Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: alga francoise14    11/10/2018    12 recensioni
Perché ogni anima, anche la più nobile, nasconde un lato oscuro...
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A quasi tre mesi dall'ultimo aggiornamento, riusciamo finalmente a postare questo benedetto capitolo! Ovviamente ci scusiamo per l’immane ritardo… a nostra discolpa, possiamo dire che tra i motivi, oltre a un’oggettiva mancanza di tempo da parte di entrambe, c’è stata anche la volontà di portarci avanti con il lavoro prima di postare, in modo da tornare ai nostri consueti ritmi di un capitolo ogni due, max tre settimane, tanto più ora che entriamo nel vivo della storia. Per chi volesse rinfrescarsi la memoria, ricordiamo che c’è un piccolo riassunto nel capitolo 9 ( scusate, inizialmente avevamo indicato erroneamente il 10!!) mentre nel capitolo 10 abbiamo finito di presentare i nostri personaggi, tra i quali una certa Aurore de Grammont che ha suscitato dubbi e perplessità… a voi scoprire se tali sospetti siano fondati XD!
A chi ancora vorrà… buona lettura!
A&F
 
 
 
 
Il seme del dubbio
 
La soffice isoletta di meringa adagiata su un piccolo mare di profumata crema inglese aveva un aspetto invitante. Con fare serio Jean  affondò il cucchiaio nella delicata ile flottante e se lo portò alla bocca, guardando di sottecchi la moglie che, seduta di fronte a lui, lo scrutava attenta con un'espressione vagamente apprensiva,  quindi lo assaporò con aria critica per un lungo momento e infine sentenziò soddisfatto:
"Deliziosa”
Il viso di Aurore si distese in un sorriso.
“Meno male !” Esclamò sollevata “Temevo di non essere riuscita a fonder bene lo zucchero con le uova, Suor Geneviève mi rimproverava sempre di non mescolare abbastanza”.
“Suor Geneviève doveva essere estremamente severa...” osservò di rimando Jean “e molto probabilmente anche poco pia...”
“Poco pia? Oh no, no.." si affrettò a rispondere Aurore, allarmata dall'idea di poter aver dato un’errata impressione di quella che era stata una delle sue più care insegnanti “Vi garantisco che era estremamente devota oltre che di dolcissimo cuore, la Madre Superiora la additava sempre come esempio a noi educande, diceva che lei era...”
"Che io sappia, gli angeli come voi vanno solo  adorati...e non certo fatti oggetto di rimproveri tanto pretestuosi”  la interruppe Jean fissandola con un sorriso. 
Aurore arrossì e tacque all'istante.
Imbarazzata, abbassò lo sguardo non tanto per il complimento  quanto per essersi resa conto di non aver avuto lo spirito per cogliere il senso delle parole di suo marito ed essersi lanciata in una sciocca arringa in difesa della pia donna.
“Mia Aurore...” sospirò Jean e congedato con un cenno il valletto che presiedeva alla colazione, si alzò dal suo posto e raggiunse la moglie che sedeva, ora incupita, all'altro capo del tavolo “Così dolce, ingenua, amabile” continuò in tono lievemente canzonatorio raccogliendo tra le dita un ricciolo ribelle sfuggito all'acconciatura “ma così totalmente inadeguata...”
Aurore corrugò la fronte e per un momento strinse le labbra mortificata.
“Mi dispiace Jean, l'ultima delle mie intenzioni è essere per voi fonte di imbarazzo” mormorò continuando a tenere lo sguardo imbronciato sulle mani conserte in grembo.
“Mia colomba... siete per me fonte di delizia non certo di imbarazzo; ricordatelo sempre..." ribatté il marito sfiorandole la nuca scoperta con il dorso delle dita in una carezza lieve che tuttavia provocò ad Aurore un brivido tanto intenso che, percorrendo rapido la schiena, arrivò dritto al cuore facendolo sobbalzare.
“Non crucciatevi, non è colpa vostra se non avete avuto la possibilità di esordire in società avendo al vostro fianco una chaperon che vi facesse dono della sua esperienza[1]” continuò Jean “Se la mia amatissima madre non ci avesse tanto tragicamente abbandonati, avreste avuto la più perfetta delle maestre da cui prendere esempio, ma vedrete... imparerete ugualmente, purché parliate poco ed osserviate molto. Certo sarà più impegnativo, ma sono sicuro che riuscirete, rendendomi il più orgoglioso tra i mariti oltre che il più innamorato tra gli uomini...”
“Oh Jean, per me è così difficile...” obiettò Aurore sconsolata “So di non avere scioltezza nei modi, né gusto nella scelta degli abiti, e i miei pensieri poi... sono spesso vaghi e confusi e così ogni qualvolta devo incontrare qualcuno o partecipare ad un'occasione  mondana vado in agitazione...”
“Vi garantisco che ciò che traspare è solo grazia e amabilità” la rassicurò lui carezzandole una spalla per poi chinarsi a posarvi un bacio lieve mentre le dita scendevano lente lungo il braccio.
Aurore quasi tremò chiudendo gli occhi per un lungo istante.
“Sì certo, avete ragione farò  come mi consigliate,” disse con voce malferma “mi impegnerò ad imparare per diventare la moglie elegante e garbata che meritate" continuò  mentre le dita di Jean si facevano più audaci “Eppure... eppure non posso negare che mi sentirei  più tranquilla ed infinitamente più sollevata se solo avessi una guida in questo difficile percorso...” aggiunse in un fiato dopo un momento di esitazione.
Le carezze di Jean si interruppero bruscamente “Ma purtroppo, come già detto, colei cui spettava questo compito non è più tra noi e voi  non avete una madre, né una sorella maggiore, né una zia o qualsivoglia altra parente che possa assolverlo...” ribadì Jean tornando a sedersi evidentemente infastidito.
“Ma madame Jarjayes in quanto moglie del cugino di vostra madre lo è... seppur lontanamente” insisté Aurore, troppo spaventata dall'idea di dover affrontare da sola quella vita di società che le trasmetteva malessere ed ansia, per rendersi conto del rischio cui stava andando incontro indugiando in una richiesta che suo marito aveva mostrato di non gradire “la sua conversazione e le sue maniere sono sempre ineccepibili  e da tutti è ritenuta un modello di grazia ed eleg...”
 La voce le morì in gola e le parole le si spensero sulle labbra quando si accorse che il viso di Jean era diventato duro come pietra.
“Marguerite de Jarjayes è l'ultimo degli esempi che vi serve di seguire!” sbottò  con durezza il marito "È una presuntuosa intrigante che agisce guidata da invidia e fatuità. Indegna di baciare le vesti di mia madre ha tuttavia deciso  della sua vita, ma per Dio starà ben lontana da mia moglie!”
“Mi... mi..dispiace...  Non... non pensavo che...” balbettò Aurore spaventata, rendendosi conto, ormai troppo tardi, di essersi spinta in un terreno spinoso e soprattutto di aver irritato suo marito, che sapeva quanto non gradisse essere contrariato.
Jean non rispose ma la fissò per un lungo istante. “Venite qui” le ordinò in tono perentorio.
Aurore sentì seccarsi la gola e senza dire una parola, posò sul tavolo il tovagliolo che teneva sulle gambe, scostò la sedia, si alzò e lo raggiunse.
Rimase in piedi innanzi a lui, come una scolaretta, senza il coraggio di guardarlo, con  lo sguardo  rivolto alle mani che teneva strette in grembo, sentendo lo sguardo di suo marito, che adagiato allo schienale della sua sedia la fissava senza parlare. Solo quando lo sentì alzarsi trovò il coraggio di sollevare gli occhi a guardarlo.  
“Siete confusa,  me ne rendo conto” esordì Jean comprensivo “per  voi tutto è nuovo ed indubbiamente difficile, lo capisco...”
Aurore annuì sforzandosi di trattenere le lacrime mentre fissava gli occhi azzurri del marito, taglienti e freddi come il vento di tempesta ed il volto tanto simile a quello che immaginava dovesse avere un angelo delle tenebre.
“E per questo farò finta che nulla sia accaduto” continuò intanto suo marito, mentre col dorso dell'indice le asciugava una lacrima impigliata tra le ciglia, per poi scendere ad  accarezzarle con le dita guancia e collo.
La tempesta sembrava passata, Aurore pensò che Jean si era indubbiamente arrabbiato ma sembrava averla perdonata e si rilassò un poco, ma proprio mentre tirava un sospiro di sollievo sentì la carezza sul collo trasformarsi in stretta. La giovane impallidì mentre spalancando gli occhi sollevava la mano a stringere con le sue esili dita il polso ferreo del marito, che avvicinando il volto fin quasi a sfiorare il suo con le labbra le sibilò all'orecchio “Ma azzardatevi a contraddirmi ancora e mi vedrò costretto a dovervi ricordare nuovamente come si comporta una moglie rispettosa” .
Atterrita, sentendo il fiato mancarle ed un sudore freddo imperlarle la schiena, Aurore riuscì con un enorme sforzo a dominare il panico e trovare la forza  per annuire. Solo allora Jean allentò la presa e sorrise; e quando pochi istanti dopo il generale Jarjayes, preceduto da un valletto che annunciava il suo arrivo entrò nella sala, quello che i suoi occhi colsero fu un momento di affettuosa tenerezza tra due coniugi innamorati.
“Buongiorno Jean” esordì Augustin per poi inchinarsi brevemente ad Aurore che lo fissava spaesata.
“Vi sentite bene Madame? Sembrate pallida” domandò osservando il viso tirato della giovane.
“Sto bene, grazie Generale, ho solo un leggero mal di testa... Nulla di cui preoccuparsi” mentì Aurore.
“Le  stavo giusto facendo notare la medesima cosa” intervenne Jean “Consigliandole di  riposarsi un po' invece che andare a passeggio al Parc Monceau[2], come sembra sia intenzionata a fare, ma a quanto pare ne ha sentito meraviglie e non vuole darmi ascolto”.
“La capisco, ed approvo  la sua decisione” sorrise il Generale "In effetti i giardini Monceau anche in questa stagione sono un luogo incantevole, il duca di Chartres ha saputo realizzarvi un'autentica terra di illusioni e poi non c'è niente di meglio che un po' d'aria per lenire una leggera emicrania "
“E sia amore mio! Fate come volete! ma non stancatevi troppo e copritevi bene”.  Aurore annuì ed accennò un sorriso
 “Allora se volete scusarmi vado a prepararmi” disse, quindi rivolgendosi subito dopo al Generale lo salutò con grazia ringraziandolo per il sostegno ricevuto ed uscì dalla stanza.
Quando furono soli Jean invitò il Generale a seguirlo in un piccola sala sobriamente arredata che affacciava su rue Pas de La Mule, eletta, tra le  sale dell'elegante appartamento che la giovane coppia aveva fittato nel Marais, a suo studio, avendo preferito lasciare alla moglie la bella veduta dei giardini di Place Royale[3].
“Allora, siete riuscito a riportare la mia ostinata sorellastra all'obbedienza se non alla ragione?” esordì sedendosi ed invitando il Generale a fare altrettanto.
“Obbedienza e ragionevolezza non sono tra le peculiarità di Oscar a quanto pare...”
“La cosa non dovrebbe essere per voi una sorpresa Generale, non posso certo dire di conoscerla bene, ma che una donna come lei non fosse incline a delegare mi pareva una cosa abbastanza evidente”.
Il Generale sbuffò ed iniziò a tamburellare nervosamente le dita della mano sul bracciolo della poltrona.
“No, certo che non lo è” convenne “Eppure dopo il netto rifiuto che aveva opposto in principio, sembrava essere scesa a più miti consigli; sembrava avesse compreso che non poteva continuare a vestire l'uniforme, che la vita che aveva condotto oramai non era più nel suo interesse, né tantomeno in quello della famiglia, ed io mi ero illuso, scioccamente lo ammetto, che fosse stata proprio la ragionevolezza delle motivazioni che accompagnavano  la mia decisione ad averla convinta, assieme chiaramente, alla possibilità che le davo di poter scegliere il suo futuro marito, dal momento che il Maggiore Girodelle, contrariamente a quanto supponevo, non era di suo gradimento”.
“Avete mai pensato che il cuore di Oscar possa essere già impegnato?” domandò Jean all'improvviso.
Perplesso il Generale aggrottò la fronte valutando per un istante quella possibilità che effettivamente non lo aveva mai sfiorato, quindi scosse la testa deciso.
“Se così fosse stato non avrebbe avuto che da dirlo” obbiettò “del resto il suo comportamento al ballo è stato piuttosto esplicativo circa la sua totale mancanza di interesse, se non peggio, per qualsivoglia dei gentiluomini presenti."
“E se colui che le interessa non fosse stato presente... ?”
“Non è possibile. Al ballo c'era ogni singolo, giovane uomo di rango adeguato che potesse aspirare alla sua mano”
“Sì, è vero, avete ragione" convenne Jean "ma ipotizziamo per un momento che costui per un qualche motivo non possa essere tra i pretendenti”.
“Volete dire che Oscar potrebbe avere una liaison con un uomo sposato?" domandò il Generale dubbioso "No... Non è possibile, non sarebbe da lei ve lo garantisco e su questo sono disposto a mettere la mano sul fuoco...”
Jean si alzò. "No, Generale, non è questo che intendevo” ribatté andando verso la finestra dove, con lo sguardo rivolto alla strada, rimase qualche istante in cerca  delle parole adeguate per dire quanto credeva. Quando si voltò nuovamente verso il suo interlocutore che ancora seduto lo fissava in attesa, tirò un pesante sospiro “pensavo più che altro al fatto che magari, colui che le interessa potrebbe... non essere un gentiluomo di rango adeguato, o più semplicemente potrebbe non essere affatto un gentiluomo” disse con gravità.
Come colpito da uno schiaffo il Generale scattò in piedi: il viso rosso di collera.
“Cosa dite!” sbottò a voce alta “State forse insinuando che mia figlia possa essersi invaghita di qualcuno che non fosse un suo pari?! Di un borghese?! Di uomo di bassa estrazione?! O magari come la protagonista di un qualche romanzetto addirittura di un lacchè o un palafreniere...”
“O di un attendente...” suggerì Jean per nulla intimorito, fissando con calma il padre dritto negli occhi .
A quelle parole da rosso che era il viso del Generale si fece pallido. La rabbia sparì  improvvisa come era comparsa, lasciando spazio ad un senso di smarrimento e  il nome di André gli sfuggì dalle labbra in un mormorio quasi impercettibile. 
“No... non può essere...”  disse, ma qualcosa dentro di lui era oramai scattato “Certo loro hanno un rapporto particolare ma è perché sono cresciuti assieme; lui per Oscar è sempre stato un punto di riferimento, un modello maschile, io stesso ho voluto che lo fosse dandogli a tal proposito un'educazione adeguata, certo lei lo stima e lui le è affezionato e forse nel loro rapporto c'è più familiarità  di quanto sarebbe lecito aspettarsi, ma è solo una sincera amicizia... non di più...” continuò cercando di convincere se stesso più che il figlio, che dal suo posto accanto alla finestra lo guardava andare su e giù per la stanza in preda ad un turbamento che lo spingeva  ad affannarsi in un turbinio di ragionamenti che tuttavia sembravano sortire l'effetto contrario a quello voluto “ll tempo che passano assieme... be'.... sì... è molto e certo esula da quello del dovere, ma lui è sempre stato per Oscar una compagnia, e starle dappresso, tenerla d'occhio, è per mia stessa  volontà, un preciso dovere di André, ma lui è un uomo d'onore... una persona dabbene... mai tradirebbe la mia fiducia ed Oscar, per quanto sia un’idealista non potrebbe mai...”
D'un tratto una ineluttabile consapevolezza agghiacciò il Generale interrompendo quel fiume di parole. L'altero militare ammutolì sentendo un peso opprimente  schiacciargli  il cuore. Chiuse gli occhi e portandosi una mano alla fronte esclamò sopraffatto “Dio Misericordioso!”
“Calmatevi, non è detto che sia così...” intervenne Jean raggiungendo il padre e poggiandogli una mano sulla spalla in un gesto di incoraggiamento "la mia è solo un'ipotesi che nasce da quel poco che ho avuto modo di osservare, non ho alcuna certezza in merito; vi ripeto, potrei essermi sbagliato".
Il Generale  scosse la testa con un'espressione amara senza però riuscire a pronunciare il no che aveva sulle labbra.
“E invece sì” rispose Jean a quella muta constatazione “Ad ogni modo credo sia il caso di approfondire e se fosse come supposto non mancheranno i modi per risolvere il problema, anzi paradossalmente direi che se le cose stessero così, sarebbe piuttosto facile  trovare la strada per vincere la riottosità di mia sorella e risolvere una questione che diversamente sarebbe di difficile soluzione”.
Col volto ancora pallido e l'espressione tesa il Generale voltò le spalle a Jean e si avvicinò  ad una consolle dove una bottiglia di liquore di un caldo color ambrato faceva bella mostra di se contornata da una serie di calici panciuti. Con la mano agitata da un leggero tremito la afferrò per il collo e riempì fin quasi all'orlo uno dei bicchieri.
“È un Rum proveniente della Martinica Generale, è piuttosto forte vi consiglio di andarci piano...”
Il Generale sbuffò un sorriso e in tutta risposta si portò il calice alla bocca e lo vuotò in un sorso .
“La vostra logica è ineccepibile, Jean” disse con ritrovata fermezza  posando il bicchiere “tuttavia vi garantisco che mi è davvero difficile augurarmi che mia figlia abbia intessuto una relazione con un servitore” aggiunse con un  tono pieno di disprezzo “Ad ogni modo, ora che mi avete aperto gli occhi non posso che considerare questa possibilità alla luce della quale tante cose mi appaiono più chiare a partire da una frase che Oscar mi ha  detto durante la discussione che abbiamo avuto dopo il ballo e che avevo mal interpretato...”
“E cioè?” chiese Jean in tono interessato.
“Mi ha detto che né l'interesse né l'imposizione  sarebbero state le basi su cui avrebbe costruito la sua vita e che per questo non avrebbe mai sposato qualcuno che non avesse scelto in piena libertà, e quando io le ho risposto che le avevo dato tutta la libertà che le occorreva, lei ha ribattuto che essere liberi di scegliere non equivaleva ad essere liberi di amare e che comunque non aveva bisogno di concessioni per scegliere quale sarebbe stato il corso della sua vita, poiché in proposito aveva deciso già da tempo”.
“Una risposta piuttosto decisa... e chiara”.
“Già... io lì per lì ho pensato che si riferisse ad una volontà di essere indipendente, di non avere vincoli, ho ribattuto che le sue sono utopie irrealizzabili, ma probabilmente si riferiva al fatto di aver già scelto con chi dividere il proprio futuro”.
“Potrebbe essere, come no... Non dimenticate che al momento tutto ciò è comunque una supposizione; permettetemi tuttavia di occuparmi della cosa così che possa portarvi  la certezza e allora, nel caso, valuteremo il da farsi...”
Il Generale sospirò. “E sia Jean” concesse “Ad ogni modo, benché mi auguro che i vostri sospetti siano stati fallaci quanto le mie supposizioni, ho pochi dubbi. Ho sbagliato a sottovalutare  il rapporto che unisce Oscar ed André e ancor più i rischi di una  così assidua e continua vicinanza, ma l'inconcepibilità della cosa unita alla stima per l'una e alla fiducia nell'altro, mi hanno impedito di avere quello sguardo obbiettivo che a voi non è mancato”.
“Non fatevene una colpa, non si è trattato di obiettività. Vi garantisco che neanche io avrei mai azzardato una simile supposizione se il caso non mi avesse  messo nel posto giusto  al momento giusto, instillandomi una curiosità che mi ha spinto ad una più attenta osservazione; e comunque se ho dubbi e non certezze è perché il comportamento di Oscar e Andrè a parte alcune sfumature è sempre stato molto misurato”.
“Non sarebbe potuto certo essere altrimenti... Immagino siano entrambi ben consapevoli di quel che costerebbe loro una simile relazione. Ad ogni modo, che siamo o meno in errore, è giunto il momento di mettere fine all'idealismo di Oscar e a qualsiasi illusione abbia di poter cambiare il mondo. Il suo comportamento al ballo, al di là di ogni altra cosa, è stato deplorevole. Contravvenire così apertamente ad una mia manifesta volontà è stata una fonte di imbarazzo su cui non mi è possibile soprassedere. Oggi per me finisce il tempo dei rimorsi e delle esitazioni e vi garantisco che, volente o nolente, per Oscar inizierà quello dell'obbedienza”
 
 
 
Dicembre era alfine arrivato. Sin dal mattino, infatti, un vento gelido sferzava i giardini della reggia piegando impietosamente alberi e siepi, e alla pioviggine si era appena sostituito un nevischio sottile, che avrebbe presto iniziato a formare a terra una patina trasparente e insidiosa. Con l’incombere della sera spostarsi a cavallo non sarebbe stato affatto semplice, constatò allora Oscar con un sospiro… ma lei era ancora lì, a Versailles.
Incupita da quelle considerazioni, si staccò bruscamente dalla finestra che dava sul piccolo cortile sottostante il Petit Appartament[4] e si avvicinò al camino, un tripudio di marmo rosso e decorazioni dorate in stile pompeiano, guardando distrattamente, alla luce dei doppieri, la propria immagine riflessa dall’imponente specchio che lo sovrastava. Si sentiva così stanca… e nonostante il fuoco fosse acceso dalle prime luci dell’alba, la stanza era gelata.
Sospirò ancora, Oscar, e mentre tendeva le mani intirizzite in direzione delle fiamme, si augurò che la Regina avesse ormai terminato la sua toilette per la cena di commiato del principe Cảnh e del suo accompagnatore, padre Pigneau de Béhaine[5], ormai prossimi alla partenza, dopo il lungo soggiorno a Corte, per fare ritorno nella lontana Cocincina.
Se non altro, pensò in quel momento, poiché Girodelle si era offerto di provvedere in sua vece al normale servizio d’ordine, scortare Sua Maestà sino alla sala del banchetto sarebbe stata per lei l’ultima incombenza della giornata; poi, neve permettendo, avrebbe potuto finalmente raggiungere André a La BonneTable, come concordato grazie al breve scambio epistolare affidato a Gaston.
Quel proposito  le strappò un sorriso. Sì, aveva bisogno di vedere André, gli ultimi giorni erano stati un inferno e specchiarsi nel verde gentile dei suoi occhi l’avrebbe aiutata a scacciare le inquietudini del cuore. Suo padre, infatti, anziché rassegnarsi continuava a farle pressioni affinché accettasse di sposarsi con Victor de Girodelle, a suo dire l’unico disposto ancora a prenderla in moglie dopo il ballo, e aveva persino minacciato di trascinarla all’altare, nell’ultima, furibonda discussione che avevano avuto. Ovviamente lei non aveva alcuna intenzione di cedere – diamine, era un soldato! –, ma  sapeva che suo padre, purtroppo, avrebbe fatto altrettanto: non si sarebbe mai arreso, lo conosceva troppo bene, forse perché in se stessa rivedeva la medesima cocciutaggine, l’identica determinazione.
Per tale motivo, negli ultimi giorni Oscar si alzava ogni mattina pregando il buon Dio che i documenti per l’imbarco fossero finalmente pronti, anche se, allo stesso tempo, le rimordeva la coscienza al solo pensiero di agire alle spalle dell’uomo che l’aveva cresciuta e per il quale aveva a lungo nutrito un sentimento quasi di venerazione.
Il suo volto tornò ad adombrarsi. Sì, senza dubbio lo avrebbe deluso, tuttavia non c’era altra soluzione, soltanto lasciando la Francia lei e André avrebbero avuto la possibilità di realizzare il loro sogno. Presto Versailles sarebbe stata solo un ricordo lontano… eppure, mentre lo sguardo vagava sulle raffinate boiseries bianche e oro alle pareti e sulla sgargiante seta verde che tappezzava le poltroncine e il canapè del Cabinet Doré[6], si domandò se avrebbe avuto nostalgia di quell’opulenza artefatta e sontuosa in cui aveva vissuto per oltre vent’anni. La risposta affiorò decisa: no. Non sarebbe stato certo facile adattarsi a una vita semplice e modesta, ma non le importava: avrebbe rinunciato a ogni lusso o comodità pur di essere la compagna di André Grandier.
Queste ed altre di simile tenore erano le riflessioni di Oscar, quando Madame Campan[7] entrò nella stanza in uno stato di evidente agitazione. Poche, concitate parole e, in un solo istante, le sue speranze di potersi congedare in anticipo dalla reggia s’infransero miseramente: a causa di uno spiacevole contrattempo Sua Maestà non era ancora pronta e l’attendeva nel suo boudoir.
 
Il Cabinet de la Meridienne era un grazioso salotto ottagonale eletto da Maria Antonietta a luogo di riposo e spogliatoio personale. Al pari degli altri ambienti facenti parte del Petit Appartament,  predominavano il bianco dei pannelli lignei e i preziosi stucchi dorati, che facevano risaltare mirabilmente l’azzurro brillante delle tende e dei broccati di cui erano rivestite le sedute e il piccolo letto, incastonato nella parete opposta alla finestra e talvolta utilizzato dalla sovrana per dormire. Fu proprio su quel lussuoso giaciglio, in effetti, che Oscar trovò adagiata la Regina, ma vestita solo in parte e pallida come un cencio, mentre intorno a lei si affaccendavano ansiose alcune dame di compagnia, una decina di cameriere e una costernata Madame Bertin, che continuava a sventolare energicamente un ventaglio davanti al volto cereo della sovrana.
“Maestà!” si allarmò immediatamente “Che cosa vi è successo?”
“Nulla di grave, Oscar” minimizzò Maria Antonietta con un debole sorriso, cercando di tirarsi su a sedere nonostante le proteste generali “Si è trattato solo di un piccolo mancamento…”
“Un piccolo mancamento? Maestà, siete praticamente svenuta!” obiettò con forza Madame Bertin, affrettandosi a porle dei cuscini dietro la schiena per sostenerla “Insisto perché sia chiamato il dottor Lassonne!”
“Non scomoderò monsieur Lassonne per un semplice capogiro, né voglio che giunga parola di quanto accaduto a Sua Maestà il re” ribatté irritata Maria Antonietta, posando i piedi sul pavimento con il chiaro intento di alzarsi in piedi “Piuttosto, continuiamo”.
“Come volete, Maestà, ma vi prego… restate seduta ancora per un po’!” la supplicò la modista, giungendo le mani quasi in preghiera.
“E forse sarebbe opportuno lasciare il corsetto allentato…” suggerì timidamente una delle cameriere.
“Madame Bertin ha ragione, Maestà… e anch’io credo che sia preferibile non serrare troppo il corsetto” intervenne a quel punto Oscar, guardando con una certa apprensione l’attillato corpino di velluto scarlatto che sottolineava implacabilmente quanto i fianchi della sovrana non fossero più esili come un tempo.
“E sia, farò come dite” capitolò la Regina con un sospiro, facendo cenno di proseguire la complessa opera di vestizione.
Oscar seguì in silenzio le ultime fasi di quello che le era sempre sembrato un autentico supplizio, ringraziando in cuor suo la presunta follia di suo padre che glielo aveva risparmiato. Subito dopo, tuttavia, con un velo di mestizia non poté fare a meno di constatare quanto le dure prove alle quali era stata di recente sottoposta la sovrana, ne avessero inevitabilmente segnato il volto e l’anima. La malattia del Delfino e la morte, pochi mesi prima, della principessa Sophie[8], avevano infatti spento da tempo il suo incantevole sorriso e venato di tristezza quello sguardo limpido come l’acqua, capace di ammaliare e sedurre persino un donnaiolo come il conte di Fersen. Fersen che alla fine si era arreso ai propri sentimenti, scegliendo di rimanere al servizio della donna amata pur di starle accanto… come tanti anni prima aveva fatto André per lei, votando la propria esistenza a un amore impossibile.
La voce ancora flebile della Regina la distolse da quelle malinconiche riflessioni.
“Ora potete andare, signore. In attesa di Monsieur Leonard, vorrei conferire in privato con il colonnello Jarjayes”. 
Seppur tra qualche borbottio di rimostranza, il piccolo entourage si congedò rapidamente lasciandole sole. Soltanto allora il volto della sovrana sembrò rilassarsi “Sedetevi pure, Oscar” disse in tono gentile.
Perplessa, Oscar obbedì accomodandosi sulla poltroncina di fronte al letto e lanciando un’occhiata preoccupata in direzione della nobile dama. Nonostante il belletto, era ancora molto pallida.
“Di che cosa volete parlarmi, Maestà?” esordì quindi titubante.
“Il principe Joseph mi ha detto che gli avete promesso di portarlo a cavalcare alla prima giornata di sole…” rispose Maria Antonietta.
“Perdonatemi se ho avuto l’ardire di farlo senza prima consultarvi, Maestà” si affrettò a scusarsi Oscar con una punta d’imbarazzo “ma l’altro giorno ho visto Sua Altezza particolarmente abbattuto e ho pensato che adeguatamente vestito e in condizioni climatiche migliori, una cavalcata nel parco potesse…”
“Non dovete giustificarvi, madamigella” la interruppe affabilmente la sovrana “Anzi, ve ne sono grata: negli ultimi giorni il mio Joseph non ha fatto altro che piangere per l’imminente partenza del suo piccolo amico, il principe Cảnh, ma voi gli avete dato un motivo per tornare a sorridere”.
“Non ho fatto nulla di straordinario, Maestà… In passato, con il Vostro permesso ho portato anche Sua Altezza la principessa a cavallo”.
“Ma la mia fiera e testarda Madame Royale non era certo innamorata di voi” puntualizzò la Regina ridendo sommessamente, mentre un guizzo birichino tornava a ravvivare i begli occhi turchesi “Forse non ve ne siete accorta, Oscar, ma il Delfino nutre una vera e propria adorazione nei vostri confronti… pensate che ha confidato a suo padre che una volta adulto intende fare di voi la sua Regina!” Il riso, tuttavia, le morì in gola tramutandosi in un singulto soffocato. “Il mio povero bambino… ” gemette affranta.
“Maestà, non dovete disperare…” mormorò Oscar rattristandosi.
“Oh, io non mi rassegno certo, amica mia, ma purtroppo i medici non lasciano molte speranze” proruppe sconsolata la Regina, sollevandosi dal letto e muovendo qualche passo nervoso per la stanza. D’un tratto si fermò, e per un lungo istante restò in silenzio dinanzi alla finestra che si affacciava sulla Cour du Dauphin, fissando pensosa i fiocchi di neve che lievi e copiosi erano iniziati a scendere dal cielo plumbeo. “Sapete, a volte mi chiedo… se tutto questo dolore, questa sofferenza… siano semplicemente la punizione che Dio ha deciso di infliggermi a causa dei miei errori” aggiunse in un sussurro.
“Siete troppo dura con voi stessa, Maestà…” disse Oscar, cercando di celare il sottile disagio suscitato da quelle parole.
“Voi dite?” obiettò la sovrana voltandosi verso di lei e incurvando le labbra in una smorfia colma d’amarezza “Amare un altro uomo al di fuori del matrimonio non sarebbe dunque una colpa?”
Turbata, Oscar non osò replicare: lei per prima, in fondo, un tempo aveva ritenuto tale il legame tra i due amanti, nonostante avesse sempre cercato di giustificare l’infelice regina agli occhi di André e persino di se stessa. Poi Maria Antonietta emise un profondo sospiro e abbozzando un sorriso disse: “Ad ogni modo, non vi ho convocato qui per affliggervi in questi giorni di letizia, amica mia… in realtà volevo esprimervi in privato, prima che la notizia diventi di pubblico dominio, le mie più sincere felicitazioni”.
Felicitazioni?” ripeté Oscar aggrottando la fronte.
“A quanto pare non sarete mia nuora e probabilmente dovrò consolare il principe Joseph per la sua prima delusione d’amore, ma… sono davvero felice per voi, Oscar, il Generale Jarjayes non poteva scegliere uomo migliore!” esclamò di rimando la Regina, ritrovando per un attimo l’antico entusiasmo.
“Maestà, io… non capisco a cosa vi riferiate…” farfugliò l’altra con gli occhi sgranati.
“Sto parlando del vostro fidanzamento con il Maggiore Girodelle, è ovvio! Vostro padre non vi ha informato del colloquio che ha avuto ieri con Sua Maestà il re?” si stupì Maria Antonietta “Eppure al termine dell’udienza ha chiesto anche il vostro congedo in vista delle nozze, congedo che per inciso il re è stato ben lieto di concedergli dopo avermi ovviamente consultato, conoscendo il profondo affetto che nutro per voi”.
Il cuore di Oscar perse un battito
“Dunque io… sarei stata dispensata dal mio incarico in base alla richiesta di mio padre?” domandò con voce tremante, mentre sentiva il sangue affluirle sul viso insieme a un’indefinita sensazione di calore.
 “Sì, Oscar, dalla prossima settimana non sarete più al mio servizio, per lo meno non in veste di colonnello… “ le confermò la Regina, equivocando le ragioni di quella strana reazione “Tuttavia, per me sarebbe un onore e un piacere accogliervi tra le mie dame di compagnia, tanto più che vostra madre ha chiesto di essere dispensata dal suo incarico a Corte per motivi di salute. Naturalmente non mi dovete dare subito una risposta, capisco che non sarà facile per voi adattarvi a una vita così diversa da quella a cui siete avvezza… ma sono sicura che grazie alla comprensione e al sostegno del vostro futuro sposo, riuscirete velocemente a trovare la vostra…dimensione”.
Non un suono uscì dalle labbra di Oscar, mentre ascoltava attonita quel fiume di parole senza realmente seguirne il filo. Un solo pensiero le martellava nella testa: era in trappola. Privandola del suo incarico e annunciando al re il suo fidanzamento con Girodelle come un fatto ormai assodato, suo padre l’aveva messa con le spalle al muro.
In quel momento l’istinto le gridò di ribellarsi: magari poteva confidarsi con la Regina e invocare il suo aiuto, perché non era Victor de Girodelle l’uomo che amava… ma sarebbe servito davvero a qualcosa aprirsi con lei? Per l’amicizia che dichiarava di nutrire nei suoi confronti e per la travagliata liaison con il conte di Fersen, Maria Antonietta sarebbe stata disposta ad appoggiarla pienamente in una scelta che andava al di là delle leggi e delle convenzioni?
Esitò, Oscar, e fu il destino a scegliere per lei. Madame Campan, infatti, in quel momento bussò alla porta per annunciare l’arrivo di Monsieur Leonard e non ci fu modo di riprendere la conversazione.
Rimase però nella stanza, mentre il famoso coiffeur acconciava sapientemente i capelli della sovrana, persa nelle sue cupe riflessioni. Nessuno sembrò badare a lei o alla sua espressione accigliata. Nessuno poteva immaginare la tempesta che le si agitava nel cuore.
Suo padre, l’uomo che le aveva insegnato cosa fossero onore e lealtà, integrità e rispetto, l’aveva tradita. Aveva tramato contro la sua stessa figlia senza batter ciglio, quando lei ancora si macerava tra rimorsi e sensi di colpa al pensiero di deluderlo con la sua fuga. Com’era stata stupida!
Ben presto lo sdegno e la rabbia ebbero la meglio sullo smarrimento e la frustrazione; e quando, più tardi, Oscar rimontò in sella per lasciare Versailles, era giunta alla conclusione che se quella di suo padre era una dichiarazione di guerra, ebbene, lei non si sarebbe tirata indietro.
 
 
 
[1] Mentore o chaperon era una madre, una suocera o una parente che si incaricava di accompagnare in società per almeno due anni una fanciulla appena sposata per insegnarle gli usi del mondo.
[2] Parc Monceau nasce per volere del duca di Chartres che nel 1769 acquistò un vasto terreno suburbano, ampio il doppio dell'attuale estensione del parco, per costruirvi una folie. Nel 1773 il duca affidò a Louis Carrogis Carmontelle l'architettura di un pays d'illusions, popolando il parco di padiglioni eclettici, secondo la moda esotica del giardino anglo-cinese del tempo: vi sorsero così, disseminati tra boschetti e sentieri labirintici, le rovine di un tempio di Marte e quelle di un castello gotico, un minareto, una fattoria svizzera, un mulino olandese, una piramide egizia, una pagoda cinese, una tenda tartara, e vi furono creati due ruscelli che alimentavano un laghetto artificiale circondato da colonne corinzie, la Naumachia. Fino alla rivoluzione il Parc Monceau fu uno dei punti di ritrovo preferiti del bel mondo, sede di feste, spettacoli e vita lussuosissimi. Fonte:Wikipedia.
[3] Attuale Place De Voyages.
[4]Serie di stanze situate dietro il Grand Appartament de la Reine, che si aprivano sui cortili interni della reggia di Versailles; furono gli appartamenti privati delle varie regine di Francia, sino a Maria Antonietta, che li fece ristrutturare tra il 1779 al 1783 (fonte Wikipedia).
[5] Girovagando in rete, abbiamo scoperto che proprio nel 1787 dalla lontana Cocincina – l’odierno Vietnam del Sud – giunse alla Corte di Francia questo particolare duo: il piccolo Cảnh, di soli sette anni, figlio di Áhn, l’unico principe della dinastia Nguyễn sopravvissuto alla rivolta  dei fratelli TâySớne, e il missionario francese Pierre Joseph Georges Pigneau, comunemente noto come Pigneau de Béhaine (1741-1799), incaricato di perorare la causa di Áhn per ottenere l’aiuto militare francese contro i ribelli e riprendere così  il controllo sui territori usurpati. Il principino fu inviato in Francia come segno di amicizia e fiducia nei confronti dei Borbone e fece subito amicizia con il Delfino, che aveva all’incirca la sua età. Il trattato tra i due paesi fu quindi firmato il 21 novembre 1787 dopo mesi di estenuanti trattative, vista la situazione economica e politica della Francia, e nel mese di dicembre i due tornarono in Cocincina.
[6] Questo ambiente, il più vasto all’interno del Petit Appartament de la Reine,  era il cosiddetto Grand Cabinet Intérieur, ma dopo la ristrutturazione voluta da Maria Antonietta nel 1783, in cui la costosa stoffa da parati fu sostituita da pannelli lignei dorati progettati da Richard Mique e realizzati dai fratelli Rousseau, fu comunemente denominato“Cabinet Doré”; era in pratica l’ufficio privato della regina, dove Maria Antonietta s’intratteneva con gli ospiti o prendeva lezioni di clavicembalo o arpa.
[7] Jeanne Louise HenrietteGenet, (1752-1822), più nota come Madame Campan dopo il matrimonio con il guardarobiere della contessa di Artois Monsieur Campan, pur non essendo nobile ricevette un’ottima educazione e fu dapprima lettrice per le figlie di Luigi XV, quindi nel 1770 fu assegnata come cameriera alla principessa Maria Antonietta, che la nominò prima cameriera (Première femme de Chambre) nel 1786, importante incarico che prevedeva la direzione delle varie attività della Regina nelle sue stanze private.
[8] la piccola Sofia Elena Beatrice, nata nel luglio 1786, morì nel Castello di Meudon nel giugno del 1787; a tale proposito, su Wikipedia è citato un curioso quanto triste aneddoto, riguardante il famoso quadro commissionato alla Le Brun, che raffigura Maria Antonietta con i figli. Ebbene, a causa della morte della principessina, la pittrice di Corte fu costretta a toglierla dal dipinto e a lasciare la culla desolatamente vuota, indicata dal principino Joseph. Come sappiamo, questi morì a sua volta due anni più tardi, evento che indusse Maria Antonietta a far portar via il quadro perché le recava troppo dolore.
   
 
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: alga francoise14