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Autore: _astronaut_    01/11/2018    3 recensioni
Zoom su episodi di vita di alcuni dei nostri eroi, dopo il ritorno sulla Terra in seguito alla sconfitta di Thanos.
Stucky, Stark Family, Brutasha and so on: se l'ispirazione chiama, rispondo presente, e spero davvero di regalarvi qualcosa di piacevole da leggere (se siete interessati a capire meglio le coppie, vi consiglierei di leggere l'epilogo di "And it hurts like hell": in caso contrario, potete tranquillamente fare finta che questa parentesi non esista e passare direttamente a leggere questa raccolta xD).
Aggiornamenti ogni due settimane, puntualmente di domenica. Enjoy!
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PERSONAGGI: Stephen + Christine
QUANDO: Subito dopo il ritorno sulla Terra
 
 
Let’s hurt tonight
 
Stephen Vincent Strange era stato un neurochirurgo eccellente, geniale, fuori dall’ordinario – in poche parole, unico.
Ma era stato anche una persona arrogante, egoista, presuntuosa, egocentrica – insomma, un vero e proprio stronzo.
Poi era cambiato, era diventato un maestro nelle arti mistiche e aveva imparato a non agire d’impulso, a pensare agli altri prima che a se stesso e al suo tornaconto, ma nella sua fantastica mente era rimasto comunque un pensiero fisso, una persona a cui fare ritorno, un errore più pesante degli altri, un rimorso che gli attanagliava il petto, un elemento del suo passato che non riusciva – né voleva – cancellare: Christine Palmer.
Christine era tutto ciò che lui, prima di diventare il grande stregone custode della Gemma del Tempo, non avrebbe mai potuto nemmeno lontanamente sognare di essere: fedele, umile, affettuoso, altruista, gentile.
Per questo, quando su Titano l’aveva vista scendere da un Helicarrier, il cuore aveva smesso per un istante di battere; lei era viva, sana e salva, e come al solito stava facendo ciò che le riusciva meglio: salvare la vita delle persone.
Non ci era voluto molto prima che lei lo scorgesse e gli andasse incontro, i grandi occhi da cerbiatta spalancati di preoccupazione, fissi sul suo viso scavato, ferito e stanco, i capelli mossi dal vento causato dai motori degli Helicarrier, le labbra tese in un sorriso di gioia e sollievo.
Come era possibile che lei, la persona migliore al mondo, volesse, dopo tutto ciò che le aveva fatto passare, avere ancora a che fare con lui?
Non fece in tempo a darsi una risposta, perché la dottoressa lo abbracciò d’impeto, affondando il viso nelle pieghe del suo abito da stregone, lasciando che la tensione scivolasse via con piccoli tremolii mentre lui, incredulo, la stringeva a sé accarezzandole con delicatezza la testa, cercando di tranquillizzarla con dei rochi “Sono qui, sono qui. Va tutto bene”.
E a entrambi era bastato così, fino al momento in cui, senza dire una parola, lei si era staccata da lui per accertarsi che le persone che salivano, ordinatamente, sugli Helicarrier e sulle navicelle del Wakanda non avessero ferite mortali e fossero perciò in condizione di affrontare il viaggio.
Vederla così – impegnata, coraggiosa e determinata come sempre – fece ricordare a Stephen di essere anche uno stregone, oltre che un medico impossibilitato a svolgere le sue funzioni, e quindi cominciò ad aprire giganteschi portali per consentire alle navicelle di andare e venire dalla Terra nel minor tempo possibile, velocizzando le operazioni di salvataggio.
Ci volle molto, inutile nasconderlo, ma alla fine rimasero sul pianeta solo gli eroi e le persone a loro più care, finalmente pronti a lasciarsi alle spalle una brutta, bruttissima avventura.
Strange sospirò, spossato, lasciando che la stanchezza accentuasse il tremolio alle mani, cosa che Christine notò subito, a bordo della navicella del Wakanda, e, delicatamente, prese tra le proprie le snelle mani dell’ex collega.
“Sei sparito di nuovo” mormorò la dottoressa con estrema tristezza “Perché non ti sei più fatto sentire? Pensavo che… Che… Che fossi…”
“Christine, ti prego, non piangere” la strinse a sé e la cullò un po’, lasciando che la donna desse sfogo a tutta la paura accumulata in quei giorni, lasciandole dolci baci sui capelli, mentre la dottoressa si aggrappava alle sue spalle come se ne andasse della sua stessa vita.
“Sono un idiota. Sono un vero idiota. Non accadrà mai più, te lo prometto. Anzi, che ne dici se quando torniamo sulla Terra vieni da me? O andiamo a cena, o ci facciamo cucinare qualcosa da Wong, però se non…”
Lei non lo lasciò finire, lo baciò, senza preavviso, delicata come una farfalla nell’appoggiarsi a un fiore, e lui, dimentico di tutto e di tutti, non poté non ricambiare quel bacio tanto atteso quanto insperato, chiudendo a coppa le sue mani sul viso di lei, lasciando che poi i suoi pollici accarezzassero le guance della donna e asciugassero le lacrime che le avevano bagnate.
Una volta tornati a New York, Stark propose a tutti di andare a cenare alla Avengers Facility, dato che il posto c’era per tutti, ma i due medici rifiutarono, dato che Christine sarebbe dovuta tornare al lavoro e quindi necessitava di riposo.
Tony capì l’antifona, leggendo tra le righe il bisogno dei due di trascorrere del tempo da soli, lontano dal mondo, per sistemare delle questioni in sospeso tra loro, e quindi con una pacca sulla spalla augurò ad entrambi ogni bene.
“Spero di rivederti, per una prossima rimpatriata, Doc” Tony tese la mano destra, che Stephen strinse con decisione e stima.
“Non mancherò, Tony”
Un sorriso furbo sui visi di entrambi, e subito dopo Stephen e Christine attraversarono il portale che Strange aveva creato, giusto per ritrovarsi in una delle traverse che avrebbero condotto al loft di Stephen.
Faceva fresco, quella sera, e il cielo plumbeo non prometteva affatto nulla di buono. Ma la tempesta che si preannunciava non era nulla in confronto alla tempesta che si agitava nei cuori dei due.
Il loft di Strange era un luogo spinoso per entrambi: , solo un anno prima, avevano litigato furiosamente, , il cuore di Christine si era spezzato in mille pezzi di fronte alla rabbia incontrollabile di Stephen che, al momento, preso dallo sconforto, l’aveva trattata come un giocattolo vecchio e inutile, da buttare; Stephen aveva deciso di intraprendere un viaggio verso il lontano Oriente, lontano dal suo passato glorioso, lontano dal suo presente inaccettabile, lontano dal dolore di un rapporto desiderato, ma spezzato a causa del suo smisurato ego.
Sempre lì avevano consumato notti di passione, avevano racchiuso momenti di dolcezza di cui nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di parlare, per la paura di portare le cose a uno step più alto del semplice essere amanti, , erano stati semplicemente Stephen e Christine, non il dottore pluripremiato e la dottoressa sua ufficiosa compagna.
Era tardi, per strada c’erano pochissime persone, e l’aria era davvero fredda. Christine tremò, preda di un evidente brivido, e Strange diede un piccolo colpetto al suo mantello, sussurrandogli un: “Copri lei, ha solo la divisa da pronto soccorso addosso”.
Sul momento, la donna lo prese per pazzo – chi mai si sarebbe messo a parlare con un mantello?! -, ma poi il suddetto mantello si staccò con uno svolazzo dalle spalle di Stephen e si poggiò delicatamente su quelle di Christine.
Lei emise uno strozzato verso di sorpresa, ma poi, notando lo sguardo divertito e addolcito del suo ex collega, sorrise a sua volta, e, con una piccola carezza al collo del mantello, mormorò: “Grazie”. E un lembo del mantello, in risposta, le carezzò il viso.
“Gli stai simpatica” disse il neurochirurgo tirandola piano a sé, facendo passare un braccio attorno alle sue spalle “Di solito è molto più scorbutico con gli sconosciuti”
“Mi ricorda qualcuno di mia conoscenza” scherzò Christine respirando il profumo di Stephen, godendo del suono profondo della risata dell’uomo, due cose delle quali, se avesse potuto, non avrebbe mai fatto a meno.
“Touché, dottoressa Palmer” rispose lui con serenità, lasciando istintivamente un bacio lieve sui capelli di lei, inspirandone il familiare profumo di lampone.
Camminarono in silenzio, godendo semplicemente della presenza rassicurante l’uno dell’altra, e poi, all’improvviso, cominciò a scendere una pioggia lieve ma copiosa, che li infradiciò dalla testa ai piedi, tanto che quando arrivarono a casa di Stephen, egli dovette accendere il riscaldamento per evitare di far prendere a entrambi una bronchite poco simpatica.
 
When, when we came home
Worn to the bones
I told myself “This could get rough”
 
“Dovresti toglierti i vestiti bagnati, Christine, e farti una doccia calda. Ti va se preparo del thè?”
“Non ho nulla con cui vestirmi” obiettò lei, arrossendo un po’ “Però sì, qualcosa di caldo da bere sarebbe ottimo, grazie”
“Nulla a cui non si possa porre rimedio” il dottore le fece l’occhiolino, e aprì un portale che dava esattamente sulla cabina armadio della donna “Avanti, entra, io lo tengo aperto. Prendi ciò che ti serve”
Lei strabuzzò gli occhi, poi scosse la testa. “Non ci entro senza di te”
Lui abbozzò un sorriso intenerito. “Non hai nulla da temere”
“N-no” balbettò lei “Da sola non ci entro, non che non mi fidi di te, Stephen, ma nel giro di quarantott’ore ho visto troppe cose che vanno ben oltre tutto ciò che prima ritenevo possibile, io… Non ce la faccio”
Lui annuì, poi richiuse il portale. “Magari c’è ancora qualcosa di tuo, qui”
Christine arrossì. “Quando abbiamo litigato, ho lasciato qui le chiavi. Poi tu sei sparito, io non ho più voluto cercarti, poi sei tornato in fin di vita, e poi…”
“E’ colpa mia, Christine. Sono stato uno stronzo, un vero egoista, un narcisista di prima categoria, ho pensato solo a me stesso. Avrei dovuto farmi sentire, dopo che mi hai salvato la vita, ma ho avuto un sacco di cose da fare – Wong non mi lasciava nemmeno il tempo di respirare – e…”
“Basta” mormorò lei.
 
And when, when I was off, which happened a lot
You came to me and said, “That’s enough”
 
Basta” ripeté con più convinzione, prendendo il viso di Stephen tra le sue piccole mani “Va bene. Va tutto bene. Con il tuo sacrificio hai salvato il mondo, Stephen, hai salvato più vite di quante ne avresti mai potute salvare nella tua brillante carriera, e sai che ti dico? L’importante, per me, è che tu sia vivo e che tu sia felice. Vederti così distrutto, così spaesato, dopo l’incidente, mi ha spezzato il cuore. Ma ora hai nuovamente uno scopo, sei un eroe per davvero, e…”
“Non posso essere felice, se tu non sei al mio fianco” la interruppe lui puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli caldi di lei.
Christine sorrise dolcemente, colpita nel profondo dalla sincerità nella voce e nello sguardo di Stephen; del dottore tronfio e pieno di sé non era rimasto che il corpo: l’uomo che aveva di fronte era ben diverso, e indubbiamente migliore.
“Queste confessioni non sono nel Suo stile, dottor Strange” la donna appoggiò la fronte a quella dell’uomo, perdendosi nei suoi occhi dal colore indecifrabile, sentendo il proprio cuore battere più forte.
 
Oh, I know that this love is pain
But we can’t cut it from out these veins, no
 
“Credimi, Christine, Sei la parte migliore di me, mi conosci meglio di me stesso” proseguì lui “Ma se non vuoi avere più nulla a che fare, con me e le mie stranezze, lo capisco. Lo accetto. E va bene, ma…” il dottore si bloccò, incerto. Si morse il labbro inferiore, sentendosi perforato dagli occhi lucidi di Christine
“Ma?” lo incalzò lei con dolcezza, carezzandogli gli zigomi affilati con i pollici.
“Senza di te sono perso” mormorò lui “Non ho un punto a cui far ritorno”
Dagli occhi della dottoressa Palmer scesero due grosse lacrime di felicità, che lui baciò via, stringendola a sé posandole delicatamente le mani sui fianchi.
“Torna da me, Christine. Non sono più lo stesso di un anno fa. Non ti farò soffrire, mai più, lo giuro. Voglio essere responsabile del tuo sorriso, non delle tue lacrime. Ti prego, permettimelo”
La donna a quel punto scoppiò a piangere, sopraffatta dalle emozioni e dall’intensità del momento, e annuì, lasciandosi avvolgere dalle braccia forti dello stregone.
Il suo cuore stava tornando intero, ed erano bastate solo poche parole da parte dell’uomo che amava con tutta se stessa per riempirla di gioia e di pace.
Stephen stentava a credere che Christine fosse davvero lì, tra le sue braccia, e che lo avesse davvero perdonato, ma era felice. Finalmente si sentiva completo, e il sorriso che la donna ora gli stava rivolgendo era lo spettacolo più bello dell’intero universo.
Inutile negarlo: era sempre stato perdutamente innamorato della bella dottoressa, ma non si era mai concesso il lusso di accettarlo, troppo preso dal lavoro e dalla cura della sua fama personale. Aveva capito tardi che Christine fosse la donna della sua vita, ma fortunatamente non così tardi da negare a entrambi la felicità a cui avevano sacrosanto diritto.
“Vai a farti una doccia calda” disse lui “Stai tremando”
Christine non rispose, lo baciò e lo prese per mano, portandolo con sé nel gigantesco bagno dell’amato.
 
So I’ll hit the light and you lock the doors
We ain’t leaving this room ‘til we bust the mold
 
Stephen era rapito da ogni suo movimento e non riusciva a staccare gli occhi da Christine, che, come da vecchia abitudine, riempiva la grande vasca di acqua calda, sali e profumi, e lentamente si spogliava davanti a lui.
Non appena sentì le labbra della donna posarsi sulle proprie, il suo cervello si spense, e chiuse fuori ogni pensiero che non fosse legato a Christine: Stephen la baciò con trasporto, dandole una mano per togliersi i vestiti pieni di polvere e sangue, per poi prenderla in braccio e immergersi nell’acqua calda.
Non si rese conto di stare piangendo fino al momento in cui la donna gli baciò gli zigomi, bagnati di lacrime salate e paura repressa, gioia e piacere.
“Scusa” balbettò lui “Non so cosa mi succede, è…”
“E’ perfetto così” lo interruppe lei, tornando a baciarlo cominciando a insaponargli le spalle “Lasciati andare, Stephen”
Strange si fece guidare da Christine e, una volta sistematisi, appoggiò la sua schiena al petto di lei, facendosi coccolare dalle sue mani che, con estrema delicatezza, gli insaponavano i capelli e gli massaggiavano la testa, togliendo poi lentamente lo shampoo, cosa che, lei sapeva, lo rilassava alquanto.
Stephen appoggiò le mani alle cosce della donna, carezzandone delicatamente la pelle morbida e liscia, per poi lasciarle un bacio nell’incavo del collo, lo sguardo adorante di un fedele innanzi alla divinità.
Strange era ateo, non credeva in alcun dio e non professava alcuna religione, ma credeva nella vita, nella medicina, credeva, da un anno, nella magia.
E credeva in Christine, credeva, solo ora, nell’amore.
E lei, la dottoressa dal cuore grande e animo fiero, rappresentava tutte queste cose, e lui ne era totalmente, incondizionatamente, rapito e innamorato.
Christine sorrise, lusingata dallo sguardo che Stephen le stava rivolgendo e che mai le aveva riservato, in passato, e lasciò che l’uomo la facesse sua, lasciò che finalmente i loro corpi si fondessero in uno solo, lasciò che le loro mani tornassero a intrecciarsi e a tracciare disegni invisibili sul corpo di entrambi, lasciò che i loro occhi si perdessero gli uni negli altri, mischiando respiri e gemiti a baci e sussurri, al suo nome – Stephen, Stephen, Stephen -, mormorato sulla pelle bollente dell’uomo che, in un ultimo affondo, gemette sulle sue labbra il suo nome - Christine, Christine, Christine -, e venne in lei, con lei, per lei.
I loro battiti, lo stesso ritmo.
I loro cuori, una stessa melodia.
Le loro anime, una sola emozione.
 
Don’t walk away, don’t roll your eyes
They say “Love is pain”, well, darling, let’s hurt tonight
If this love is pain, then, honey, let’s love tonight
 
Resta” mormorò Stephen una volta che i due si furono avvolti in due accappatoi e, seduti sulle sedie della cucina, sorseggiavano un thè caldo mentre la città si tingeva pigramente dei colori dell’alba.
Christine sorrise. “In ospedale vogliono accertarsi che io stia bene, non posso”
“Ma io sono un medico, posso assicurare io che sei sana!” protestò Stephen intrecciando una mano a quella che Christine aveva appoggiato sul tavolo.
“Tu come stai, Stephen?” domandò lei.
Il dottore sorrise. “Ora sto bene”
“Mando un messaggio, allora. Attenderanno un giorno per rendermi uno scolapasta” ironizzò Christine prendendo in mano il telefono per comporre un messaggio.
“Ti aspetto a letto” Stephen si alzò, lasciandole una carezza sul viso, poi si diresse in camera, togliendosi l’accappatoio e mettendosi sotto le coperte, oscurando i vetri della camera per non far passare la luce del giorno.
Christine lo raggiunse poco dopo e si infilò a sua volta sotto le coperte; i due si mossero in contemporanea, lui la accolse sul suo petto e lei intrecciò le sue gambe alle sue.
Per un po’ il silenzio fu colmato solo dai battiti dei loro cuori e dai loro respiri rilassati; Stephen accarezzava dolcemente le spalle nude di Christine, che dal canto suo lasciava ogni tanto qualche bacio sulla cicatrice del petto di Strange (ricordo del primo combattimento di Stephen come stregone), accarezzandogli la mano libera con la propria, facendo scorrere le sue dita su quelle lunghe, chiare e piene di cicatrici di Stephen.
Baciò quella mano nello stesso momento in cui le labbra di Stephen si poggiarono sul suo capo, ed entrambi sorrisero, finalmente felici. Sereni. Completi.
“Ti amo, Stephen” mormorò Christine prima di addormentarsi tra le braccia dell’uomo.
“Ti amo anch’io” rispose lui dandole un ultimo bacio prima che lei scivolasse definitivamente tra le braccia del dio dei sogni.
Il mondo, per quel giorno, poteva aspettare.
 
(2790 parole)
 
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Eccomi di nuovo qui!
Per quanto riguarda questa OS, mi è capitato di ascoltare Let’s hurt tonight degli One Republic con più attenzione rispetto alle volte precedenti, qualche giorno fa, e be’, si è praticamente scritta da sola, anche perché era da un po’ che pensavo di scrivere qualcosa su questi due: spero di non aver fatto danno, perché è davvero, davvero lunga.
Se mai voleste lasciare un parere, positivo, negativo o critico, mi fareste davvero contenta, oltre a rendermi un’autrice migliore.
Grazie a chi ha letto fin qui, spero vi sia piaciuta!
Un abbraccio, a DOMENICA 11 NOVEMBRE!
 
_astronaut_

 
 
   
 
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