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Autore: coldays    03/11/2018    3 recensioni
CLASTIAN, What if? in Edom
E se il fuoco celeste non avesse funzionato e Clary fosse rimasta intrappolata all'Inferno con il suo demoniaco fratello? E se decidesse di non cedergli, di continuare a resistere a lui e i suoi Ottenebrati? Riuscirebbe a resistere sola nel regno di Edom, o troverà un improbabile alleato? Riusciranno i suoi amici a salvarla? Ma si trova realmente in pericolo?
Poiché accade sovente con ciò che si è perso e poi ritrovato che lo si ritrovi diverso da come lo si è lasciato...
"Quella di ogni Shadowhunter è una vita di sangue e cicatrici ma tu, sorella, sei stata crudele con me..."
Ritorno sul fandom dopo anni, con una nuova Clastian shipposissima, enjoy!
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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«Enemy of mine
I'm just a stranger in a strange land
Running out of time
Better go, go, go»
Stranger in a strange land, 30 Seconds to Mars


Nelle ultime settimane Clary aveva visto poche volte suo fratello, e tutte erano finite con una qualche sorta di scontro.
Di solito non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa; i suoi comportamenti erano sempre in contraddizione tra di loro. Non sapeva mai quale Sebastian si trovasse davanti a lei, se quello estremamente calcolatore o quello completamente in balia delle sue emozioni.
Appena arrivata in Edom Clary era terrorizzata da suo fratello, ma adesso, dopo un tempo che le sembrava infinito ma che sospettava ricoprisse un arco di poche settimane, scopriva in lui una certa familiarità, seppure inconsueta.
Alcuni giorni sembravano davvero fratello e sorella, altri lui scompariva e Clary passava il tempo ad immaginarlo al posto del bersaglio o del manichino contro cui si accaniva. Iniziava ad avere la certezza che fosse impossibile riuscire semplicemente ad ignorarlo; certe volte si scopriva ad osservarlo, notando cose a cui non aveva mai fatto caso.


Clary, dopo estenuanti ore di allenamento –non sapeva quante, non le contava mai quando si trovava in palestra, ma sospettava fossero parecchie- stava riordinando l’attrezzatura quando vide le porte spalancarsi e Sebastian entrare. “Oggi sei venuto tu stesso a recuperarmi?” Gli chiese con una smorfia, allontanandosi dal ripiano su cui aveva posato i pugnali; aveva imparato in fretta che suo fratello era solito intrappolarla contro qualsiasi superficie, e così si spostò velocemente al centro della palestra. O avrebbe voluto perché, inciampando nei suoi stessi piedi, cadde a terra. La risata di Sebastian riempì la stanza, e lei alzò la testa sconvolta; non credeva di averlo mai sentito ridere così spontaneamente, senza traccia di cattiveria nella voce. In una frazione di secondo, con la sua tipica velocità –da quando mi sembra tipica?, pensò distrattamente Clary- le fu subito accanto. Quando rideva sembrava che il cerchio argentato intorno le sue pupille si allargasse, donando una luce completamente nuova al suo volto… Nell’oscurità generale del castello sembrava davvero il principe Oscuro dei suoi disegni; Clary aveva iniziato a chiedersi perché, ben prima di conoscerlo, si fosse ritrovata a disegnare lui e questo castello che sembrava la sua naturale estensione.
-Non credo di aver mai visto una Shadowhunter inciampare nei suoi stessi piedi.- Cercò di mascherare un’altra risata con un colpo di tosse, cercando di riprendere il suo solito cipiglio serio, eppure l’ombra di un sorriso persisteva sul suo volto. A Clary ricordò Jocelyn, quando da bambina la rimproverava per aver combinato un pasticcio con i colori, ma non riusciva a trattenere il sorriso vedendola così piccola e piena di colore fino alla punta dei capelli.
-Adesso sono una Shadowhunter?- Sospirando teatralmente, Sebastian si inginocchiò e, con dita leggere, le allacciò la scarpa che l’aveva fatta cadere.



Clary strinse il fiocco dei suoi anfibi, scuotendo la testa. In quelle settimane in Edom non aveva fatto altro che allenarsi, sin dal primo giorno; si era persino rifiutata di visitare il castello. La sera, quando finalmente ritornava nella sua stanza, era troppo stanca per riuscire a fare qualsiasi cosa, e il suo blocco da disegno giaceva abbandonato sulla scrivania. Se Jace avesse potuto vederla, sarebbe stato fiero di lei, sperava. Un piccolo macigno le si depositò sul cuore. Non c’era giorno in cui non pensava alla sua famiglia, e non c’era volta in cui il loro ricordo le facesse meno male. Uno dei motivi per cui stava mettendo tutta se stessa nell’allenamento era che riusciva a non pensare. Adesso comprendeva Jace, Alec e persino Izzy. L’adrenalina della battaglia, la concentrazione dell’allenamento, la pesantezza dei muscoli –erano un toccasana per il suo animo inquieto, una nicchia in cui rifugiarsi. Era l’unica cosa che sentiva le stesse consentendo di mantenere un briciolo di sanità. Non capiva perché, nelle sue scarse settimane di allenamento all’Istituto di New York, sebbene portasse le rune, il suo allenamento fosse stato tanto superficiale.
Forse perché Jace non ti riteneva capace di allenarti seriamente?, suggerì la fastidiosa voce che sembrava essersi insinuata nella sua mente da quando si era ritrovata intrappolata su questo pianeta infernale e che assomigliava pericolosamente a quella di Sebastian.
Forse se ti avessero ritenuta abbastanza capace, a quest’ora saresti a casa…



Arrivata in palestra, trovò Sophia intenta ad allenarsi. Inutile dirlo, il loro rapporto era, se possibile, peggiorato. Clary non riusciva a capire come qualcuno potesse volontariamente unirsi a suo fratello; Sophia, d’altro canto, non comprendeva, come le aveva più volte detto tra un pugno e un altro, come riuscisse ad essere più cieca di una mondana e così terribilmente ingrata.
Sentendo il sibilo di un coltello, scartò di lato, osservando la lama conficcarsi ne punto in cui poco prima si trovava lei. Non ebbe il tempo di compiacersi dei suoi riflessi che un altro coltello si piantò dove si trovavano i suoi piedi prima che saltasse; e ancora, ogni suo spostamento era seguito da un coltello. Con orrore si rese conto che, con i suoi stessi movimenti, si era creata una gabbia dalla quale sarebbe stato difficile uscire ed evitare il prossimo coltello che Sophia stava preparando. Puntò gli occhi sulla sua spalla e, appena vide il muscolo guizzare si abbassò, ponendosi sulla precisa traiettoria della lama; si accorse del suo sorriso soddisfatto e, estraendo una lama piatta e corta –le sue preferite- dal pavimento, la sollevò davanti al viso, usandola per proteggersi. Clary sorrise vedendo lo stupore della sua avversaria e, dalla sua posizione centrale tra i coltelli, ne approfittò per restituirle le lame una ad una, non riuscendo tuttavia a colpirla.
-Il gattino ha tirato fuori le unghie?- La provocò, inarcando un sopracciglio biondo.
-Sei davvero brava a scappare dai miei coltelli.- Clary avrebbe voluto cancellare quel sorriso beffardo dal suo volto. –Come una brava mondana, sai solo scappare.- Continuò, agitando una mano, il suo sorriso trasformato in una smorfia. Clary sentì il sangue ruggire e, in una frazione di secondo, sfoderò le lame gemelle che aveva nascosto sotto la giacca della tuta, che andarono a squarciare la divisa rosso sangue all’altezza delle costole provocandole solamente un taglio superficiale. L’espressione sconvolta di Sophia, però, era più che sufficiente per Clary per essere soddisfatta.
Dopo che ebbero finito di scontrarsi, mentre si trovavano una di fronte all’altra sul lato opposto della palestra, stremate e sporche di sangue, Sebastian entrò nella stanza. Sophia scattò in piedi, smettendo di applicarsi gli iratze, e cadde in ginocchio di fronte al suo padrone; Clary si limitò ad osservarla, inarcando entrambe le sopracciglia. Come le aveva già detto più volte, avrebbe dovuto spezzarle le gambe prima di vederla in ginocchio di fronte a suo fratello. Lui la guardava come se fosse un miraggio, come se non si aspettasse, in realtà, di trovarla lì ad allenarsi. Con movimenti lenti, non staccando gli occhi dai suoi, portò la mano nella tasca interna della sua giacca rossa –come il cielo su Edom, come il sangue che lui aveva versato e come quello di cui le sue stesse mani si erano macchiate- uscendone uno stilo. Clary lo prese al volo, osservando meravigliata il delicato motivo di stelle nere che si inseguivano per tutta l’impugnatura.

“Morgenstern, è quello che siamo. Non ti permetterò mai di dimenticarlo, Clarissa.Le sfiorò la guancia con le nocche, e Clary pensò di poter vedere le stelle cui lui tanto si aggrappava splendere nei suoi occhi, come ogni volta che le stava così vicino. “Io non ho niente a che fare con tutto questo.” La mano che la accarezzava corse, repentina, a stringerle il mento. “Tu sei il più crudele dei demoni, sorella.”

“Mio signore, sei sicuro sia il caso di metterle un’arma come uno stilo in mano?” Intervenne Sophia, che aveva osservato la scena a bocca aperta.
“Se non lo fossi stato, avrei agito diversamente.” Una sua occhiata fu necessaria per farla tacere ma, da sotto i capelli biondi che le ricoprivano il volto, Clary poteva vedere il rossore che le colorava le guance. Le dita le fremevano al contatto con la fredda impugnatura dello stilo, ed una gioia selvaggia si impossessò di lei; era come se le avessero restituito un arto, e adesso si sentiva invincibile. Senza riflettere si applicò un iratze, e sentì il sollievo pervaderla immediatamente, guarendo anche lividi e feriti di settimane. “Quanto mi costerà questo?” Gli chiese, con gli occhi ancora chiusi, beandosi della sensazione di benessere che provava in quel momento. Lo sentì sospirare teatralmente e, percependo uno spostamento d’aria, aprì gli occhi trovandoselo davanti. Non le avrebbe mai concesso il lusso di sostenere una discussione senza guardarlo negli occhi, non le avrebbe mai permesso di sfuggire al suo sguardo. “Vieni in battaglia con me.” Clary sostenne il suo sguardo. “No.” Vide le sue mani stringersi a pugno, e la vena del collo pulsare. “Non era una domanda.”
 I suoi lineamenti improvvisamente si distesero, ed i suoi occhi si illuminarono trionfanti. Era sempre così, con lei; doveva cercare di trovare qualcosa che l'avrebbe motivata, a cui non avrebbe saputo resistere. “Sempre se sei in grado di combattere, dopo esserti scontrata con Sophia.” Maledetto, pensò Clary. Se c’era una cosa che lei, segretamente, riconosceva avessero in comune era l’orgoglio, e lui dimostrava come sempre di conoscerla meglio di quanto si aspettasse. Eppure, non poteva cedere così. Gli avrebbe restituito lo stilo, sfregiato l’iratze, qualsiasi cosa, ma non poteva schierarsi con lui.
“Signore, ti accompagnerò io, se me lo consenti. Non mi provoca nessuno sforzo battermi con lei.” Sophia si alzò subito in piedi, nascondendo a stento una smorfia di dolore; Clary non si preoccupò di nascondere, invece, il sorrisetto che le increspò le labbra per questa piccola vittoria.
“Molto bene allora, seguimi.” Sebastian continuava a fissarla, non degnando l’altra ragazza di uno sguardo, e Clary vide chiaramente sul suo volto la gelosia bruciante nei suoi confronti.
“Verrò con te.” Disse d’istinto, e Sebastian le porse una mano, invitandola ad alzarsi, che lei ignorò. “Ma deve esserti chiaro, Sebastian, che non combatterò per te.”
“Combatterai con me sorella, perché questo regno appartiene a te quanto a me.” Clary sbuffò, esasperata. “Ma quando la smetterai con questa storia?”


Ritrovarsi nella Sala del Trono aveva uno strano effetto su Clary; nessuna traccia della battaglia era più presente. Anche l’imponente lampadario, che a Clary ricordò vagamente quello della discoteca di Praga, pendeva dal soffitto senza un graffio. Suo fratello la aspettava al centro della stanza, mentre discuteva con Amatis. La vista della donna le provocò una fitta al cuore, e le tornarono alla mente i ricordi di quando andava a caccia con i suoi amici, della divisa nera come la notte che le aveva dato–identica a quella che indossava adesso, solo di una fattura diversa. Di solito si trattava di missioni improvvisate, in realtà, alle quali si univa senza nessuna idea di cosa avrebbero fatto. Erano sempre coinvolti in missioni di salvataggio, che non lasciavano loro nessuna scelta –perché, di fronte a coloro che ami, che scelta hai?
Si meravigliava sempre di come la luce sembrasse sfiorare gli Shadowhunters; di come gli occhi di Jace rilucessero, simili a stelle sullo sfondo dorato che era lui. Sebastian, invece, catalizzava la luce rossastra che filtrava dalle finestre nella sua persona; i suoi occhi sembravano risucchiarla, come se neanche la luce fosse capace di sfuggire a quegli abissi scuri. Quando si girò a guardarla, il suo sorriso era affilato come la lama di un rasoio e Clary sentì il suo sguardo esplorarla, insinuarsi tra le pieghe della sua divisa e del suo animo, bruciarle la pelle. I suoi occhi si spalancarono quando lo vide abbassare lentamente la cerniera della sua divisa, scoprendo le spalle; Clary arrossì, abbassando gli occhi, e lo sentì ridacchiare. Un lieve spostamento d’aria, impercettibile, e lo vide davanti a sé con la mano tesa e lo stilo che le aveva precedentemente dato sul palmo. “Non inventarti una delle tue solite rune.” Le disse, socchiudendo gli occhi come a valutare se fosse davvero il caso di fidarsi di lei e Clary pensò, in preda al panico, che non lo era affatto. Prese lo stilo, cercando di impedire alla sua mano di tremare e pregò affinché l’angelo riuscisse a raggiungerla in quel luogo infernale. Quando poggiò la punta dello stilo sulla sua pelle, esitante, lo sentì irrigidirsi.
Ti prego, aiutami, mandami una Runa o qualsiasi cosa in grado di fermarlo, ti prego… Ma l’Angelo non rispose, e lei sentì il suo cuore sprofondare.
Poggiò l’altra mano poco sopra la ferita, ancora rossa ed in fase di guarigione, che lei stessa gli aveva inferto; un altro sfregio sulla sua pelle diafana, che era in realtà un reticolo di cicatrici.

“Quella di tutti gli Shadowhunters è una vita di sangue e cicatrici ma tu, sorella, sei stata crudele con me.”
Le sue parole le risuonarono in testa, dolci come il miele, mentre le sinuose linee della runa della Forza si imponevano sulla sua spalla. Poco sotto, con movimenti abili – come se avesse speso la sua intera vita a tracciare rune, a far scorrere lo stilo su questa pelle così segnata- le faceva seguito quella della Velocità.
“E’ vero che le tue rune sono… eccezionali, seppur banali.” Le disse, mentre completava il delicato intreccio della runa della Precisione; poteva sentire sotto il suo palmo le sue spalle vibrare, il lieve guizzo dei suoi muscoli ogni volta che lo stilo lo toccava diventando incandescente. Notò che emanava un bagliore diverso, poco più cupo, come se fosse venato di rosso e, affascinata, ignorando le sue parole, premette la punta con forza contro la sua schiena e lo sentì gemere piano. Si spostò di scatto, come se fosse stata lei ad essere bruciata. L’inchiostro della Runa sembrava voler sbiadire all’interno della sua pelle bollente. Poi, improvvisamente, tornò di un nero lucido e Clary credette quasi di avere avuto le allucinazioni. Sebastian si girò velocemente, fronteggiandola, afferrandole la mano con cui ancora stringeva lo stilo. Il suo volto era inespressivo, i suoi occhi completamente neri. “Credi che io non sappia cosa hai pensato appena ti ho girato le spalle?” Sussurrò, strattonandola. “E’ inutile, Clarissa, credevo lo avessi capito. I tuoi angeli non ti raggiungeranno qui.” Non aveva nessun motivo di continuare a mentirgli; la sua esitazione l’aveva tradita, e lui lo sapeva.
“Sai che non mi arrenderò mai a te.” Portò la sua mano sulla guancia, la punta dello stilo gli sfiorava le labbra rosse, così in netto contrasto con il pallore della sua pelle ed il bianco splendente dell’adamas.
Ogni volta che si fronteggiavano, ogni volta che lei lo sfidava, riusciva a percepire l’elettricità che il suo corpo emanava, i suoi occhi febbricitanti.
“Mai è un tempo così lungo, sorella.” Quando parlò le sue labbra sfiorarono lo stilo, come una lieve carezza. Quando le lasciò la mano, gli occhi di Clary erano ancora fissi sulle sue labbra –gli occhi dell’artista, si disse, scuotendo leggermente la testa.
Sebastian le afferrò il gomito e Clary sentì un forte dolore all’altezza dell’ombelico, come uno strappo, e poi si ritrovò a vorticare in uno spazio buio sempre più stretto.
Quando riaprì gli occhi, delle braccia muscolose la sostenevano, tenendola stretta contro un torace  ampio e robusto. Il suo primo pensiero, sentendo un contatto così intimo, corse a Jace; abbassando gli occhi, il suo cuore mancò un battito vedendo che in realtà si trattava di suo fratello. Si divincolò, cercando di mantenere l’equilibrio, e vide che si trovavano in una radura spoglia, dall’erba bruciata, al limitare di una foresta di cui restavano solo  tronchi spogli. L’aria era pesante, e una leggera brezza sospingeva verso di loro della cenere, simile a neve sporca. Clary la riconobbe subito, era simile a quella della notte in cui aveva fatto esplodere la nave di Valentine. Si chiese se, disegnata su tutte le mura del castello di suo fratello, avrebbe ottenuto lo stesso effetto. Il pensiero la fece sorridere, e lui la guardò inarcando un sopracciglio. “Questa è la parte sud di Edom, mentre noi ci troviamo all’estremo nord.” Clary alzò lo sguardo e quello che vide la lasciò senza parole. Il cielo era di un rosso acceso, e le uniche tracce di nero erano quelle delle sagome in movimento frenetico di demoni che, per la loro stazza, potevano anche essere delle nuvole.
“E’ un pianeta completamente distrutto, Sebastian.” Sussurrò, facendo vagare lo sguardo sulla desolazione che la circondava.
“Quelli che vedi sono demoni che non hanno accettato di piegarsi alla mia volontà, che continuano a seminare distruzione.” Sfilò Phosphoros , e Clary lanciò uno sguardo nostalgico a quella che era la gemella della sua lama, ormai consumata dal fuoco celeste e dal sangue demoniaco di suo fratello.
“Credevo che tutti i demoni ti obbedissero.” Clary sguainò la sua spada angelica, cercando di imitare la posizione che assumeva Jace prima di uno scontro. Sebastian le rivolse uno sguardo disgustato che la riempì di orgoglio.
“Non è per niente una posa femminile, quella.” Clary, esasperata, gli rivolse uno sguardo scettico. “Al contrario della tua, no?” L’espressione scandalizzata di suo fratello era impagabile, così come il lievissimo rossore che gli tinse le gote –solitamente così pallide.
“Questo umorismo mondano è insostenibile.” Alzarono lo sguardo, sentendo delle urla stridule farsi sempre più vicine. “Mi erano fedeli, prima che decidessi di risparmiarti la vita o di… abbassati, Clary!” Le zampe ricoperte di artigli velenosi che avevano cercato di afferrarla caddero, tranciate dal corpo, poco lontane da lei. Quando il demone tentò un nuovo attacco usando le altre dozzine di zampe rimanenti, Clary gli corse incontro, abbassandosi, e aprendogli un lungo taglio sull’addome. Non badò al tonfo sordo che la sua carcassa produsse; si stava già scagliando contro un altro demone. Con la coda dell’occhio vide Sebastian spiccare un salto e portarsi alle spalle di un demone la cui testa cadde al suolo un attimo dopo; in una frazione di secondo, era già impegnato contro un altro demone. Clary si ritrovò faccia a faccia contro un demone Raum, circa per tre volte più grande di quelli che aveva visto sulla Terra. Parò il colpo di un lungo tentacolo con la sua spada, che le venne strappata di mano; un dolore sordo si diffuse per tutto il suo braccio, ma lo ignorò. Estrasse un’altra spada tenendo nella sinistra due pugnali a lama piatta. Tendò un affondo che il demone evitò sibilando, spargendo saliva velenosa. Clary tagliò di netto i tentacoli che avevano cercato di afferrarla e lanciò i pugnali sugli altri, immobilizzandolo momentaneamente, e ne approfittò per infliggergli un lungo taglio letale sulla schiena. Altri demoni, di piccola dimensione, si lanciarono contro di lei; estraendo un’altra lama angelica, li affrontò indietreggiando, fino a quando non sentì Sebastian proprio dietro di lei. I suoi movimenti si adattavano perfettamente ai suoi, come se avessero passato la vita ad allenarsi insieme, o come se lui avesse speso un’infinità di tempo studiarla. I corpi dei demoni intorno a lei erano decisamente meno rispetto a quelli che circondavano suo fratello; Clary doveva ancora abituarsi al fatto che, su Edom, non sarebbero scomparsi. Era ricoperta di sangue, pulviscolo ed icore, e un lungo taglio le correva sul braccio –sperò non fosse infetto. Mandò un pugnale dritto in quella che suppose fosse la gola cartilaginea di un demone simile a un ragno ricoperto di aculei purulenti, che cadde lanciando strilli agghiaccianti. Si girò verso suo fratello, che era illeso; solo l’icore e la cenere macchiavano la sua divisa e la sua pelle diafana. Gli occhi scuri accesi dalla battaglia erano fissi verso l’alto, su quello che Clary pensò fosse il demone più grande che avesse mai visto. Simile a un drago, solo dalla forma meno aggraziata, si avvicinava a loro a velocità folle; Sebastian non mostrava nessuna emozione, se non il solito sorrisetto arrogante che riservava ai suoi nemici.
Con un movimento silenzioso, le fece scivolare lo stilo in tasca un attimo prima che il grosso drago-lucertola si posasse a un paio di metri di distanza da loro, ruggendo una vampata di fuoco. La sua pelle a scaglie era di un cupo verde petrolio, e la coda lunghissima era costellata di denti incandescenti. I suoi occhi, neri, si posarono su di loro mentre la bocca si apriva nella grottesca imitazione di un sorriso, in cui le sue zanne erano bene in vista.
“Jonathan Morgenstern, Figlio di Lilith.” Il demone parlò con voce rauca e cavernosa, emettendo piccoli sbuffi di fumo.
“Cosa ti fa pensare di poterti rivolgere a me direttamente, demone?” La voce di Jonathan non faceva nulla per nascondere la sua irritazione.
“Se non ci consegni tua sorella, saremo costretti a scendere in guerra.”




Ciao a tutti! Scusatemi per il ritardo con cui pubblico!
Allora, che cosa vorranno mai da Clary? Ma è possibile che povera ragazza non possa avere un attimo di pace? Cosa ne pensate di come stanno venendo fuori questi personaggi, o comunque in generale?
Se vi piace ascoltare musica mentre leggete, vi consiglio vivamente i 30stm (li avete trovati già diverse volte ad inizio capitolo) perchè un po' tutte le loro canzoni piene di hype sono la colonna sonora di questa storia... questo potrebbe anche portarmi a dipingere un Sebastian con i capelli lunghi come Jared Leto, non fosse che sembrerebbe la versione decisamente più cattiva di Lucius Malfoy... Bene, sto ufficialmente divagando.
Ci vediamo alla prossima, spero presto, e un grazie speciale a coloro che hanno recensito ed inserito la storia nelle preferite\seguite. Grazie, senza di voi la storia non esisterebbe! <3 

 
  
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