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Autore: LeanhaunSidhe    21/10/2018    12 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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All'improvviso Seleina si era bloccata. Aveva stravolto lo sguardo e l'azzurro delle sue iridi si era espanso fino a coprire tutta la parte bianca degli occhi. La tazza che reggeva in mano, spaccata in mille pezzi dall'impatto col terreno, era un mero ricordo della calma familiare che si respirava fino a poco prima. La ragazza si era alzata lentamente, diretta alla balaustra. Aveva ben poco di umano in quel momento. Stranamente, fu proprio Kiki il meno sconvolto da quel cambiamento. Al contrario, per la prima volta da quando la conosceva, gli sembrava davvero completa, come se quell'aspetto inquietante fosse sempre stato parte della sua natura.
La sua amica avanzava come se si muovesse in quella stanza ma la sua testa fosse altrove.

"Sangue."

Disse, infatti, semplicemente. Entrambi i lemuriani la ascoltarono impietriti.

"Dove?"

Domandò allora Mu, allarmato.

Lei aveva serrato le palpebre e si era portata le mani alle tempie. Aveva ringiato. Si era accartocciata su se stessa. Con un certo sforzo aveva indicato una direzione chiara.

"Il vostro villaggio. Due perduti. Dovete correre."

Mu aveva potuto solo osservare. Per Kiki era stato diverso. Lui era ancora in collegamento con Seleina e le immagini che aveva carpito a lei gli avevano fatto accapponare la pelle. Erano un misto di rabbia, ferocia, fame, di un'avidità che gli tolse il fiato: l'espressione di un desiderio che sentiva insaziabile, quasi ferino.
Seleina si era alzata boccheggiando. Ansimava forte. Solo Mu aveva la possibilità di indossare un'armatura ed aveva raccomandato a lei di restare al sicuro. Invece, la ragazza si era riportata in piedi. Si era asciugata il sudore e gli aveva messo la mano sul braccio.


"Tu mi teletrasporti con te. O verrò da sola. Quella è la tua gente ma quelle... cose... appartengono alla mia razza."


Forse fu l'orgoglio con cui gli fu detto, forse la principessina, nel suo slancio, fu davvero convincente. Il cavaliere d'ariete annuì. La luce del suo cosmo li avvolse tutti e tre. Nel breve arco di un istante furono esattamente dove la ragazza aveva detto.


Non appena arrivarono però al villaggio, contro ogni aspettativa, trovarono la calma più piatta ad accoglierli. L'unica cosa che faceva paura era Seleina, per via di quel suo singolare aspetto, che la faceva assomigliare più ad una fata poco benevola uscita da qualche racconto di genti dimenticate, piuttosto che ad una persona vera. Doveva essersi calmata: le sue iridi erano tornate normali. Tuttavia, il suo atteggiamento la rendeva ancora come una persona fisicamente presente ma con la testa in un'altra dimensione.
Si erano avvicinate alcune donne, alcune più giovani, una più anziana, che pareva essere, tra tutte, quella più autorevole. La poverina doveva aspettarsi una qualche risposta da quella straniera. Quando, però, Seleina la superò senza degnarla di uno sguardo, un sospetto sembrò pungere anche lei. Si rivolse silenziosamente ai due guerrieri, che sapeva essere, da sempre, nella casta dei loro protettori. Il fatto che la lasciassero andare così doveva essere un motivo sufficiente per lasciar fare quella straniera senza porre domande.

Domande se ne stava però ponendo Mu che, guardandosi attorno, non riusciva proprio a percepire nulla di strano. Kiki, invece, aveva seguito Seleina con una faccia scura, tanto che nessuno dei presenti, a differenza dal solito, tentò neppure di rivolgergli il saluto.

Seleina aveva raggiunto un banco con della frutta. Quello doveva essere giorno di mercato. Strinse tra due dita un lembo della stoffa dove le merci erano adagiate.

"Dove hai preso questo panno?"

Il venditore sembrava confuso. Già rispondeva male ad un estraneo alla loro razza, figurarsi ad una donna e per giunta una donna come quella. Ma Kiki era con lei e gli faceva cenno di rispnondere.

"L'ho trovata nel mio magazzino."

Rispose allora l'uomo, semplicemente.

"Prendi con te tua figlia e allontanati."

Confuso, rivolse uno sguardo fugace alla ragazzina che gli era vicino, poi di nuovo al suo capovillaggio. Non capiva per quale motivo dovesse abbandonare le merci che aveva coltivato con tanta fatica nei loro climi ostili.

"Senti un po', tu..."

Aveva iniziato, parlando a lei, ma rivolto all'accompagnatore di quella strana fanciulla.

D'un tratto, però, un'ombra gli oscurò la visuale. Si voltò verso Seleina e non ci capì più niente.
Kiki, con un balzo, l'aveva spinto dietro al suo banco, facendo scudo, con le spalle, a lui e a sua figlia. Mu aveva aperto le labbra, sconcertato. Il panno che Seleina aveva preso tra le dita si era mosso all'improvviso, come se una persona nascosta sotto si fosse alzata repentinamente. Per quanto era accorso, suo fratello era già entrato in azione. Lo aveva visto gettarsi verso un muro per far proteggere delle persone. Eppure, non percepiva nessun cosmo.

Entrambi i fratelli si erano posti davanti a Seleina, per fronteggiare quell'essere apparso da chissà dove.

"Fa scappare la gente del nostro villaggio."

Ordinò, infatti, asciutto Kiki. Seleina annuì controvoglia.

"Non fatevi toccare da quella cosa. Non guardatela negli occhi. Potete solo allontanarla. Ce ne sono più di due."

Mu si voltò verso di lei.

"Quanti? Sai indicarceli?"

La ragazza gli corse vicino.

"Almeno cinque e uno si è nutrito. Sono forti ora. Non posso localizzarli. Non fate peccato a scappare anche voi per proteggere la fuga della vostra gente."

Si scambiarono uno sguardo rapido. Mu lesse in lei la stessa apprensione che le persone care gli rivolgevano quando sapeva che andava in battaglia.

"Sai che non possiamo."

Le sorrise, celere. Ormai, avevano nella mente solo la battaglia.

Seleina strinse le nocche. Aveva pochi attimi per decidere. Conosceva la loro lingua, almeno le sembrava, per quel poco che aveva carpito in quei pochi minuti. Si diresse al centro della piazza, o a quella che immaginava essere tale. Alzò la voce e non bastò. Alzò il vento del suo cosmo e congelò qualche piede, fino a che non fu certa di avere l'attenzione di ogni persona.

"Bisogna fuggire."

Stavano già obiettando che non sapevano lei chi fosse, che non sembrava esserci pericolo. La principessa, però, era arrivata tardi troppe volte ed aveva visto troppi morti ad Asgard per opera dei perduti per non aver la forza di controbattere.

"Sono la principessa Seleina di Polaris e conosco quanto si sta per scatenare, perchè ha già fatto scempio della mia Asgard."

Pronunciò decisa. In quel momento, il suo aspetto diverso sembrava non differenziarla minimamente. Nessuno, vedendola, ebbe dubbi sull'autorità del suo ruolo. Traspariva dalla sua sicurezza, dal suo portamento.

"Un terzo degli uomini armati in marcia alla testa del gruppo. Donne, bambini e vecchi al centro. Il resto a progettere fianchi e retrovie."

Un ragazzo, più sfrontato, le fece presente che non avevano armi con loro.
Seleina, allora, si morse il labbro. Ripensò a come erano soliti agire i Dunedain in certi frangenti. Materializzò qualche dalla forma rozza composta di ghiaccio. Come figlia di Asgard, aveva il potere della sua terra natale.

"Ve le dovrete far bastare allora. In marcia, se tenete alla vita."

Detto ciò, prese in braccio un bimbetto che restava, da solo, li nei pressi. Nell'altra mano afferrò una spada dal mucchio che aveva creato.

"In marcia."

Ripetè con un tono che passava dall'avvertimento alla minaccia. I presenti si guardarono tra loro, perplessi e svogliati. La giovane, però, era arrivata accompagnata da due autorità e Kiki sembrava fidarsene ciecamente. Alla fine, si risolsero a seguirla.


Velocemente, quel panno scuro, lievitando dal banco, era svolazzato attorno a loro come un semplice pezzo di stoffa sospinto dal vento. Kiki non ci pensò a lungo. Lanciò un'onda d'urto stellare e, nella luce del suo cosmo che si riplacava, apparvero le sembianze scure di quell'essere privo di volto.
Non era servito a niente. Un colpo dei più potenti non era servito a nulla. Abitutati a fronteggiare avversari singoli, Mu in particolare non si avvide subito dello strano tremolio della sua ombra allungata dalle luci del tramonto. Per Kiki, invece, fu un brivido. Repentino, afferrò il polso del fratello e lo lanciò via. Si trovò accerchiato da tre perduti, due alle spalle e uno davanti.
Temendo per la posizione di svantaggio del fratello, anche Mu cercò di usare il cosmo. All'erta, stava concentrando il suo potere nelle mani. Non era però facile avvedersi di quegli esseri. Due alle spalle non li aveva proprio sentiti. Il loro tocco, alla schiena, spense all'improvviso, in lui, ogni velleità bellica, come se tutta la costellazione dell'ariete fosse stata assorbita in un buco nero. Aveva il nome di Kiki sulle labbra. La luce del cosmo dell'altro Ariete, allora, esplose come una supernova. Non era uno dei suoi soliti colpi. Mai la pioggia delle stelle era stata tanto spaventosa, così accecante da trasportare lontano, in un istante, tutti i nemici che li avevano accerchiati.
Quando la luce si estinse, Kiki normalizzò il proprio respiro. Raggiunse suo fratello ed impallidì. Senza dubbio, Mu era stato colpito.


"Per quanto ancora dobbiamo camminare e dove siamo diretti?"

Seleina avanzava troppo spedita per quel gruppo così assortito.

"Al cimitero delle armature, signora."

Aveva risposto, secca, all'anziana che cercava stentoreamente di starle appresso. Senza pensarci, se l'era caricata in spalla, come erano soliti fare i Dunedain coi più lenti per risparmiare tempo. In realtà, aveva fretta di raggiungere quel posto perchè aveva contattato telepaticamente Zalaia e l'amico gli aveva consigliato di andare avanti nel frattempo, lenti come sarebbero stati. Lì nei pressi, la principessa confidava potesse esserci qualche anima errante di cui il suo amico avesse potuto servirsi, in caso ci fosse stato bisogno di ingaggiare battaglia contro i perduti. Nella più rosea delle ipotesi, invece, avrebbe purificato le anime di quei disgraziati che ancora ci giravano una volta per tutte. Come sperava, Zalaia li stava precedendo. Ne sentiva l'odore ed ad ampi balzi raggiunse il punto in cui lui si trovava. Il ragazzo indossava già l'armatura e sembrava anche essersi portato appresso dei medicamenti.
Non appena la vide, le riconfermò quanto fosse pazza ed aiutò la signora che Seleina aveva fatto saltellare per parecchi metri a riabbracciare la terra ferma.

"Sta bene? Cosa ha osato trattarla questa sciagurata?"

Espresse, infatti, in tono melodrammatico, spolverando le spalle della poveretta, come se ce ne fosse bisogno. Seleina inarcò un sopracciglio ma non gli rispose male, come al solito. In quel frangente, non era il caso.

"L'uomo che hanno ferito dove è?"

Gridò Zalaia, al resto del gruppo, che ormai li aveva raggiunti. Come suo solito, si diresse al centro, dove si trovavano le donne, specie quelle più giovani. Elargì i suoi complimenti ad una particolarmente carina di cui finse di non apprezzare il compagno, che in realtà sapeva essere la persona ferita di cui Seleina aveva sentito all'inizio il sangue.

Quando gli scoprì il braccio, non fu sorpreso di sapere che credeva di essersi tagliato con un vecchio pezzo di stoffa che nascondeva una cassa di legno da cui sporgevano dei chiodi. Esaminò la ferita e confermò sospirando la versione in cui l'uomo credeva. Non gli rivelò quanto sfacciatamente fortunato era stato, ad essere ferito da uno dei perduti ma a non aver avuto alcun bisogno di cure particolari, come quelle che poteva elargire sua madre. Gli spalmò un unguento e dispose una fasciatura, poi torno dalla sua giovane amica. A lei non poteva nascondere, purtroppo, la verità, nel tentativo di farla stare traquilla.

"Sperò i tuoi amici siano fortunati come quello la."

D'un tratto, avvertirono la potenza delle stelle esplodere. Si guardarono l'un l'altra. Seleina riconobbe al volo il cosmo smisurato di Kiki.

"Li ha davvero allontanati?"

Espresse, infatti, esterrefatta. Zalaia annuì, ammirato. Annusò però l'aria.

"L'altro, però, è stato colpito."

Seleina impallidì, preoccupata sia per Mu sia per le reazioni di Kiki all'evento. Afferrò Zalaia per le spalle e lo scosse.

"Va ad aiutarlo, ti prego! Loro non sanno dove siamo!"

Zalaia era incerto.

"Tu non riuscirai a proteggere tutti questi da sola, in caso di bisogno. E sai che nessun altro dei nostri accetterà di correre rischi per degli umani."

"Vado io allora. Li porto da te."

Zalaia, allora, le afferrò la mano. La strinse per lunghi istanti, senza dire niente.

"Non mi piace che vai da sola. Loro sono guerrieri esperti. Tu non ancora."

Seleina era confusa, forse ancora troppo ingenua per capire.

"Non lascio mio fratello a rischiare da solo."

Zalaia capì subito che questo Kiki, per lui, sarebbe stato un rivale.

"Non è giusto che tu corra un rischio simile per loro. Resta. Ci troveranno."

Seleina, però, allontanò le dita dalle sue. Non poteva leggere nel cuore e nella mente dei figli di Imuen.

"Io vado."

Zalaia si fece nervoso. Probabilmente era triste.

"Non farti ammazzare."

Sapeva che una come lei andava conquistata, non obbligata. Sarebbe stata la mossa più stupida.
Potè solo seguirla col cosmo, nervoso.

L'uomo che aveva curato, che aveva assistito a tutta la scena, gli chiese se fossero una coppia, vista l'evidente familiarità. Zalaia negò, nervoso.

"Tu con tua moglie quanto hai insistito affinchè ti sposasse?"

Forse era per cameratismo, perchè, davvero, lo aveva curato bene.

"Parecchio."

Zalaia storse il naso.
"Io non ho mai dovuto pregare tanto, per una donna."

Il lemuriano, visto il tipo, gli aveva messo la mano sulla spalla.

"Io neppure. Solo con mia moglie ho fatto un'eccezione."

Zalaia, capito l'andazzo, rise.

"Allora, se ci riesco, ti vengo a trovare e mi porto una bottiglia di vino. Festeggiamo. Sempre che nel frattempo tu non diventi nonno."
 
   
 
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