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Autore: Il cactus infelice    27/10/2018    1 recensioni
La guerra è finita, Harry Potter ha sconfitto il Signore Oscuro e ora tutti si apprestano a tornare alla normalità. Kingsley Shacklebolt è diventato il nuovo Ministro della magia, Hogwarts ha riaperto i battenti apprestandosi ad accogliere nuovamente gli studenti, linfa vitale del futuro della società magica. I morti per la giusta causa vengono ricordati con onore, i Mangiamorte che sono fuggiti vengono arrestati e chi ce l'ha fatta cerca di riprendersi la vita leccandosi le ferite e ricordando i cari persi.
Ci vuole tempo per guarire, per superare i traumi, c'è chi ci mette di più e chi un po' meno. Ma, in mezzo al dolore, tutto il Mondo Magico è felice per la sconfitta di Lord Voldemort. Tutti, eccetto Harry.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, I Malandrini, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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DIPENDENZE

 

Avrebbe dovuto prevedere il pugno di Ron, avrebbe dovuto capire che non l’avrebbe passata liscia. Ma in fondo, sapeva di meritarselo e per qualche vena masochista che aveva dentro, sentire quel dolore pungente alla guancia e il sapore ferroso del sangue che gli colava dal labbro era quasi un sollievo.
Si era sorbito per circa mezz’ora la rabbia di Ron e il suo sbraitare di quanto fosse un pessimo amico e che gliel’avrebbe fatta pagare per aver ferito sua sorella. Poi lo aveva abbandonato sbattendosi la porta dietro le spalle. Harry era rimasto a fissare l’uscio chiuso, seduto sui gradini dell’ingresso, come un baccalà.
A dire il vero non era nemmeno ben sicuro di cosa fosse successo. In meno di ventiquattr’ore aveva perso sia la sua ragazza che il suo migliore amico.
Se davvero aveva pensato che dopo la battaglia contro Voldemort le cose sarebbero migliorate, be’, quello era un inizio pessimo. 
Quella sera però trovo la scorta di alcolici che Sirius teneva nascosta nella propria stanza. Stappò la bottiglia di Whiskey e la alzò verso una foto poggiata sul comodino che ritraeva il suo padrino insieme a suo padre. Quella stanza era l’unica cosa che non aveva avuto il coraggio di toccare e ora gli sembrava una sorta di mausoleo.
Prese il pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca. Lo aveva comprato quel pomeriggio, approfittando per fare un giro di prova con la moto e aveva scoperto che andare in moto non era male e che quella di Sirius si guidava piuttosto facilmente. Quando si era accorto che era finito davanti a una tabaccheria, pensò a tutte quelle persone che dicevano che fumare gli calmava i nervi e l’ansia e così decise di fare un tentativo.
Dopotutto, se non lo aveva ucciso Voldemort, non lo avrebbe fatto nemmeno un cancro ai polmoni. E se anche accadeva, poco male.
Purtroppo, non aveva tenuto conto delle persone che lo avevano riconosciuto e delle ragazzine - anche qualche signora più anziana - che gli si erano appese alle braccia per fare una foto. I complimenti che gli avevano fatto per aver sconfitto il Signore Oscuro e aver evitato altri anni di guerra lo avevano fatto sentire a disagio e terribilmente fuori posto. Sentiva di non meritarseli, quei complimenti. Proprio per nulla. Evitava persino di leggere La Gazzetta del Profeta per non imbattersi in qualche notizia che lo riguardasse.
Ma si limitò a ringraziare e ad andare via, appuntandosi mentalmente di non andare più in giro per il Mondo Magico.

 

Riuscì a prendere sonno solo verso le tre di notte, dopo aver svuotato tutta la bottiglia di Whiskey ed essersi fumato cinque sigarette. 
Il mattino dopo lo colse con un mal di testa fotonico. Il campanello stava di nuovo suonando, questa volta ininterrottamente.
Era venuto a Grimmauld Place per stare un po’ da solo e avere un po’ di pace, ma a quanto pareva lì i visitatori fioccavano più di quanto non lo facessero alla Tana.
Lentamente si alzò dal letto, stropicciandosi gli occhi e reggendosi la testa scoppiettante, e ci mancò poco che rotolasse giù dalle scale. Chiunque fosse lo scocciatore, sperava solo che avesse davvero un’emergenza di cui parlargli.
La luce lo accecò non appena aprì la porta - e non fu certo d’aiuto per il suo mal di testa - ma riuscì comunque a distinguere la possente figura di Kingsley Shacklebolt fermo sulla soglia.
“Ministro!” esclamò il ragazzo.
Quella visita davvero non se l’aspettava.
“Chiamami pure Kingsley, Harry. Non servono tutte queste formalità tra noi due”.
“D’accordo”.
Harry lo lasciò entrare e richiuse la porta. Lo accompagnò su per le scale, verso la cucina, cercando di nascondere il fatto che avesse dormito malissimo e che si fosse ubriacato.
“Ti va del caffè?”
“Molto volentieri, grazie”.
“Lo hai arredato bene, questo posto”, osservò il mago più anziano, guardandosi attorno. I due erano seduti al tavolo della cucina, sorseggiando il caffè. Harry lo aveva fatto alla maniera babbana e il Ministro dovette ammettere che era davvero buono.
Il ragazzo scrollò le spalle, incurante del complimento. Non gli sembrava aver fatto granché, aveva solo ritinteggiato le pareti, dato una ripulita e riparato ciò che era rotto. Ah, e aveva anche comprato pentole, piatti e posate nuovi.
“Che ci fai qui, Kingsley?” chiese Harry dopo un po’. Lo vedeva chiaramente nei suoi occhi, che non era venuto solo per assicurarsi che stesse bene e fare due chiacchiere. Kingsley era un uomo pratico, era stato un Auror dopotutto, e gli Auror non perdevano tempo in frivolezze.
“Dritto al punto, ragazzo, apprezzo questa cosa”.
Il Grifondoro sorrise terminando il suo caffè. Il mal di testa era migliorato.
“Come saprai alcuni Mangiamorte sono ancora in fuga”.
A dire il vero Harry non se lo era chiesto e in quegli ultimi giorni il pensiero non lo aveva nemmeno sfiorato. Che cosa fosse successo ai Mangiamorte che non avevano ucciso durante la battaglia ad Hogwarts non era certo una cosa alla quale si sarebbe potuto interessare. Almeno, finché Shacklebolt non lo aveva messo al corrente.
“Ci stiamo facendo dire i nomi da quelli che sono già stati arrestati, ma nonostante molti siano morti combattendo con Voldemort, altri sono ancora in fuga. Alcuni dei quali sono noti per essere pericolosi e molto legati alla causa del Signore Oscuro. Senza contare i simpatizzanti e coloro che piangono la dipartita di Voldemort”.
“D’accordo e… quindi?
“Quindi bisogna trovarli e rinchiuderli ad Azkaban. Gli Auror del Ministero ci stanno già lavorando, ma è un compito difficile e noi siamo in carenza di… personale adatto. Anche noi abbiamo perso dei membri importanti”.
Harry abbassò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli nervosamente.
“Ci sono le nuove reclute, i nuovi ragazzi che si allenano per diventare Auror, ma ci vorrà del tempo perché siano pronti. Intanto servono persone capaci. Quindi ho pensato a te”.
“A me?” Harry alzò di nuovo gli occhi sull’uomo di fronte a lui, questa volta sorpreso.
“Tu sei stato via un anno per cercare gli Horcrux e ti sei combattuto contro i Mangiamorte. Senza contare che hai sconfitto Voldemort in persona, più e più volte”.
Il Grifondoro annuì ma dentro di sé pensava che gran parte del merito andasse ad Hermione: senza di lei e le sue cure, la sua furbizia, non ce l’avrebbe mai fatto. E anche tutte quelle volte che aveva sconfitto Voldemort, si era quasi sempre trattato di fortuna.
Ma decise di tacere questa parte a Kingsley. Forse aveva capito dove il Ministro volesse andare a parare.
“Ti sto chiedendo di darci una mano. A stanare i Mangiamorte, intendo. Non come Auror, per quello ci vuole un diploma, ma come un appoggio. Ovviamente non ti manderei in missione da solo, avrai sempre almeno un’altra persona al tuo fianco. Che ne dici, Harry? Ti va?”
Harry assimilò le informazioni e la richiesta. Ricordò quando, appena un anno fa, lo consideravano troppo giovane e innocente per affrontare una guerra e combattere, persino Kingsley. Che cosa gli aveva fatto cambiare idea? Solo quell’ultima missione dalla quale era uscito vincitore?
“Se vuoi pensarci ti do il tempo che ti serve”.
“No!” esclamò Harry. “Accetto. Darò una mano a catturare i Mangiamorte rimasti”.
Kingsley sorrise. “Allora, ho fatto bene a non menzionarti subito che ci sarebbe pure un compenso. La paga è buona”.
“Non importa”.
“D’accordo. Prima inizierai con gli allenamenti. È importante che tu sappia maneggiare bene gli incantesimi di attacco e combattere. Oggi alle due vai da Vince a questo indirizzo” e gli poggiò un biglietto sul tavolo. “Sarà lui il tuo allenatore”.
“Perfetto”.
Kingsley si alzò dalla sedia e cominciò a dirigersi verso l’uscita. “Ho saputo che tornerai ad Hogwarts. Spero che questo lavoro non interferisca coi tuoi studi”, aggiunse il Ministro voltandosi un’ultima volta.
“No, Signore. Non succederà”.
Quando Shacklebolt se ne fu andato, Harry tirò un sospiro e si sentì un po’ più alleggerito. Praticamente era un lavoro piovuto dal cielo che non si sarebbe mai aspettato di avere, ma ne fu contento. Aveva trovato il suo scopo, la sua missione. Stanare un po’ di Mangiamorte avrebbe aiutato la sua psiche.
Osservò l’ora; era ancora troppo presto per mettersi a bere, ma nulla gli impedì di accendersi una sigaretta.

 

“Ciao, Harry Potter”.
Vince era un uomo sulla trentina, alto, con un fisico ben formato e i capelli corti. Era molto pratico, non gli piaceva chiacchierare troppo e faceva quello che doveva fare senza girarci attorno. Inoltre, cosa che piacque molto ad Harry, non si fece mettere in soggezione dal fatto che avesse davanti il Bambino Sopravvissuto, colui che aveva sconfitto Voldemort per ben due volte.
Lo stava aspettando in una specie di palestra, con un ring al centro e diverse altre attrezzature.
“Essere un bravo combattente significa saper usare le armi a propria disposizione…”, disse Vince calandosi immediatamente nella parte dell’insegnante. “Ma essere un combattente eccezionale significa vincere anche senza le proprie armi. Per questo oggi voglio che metti via la bacchetta. Inizieremo con un corpo a corpo”. 
Ed Harry ebbe subito l’impressione che sarebbero andati d’accordo. 

 

Harry trascorse tutti i giorni, per diverse ore, in quella palestra, allenandosi con Vince, con e senza bacchetta. L’uomo gli insegnò tutti i movimenti di difesa personale, ma anche come attaccare colpendo nei punti giusti e addirittura la tecnica del soffocamento.
Il ragazzo imparava velocemente e sembrava tollerare bene la stanchezza. Dopo qualche giorno di allenamenti fisici, avevano iniziato a usare la bacchetta, ma solo perché Harry realizzasse che usare le mani per aggredire era persino meglio che usare la magia.
Nonostante la sua forza di volontà e la sua resistenza, il Grifondoro però si ritrovava sempre a crollare sul divano, le gambe pesantissime e ogni muscolo indolenzito. E quella sera non fu da meno. Sperava di riuscire ad addormentarsi subito, ma ben due gufi picchiettarono contro la sua finestra: uno portava la lettera da Hogwarts in cui erano scritti tutti i libri e i materiali che doveva portare per quell’ultimo anno e l’altro invece recava con sé una lettera di Andromeda.
Harry esitò su quest’ultima: la strega gli chiedeva quando sarebbe passato a trovarla per salutare il piccolo Teddy.
Teddy, il suo figlioccio.
Teddy, un altro orfano come lui.
Un neonato innocente reso orfano da una guerra che non lo riguardava.
Una vittima.
Per colpa sua.
Per colpa sua Remus e Tonks erano morti e non sarebbero mai più riusciti a rivedere loro figlio, a vederlo crescere e diventare adulto.
Prima James e Lily e ora loro due.
Harry afferrò il collo di una bottiglia di birra vuota e la lanciò contro la parete di fronte. Infine, accartocciò la lettera e la buttò insieme alle altre a cui non aveva intenzione di rispondere. 

***

Eccomi qua con il nuovo aggiornamento del sabatp. 
Spero che questo nuovo capitolo via abbia soddisfatti, ci sono un po' di novità per Harry. 
Non ho molto da dire, vi chiedo solo di lasciarmi delle recensioni per sapere l'andazzo. Ringrazio tantissimo coloro che mi hanno già scritto e chi ha messo tra le seguite questa mia storia. 

Ci becchiamo sabato prossimo.
Besitos,

Cactus.

 


 

   
 
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