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Autore: Lost In Donbass    20/10/2018    1 recensioni
Denis è arrogante, spaccone e attaccabrighe, ma in realtà cerca solo qualcuno da amare. E che lo ami a sua volta.
Valentina è depressa e devastata, ma riesce sempre a dipingersi un sorriso sulle labbra. Per ora.
Ylja ha una famiglia distrutta, un fidanzato disturbato e gli occhi più belli di tutta la Russia. Però è tremendamente stanco.
Valerya ha tanti demoni, lo sanno tutti. Nessuno però ha mai tentato di esorcizzarla.
Aleksandra sembra essere la ragazza perfetta, anche se nasconde un segreto che non la farebbe più sembrare tale.
Kuzma tira le fila e li tiene tutti uniti, è quello che li salva. Eppure sa che non farà una bella fine.
Sono arrabbiati e distrutti. Sono orgogliosi e violenti. Amano, odiano, bevono e si sballano.
Sono i ragazzi del Blocco di Ekaterimburg e questa è la loro storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO DIECI: LE RAGAZZE AMANO

I want to paint down my memories
So I don’t forget
Can we dance when it’s cold outside?
Can we live with no regrets?
[Sleeping With Sirens – Save Me A Spark]
 
Aleksandra stava piangendo. Disperata, teneva la testa affossata sotto al cuscino, malamente abbandonata tra pigiami e coperte rosa. Era una stupida. Una stupida egoista. Il vago sapore del vomito la dava la nausea, ma non aveva nemmeno la forza di andare in bagno a sciacquarsi la bocca. Poco prima di chiamare Valya, si era chiusa in bagno a vomitare il misero pasto che sua madre le aveva preparato, e adesso non sapeva nemmeno più lei per cosa stesse piangendo. Se per Denis, se per l’anoressia che ormai l’aveva avvolta nelle sue spire, se semplicemente perché non ne poteva più. Voleva dormire, ma non ce la faceva. Voleva ascoltare la musica, ma le doleva la testa. Voleva …
-Ehi, Sasha … non piangere, dai, spiegami cos’è successo.
La voce dolce di Valya, appena arrochita dal fumo, le sospirò nell’orecchio, e la costrinse a riemergere dal cuscino, capelli arruffati e occhi gonfi. Valentina le stava acciambellata al fianco, intenta ad accarezzarle la schiena ossuta, quel sorriso triste dipinto sul volto tondo e una preoccupazione lampante negli occhi blu.
-Va … Valya … - ansimò, soffiandosi rumorosamente il naso – Ho fatto un casino. Sono una deficiente, una stronza deficiente!
Valentina roteò gli occhi al cielo, e le scostò una ciocca bionda dal viso
-Questo l’ho capito, tesoro, ma non ho capito perché. Bevi un po’.
Le diede un bicchiere d’acqua, che Sasha bevette avidamente, prima di crollare di nuovo scossa dai singhiozzi
-Ho mollato Denis.- gemette, guardando fisso negli occhi della sua migliore amica.
-Oh, Sashen’ka, ne abbiamo già parlato … - iniziò Valya, stringendosela al fianco e sfregandole affettuosamente le spalle – Rimarrete amici e …
-Non è per quello, Valya!- strillò la bionda in risposta, scollandosi di nuovo dall’amica e cominciando a piangere in silenzio – Il problema è che l’ho lasciato oggi. Oggi!
Valentina aggrottò le sopracciglia, cercando di fare mente locale. Cosa succedeva quel giorno? Era un anniversario? Un compleanno? Una ricorrenza? Un … d’improvviso, la risposta la colpì come un fulmine. Soffocò uno strillo nella mano guantata, e spalancò i grandi occhi truccatissimi, sbiancando.
-No, non può essere vero.- mormorò, ma lo sguardo devastato di Aleksandra non faceva che avvalorare la sua tesi.
-Invece lo è.- pianse Sasha, dando un pugno nel muro dipinto di rosa – E’ l’anniversario della morte di sua mamma, e io l’ho lasciato!
Le due ragazze si fissarono per qualche secondo in perfetto silenzio, prima che Valentina stirasse le gambe e si appoggiasse al muro
-Cazzo, ragazza, l’hai fatta davvero grossa.
-Grazie, Valentina, lo so già da sola!- abbaiò Sasha, alzandosi e cominciando a girellare istericamente per la stanza – Ho provato a chiamarlo venti volte, gli ho mandato trecento messaggi, pure una mail, e mi sta ignorando! Sarà distrutto, e io l’ho devastato ancora di più. Ma che razza di amica sono?! Che razza di ragazza?!
-Va bene, adesso calmati però.- Valya si era alzata a sua volta, e aveva afferrato le spalle dell’altra, fronteggiandola – Non c’è errore che non si possa riaggiustare. Denis capirà, sono sicura che …
-Capirà cosa, Valya? Sono stata un’egoista, mi sono dimenticata di una cosa del genere, e c’eravamo tutti a quel funerale.
Sasha si lasciò ricadere sul letto, passandosi una mano tra i capelli e legandoseli in una crocchia scomposta. Era attonita dal suo stesso comportamento: come aveva potuto trattare Denis così? Come aveva fatto a dimenticarsi di una cosa simile? Tacitamente, nella Banda del Blocco, tutti sapevano come trattare il capo con un occhio di riguardo quando scoccava il giorno suddetto. Era un ricordo doloroso per tutti, perché riportava alla mente quella fatidica sera di cinque anni prima, nel quale Denis si era precipitato da loro sconvolto come mai lo avevano visto e avevano tristemente appreso del suicidio della dolce signora Svetlana Shostakova. Da quel giorno, Denis non era mai più stato lo stesso. Poteva essere un bullo di periferia, ma quella luce spezzata nessuno era ancora riuscita a cancellarla. A volte, quando di punto in bianco prendeva e scappava, un fazzoletto premuto sul viso e un singhiozzo strozzato, sapevano che era perché i ricordi avevano brutalmente avuto la meglio su di lui, e lo rispettavano. Rispettavano il suo silenzio, il suo lutto, il suo dolore. Rispettavano il capo e la sua forza di cercare di andare avanti.
Valentina sospirò, e le si sedette al fianco, prendendole una mano. Se solo Sasha si fosse resa conto dell’espressione terribilmente innamorata dipinta negli occhi dell’amica. Se solo fosse stata un poco più perspicace nel capire che in quelle mani intrecciate c’era più di una semplice amicizia. Ma in quel momento pensava solamente a Denis, alle sue lacrime e a quello che aveva combinato.
-Lo so, ma lui non è stupido. Lo sa che non l’avresti mai fatto intenzionalmente, ti perdonerà. La Banda del Blocco è per sempre, Sasha: non si spezza per cose simili.
-E se invece fosse proprio questo a spezzarla?- ribatté la bionda, raggomitolandosi contro la testata del letto – Se fosse colpa mia?
-Piantala adesso!- sbottò Valya, tirandole affettuosamente un cuscino – Ti stai solamente piangendo addosso. Andrà tutto bene. Te lo prometto.
Le due ragazze si guardarono negli occhi per qualche minuto, in silenzio, e poi Sasha abbracciò Valentina, affondandole la testa nella spalla
-Grazie, Valyoch’ka. Mi chiedo come farei senza di te.
Valentina annuì, accarezzandole la schiena, e il fantasma di una lacrima le brillò tra le lunghe ciglia – se Aleksandra avesse saputo quanto erano veramente necessarie l’una all’altra, cosa covassero davvero dentro di loro, ma sapeva che era tutto inutile. Si beò il più possibile del caldo abbraccio nel quale si erano strette, annusando il profumo dei capelli dell’amica, stringendo la sua felpa con le sue piccole manine abituate a correre su e giù sulle corde di chitarra. Sarebbe rimasta stretta a lei per tutta la vita, se glielo avessero chiesto, e si sciolse dall’abbraccio malvolentieri. Sasha la guardò, con un sorriso timido dipinto sul viso ancora bagnato di pianto, e andò dallo stereo, mettendo una delle ultime hit di Mari Kraymbrery, accennando distrattamente a qualche passo di danza. Valya la guardò, e pensò che fosse bella anche così, in pigiama, la crocchia sfatta, gli occhi più rossi che verdi, e con un sorriso triste sul viso magro. Forse era dimagrita ancora, registrò la ragazza: avrebbe dovuto controllare che andasse tutto bene, non era sicura che eccessive perdite di peso per uno stecco come Sasha fossero normali. Ma in quel momento tutto scemava, di fronte alla sua bellezza, e alla sua dolcezza, anche sfregiata dalla tristezza e dal disprezzo per sé stessa.
-Balliamo?
-Eh? No, dai, sai che sono …
Ballarono. Da sole, nella tranquillità della camera, come erano solite fare da anni e Valentina sapeva che erano momenti come quelli che la facevano sentire viva. Si dimenticava del suo dolore, dei tagli, della devastazione interiore e lasciava che Sasha la guidasse in quel turbinio di capelli svolazzanti e mani intrecciate. C’era una canzone che diceva “possiamo ballare quando fuori fa freddo?”, e ogni volta pensava che si adattava perfettamente a loro due, rinchiuse nella gelida Ekaterimburg, ma travolte dalle loro innocenti danze adolescenziali. Sasha rideva, anche se le lacrime ancora le sporcavano gli occhi, ma Valya rideva con lei, di un riso doloroso ma liberatorio, mentre roteavano abbracciate sulle note di qualche canzone hip-hop russa che tanto piacevano alla bionda. Improvvisavano valzer senza regole, seguendo un ritmo che era solo nelle loro vene e dimenticavano per un attimo tutti i drammi delle loro vite. Ciocche bianche e nere si intrecciavano insieme alle loro dita inanellate, ai loro sorrisi feriti, mentre roteavano per la stanza, cercando di soffocare per un attimo i problemi che le assillavano. Erano belle, quando danzavano insieme, erano fresche, innocenti e stupende nella loro crudele bellezza di periferia. Aleksandra fece fare una giravolta a Valentina, e poi se la strinse al petto, e fu in quell’attimo che il cuore di Valya perse seriamente un battito. C’era sempre così tanto in un loro abbraccio, così tanti segreti condivisi, consolazioni dell’ultimo minuto, risate volgari, canzoni da cantare sotto le stelle, pettegolezzi succosi, casini irreparabili, che era impossibile non venire sopraffatti dai ricordi e dai sentimenti. Fu durante uno di quegli abbracci che successe. Fu proprio in quel momento, tra lacrime, Mari Kraymbrery nelle casse e sensi di colpa che Valya si alzò sulle punte dei piedi e stampò un bacio sulle labbra di Sasha. Così, senza un perché, un casto bacio che voleva dire tante cose. Ti amo, ma anche ti voglio bene, voglio essere la tua ragazza, ma anche sono la tua migliore amica. Un bacio che voleva suggellare qualcosa di più tra le due ragazze. Qualcosa che poteva come no iniziare qualcosa di completamente nuovo per entrambe. Valentina aveva aspettato così tanto tempo, che quando lo fece sentì come un peso levarsi di scatto dal suo cuore tormentato. Aveva ripreso a respirare, mille risate le rintronavano il cervello, mille strilla entusiaste le risuonavano intorno, era finalmente riemersa dallo stagno dove si era affogata con le sue stesse mani. Era contenta, sì, era dannatamente contenta di poter finalmente gustare le labbra di Aleksandra, di poter sentire quel profumo di vaniglia più vicino a sé. La baciò, e per una frazione di secondo non pensò a niente. Fu probabilmente il secondo più bello della sua vita, meglio ancora del concerto dei Tokio Hotel a cui aveva trascinato la Banda del Blocco al completo, ma poi, non appena fu esaurita la carica esplosiva che si era impossessata di lei, si rese conto di quello che aveva fatto. Aveva baciato la sua migliore amica, etero, peraltro, in un suo momento di debolezza. Cazzo. Aveva fatto un casino, un atroce, irreparabile, casino. Ma come aveva potuto?! Di colpo, tutta la gioia e la sicurezza che si erano impossessate di lei erano miseramente scemate, lasciando spazio solo alla vergogna e al terrore di essere rifiutata. Si allontanò istantaneamente da Sasha, gli occhi blu comicamente spalancati dall’orrore. La bionda la stava fissando con altrettanto sconcerto, vagamente inebetita, persa, e Valentina ebbe voglia di vomitare. Aveva appena mandato a puttane un’amicizia costruita su anni di fedeltà e di rispetto per uno stupido colpo di testa.
-Io … Io … Sasha … - balbettò, sentendo le lacrime cominciare a bruciarle gli occhi.
Sasha scosse il capo, sempre in silenzio, e si passò una mano tra i capelli. Ecco, pensò Valya, ecco come riesco a inimicarmi la mia migliore amica. Fissò quegli occhi verdi dove turbinavano mille emozioni diverse e si premette una mano sulla bocca, nel tentativo vano di fermare il pianto che già cominciava a sgorgare.
-Non volevo, Sashen’ka, scusami, ti prego … - piagnucolò, sentendo le lacrime rigarle le guancie pallide, mentre Aleksandra continuava a fissarla senza dire nulla.
Valya poteva quasi vedere fisicamente la rabbia, lo schifo che le si sarebbero rovesciati addosso e sentiva il cuore battere all’impazzata. Sarebbe finito tutto, per uno stupido errore di giudizio si stava giocando la sua vita, la sua migliore amica, il suo posto nel branco. Dopo quello che era successo il fatidico anno prima, si era ripromessa che non avrebbe mai fatto più nulla per far soffrire Sasha, eppure eccola lì, ad aver compiuto l’ennesimo sbaglio. Forse sarebbe stato meglio che avesse scoperto il segreto tanto doloroso, piuttosto che quello … si leccò le labbra, guardando con un certo terrore l’amica che si avvicinava a lei. Magari le avrebbe tirato uno schiaffo. Forse l’avrebbe abbracciata, dicendole che andava tutto bene. Avrebbe potuto sputarle in faccia.
-Scusa, scusami … - mormorò, cercando di soffocare i singulti.
-No, Valya.- la interruppe Sasha, con una fermezza quasi estranea – Non ti devi scusare. Non dopo quello che sto per fare io.
Detto questo, Aleksandra le prese il viso tra le mani e la baciò lei, con molta più rabbia, molta più passione, molta più ferocia repressa. Valentina quasi barcollò, stranita. Non quadrava: Sasha stava ricambiando il bacio. Non andava bene. Oppure andava troppo bene per poter essere vero? Quasi impacciata, mise le mani tra i capelli bianchi dell’amica, ricambiando con più timidezza il bacio. Ma poi, pensò, non avrebbe dovuto forse approfittarne, fregarsene di tutto e lasciare che per una volta fosse la follia a guidare le sue azioni? Stava piangendo in quel momento, e non sapeva se per la tensione sciolta, o per la felicità. Finalmente, Sasha stava realizzando il suo sogno, e allora non avrebbe dovuto far altro che lasciarsi andare e cavalcare quella chimera finché le fosse stato possibile.
Sasha la strinse a sé, spingendola sul letto e Valya sorrideva, cercando disperatamente un contatto sempre più di fuoco
-Sasha, Sasha ti amo.- mormorò, nei rari momenti in cui prendevano aria.
La bionda la fissò per un attimo nel profondo degli occhi, ma non disse nulla, riprendendo a baciarla con sempre più rabbia, sempre più passione e Valya si chiese perché lo stesse facendo. Forse l’amore non era davvero ricambiato. Forse lo stava facendo solo per isteria. Ma in fondo, cosa importava? Almeno, poteva dire di aver avuto Sasha, una volta nella vita. Avrebbe potuto chiedere di più, ma era così pazza di lei da potersi anche accontentare di una cosa simile.
  
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