Fumetti/Cartoni americani > Avatar
Segui la storia  |       
Autore: LanceTheWolf    18/10/2018    1 recensioni
Lan-Chen aveva una vita normale, un lavoro normale, una famiglia normale e dei sogni come tutte le giovani donne delle sua età. Poi la sua vita è cambiata, Lei è cambiata. In pochi sanno cosa è successo: la sua famiglia è allo scuro di tutto e ritiene che i suoi continui viaggi, le strane persone che frequenta, non siano altro che un periodo. Che stia semplicemente passando uno di quei momenti assurdi che prendono a tutti e che prima o poi passeranno proprio come sono giunti. Per lei, al contrario, ogni parola non detta ha il solo scopo di difenderli.
Si svolge molti Avatar dopo Korra.
NB: Questa raccolta partecipa al Writober 2018 a cura di Fanwriter.it
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Iniziativa: Questa storia partecipa al “Writober 2018” a cura di Fanwriter.it.
Numero Parole: 1250
Prompt: Ago e Filo (Red List – 18/10/2018)
 


Ago e Filo


Dovevano fare qualcosa, ma cosa?
Lan-Chen non ne aveva idea.
Da che mondo è mondo, se si portavano dietro un curatore dell’acqua era per essere curati, appunto, in caso di necessità; ma nessuno le aveva mai spiegato cosa fare se fosse stato il curatore quello ferito e privo di sensi.
 
Il sangue colava dalla grossa ferita al braccio del ragazzo.
“Spiriti, si vedono le ossa!”, costatò angustiato Nam, il dominatore della lava.
“Lo vedo anche io”, disse lei, per un secondo più preoccupata di quello che gli sussurrava il suo senso sismico che di Mokuma, il ragazzo ferito: il crollo all’ingresso di quel tunnel non era stato naturale, questo era poco, ma sicuro.
L’Avatar aveva concesso loro una via di fuga, ma erano davvero in salvo adesso?
Le vibrazioni sotto la mano della ragazza cessarono; morire era già brutto di suo, ma fare la fine dei topi in trappola sarebbe stato assurdo, dopo che si erano infilati volontariamente in quel passaggio sotterraneo.
Strinse le labbra in segno di stizza: odiava non sapere cosa fare, non bastasse non tutti quelli che stavano percorrendo il suo stesso cammino riuscivano a mantenere un’andatura costante a causa delle ferite subite.
 
Procedeva, sfiorando con la mano la parete di pietra
Fuori dal tunnel, sulle loro teste, la battaglia sembrava essersi placata.
Che una delle due fazioni avesse avuto la meglio?
Sperò con tutta sé stessa che fosse stata quella dei ribelli.
L’uscita non doveva essere più così lontana, almeno per quel che riusciva a stimare con il suo dominio.
“Forza, manca poco!”, disse, sperando che questo potesse essere d’aiuto al morale generale.
 
“Il morale generale, certo”, si trovò a constatare: il professor Azar era morto, Nokato, Nam e Rozu erano feriti e Mokuma era in condizioni pietose. “Ma ormai siamo in ballo…”, si disse, cercando di trovare un ché di sensato in tutta quella situazione.
“Dobbiamo fare qualcosa o il Professore non sarà stato l’unico ad averci lasciato le penne”, Nam aveva voglia di parlare, a quanto sembrava, e senza tralasciare di sottolineare quanto la questione fosse grave.
“Non sono un medico, lo vuoi capire?”, esordì esasperata.
All’espressione sgomenta dell’elementarista davanti a lei rispose la saggezza dell’unico non dominatore del gruppo: “Penso che dovremo chiudere la ferita in modo che non sanguini”.
Lan sapeva che Nokato aveva ragione, ma come avrebbero potuto fare?
“I tuoi bracciali sono di metallo giusto?”, le fece notare Rozu avvicinandosi con la sua fiamma, l’unica luce in quell’oscurità.
“Cosa intendi? Cosa centrano dei bracciali con…”.
“E tu domini il metallo, non è così?”.
“Sì, ma non capisco come questo possa tornarci utile al momento. Ho già usato il mio dominio a mo’ di laccio emostatico, ma non s’è rivelato troppo utile”.
“Giusto!”, esordì Nokato verso Rozu, “ragazzino, sei un genio!”.  
“Dobbiamo, suturare la ferita, non c’è altra soluzione”.
“E come?”, ancora la ragazza li guardava senza capire.
“Io l’ho visto fare parecchie volte”, intervenne a quel punto Nam. “Se Rozu riesce a produrre più luce, io e Nokato teniamo immobili i lembi della ferita e tu, Lan, puoi chiuderla con il tuo dominio”.
“Ch… Cosa?”, sbigottita li guardò come fossero impazziti. “E come dovrei fare, secondo voi?”.
Quella domanda ottenne una risposta che non cercava: “Come con ago e filo”, riprese Rozu. “Devi assottigliare il metallo tanto da renderlo acuminato come un ago e sottile come un filo”.
“No, no, no, no. Non credo sia la soluzione giusta. Non ho mai fatto nulla del genere e… non sarebbe meglio cauterizzare la ferita con le tue fiamme, piuttosto?”, suggerì lei.
“È ridotto troppo male, non…”, tentò di rispondere il dominatore del fuoco, subito interrotto da Nam.
“Ti guiderò io, l’ho visto fare centinaia di volte, te l’ho detto”.
“Allora facciamo che ti fornisco quello che occorre e lo fai direttamente tu”, aggiunse ancora lei. “Non me la sento di prendermi questa responsabilità”.
Nam aprì bocca per ribattere, ma fu lui a venir bloccato, stavolta.
“Cazzate!”, esordì Nokato. “Lan, sai perfettamente che la mente è più precisa della mano e il dominio reagisce ai comandi di questa, quindi vedi di muoverti. Finiamola di perdere tempo in chiacchiere”, aggiunse ancora il ragazzo, chinandosi sul dominatore dell’acqua in terra e posizionandosi per tenere più immobile possibile il braccio leso. “Mokuma non ha tutto questo tempo”, terminò, mentre anche Nam e Rozu prendevano posizione.
“O la va, o la spacca!”, pensò Lan-Chen, cominciando a manipolare il metallo dei bracciali, assottigliandolo come le era staro richiesto e accostandosi per avere una buona visione della ferita.
“Rozu”, non necessitò di dire altro che il ragazzo intensificò la luminosità della fiamma.
Se il dominio era il suo strumento e la mente le sue mani, gli occhi erano la guida di cui necessitava.
“Perfetto”, disse Nam dopo che vide il filo di metallo acuminato sospeso nell’aria, “per prima cosa…”.
 
***
 
Forse era stata la strigliata che le necessitava, rifletté appena ripresero a muoversi nel tunnel.
Come ago e filo, aveva detto Rozu, peccato che lei non aveva mai tenuto un ago in mano. Fatto stava però che Mokuma, dopo che aveva terminato di trapassargli la carne da parte a parte neanche fosse il tacchino ripieno di capodanno, aveva smesso di prendere colore.
 
Era solo un rimedio momentaneo, avrebbe dovuto togliergli quella roba da dentro appena avessero trovato un medico o un altro curatore; da dentro, sì, perché la ferita era tanto profonda che aveva dovuto assicurarsi che le due parti recise collimassero alle perfezione e anche quelle… Arterie? Com’è che le aveva chiamate Nam? Beh, il fatto era che il sangue doveva andare nel verso giusto, né fuori dal corpo, né da qualche altra parte dentro.
Certamente quella era un’esperienza che non avrebbe mai più voluto ripetere.
“La prossima volta, due dominatori dell’acqua, poco ma sicuro”, si annotò mentalmente, quando lo sguardo le venne attratto da una luce che non proveniva dalla fiamma di Rozu. Giungeva dall’esterno, ridonando il giusto spessore a cose e persone: la fine del tunnel era a pochi passi, finalmente.
“Siamo arrivati”, le sfuggì dalle labbra, più simile a un sussurro che a una constatazione vera e propria; pronunciato per sé stessa, nella speranza che, sentendolo dalla sua stessa voce, si facesse maggiormente reale e non si rivelasse solo lo scherzo meschino della sua mente esausta.
 
Affrettò il passo. Avrebbe voluto richiamare il dominio e portare tutti con sé, ma era stanca: la sua mente era troppo provata per concederle la fermezza di comandare il suolo.
 
Si frenò a pochi passi dall’uscita: oh, solo gli spiriti sapevano quanto desiderasse emergere da quel buco, ma farsi appannare la ragione dal desiderio non era certo da lei; non dopo quanto accaduto e con la possibilità di cadere dalla padella nella brace una volta all’esterno.
“Dai Lan, un ultimo sforzo di concertazione, ce la puoi fare. Devi farcela!”, si sollecitò, sperando che la stanchezza non pregiudicasse il suo giudizio.
Controllò il perimetro con il suo senso sismico fin dove questo poteva espandersi: sembrava tutto a posto, possibile?
Possibile che fossero finalmente fuori pericolo?
Sì, possibile, il suo dominio le era sempre stato fedele, non l’avrebbe mai ingannata.
“La via sembra libera”, informò, udita solamente da Nokato che l’aveva raggiunta.
Mosse un passo verso l’esterno, mentre lo sguardo le si annebbiava.
Un altro passo e sentì la terra mancarle sotto i piedi: l’oscurità si chiuse su di lei e sull’immagine dei soldati dell’Imperatrice in fondo alla valle.
 
Aveva abusato di sé stessa, la mente non aveva retto, e non era ancora possibile tirare il tanto decantato sospiro di sollievo.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: LanceTheWolf