò una mano davanti alla bocca con gli occhi scuri sgranati, conscia di aver detto qualcosa di troppo. «Scusatemi, – disse, quasi balbettando – io, io ho pensato ad alta voce. Forse è meglio che io mi tolga di mezzo, vado a prendere qualcosa da bere al bar.»
Howard, chiedendo il permesso a Rob, si offrì di accompagnarla e anche gli altri li seguirono. Quella stanza era diventata improvvisamente troppo affollata.
 
***
 
Mark in serata era tornato a casa, ma le cose non erano andate certamente meglio. Avrebbe voluto prendere una stanza in albergo per quella notte, ma nonostante tutto Emma meritava che tornasse a casa, anche se avrebbe voluto dire continuare a litigare.
Alternava momenti di tristezza e lacrime ad altri in cui, per distrarsi, fantasticava su lui e Marta insieme. Ogni tanto bussava il senso di colpa, perché in quel momento così caotico e triste – perché, nonostante tutto, un matrimonio in frantumi era sempre triste – riusciva quasi a ritagliarsi degli istanti in cui gioire del fatto che dopo la tempesta il sole sarebbe finalmente sorto con Marta. E nessuno poteva sapere davvero quanto quel pensiero gli desse forza.
Emma, dopo qualche ora di silenzio, aveva iniziato a urlargli contro di nuovo. Mark ormai non sapeva più cosa dire, ché alla fine cosa aveva ancora da aggiungere?
Poi, di colpo, gli tornarono alla mente le parole di Rob dello scorso pomeriggio e tutto fu irrimediabilmente chiaro.
Già, irrimediabilmente, perché dopo questa chiacchierata sarà sicuramente la fine.
«Sai cosa mi fa incazzare di più di tutto questo, porco schifoso? Che io ti ho visto, ho visto nei tuoi occhi sollievo quando ti ha raggiunto. Ho visto come la guardavi. Ti sei innamorato di una ragazzina e per questo hai buttato all’aria la tua famiglia! Fai schifo!»
«Emma! Emma!», la donna, dopo aver sfogato l’ennesimo attacco di rabbia, corse in bagno e si chiuse dentro. Mark le andò dietro, ma Emma fece in tempo a chiudersi dentro a chiave lasciandolo fuori.
L’uomo poggiò la schiena alla porta e si trascinò giù fino a sedersi, sfinito.
«Em, non lo sai… tu non lo sai quanto mi dispiace. Io – prese un respiro lungo un’eternità – io, non avrei mai voluto che finisse così, avrei dovuto essere più onesto con te, fin dall’inizio.»
«Stai zitto, merda!», echeggiò dal bagno. Mark pianse per la frustrazione.
«Il fatto è che io non ti ho mai amata come meritavi che un uomo ti amasse, Em! Ti ho sempre voluto un gran bene, ma non ti ho mai amata come speravi di essere amata da me.»
La porta si aprì all’improvviso dietro la sua schiena. Mark si alzò di scatto e la prima cosa che vide fu un’ira furiosa negli occhi verdi. In quel momento più che mai toccò con mano il male che le aveva fatto e la voglia di liberarla.
«Io non ti amo, Em. Meriti di trovare la felicità. Io ti faccio solo del male.»
Il secondo dopo Emma stava scaraventando fuori dal bagno ogni oggetto che le passasse tra le mani e lo colpì in testa con una spazzola.



 
Va bene, lo so, sicuramente qui non c'è più nessuno, ma seppur con una lentezza logorante voglio continuare e finire questa fan fiction. Perché Mark merita lo sforzo.
Chi c'è batta un colpo per favore. 
Un abbraccio
Fair
   
 
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