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Autore: LanceTheWolf    29/10/2018    2 recensioni
Lan-Chen aveva una vita normale, un lavoro normale, una famiglia normale e dei sogni come tutte le giovani donne delle sua età. Poi la sua vita è cambiata, Lei è cambiata. In pochi sanno cosa è successo: la sua famiglia è allo scuro di tutto e ritiene che i suoi continui viaggi, le strane persone che frequenta, non siano altro che un periodo. Che stia semplicemente passando uno di quei momenti assurdi che prendono a tutti e che prima o poi passeranno proprio come sono giunti. Per lei, al contrario, ogni parola non detta ha il solo scopo di difenderli.
Si svolge molti Avatar dopo Korra.
NB: Questa raccolta partecipa al Writober 2018 a cura di Fanwriter.it
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Iniziativa: Questa storia partecipa al “Writober 2018” a cura di Fanwriter.it.
Numero Parole: 2152
Prompt: Colla (Red List – 29/10/2018)
 

Note: questo raccontino è visto dal punto di vista di un bambino, per questo motivo ho preferito usare un lessico semplice e ripetitivo, accompagnato da parole di fantasia.
 

Colla

 
A Tori non piaceva quel posto: c’erano tante cose interessanti che gli sarebbe piaciuto controllare da vicino, ma non gli facevano toccare nulla. Anche Liang che non lo sgridava mai, l’aveva preso in braccio quando si era allungato verso un carrellino con tante cose strane sopra, dicendogli che non doveva toccare nulla altrimenti l’avrebbero riportato a casa e non avrebbe visto la mamma.
Liang non era tipo da dire cose tanto brutte, quindi dovevano essere cose davvero sbagliate con cui giocare quelle lì e lui voleva tanto vedere la mamma.
Mamma Lan gli piaceva un sacco, lei lo capiva senza che dicesse nulla e lo prendeva sempre in braccio e anche quello gli piaceva tanto.
Per un po’ quindi era stato buono buono, insieme a tutti i suoi fratelli in quella sala tanto grande ad aspettare che la porta di metallo si aprisse; quando si era aperta però, e si erano alzati tutti, ma proprio tutti, avevano fatto entrare solo Nala e Kimo. Loro, i piccoli, erano rimasti con Jizu, Liang e quell’amico della mamma tanto simpatico, di cui non ricordava mai il nome, che portava sempre caramelle e cioccolato quando andava a trovarli.
 
Quando uscirono i fratelloni, lui corse veloce veloce, verso la porta di ferro, ma Pete lo prese al volo. Cominciava a non piacergli più essere uno dei piccoli, se chiunque poteva prenderlo e impedirgli di fare come voleva.
 
Era stato il turno di Liang e Jizu d’entrare.
Tori era arrabbiato: voleva vedere la mamma, non la vedeva da giorni e saperla dietro quella grande porta e non poterle fare nemmeno un sorriso grande grande gli faceva sentire male al pancino.
Sedeva sulle gambe di Pete, mentre Juju tirava su col naso; vederlo così fece venire la tristezza anche a lui. Scoppiò a piangere forte forte. Anche Li-Wei fece lo stesso, perché era così tra fratellini, se c’era una tristezza tristissima diventava subito di tutti e…
“Buoni piccini! State buoni o finirà che ci cacceranno”, cercò di consolarli Pete. Anche Ninoh prese ad abbracciarli uno ad uno per calmarli, ma il pancino non ne voleva sapere di fare meno male e il fatto che Nala e Kimo fossero andati col signore dal camice bianco, invece di prenderli in braccio, faceva ancora più male.
“Voglio la mamma!”, piagnucolò Lì tra i singhiozzi.
“Anche io!”, strillo Juju arrabbiato.   
Lui piangeva senza fiato, perché voleva quello che volevano loro, ma dirlo faceva più male che non dirlo.
L’amico di mamma abbassò la testa triste triste, nel sentire i fratellini e Tori pensò che stesse per piangere: aveva stretto forte i pugni, tanto forte, quindi aveva anche lui tanto male al pancino.
 
***
 
Tori non ricordava quando era arrivata la nonnina, ma lui stava ancora piangendo e Liang e Jizu erano ancora via. Era arrivata con due grandi che non conosceva.
“La signora della porta”, aveva detto Miori zitto zitto, strattonando la manica di Pete e indicando la signora con la nonnina.
Anche Miori era triste, ma lui non piangeva mai.
 
Tori sapeva chi era la signora della porta. Una volta, tanto tempo prima, la signora della porta aveva bussato alla loro casa; ma la mamma non le aveva aperto, si era seduta a terra e aveva cominciato a piangere senza singhiozzi e senza rumori.
Miori si era spaventato tanto, così gli aveva raccontato, perché lui, quando era arrivata la signora della porta, dormiva nel suo lettino.
I fratelli più grandi avevano detto che la signora della porta era stata in silenzio, poi però aveva parlato e aveva chiesto alla mamma di aprire, aveva detto che voleva solo abbracciarla. La mamma però non aveva aperto.
Tori aveva pensato, quindi, che la signora della porta fosse cattiva come quelle vecchine delle favole che fanno i complimenti, ma poi ti danno la mela avvelenata e si sa che le mele avvelenate sono avvelenatissime e se le mangi poi non ti risvegli più. Mamma Lan era furba e lo sapeva, per questo non aveva aperto e piangeva perché a lei piaceva quello che la signora della porta le voleva dare, a chi non piacevano gli abbracci?
 
La cosa strana però era che era stata la nonnina ad aver portato lì la signora della porta, che oltretutto non era neanche una vecchina e aveva gli occhi belli come quelli della mamma.
A lui piaceva la nonnina, anche quando domandava alla mamma se non fosse un po’ toccato. Lui non sapeva cosa volesse dire toccato, ma la mamma rispondeva sempre che l’unica cosa che non andava in lui era una nonna petulante di nome Lan-Lan, che era il nome della nonnina in effetti, ma lui non sapeva neanche cosa volesse dire petulante, quindi tutte quelle parole erano solo parole per lui.
 
L’amico della mamma si era alzato svelto, quando aveva visto la nonnina arrivare e lo stesso avevano fatto Nala e Kimo; poi, tutti insieme, compresi il signore che non conosceva e la signora della porta, avevano cominciato a parlare fitto fitto e piano piano; tanto piano che il battere del suo cuoricino copriva quello che dicevano.
Poi però la signora della porta lo aveva guardato.
Aveva guardato proprio lui, perché era l’unico attento ai grandi.
La signora aveva gli occhi luminosi, ma non piangeva.
“Sono loro i bambini?”, aveva chiesto mentre lo fissava e Tori era riuscito a sentire.
“Sì”, aveva detto la nonnina.
La signora della porta a quel punto gli era andata vicino.
Pete lo aveva stretto forte forte.
 
“Ciao”, disse la signora accovacciandosi davanti a Tori e Pete.
Tutto era diventato silenzio: i fratellini avevano smesso di piangere, anche se Juju tirava ancora su col nasino.  
“Ciao”, rispose Tori. Salutare era importante aveva spiegato la mamma, per questo lui lo faceva sempre sempre.
La signora della porta gli sorrise: aveva il sorriso come quello della mamma e il male al pancino scomparve all’improvviso, così sorrise anche lui.
Lei gli scompigliò i capelli proprio come faceva mamma Lan e Tori pensò che forse la signora della porta non era una vecchia cattiva; anche perché l’aveva guardata bene bene, da quando era arrivata, e non aveva nessuna mela con lei.
“Vedrai la mamma starà bene”, gli disse, “la conosco da tanto, sai? Dobbiamo essere forti e sorridere, perché se ci vede piangere diventerà triste e smetterà di guarire”.
Tori annuì convinto a quelle parole. 
“Vedi piccino, adesso la tua mamma è stanca si sente a pezzi. Delle persone cattive le hanno fatto male, ma noi dobbiamo essere forti per aiutarla a rimettere insieme tutti questi pezzi”.
“L’ho sognato, lo sai? I signori cattivi, ma mamma ha detto che il drago dei calzini la proteggeva, ma lei è qui e i calzini sono a casa. Non voglio che li toglie, ma ogni tanto la casa del drago va lavata, dice”, spiegò così alla signora della porta tutte le cose che doveva sapere per capire perché lui era tanto triste.
“Allora dobbiamo assolutamente andare a prendere questi calzini, ci andiamo insieme?”. La signora si alzò porgendogli una mano.
“Uhm…”, Tori guardò la mano della signora, poi abbassò la testa pensieroso.
I suoi fratelli non dicevano nulla.
Guardò allora la nonnina di sottecchi e lei sorrise facendo sì sì con la testa.
La nonnina la sapeva lunga, così diceva sempre la mamma, quindi… “Vengono anche Juju e Lì?”, chiese, gettando di scatto gli occhi in quelli della signora.
 
Nala era rimasta zitta fino a quel momento, ma, nel sentirlo parlare, disse: “Verranno anche Miori, Ninoh e Pete”.
“Ma Nala…”, tentò di protestare Pete alle spalle di Tori.
“Dovete mangiare qualcosa, è da questa mattina che non mettete nulla sotto i denti”, spiegò la sorellona.
“Ci penso io a farli mangiare”, disse la signora della porta, posando una mano sulla spalla di Nala, “stai tranquilla”.
Quella signora aveva una voce dolce, pensò Tori.
“Voglio vedere la mamma, prima!”, lagnò Miori e anche lui voleva vedere la mamma.
 
***
 
Non riuscirono ad averla vinta, non prima di mangiare, almeno.
La signora della porta era una brava cuoca e Tori queste cose le sapeva, perché lui da grande avrebbe fatto il cuoco o l’Atavar.
Miori e Pete si erano convinti a tornare a casa perché i fratelloni avevano promesso che poi avrebbero fatto vedere loro la mamma; così avevano obbedito e avevano mangiato di fretta frettissima, perché dovevano sbrigarsi: la mamma aveva bisogno di loro, proprio come aveva detto la signora della porta che aveva anche un nome, aveva scoperto Tori, ed era Mai-Lin.
Era un bel nome Mai-Lin, gli piaceva perché erano due nomi in uno e tutti quelli che conosceva che avevano due nomi in uno erano forti.
 
La mamma aveva bisogno della loro forza, aveva detto la signora, e se avessero mangiato tutto tutto sarebbero stati più forti per la mamma. Appena finito lui era corso in bagno e aveva cercato nella cesta del bucato le calze col drago. Le aveva trovate ed era sicurissimo che appena la mamma le avrebbe messe si sarebbe sentita subito meglio.
Juju voleva portare Ping per farle difendere la mamma nello spedale, ma la signora Mai-Lin aveva detto che nello spedale i puma pigmei non potevano entrare. Juju si era arrabbiato e aveva battuto i piedi contro il mobile in sala forte forte; talmente forte che aveva fatto cadere la targa di mamma e poi si era messo a piangere, perché la mamma teneva davvero tantissimo a quella targa e se avesse visto la cornice rotta si sarebbe fatta tristissima di sicuro.
Miori sapeva fare tutto, per fortuna, ed era corso in camera sua a prendere la valigetta degli attrezzi, che era di mamma, ma che stava sempre in camera di Miori e Pete, perché… non sapeva perché, ma mamma non era arrabbiata che fosse lì, quindi quella doveva essere anche la camera della valigetta di mamma, sì doveva essere così.
Dalla valigetta Miori tirò fuori una cosa che lui non aveva mai visto: sembrava un dentifricio, ma puzzava come i calzini portafortuna della mamma. Schiacciò il tubetto e ne mise un po’ dove la cornice era rotta. Aspettò un tantino e la cornice tornò sana sana.
Juju era tanto contento, non piangeva più; potevano tornare dalla mamma, lui era curioso però.
“Mì, cos’è?”, chiese indicando il dentifricio puzzone al fratello.
“Colla”, rispose Miori.
“Cosa fa la colla?”, domandò ancora lui.
“La colla serve a rimette insieme i pezzi”, gli spiegò e Tori capì che si trovava davanti una cosa magichissima come le calze della mamma, per questo puzzavano uguale.
 
***
 
Finalmente era con la sua mamma. Era pallida, pallida; sembrava che l’avessero cosparsa di farina da per tutto, ma non era polverosa, era sola bianca.
La riempì di baci e baci, ma dovette litigarsela con quei due rompiscatole di Lì e Juju, ma andava bene anche così, l’importante era averle infilato le calze col drago ai piedi. La mamma così aveva capito che lui teneva tanto tanto a lei, anche se non l’aveva potuta baciare tantissimo come voleva.
 
Purtroppo però, quando il signore con gli occhiali, e con il camice più lungo che Tori avesse mai visto, disse di andare via, Kimo prese Juju in braccio, Lì per una mano, e disse che era ora di salutare.
“Ci vediamo domani, vedi di non farci prendere più di questi colpi, ok?”, disse alla mamma il fratellone che non la chiamava mai mamma e chissà poi il perché.
“Non preoccuparti, ho i miei calzini portafortuna, adesso”, disse mamma Lan con un sorriso, facendogli l’occhiolino; a lui, non a Kimo, anche se ogni volta che muoveva qualcosa, o la baciavano, gli occhi le si chiudevano stretti come se invece di baci fossero pizzichi e, per un secondo uno, sembrava non respirare.
 
Lui non sapeva se fare o meno quella cosa che voleva fare, ma… Kimo non aveva abbastanza mani per tutti e lui aveva portato con sé quella cosa per la sua mamma, senza dirlo a nessuno.
Se l’avessero scoperto l’avrebbero sgridato tanto forte da fargli male alle orecchie, lo sapeva, ma quella era la sua mamma, doveva farlo!
E, non appena il fratellone girò l’angolo, lui corse velocissimo e si arrampicò sul letto. Non fu un cosa facile perché un letto tanto alto Tori non lo aveva mai visto, ma…
“Tieni mamma Lan, l’ho presa a Miori, ma non sgridarmi. È una medicina magica, serve per rimettere insieme i pezzi e la signora della porta ha detto che tu devi rimetterli insieme”. Le mise in mano il tubetto di colla e corse dietro i fratelli, prima che questi potessero notare la sua assenza.
 
La mamma sarebbe stata bene, Tori lo sapeva, perché aveva sorriso, prima che lui scappasse via e aveva stretto gli occhi come faceva sempre quando gli diceva che tutto andava bene, senza dirglielo a parole. I pizzichi sarebbero passati e sarebbe tornata colorata come prima, perché era la sua mamma e aveva promesso che ci sarebbe stata sempre sempre per lui e… tutti sapevano che mamma Lan manteneva sempre le promesse.
   
 
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