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Autore: LanceTheWolf    20/10/2018    1 recensioni
Lan-Chen aveva una vita normale, un lavoro normale, una famiglia normale e dei sogni come tutte le giovani donne delle sua età. Poi la sua vita è cambiata, Lei è cambiata. In pochi sanno cosa è successo: la sua famiglia è allo scuro di tutto e ritiene che i suoi continui viaggi, le strane persone che frequenta, non siano altro che un periodo. Che stia semplicemente passando uno di quei momenti assurdi che prendono a tutti e che prima o poi passeranno proprio come sono giunti. Per lei, al contrario, ogni parola non detta ha il solo scopo di difenderli.
Si svolge molti Avatar dopo Korra.
NB: Questa raccolta partecipa al Writober 2018 a cura di Fanwriter.it
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Iniziativa: Questa storia partecipa al “Writober 2018” a cura di Fanwriter.it.
Numero Parole: 1195
Prompt: Selfie (Red List – 20/10/2018)
 

Note: I protagonisti di questo racconto sono due bambini che parlano tra loro. Errori e ripetizioni nei loro dialoghi sono voluti.
 

Selfie


“Quindi questa è la tua Mokkografica”, constatò Miori, rigirandosi quello strumento tra le mani.
“Macchina Fotografica”, lo riprese Pete, recuperandola dalle mani del fratellino, prima che gli sfuggisse di mano.
“Rotografica, rotografica, ho capito”, si corresse il bimbo.
“Fot… ahhh, non importa, non è questo il punto. Devi aiutarmi! Sei l’unico che può farlo”, riprese l’altro con occhioni supplicanti, non commentando la quasi-caduta della macchinetta in terra: era un fatto normale che a Miori scivolasse tutto di mano.
“Unico, unico?”.
“Sì”.
“Dov’è la fregatura?”.
“Nessuna fregatura”.
“Nessuna, nessuna?”.
“Beh, forse una: se accetterai questa cosa potremmo non tornare più indietro”.
“L’avevo detto, io, l’avevo dettooo!”.
 
Lan-Chen seduta sulla poltrona accanto alla finestra, intenta a leggere un vecchio romanzo rosa, portò lo sguardo ai due bambini che, come ogni pomeriggio, giocavano allegri sul tappetone di pelliccia.
 
“Dobbiamo costruire una macchina del tempo”, proclamò Pete, abbassando il tono e gesticolando per rendere la cosa più stupefacente e misteriosa.
“Ehhhm… Sicuro, sicuro? Cioè una Macchina del tempo, dici? Una. Macchina. Del. Tempo”, scandì ogni singola parola come a voler palesare al fratello qualcosa di terribile, implicito nei termini stessi che ne componevano il nome.
“So che ce la puoi fare!”, ancora gli occhioni supplichevoli colpirono.
“Lo so che sai che posso. Io posso tutto!”.
 
Lan sorrise divertita, tornando a sbirciare le avventure narrate nel libro, non prima però di accendere la lampada di metallo accanto a lei per agevolare la lettura.
 
“Dobbiamo andare avanti nel tempo e farci delle foto con i Noi del futuro, per documentare il nostro viaggio, altrimenti nessuno ci crederà mai”, informò Pete.
“Eh… perché? Lo sanno tutti che siamo fantasticissimi”.
“Non tutti, sai, Kimo…”, terminò quella frase con un sospirone.
“Kimo si crede tanto grande, grande, perché è il maggiore, ma non ha niente, niente, barba”.
“Però è tanto alto”.
“Questo sì, questo sì”.
 
Due ore, una serie quasi infinita di cartone, nastro adesivo, cianfrusaglie e ogni singola sveglia di casa, più tardi…
 
“Ciao mamma Lan del futuro, non spaventarti. Tu non lo sai, ma noi siamo il Pete e il Miori del passato. Abbiamo momentaneamente preso possesso dei nostri corpi del futuro, questo futuro, quello che per te è il presente”, disse Pete, accostandosi alla madre con l’atteggiamento tipico di chi non vuole far fuggire un animale impaurito.
Lan-Chen sfarfallò le ciglia perplessa.
“Troppe parole, troppe parole, la confondi”.
“Dici?”.
“Dico, dico!”.
“Bene, allora. Saltiamo la parte in cui spiego le complicatissime operazioni scientifiche messe in atto per arrivare fin qui dal passato e passiamo direttamente al punto: puoi farti un auto-scatto con noi? Per favoreeeeee!”, occhioni supplicanti 3, il ritorno.
“Abbiamo le braccia corte, corte, per riuscire a far entrare tutto, tutto, nella foto?”.
“Ci serve. È prova inconfutabile”.
 
Lan-Chen annuì ai due bambini, fingendo nel mentre un’espressione impressionata da quanto compiuto da quei due giovani viaggiatori del tempo e, posizionati tutti e tre sulla poltrona accanto alla finestra, scattò le fotografie tanto desiderate.
 
15 giorni dopo il rullino erano stato finalmente sviluppato.
 
“Per tutti i bufali-yak, guarda quanto è grande il Me del futuro!”, esordì Pete stupito, seduto sul tappetone del salotto accanto a Miori, dopo che il fratello maggiore aveva consegnato loro le foto tanto attese, tutto preso dal posizionare ognuno di quegli importantissimi reperti nel suo librone dei viaggi.
“Un vero gigante. Davvero, davvero! E io, guarda, guarda qui!”, disse Miori entusiasta, indicando il suo visetto sulla fotografia che gli era appena stata messa sotto il naso.
“Che meraviglia! Avevi già la barba e anche io, guarda qua!”.
“Ohhh, vero, vero!”. Il loro stupore echeggiava nell’aria.
“Ihhh, quiii!”, disse ancora Pete, puntando il ditino sulla stessa foto, dove era rimasto immortalato l’orologio sulla mensola che, oltre all’ora, scandiva anche giorno e data.
“10 anni. 10 anni avanti nel futuro!”.
“Ohhh! Come siamo invecchiati beeene”.
 
Poco più in là, Lan-Chen, nuovamente intenta a scrutare tra le pagine di un libro, sorrise: l’ombra che i due bimbi vedevano sui loro visetti, la data sull’orologio, erano state opera sua. Aveva manipolato il metallo con il suo dominio in modo di creare quell’effetto di luce e spostare in avanti le lancette senza essere vista.
 
“E il prossimo viaggio dove lo faremo?”, chiese Miori.
“Uhm… andremo tra le stelle!”.
“Tra le stelle, sei serio, serio?”.
“Servirà una macchina speciale che ci porti lassù, però”.
“Già, già!”.
“Uhm…”, mugugnò Pete, incrociando le braccia al petto e facendosi pensieroso.
“Ok, ok, la faccio io!”, dichiarò entusiasta, di punto in bianco, l’altro bambino.
“Cosa?”.
“Posso farcela, posso farcela!”.
Gli occhi di Pete brillarono ricolmi d’amore fraterno.
“Solo, ci vorrà un po’. Bisogna avere un fisicaccio per andare nel cielo. Lo sanno tutti”, spiegò Miori con fare solenne.
“Io ho già il fisicaccio”.
“Certo, certo. Non confonderti con il tuo Te del futuro, però”, ribatté sarcastico il piccolo inventore.
“Ehi, guarda che ho davvero i muscoli!”, fece notare l’avventuriero, piegando il braccio in una posa plastica.
“Certo, certo, non sarò mica io a porre limiti alla tua autostima”.
“Non vale se mi dai ragione così però, è come se non me la dai”, si lamentò Pete, guardando malissimo il fratello.
“Ahhh!!! Parlando di cose serie”, disse Miori, ritenendo conveniente tornare al nocciolo del discorso. “Dobbiamo trovare tutto il materiale, ci vorrà un po’, ma ce la faremo. Ce la faremo. Io e te andremo tra le stelle. Costruirò la più meravigliosa meravigliosissima aeronave di tutti i tempi e arriveremo dove l’unico limite sarà… sarà… uhm…”, bofonchiò non venendogli nulla di buono in mente.
“La marmellata di bacche”.
“Giusto, giusto, la marmellata di bacche. Lo sanno tutti che tra le stelle non ci sono boschi”.
“Le bacche crescono nei boschi”.
“E senza boschi, niente bacche”.
 
Un secondo di silenzio, mentre piccole mani voltavano pagine e pagine di viaggi fantastici, scrupolosamente documentati da reperti fotografici e strani articoli di giornale scritti a mano con disegni stravaganti al posto delle foto.
 
“La nave ce la facciamo disegnare da Liang?”, ruppe quel silenzio Pete.
“Sì, meglio. Le mie cose a funzionare funzionano, ma non sono mai, mai, belle”.
“Quando andremo tra le stelle lo faremo con stile”, annunciò tutto orgoglioso il piccolo esploratore.
Miori lo guardò perplesso, sfarfallando le ciglia degli occhioni blu.
Pete valutò la cosa chinando la testolina di lato.
“Stile?”, domandò il costruttore di follie.
“Stile, sì!”.
“Stiiileee, Stile?”.
“Già”.
“Uhm, ma non dovevamo andarci solo noi due?”.
Fu il turno di Pete di guardare dubbioso il fratellino, sbattendo un paio di volte gli occhi verdi.
Miori gli sorrise soddisfatto.
Pete era sempre più sconcertato: era stata una battuta quella?
Miori compiaciuto dall’espressione del fratello, allargò quel sorrisone al massimo.
Pete si rese conto per la prima volta nella sua breve vita di non aver mai sentito battuta peggiore.
 
Dopo qualche secondo di silenzio e dopo aver chiuso il librone delle “Cronache dei Viaggi Incredibili di Pete e Compagni”
 
“Che dici, abita qualcuno sulla Luna?”, domandò Pete, mentre Miori aveva preso a giocare con una macchinina di legno che faceva scorrere tra la pelliccia del tappeto quasi fosse questa un’intricata foresta.
“Certo che sì, altrimenti chi l’accende tutte le notti”, rispose serissimo.
“Giusto. Te sì che sei intelligente”.
“Lo so, lo so!”.
 
Lan non trattenne un nuovo sorriso.
   
 
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