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Autore: ineedofthem    26/10/2018    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 38
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Capitolo 38



Il colloquio è durato a lungo, talmente tanto da farmi chiedere cosa avessero di così importante da dirsi. Ahimè, però, non mi è stato permesso venirne a conoscenza prima perché il lavoro mi ha tenuta impegnata per il resto della giornata.
Ho cercato di concentrarmi sui miei compiti, rendendomi conto di dover continuare a dedicarci la stessa passione e dedizione, assolvendoli come ho sempre fatto. Mi sono concessa troppe distrazioni nell'ultimo periodo, così tali da avermi fatto dubitare di essere all'altezza di quello che faccio. Non posso perdere il mio obiettivo, non dopo l'impegno che ci ho messo per raggiungere questa posizione e poi, adesso, che sembra io sia nell'occhio del mirino, ho come l'impressione di dover dimostrare quanto io valga e che quello che ho, l'abbia conquistato da sola, senza aiuto alcuno.
Così, quando sono finalmente libera, mi metto alla ricerca di Luca. Devo assolutamente sapere cosa si siano detti e togliermi questo pensiero fisso che mi assila la mente: forse solo questo allieverà la grande distrazione che esso mi provoca.
Cammino svelta, infilandomi le mani nelle tasche del camice, mentre mi faccio spazio nel reparto di cardiochirurgia. La mia presenza passa totalmente inosservata qui dentro, tanto è il brulicare di persone. Riconosco tra di loro alcuni compagni di università, che hanno intrapreso una strada diversa dalla mia, e rivolgo loro dei sorrisi di circostanza.
Raggiungo, presto, lo studio di Luca. Non so per quale motivo, prima di bussare, mi guardi intorno, ma ho come l'impressione che un po' prima che il mio pugno tocchi il legno della porta, quegli sguardi schivi di poco fa, si posino, con insistenza, su di me.
Busso, una, due volte, ma la delusione si fa spazio in me, insieme al disagio che questa situazione mi stia causando.
Dove sei, Luca? Stai giocando a nascondino?
Sospiro, riprovando una terza volta; magari, mi dico, non ha nemmeno avvertito avessi bussato.
Presto, però, devo rassegnarmi all'idea di sbagliarmi perché un infermiere mi si avvicina, cauto.
"Scusi?"richiama la mia attenzione. "Sta cercando il dottor Franzese?".
Mi volto nella sua direzione, osservandolo scetticamente. Scruto i suoi occhi piccoli scuri, nascosti dietro una spessa montatura di occhiali, che sembrano guardarmi con la stessa attenzione, in attesa di una risposta.
"Sì" affermo.
"Mi dispiace" l'infermiere assume un'espressione costernata, "il dottor Franzese è impegnato in un delicato intervento, non credo riuscirà a liberarsi prima delle 3 ore".
Dovevo aspettarmi che Luca potesse essere impegnato, d'altronde è un chirurgo e come tale è soggetto anche a operazioni impreviste, ma il pensiero di doverlo attendere tanto, mi provoca una certa ansia.
"Oh...ok"replico, trattenendomi dall'essere dispiaciuta. "Quando lo vede, può dirgli che lo stavo cercando?" gli chiedo, cortese.
Lui annuisce, elige al dovere, scrutando il nome sulla targhetta del mio camice.
"Certo, riferirò" mi fa presente, gentile.
Sorrido a mo' di ringraziamento e lo sorpasso, pronta a lasciare il reparto.
Un po' prima che io mi chiuda la porta alle spalle, è la voce dello stesso infermiere a richiamarmi, facendomi voltare incuriosita.
Luca deve essersi liberato prima del previsto, e mentre lo vedo avvicinarsi, ne capisco il perché. Si toglie la mascherina, stringendola a sè con stizza. È arrabbiato, riesco a leggere nei suoi occhi l'impotenza che l'esito negativo di quell'operazione gli ha procurato.
Raggiunge a passo svelto l'infermiere, istruendolo sul da farsi: contattare la famiglia. Lo immagino dovergli comunicare la notizia della scomparsa del proprio caro e sento il mio stomaco contorcersi.
Luca si muove sul posto, cercando di nascondere l'agitazione che lo pervade, ma i suoi tratti sono tesi. Poi l'infermiere deve comunicargli della mia visita, perché mi indica con lo sguardo e gli occhi di Luca sembrano inchiodarmi.
Lui mi guarda e sembra che voglia scavarmi affondo; osservo i suoi occhi assottigliarsi e velarsi di sorpresa alla mia vista.
L'altro uomo si allontana, pronto a svolgere i suoi compiti e lasciandoci solo ad affrontarci.
Luca si passa una mano sugli occhi, stropicciandoli appena, stancamente. Non ha bisogno che io dica qualcosa per capire sia qui per parlargli.
Mi fa, allora, un cenno con la mano, indicando il suo studio. "Vieni, entra".
Lascia che sia io a farlo per prima, e sembra quasi che con il suo corpo voglia incastrarmi tra sè e lo stipite, poi, lanciando un'ultima occhiata fuori, si chiude la porta alle spalle.
Lo guardo allontanarsi da me, senza nemmeno sfiorarmi per sbaglio. Seguo i suoi movimenti, osservandolo indossare il camice sulla casacca verde medica. Lo fa con un'estrema lentezza, quasi volesse mettermi alla prova.
Improvvisamente, il silenzio che aleggia, mi mette agitazione.
Rimango in piedi, nel bel mezzo della stanza, le mani incrociate all'altezza della pancia. D'un tratto le parole sembrano mancarmi, il che è strano, perché, prima di venire qui, sentivo di volergli dire e chiedere tante di quelle cose.
Luca prende posto alla sua scrivania, incrociando le braccia su di essa. Il suo sguardo curioso e corrucciato si posa su me. Incrocio i suoi occhi, che sembrano fissarmi con una certa impazienza, e per un attimo mi rendo conto non è vero io non sappia cosa dire, la verità è che quando l'ho visto uscire da quella sala operatoria, ho provato il desiderio di dirgli tutt'altro.
"Vuoi sederti?" mi domanda, indicando la sedia davanti a sè.
Faccio un passo nella sua direzione, prendendo posto. Non vedendomi, però, proferire parola, è Luca ad esprimersi per primo.
"Anita" la sua voce assume un tono stanco, "non so perché tu sia qui, ma non ho voglia di litigare, quindi se sei qui per questo..."
"No!" affermo con foga. "Non sono qui per questo motivo" tengo a precisare.
Luca sembra rasserenarsi alle mie parole, ma il suo volto rimane comunque confuso.
"E allora, cosa vuoi dirmi?".
Appoggio le mani sulle ginocchia, cercando di placare la mia agitazione, poi prendo un respiro prima di cominciare a parlare.
"Cosa ci faceva la Berardi qui? È successo qualcosa?"gli chiedo.
Luca appoggia una mano alla tempia destra, cercando di alleviare la tensione. Comprendo che, forse, non ho scelto il momento migliore per placare la mia curiosità, ma ne ho bisogno.
"Niente di importante, discutevamo della degenza di Lucia qui: quella piccoletta sta facendo dei grossi passi avanti e abbiamo ritenuto che presto possa far ritorno in comunità" mi comunica, scrollando le spalle.
Improvvisamente, sento il peso delle sue parole investirmi in pieno e il pensiero che Lucia possa andare via, ma come prima d'ora, mi preoccupa.
Avverto la bocca asciutta dalla salivazione, forse se non lo avessi saputo, sarebbe stato meglio.
Luca si accorge che ci sia qualcosa in me che non vada, perché prende a fissarmi con preoccupazione.
"Anita, va tutto bene?"mi domanda, sporgendosi verso di me.
Incrociare il suo sguardo ha un effetto disarmante su di me. Vorrei che i suoi occhi non rimanessero così a lungo sulla mia figura.
"Sì..."ammetto, muovendomi a disagio sulla sedia. "C'è altro che devo sapere?" indago.
Luca si appoggia allo schienale dietro di sè, facendo leva con le mani sulla scrivania. Vuole imporre una distanza tra di noi.
"No, Anita, nient'altro"replica, frettoloso.
Riesco a leggerlo nei suoi occhi che, invece, ci sia qualcosa che stia omettendo, ma mi rendo conto che non sarà disposto a dirmi altro.
"Bene" affermo, asciutta. In un attimo, mi alzo veloce dalla sedia, quasi come se ne fossi scottata. Non posso rimanere un minuto di più in questa stanza.
Mi allontano, senza dirgli nulla, ma è chiaro quali siano le mie intenzioni.
Un po' prima che io esca, con le mie dita strette al pomello della porta, lui mi richiama, portandomi a concedergli un ultimo sguardo prima di andare via.
Per un attimo, incrociando i suoi occhi, vorrei dirgli che mi dispiace per la sua giornata e che abbia perso un paziente in quell'intervento, che credo, però, in lui e lo reputi un ottimo medico. Ma non faccio niente di tutto questo, perché sento l'orgoglio mangiarmi dentro.
"Anita...mi dispiace"
Capisco che il suo sia un riferimento che vada oltre questa situazione, racchiude tutto quello che nell'ultimo periodo ci è successo.
So che si aspetti una risposta, noto i suoi occhi rimanere a lungo su di me, cercando di ottenere una mia reazione, ma io decido di voltargli le spalle e chiudermi quella porta come a dividerci.

Mi sciacquo il viso con forza, quasi come se potessi cancellare la tristezza. Ho sempre saputo che Lucia potesse andare via da qui, anche se ho sperato che lei potesse varcare l'uscita accompagnata da me e Luca. Ma adesso, che tutto ciò diventa così reale, vorrei che lui avesse quantificato quel presto. Quanto tempo ci rimane? Due settimane, una, chissà, forse pochi giorni? Quanto tempo ho per prepararmi a vederla andare via e godermi, quindi, ogni momento possibile con lei?.
Osservo il mio volto nello specchio, seguendo la scia delle gocce di acqua che bagnano le mie guance, accompagnate dal nero del trucco che comincia a sciogliersi. Afferro un po' di carta per tamponarmi il viso, cercando di rimediare al pasticcio che ho combinato, ma invece di migliorare il mio aspetto, non faccio che peggiorarlo.
Mi porto dentro una strana sensazione, come se avessi gli occhi di Luca ancora addosso e il suo sguardo fosse capace di dirmi: te lo avevo detto, non dovevi affezionarti.
Stringo il marmo del lavandino tra le mani con forza, poi, mi allontano, chiudendomi la porta del bagno alle spalle. La realtà mi aspetta.
Ma quando esco, sola nell'antibagno, quella strana sensazione che sentivo come ad avvertirmi di qualcosa di brutto, si  fa più viva e forte, quando scorgo Giorgio palesarsi davanti a me.
Ho l'istinto di fare un passo indietro, deglutendo a fatica. Vorrei non dovermi trovare in sua presenza, da sola, non dopo quello che Arianna mi ha detto. Ma forse, come mi ero promessa, questa questione va risolta una volta per tutte.
Giorgio si finge sorpreso di vedermi, ma il guizzo maligno che vedo attraversare i suoi occhi, mi fa pensare che sapesse esattamente dove fossi.
Mi si avvicina, stampandosi quel sorriso falso in viso e io mi rendo conto di non averlo mai conosciuto prima. Perché ne sono sicura, qualche mese fa, non avrei mai pensato che quel ragazzo così buono e gentile con cui avevo condiviso i banchi dell'università, potesse guardarmi ora, così.
Se una volta, però, la sua vicinanza non mi procurava alcuna sensazione, adesso avverto una scarica di brividi attraversarmi la schiena.
I suoi occhi si posano su di me, prendendo a fissarmi con curiosità e insistenza. Di riflesso, come in un gesto di protezione, mi porto le braccia al petto, stringendole con forza.
"Che c'è, Anita, problemi in Paradiso?" il suo tono assume una sfumatura di risentimento.
Giorgio ha completamente abbandonato i convenevoli e i modi bonari con cui era solito rivolgersi nelle settimane precedenti, mostrandosi per la persona calcolatrice qual è.
"Non fare finta che ti importi" gli faccio notare, secca.
Lui ride alle mie parole, ma la sua risata è roca, quasi maligna.
"Ti sbagli Anita, mi importa, eccome"
Stringo i denti, contraendo la mascella in una smorfia, infastidita. Osservo l'uscita alle sue spalle, e mi sembra così lontana.
Lo supero, stizzita, tenendomi ben distante da lui, come se avessi paura di sfiorarlo. Ma Giorgio, prevedendo le mie mosse, si volta verso di me, velocemente, afferrandomi per un polso.
Un improvviso gelo sembra calarmi addosso al suo tocco e ho paura che se lui legesse il terrore che sta attraversando i miei occhi, potrebbe essere il segno della sua vittoria.
Perché Giorgio, non vuole altro che questo, mostrarmi quanto sia capace di intimorirmi.
Così, gli do le spalle, socchiudendo gli occhi quando sento il suo respiro infrangersi sul mio collo.
"Hai litigato con Franzese, eh? È un vero peccato, sai, proprio adesso che c'è in ballo questa storia del capo specializzandi..." il suo tono è basso e insolente.
Riesco ad immaginarle tutte le impudiche insinuazioni che si nascondono dietro le sue parole.
Così, mossa dalla rabbia che esse hanno procurato in me, riesco a liberarmi dalla sua stretta e fronteggiarlo.
"Giorgio, ma che vuoi da me?! È per il posto del capo specializzando? Prenditelo, è tuo, a me non interessa!".
Lui sogghigna, come a volermi schernire per quello che ho detto. I suoi occhi sono scuri e cattivi, come non li ho mai visti.
"Andiamo, Anita" mi fa presente, puntandomi un dito contro, "sappiamo entrambi che quel posto sarà tuo. Visconti stravede per te..."
Mi rendo conto di quanto la sua vicinanza mi dia fastidio, quando mi accorgo del suo viso a un palmo dal mio. Mi sporgo all'indietro, cercando di allontanarlo, ma lui, contrariato, fa in modo che non possa scappargli, abbassandosi alla mia altezza per parlarmi all'orecchio.
"Chissà se penserebbe lo stesso di te, se io facessi con lui due chiacchiere a riguardo" le sue parole sono ridotte ad un sussurro, ma riconosco un certo controllo, una certa serietà nel suo tono. Cosa sarà capace di architettare pur di ottenere quel posto?.
La mia mancanza di risposta alle sue parole deve dargli la conferma di aver raggiunto il suo obiettivo perché, prima di allontanarsi completamente da me, non si risparmia di sorridermi soddisfatto.
La porta si chiude alle sue spalle con un tonfo, facendomi sobbalzare. Mi appoggio al muro dietro di me, come a volermici aggrappare, cercando di placare il cuore che mi batte così forte che potrebbe scoppiare.
Riesco a vedere il terrore nei miei occhi, riflessa nello specchio, e la mia faccia pallida a far concorrenza alle piastrelle bianche. Vorrei piangere, ma la verità è che non ne sono capace, perché d'un tratto, oltre le parole, sembrano mancarmi anche le lacrime.
Adesso che conosco le vere intenzioni di Giorgio, mi rendo conto di non poter più sottovalutare la situazione, perché sono sicura che quello che lui abbia in mente, porterà non pochi problemi.

Esco, finalmente, da quel bagno, con la sensazione di voler scappare da esso e dimenticare le minacce che tra quelle mura abbia ricevuto.
Le mie gambe si muovono da sole, velocemente, poi sempre più lentamente prendendo un ritmo regolare e conducendomi dall'unica persona di cui sento di aver bisogno in questo momento.
Tiro un respiro profondo prima di entrare nella stanza di Lucia; è strano tornarci solo poche ore dopo quell'incontro con Francesco, con un umore praticamente opposto. Ma non voglio che la piccola lo percepisca, non voglio che si prenda anche i miei problemi.
Mi faccio spazio nella stanza, piano, e infatti Lucia non si accorge sùbito di me, così assorta com'è a sfogliare quel nuovo libro come se fosse la sua nuova attrazione preferita. Deve essere un regalo della Berardi, perché stamattina sono sicura Lucia non lo avesse.
Magari Luca e Visconti hanno permesso che si incontrassero e lei le ha portato un regalo.
"Cosa leggi?" le domando, palesandomi al suo fianco.
Lucia sembra affascinata dai colori che caratterizzano le immagini, non fa che passarci il dito sopra, ricreandone i margini. Richiamata la sua attenzione, si ridesta dalle illustrazione che compongono il racconto, ponendo il suo sguardo su di me.
"Ciao, Anita" mi saluta, felice. "È un regalo. La protagonista si chiama Perla ed è una fatina del mare" spiega, eccitata.
Le sorrido teneramente, sciogliendomi alle sue parole così cariche di gioia.
"Posso sedermi accanto a te?" le chiedo, allora, facendole seno di farmi spazio al suo fianco.
Lucia sembra sorpresa dalle mie parole, lo deduco dal modo in cui prima di rispondermi, si soffermi a guardarmi.
"Certo, Anita"
Prendo posto, velocemente, al suo fianco, ansiosa di colmare quella distanza che ci separava e mi appoggio alla testiera del letto dietro di me. Lucia, a quel punto, si sistema in modo da essermi vicina, appoggiando il capo sulla mia spalla.
La esorto a parlarmi di qualsiasi cosa: ho bisogno di distrarmi dalla mia lunga giornata e lei lo fa, prendendo a raccontarmi di quanto sia stata felice di rivedere Francesco. Riesco a notare l'emozione invadere i suoi occhi mentre me ne parla e mi rendo conto di pendere dalle sue labbra, senza voler mai smettere di ascoltarla.
D'un tratto, però, Lucia sembra arrestarsi di colpo, osservandomi preoccupata. Il suo viso si tende, assumendo un'espressione corrucciata. Non mi rendo conto sùbito del perché  ma mi basta tastare una guancia per accorgermi io stia piangendo.
Mi premuro di asciugare le mie lacrime silenziose, frettolosamente, sotto lo sguardo di Lucia, attenta a qualsiasi mio movimento.
Avverto di averla turbata ma il mio è stato un gesto così incontrollato, da non rendermene conto nemmeno.
Lucia, allora, porta  una mano sulla mia guancia e, nonostante resti ferma in un punto, sembra quasi una dolce e piccola carezza.
"Perché piangi, Anita?" mi domanda, confusa, arricciando le labbra in una smorfia.
Tiro su con il naso, facendo affiorare un piccolo sorriso sul mio volto e appoggiando una mia mano sulla sua.
"Non lo so, ma adesso passa, davvero..."le replico, scrollando le spalle.
Lucia annuisce, nonostante non sembri molto convinta delle mie parole, però, quando lei mi stringe a sè, cogliendomi di sorpresa, mi rendo conto che il motivo delle mie lacrime lo conosco, eccome.
Lucia sembra incastrarsi perfettamente nell'incavo tra il mio petto e la mia spalla e allora io l'abbraccio a mia volta, socchiudendo gli occhi e inebriandomi del suo profumo dolce. La verità è che più della paura di non riuscire a mantenere la promessa che le ho fatto, più di quella scaturita dalle parole di Giorgio e di quello che sta accadendo, mi rendo conto che ce ne sia una altrettanto più reale e grande. La paura di perdere Lucia.

Questa giornata mi sembrava così infinita che, quando arriva il momento di andare via, stento a crederci. Lascio il mio studio che ormai la notte è calata, i corridoi sono silenziosi con le luci soffuse che creano delle strane ombre.
Forse, mai come ora, mi provocano una certa ansia: ho come la sensazione che Giorgio possa sbucare da dietro l'angolo da un momento all'altro. Così, mentre mi stringo nel mio giubbotto, pensierosa, velocizzo il mio passo, ansiosa di uscire fuori da questo posto che sento cominci a starmi stretto.
Solo una volta fuori, mi permetto di ricominciare a respirare regolarmente. Non riesco a farne a meno, ma dopo quello che è successo, sento che qualcosa stia cambiando, e ho paura che questo, in qualche modo, possa condizionare me e il lavoro che svolgo. Se l'intenzione di Giorgio di mettermi Viscontri contro dovesse andare a buon fine, il mio operato qui potrebbe concludersi.
"Ciao, Anita!".
La voce di Arianna mi porta a sobbalzare dallo spavento.
Lei deve accorgersene perché, quando mi volto a guardarla, mi scruta con preoccupazione.
"Scusa Anita, non volevo spaventarti" mi fa presente, accarezzandomi un braccio con premura.
L'accenno di un sorriso affiora sulle mie labbra.
"Sta tranquilla, Arianna. Non è colpa tua".
Il suo sguardo resta a lungo su di me, come a volersi capacitare che io stia bene.
"Anita" prende a fissarmi, ansiosa. "Cosa è successo? Si tratta di Giorgio, vero? Che ti ha fatto?".
Il suo flusso di parole sembra impossibile da colmare.
Però lei è stata la prima a mettermi in guardia su questa situazione e io sento che possa essere l'unica a comprenderne la gravità. Quindi, prendo a raccontarle cosa è successo oggi, in quel bagno.
Arianna assume un'espressione sconvolta e contrariata.
"Oddio, Anita, quel ragazzo è proprio uno stronzo!" ammette, con stizza, stringendo le mani in dei pugni.
Abbasso lo sguardo alle mie scarpe, dondolando sul posto. Avverto ancora dei brividi scuotermi le spalle.
"Già..."sussurro.
"Hei" lei richiama la mia attenzione, portandomi a incrociare i suoi occhi così sinceri.
"Anita, non conosco bene la situazione ma, sappi, per quel che vale, io sono dalla tua parte" mi fa presente, comprensiva.
Le sue parole sono capaci di scaldarmi il cuore; nonostante sembri che in quell'unico posto, dove mi sono sentita spensierata, tutto cominci a remarmi contro, sono felice di sapere che ci sia qualcuno che mi sostenga.
Lo sono ancora di più per averlo raccontato perché, adesso che Arianna mi ha dimostrato il suo appoggio, mi sento meno sola in questa silenziosa battaglia.
"Vale tanto, davvero" le replico, con riconoscenza.
Arianna gongola entusiasta alle mie parole e senza che me ne accorgo, cominciamo a percorrere, vicine, il tratto che ci conduce al parcheggio.
"Allora ci vediamo domani, ok?" mi chiede, arrivate davanti la mia auto.
"Sì" le sorrido.
"Bene" ammette, lasciando sfregare le mani tra di loro. "Non dimenticarti che io aspetto ancora la seconda puntata della tua telenovelas"aggiunge, facendomi un'occhiolino, maliziosa.
Mi fingo infastidita dalla sua curiosità e le faccio segno di allontanarsi, divertita. Insieme, allora, ci lasciamo andare a una risata, spensierate.
Poi ci salutiamo, tanto stanche e infreddolite per poter continuare a parlare.
Un po' prima che lei sia troppo lontana, però, la richiamo, facendo in modo che si volti verso di me.
Nonostante non sia così vicina, riesco a distinguere un'espressione corrucciata sul suo viso.
"Grazie, Arianna" le confesso in un sorriso pieno di gratitudine.
Lei annuisce, ricambiando il mio sorriso, poi prosegue per la sua strada.

Quando torno a casa, mi sento al sicuro. È una bella sensazione poter tornare, finalmente, tra queste quattro mura.
Mi lascio cadere sul divano con un balzo, rilasciando un sospiro stianco. Scalcio via gli stivali, lasciandoli in un angolo e do una controllata veloce al  cellulare che giace al mio fianco.
Apro la casella dei messaggi, scorgendo alcuni non letti, per lo più di mia madre e delle mie amiche. Carlotta mi chiede come stia e mi viene da sorridere dolcemente; è così premuroso da parte sua preoccuparsi per me, quando è chiaro anche lei stia male. Sono così fortuntata di poter contare su di loro, perché un'amicizia come la nostra è una cosa così unica e rara da trovare.
Sorprendentemente, tra i miei messaggi ce n'è uno di Biagio, che risale a qualche ora fa, dove mi chiede di vederci, stasera.
Così, gli rispondo, scusandomi di avergli risposto dopo tanto tempo, ma ero al lavoro e non potevo fare altrimenti. Biagio è comprensivo e mi fa presente che se mi va, l'invito è ancora valido. Inconsapevolmente, ho già accettato.
Mi preparo velocemente e, nonostante opti per un abbigliamento molto casual, ci dedico abbastanza cura. Biagio mi ha fatto presente gli sarebbe piaciuto andare a fare una passeggiata ai mercatini allestiti per la fiera del cioccolato e mi sono appuntata mentalmente le sue parole: vestiti comoda.
Osservo il mio riflesso nello specchio, soddisfatta: ho scelto un jeans a vita alta, uno di quei modelli a palazzo, abbinato ad un dolce vita color avio e, per finire, ai piedi un paio di stivaletti bassi. Do una sistemata ai miei capelli, lasciandoli sciolti lungo le spalle e mi trucco poco, ma quanto basti a darmi un aspetto più luminoso.
Biagio è puntualissimo, ma d'altronde se non vogliamo trovarci bloccati nel traffico, dobbiamo sbrigarci.
Non posso fare a meno di sorridere alla sua vista. È appoggiato alla sua macchina, una Lancia Elefantino grigio scuro, con le braccia e le caviglie incrociate. Non riesco a non trovarlo tenero, stretto nel suo cappotto a doppio petto, mentre si massaggia gli avambracci per riscaldarsi dall'umidità della sera.
Non si accorge sùbito di me con lo sguardo basso, assorto nei suoi pensieri. Mi avvicino, allora, attirando la sua attenzione.
"Ciao, Anita" mi saluta, facendo un passo verso di me. Un sorriso ad incorniciargli il volto.
Ricambio, lasciandomi condurre verso la sua auto. Lo guardo e mi rendo conto che lui sembra abbattere tutti gli stereotipi che la gente crea sugli omosessuali. Tipo quelli che li vogliono vestiti con abiti prettamente chiari, sgargianti e atteggiamenti effemminati.
Biagio, a differenza, sprizza viralità da tutti i pori, e se non fossi a conoscenza del suo orientamento sessuale, potrei pensare sicuramente il contrario. Forse, mi dico, a furia di tenerlo nascosto, ha imparato a fingersi una persona che non è.
Lui mi apre lo sportello, facendo in modo che io prenda posto, poi fa il giro dell'automobile, sistemandosi al volante.
Come mi aspettavo, il viaggio con lui è rilassante; non c'è stato spazio per l'imbarazzo che una situazione del genere potrebbe creare, perché la sua presenza è rassicurante e sapere che nei suoi gesti non ci siano doppi fini ma solo amicizia, mi mette a mio agio.
Il ragazzo al mio fianco mette su una playlist di brani da lui stesso mixati e mentre la musica inonda l'abitacolo, lasciandoci liberi di tornare ai nostri pensieri, mi appoggio al finestrino, permettendomi di ammirare il panorama che ci circonda.
La nostra città si trova in un punto strategico, alle pendici delle colline, ma comunque anche molto vicina al mare: il litorale, infatti, dista solo 40 minuti, dandoci la possibilità di godere di un clima abbastanza mite durante l'anno.
Mi soffermo a guardare le vette che si stagliano ormai così vicine ai miei occhi. Giù, in pianura, è raro che si raggiungano temperature da neve ed è così strano pensare che a soli pochi minuti da casa, essa sia capace di creare un ambiente tanto suggestivo. Il tocco di bianco che ricopre i monti, infatti, mischiato alle luci delle case a fare da contorno, conferisce al paese un'atmosfera magica. Quella che stiamo raggiungendo, appunto, è la parte più alta della nostra città, quella più antica e storica. Un piccolo borgo medievale, con il duomo e il campanile a dominare ai piedi dei monti, e i cui vicoli sembrano ricordare lo splendore di un tempo ormai passato. 
Mi piace tornarci perché ho tanti bei momenti legati a questo posto: qui c'è il ricordo delle tazze di cioccolata calda sorseggiate nei locali tipici, e  quello delle giornate di nevicate, quando ci si rifugiava qui per apprezzare un paesaggio che ci rendeva felice perché rappresentava una novità, e si giocava a lanciarci palline di neve e creare pupazzi di neve.
Ogni anno, in questo periodo, vengono allestiti dei mercatini per la fiera del  cioccolato. L'idea di passeggiare tra i vari stand, gustando le leccornie che propongono, inebriandosi dell'odore di cioccolata calda e vin brulé nell'aria è allettante.
Così, quando arriviamo a destinazione, io e Biagio siamo concordi sul mettere qualcosa sotto i denti. Nessuno dei due ha cenato e i nostri stomaci cominciano a brontolare.
Nonostante sia un giorno settimanale, eventi del genere attirano sempre tanta gente. È strano pensare che fino a qualche ora mi sentissi così spaurita perché, adesso, quella sensazione sembra essere praticamente sparita, lasciando spazio ad un senso di serenità.
Camminiamo ad un ritmo lento, ma non sembra darci fastidio, perché questo ci permette di bearci meglio di quello che ci circonda. Osservo il campanile del duomo, stagliarsi davanti ai miei occhi, alto e fiero, mentre da esso si propagano i rintocchi dell'orologio.
Per l'occasione, molti abitanti del posto, hanno avuto l'idea di indossare abiti d'epoca, intrattenendo la gente accorsa con balli e canti del folklore popolare. È tutto così bello e pieno di vita.
I turisti si lasciano coinvolgere da questo entusiasmo, lanciandosi al centro della piazza. Senza che me ne renda conto, Biagio mi ha attirata a sè, invitandomi a seguirli. E, quando ci lasciamo andare, ballando sulle note di una tarantella, accompagnati dalla gente attorno che batte le mani a ritmo, io sento nascere una risata dal profondo del mio cuore. Una risata rumorosa, sincera.

Biagio si è dimostrato un grande ballerino; devo aggiungere questa dote alla lista infinita delle sue qualità, e abbiamo scoperto di avere una buona affinità come partner di ballo.
"Non pensavo sapessi ballare così bene" gli faccio presente, appoggiandomi al muro dietro di me. Abbiamo scelto un posto più appartato e silenzioso per gustare la nostra cena, ma che ci faccia godere di una bella vista panoramica.
Biagio dà un morso generoso alla sua crepes, prima di rispondermi.
"Non ci crederai mai, ma ho preso delle lezioni in passato" replica con un sorriso. "Ma tu non sei da meno, sei davvero brava".
In realtà, ballare la tarantella non è così difficile come si pensa, ma Biagio deve riferirsi all'improvvisazione in cui siamo esibiti. Lasciandoci prendere dall'entusiasmo che la musica aveva scaturito in noi, infatti, non abbiamo smesso di ballare, esibendoci in passi che abbiamo inventato sul momento, catturando l'attenzione dei presenti che hanno fatto diventare di noi l'attrazione del momento.
"Oh beh, ho fatto danza per molto tempo" gli racconto, con un sorriso malinconico. In passato ho frequentato una scuola di ballo, prendendo lezioni di modern/contemporaneo; il ballo ha, quindi, rappresentato una parentesi importante nella mia vita, mi ha accompagnato per diversi anni, e doverlo lasciare è stata una scelta piuttosto dolorosa.
Biagio appoggia una mano sul mio braccio, accarezzandolo con premura. "Immaginavo fossi stata una ballerina, hai una buona coordinazione dei movimenti" replica con un sorriso, imbarazzato.
Ricambio il sorriso come a volerlo ringraziare per le sue parole, poi prendiamo a finire il nostro pasto in silenzio.
Il trillare del cellulare di Biagio interrompe la quiete che si era venuta a creare, e entrambi puntiamo lo sguardo sull'apparecchio che squilla con insistenza.
Il mio amico mi rivolge un sorriso di scuse, capisco che la sua telefonata sia importante dall'espressione che assume il suo viso alla vista del mittente. Quindi, mi allontano di poco da lui per lasciargli la dovuta privacy. Chissà, magari è qualcuno con cui si sta frequentando e non vorrei dovermi trovare ad origliare una loro conversazione.
Mi avvicino, allora, alla balaustra, stringendo il ferro tra le mie mani. È bello poter osservare tutta la città da un punto così alto. Le stelle, in un ambiente così lontano da quello frenetico e cittadino, sembrano brillare ancora di più. Mi rendo che sarebbe quasi romantico se avessi una persona con la quale condividere una tale vista.
Biagio mi raggiunge poco dopo, appoggiando una mano sulla mia spalla per richiamare la mia attenzione. Mi volto nella sua direzione, accennando un sorriso, ringraziandolo silenziosamente per essere sopraggiunto proprio quando la mia mente cominciava a viaggiare verso pensieri malinconici e tristi.
Lo osservo portarsi le mani nelle tasche, dondolando i talloni sul posto. "Scusa se ti ho lasciato sola, ma era una telefonata importante" ci tiene a precisare, come se pensasse che il suo allontanamento mi avesse infastidita in qualche modo.
"Tranquillo, Biagio. Che ne dici se continuiamo la nostra passeggiata?" gli domando, indicando le stradine illuminate del borgo a pochi passi da noi.
Lui annuisce, rimanendo con lo sguardo fisso su di me. Non accenna a muoversi. "Anita" il suo tono assume un'inclinazione seria. Sento che mi voglia dire qualcosa.
"Sì?"
"Era Federico"mi fa presente, con voce sottile.  Non capisco, sùbito, l'intento della sua affermazione, vuole forse riportare l'attenzione su quello che è successo tra i nostri amici? So che una conversazione del genere potrebbe incrinare il mio buonumore. Infatti, improvvisamente, mi ritrovo ad essere infastidita dalla sua voglia di mettermi al corrente della telefonata con lui.
Roteo gli occhi al cielo, appoggiandomi alla ringhiera dietro di me. Io e Biagio ci troviamo schierati da due parti opposte ed è chiaro che sia io che lui vogliamo prendere le difese dei propri migliori amici.
"E cosa voleva? Non mi dire che sia così disperato dal commettere una sciocchezza, perché non ci crederei" gli replico, inasprita.
"Anita" lui pronuncia il mio nome in tono basso, come a rimproverarmi. "Federico sta male per questa situazione, Carlotta si ostina a non volerlo ascoltare, lo sai no?"
"Certo, Biagio, lo so bene" ribatto, portandomi le mani conserte al petto. "Ma, forse, il tuo amico avrebbe dovuto pensarci bene prima di portarla a letto per una stupida scommessa. Non trovi?" gli faccio presente, piegando le labbra in una smorfia.
Poi, come a dimostrare che consideri questo scambio di battute chiuso, mi allontano, prendendo a camminare verso il centro abitato.
"Anita, aspetta!" Biagio mi richiama e io avverto i suoi passi alle mie spalle, seguirmi.
"Non è come pensi" ammette, una volta al mio fianco. "C'è stato un malinteso, Fede non è il cattivo di questa assurda situazione, lui Carlotta la ama davvero" mi fa presente, convinto delle sue parole. Non riesco a fare a meno di scrutarlo con scetticismo, mi è impossibile scindere la figura di Federico, ragazzo innamorato, dalla sua fama di donnaiolo che, da sempre, l'ha preceduto. Eppure, il modo in cui Biagio sembra parlarmene, così certo di quello che dice, per un po' mi fa pensare che nelle sue parole ci possa essere dal vero.
"Dovrebbe lasciarla in pace, non fa che peggiorare la situazione" gli ribatto. L'ultima cosa che voglio è di vedere soffrire ancora la mia migliore amica. E quindi il nostro diventa quasi un dibattito, dove ognuno vuole dimostrare all'altro di aver ragione sulle proprie convinzioni.
"Federico non è un tipo che si arrende, Anita" Biagio alza il tono di voce per sovrastare il mormorio della gente che ci è intorno, piazzandosi di fronte a me, facendo arrestare di colpo la mia camminata. "E non lo farà, a maggior ragione quando in questa questione è assolutamente innocente..."
Il suo flusso di parole sembra impossibile da placare, ma c'è stato un momento in cui la mia mente ha smesso di ascoltarlo, focalizzandosi su qualcosa che fosse più importante di quello che mi sta dicendo.
Il mio sguardo rimane fisso alle sue spalle, lì dove per uno strano scherzo del destino, i miei occhi hanno incrociato quelli di Luca. Lui è lì e improvvisamente minaccia di poter far scoppiare la bolla di spensieratezza in cui mi sono rifugiata per sfuggire alla realtà.
Ma, adesso, che è a pochi passi da me, io avverto il mio cuore prende a battere furiosamente per questo nostro scambio di sguardi. Dopo quello che ci siamo detti, oggi, nel suo studio, come se ci fosse così tanto di insospeso tra noi, sento il forte desiderio di andare da lui e parlargli.
I suoi occhi sembrano non vacillare neanche un po' alla mia vista, sostenendo i miei, che mi sento sciogliere alla sola sua presenza. Per un momento la mia rabbia e il risentimento sembrano sparire; è come se percepissi tutte le difese e quelle barriere innalzate per proteggermi da lui, abbassarsi ai suoi occhi su di me. Mi rendo conto che ci sia qualcosa di peggio di cercare di sopprimire e nascondere il mio amore per lui, far finta di odiarlo.
Biagio si rende conto che la mia attenzione non sia rivolta più a lui, il suo tono è confuso. "Anita, ma che..."
Il suo sguardo segue il mio, scoprendomi vulnerabile, catturata dagli occhi magnetici di Luca. Le parole mi muoiono in gola vedendo scivolare la possibilità di poterlo avvicinare, non appena lui va via, attirato dai suoi amici. E io mi ritrovo a desiderare che torni a voltarsi verso di me e che non mi lasci andare più via.
"Non mi dire, è lui! Vero?" Biagio sembra voler colmare quella sua voglia di curiosità che assistere al nostro scambio di sguardi gli ha procurato.
Mi volto nella sua direzione, quando ormai Luca è già sfuggito ai miei occhi. La mia espressione imbarazzata deve dargli la conferma della vericità delle sue supposizioni.
"Adesso capisco perché ti piaccia così tanto!" esclama, allargando le braccia per enfatizzare la cosa. "Anita, è un figo pazzesco!".
Una risata nasce spontanea alle sue parole. "Ti prego..."la mia voce nasconde quasi una supplica, mentre mi porto le mani alle orecchie per non sentire il mio amico fare apprezzamenti su Luca. È una situazione abbastanza imbarazzante. Quasi quasi, vorrei che tornassimo a parlare di Lottie e Federico.
"Che peccato io non possa essere il suo tipo..." mi prende in giro, dandomi un buffetto sulla spalla. In risposta, lo spintono scherzosamente, fingendomi imbronciata. "Ma smettila!".
Biagio, a quel punto, mi attira a sè, portando un braccio a cingermi le spalle. "Avanti, raccontami un po' cosa combina quel bell'imbusto" mi incita.
Mi appoggio al suo petto, accennando un lieve sorriso e mi rendo conto che parlarne con lui mi venga proprio naturale. Chissà, magari un parere completamente esterno alla situazione, potrà essermi di grande aiuto.
"Sai, Anita" Biagio si assicura di avere la mia più totale attenzione prima di riprendere a parlare, prendendo le mie mani tra le sue e stringendole in modo tale da infondermi conforto, "è normale che tu ti senta così, sei ferita e arrabbiata con lui per averti mentito. Ma non lasciare che l'odio e il risentimento prevalgano su di te, permettigli di spiegare cosa lo abbia spinto a comportarsi così con te, anche per una sola e semplice forma di educazione. Solo così potrai capire se ne valga ancora la pena di lottare per questo tuo amore e quando lo avrai scoperto, non arrenderti, non permettere a nessuno di ostacolare la strada verso la tua felicità".
Mentre me ne parla, sento che gli occhi comincino a velarsi di lacrime; non so se ne valga ancora la pena, quando ho scoperto che lui mi avesse mentito, ho giurato a me stessa che non fossi più disposta a lottare per noi, ma è chiaro che io non possa nascondere quello che provo.
Però, di una cosa ne sono certa, adesso sono pronta a dargli la possibilità di spiegargli.
Perché non sono pronta a lasciarti andare, Luca, e cerco di aggrapparmi a qualsiasi sguardo, a qualsiasi cosa mi faccia sperare ancora in un noi.


ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti,
ormai si può dire che io non smetta di scrivere ed è proprio così. Ho l'ispirazione a mille e ne sto approfittando per portarmi avanti nella stesura della storia. È un progetto che porto avanti da troppo tempo ed è giusto trovi una sua conclusione. Quindi, mi auguro di riuscire a mantenere spesso ritmi così veloci, perché la vicenda è vicinissima ad una svolta che riguarda proprio Lucia. Presto lascerà l'ospedale per raggiungere la comunità a cui è affidata, cosa pensate possa accadere. La piccola riuscirà mai ad avere la famiglia che sogna?
Povera Anita, quante notizie cattive è costretta ad apprendere e, soprattutto, questa improvvisa competizione con Giorgio potrebbe portarle non pochi problemi...
Fortuna che ci sono gli amici e a tal proposito la parte con Biagio è stata una di quelle parti che ho più adorato scrivere. Anita si meritava di poter essere spensierata per un po'. E poi il suo incontro con Luca sembra averle aperto gli occhi, facendole pensare sia giusto lasciarlo parlare.
Cosa ne pensateeee? Aspetto i vostri commenti a riguardo.
Intanto ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso e chiunque l'abbia inserita tra le sue liste. GRAZIE!!
Alla prossima💕








  
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