Luna superò saltellando la statua
di Gunhilda di Gorsemoor, la collana di tappi di burrobirra che le
solleticava dolcemente il collo, diretta verso l’estremità opposta del
corridoio est del terzo piano, con diverse domande che le frullavano per la
testa.
La sera prima aveva aperto lo
strano plico che le era piovuto addosso nella radura in cui avena conosciuto
Theodore Nott, ancora non capiva il perché di quel lunghissimo questionario che
vi aveva trovato all’interno. Ad una prima lettura le era sembrato che
inaspettatamente al ministero avessero una valanga di domande da porre ad una
quattordicenne come lei, ma scorrendo la lunga lista un pensiero strano le si
era materializzato in testa; non sapeva perché ma c’era qualcosa d’inusuale in
quella lista infinita. Luna non sapeva se erano gli avvertimenti di suo padre
sui ripetuti complotti al ministero che le avevano fatto materializzare in
testa questo pensiero, ma certamente anche lei aveva sentito puzza di bruciato,
anche se non sapeva ancora spiegarsi il perché; era un enigma intrigante quasi
quanto quello del cubo di Rubik.
Fu la vista di Galen a riportarla
con lo sguardo fisso sul corridoio; il ragazzo era da solo e si guardava ogni
tanto attorno con fare strano ci fosse un impalpabile pericolo che potesse
aggredirlo di colpo, uscendo come un basilisco dalle pareti di pietra. La
giovane Corvonero lo osservò per qualche istante, poi appurato che non ci fosse
nessuno pronto a giocargli qualche brutto scherzo, gli si avvicinò e con voce
sognante gli disse:
“Ciao Galen, come stai?”
Il ragazzo a queste parole fece un
balzo all’indietro e per poco non sbatté la testa sulla mano destra della
statua della vecchia guaritrice. Guardandosi poi davanti, la sua espressione
ansiosa e guardinga si allentò alla vista dell’amica.
“Ciao Lu…Luna, che pa…paura non ti
a…avevo vi…vista!” disse il ragazzo con le guance che si coloravano di un
leggero colorito rosato.
“Che succede Galen, mi sembri
particolarmente agitato, c’è qualcosa che non va?” chiese la ragazza con fare
preoccupato, toccandogli il braccio destro. Non era mai un buon segno quando
l’amico balbettava così tanto.
Al contatto il ragazzo si lasciò
sfuggire un leggero lamento di dolore.
“Scusami…” disse Luna mortificata.
“Ti fa ancora male?”
“No, so…solo a str…stringe…stringerlo
ma mada…madama Chips mi ha de…detto che sa…sarebbe stato no…normale per qualche
gio…giorno.” disse Galen arrossendo e abbassando lo sguardo, una smorfia di
disappunto dipinta sul volto.
Luna non disse niente. Sapeva che
quel pomeriggio c’era la prima riunione al completo della squadra di Tassorosso
e probabilmente Galen doveva essere un fascio di nervi al pensiero di dover
affrontare il suo primo allenamento con il braccio principale ancora
indolenzito.
“Stavo per dimenticarmi…” le disse
Galen porgendole la collana di tappi di burrobirra che gli aveva prestato per
il suo provino come cercatore.
Luna gli fissò per una frazione di
secondo la mano aperta, poi con un sorriso gli allungò sopra una della sue a
chiudergli il palmo a pugno. Galen la guardò stupito.
“E’ tua. Ti ha portato fortuna e
sono convita che continuerà a farlo” disse, sorridendogli. In quel momento la
campanella li fece voltare entrambi; avevano pochi minuti per raggiungere
l’aula di Antiche Rune, prima dell’inizio della lezione.
I due si guardarono negli occhi per
un istante, un lampo saettò nei loro sguardi prima che i due pronunciassero
assieme le stesse parole, prima di fiondarsi a capofitto verso l’estremità
opposta del corridoio: “Chi arriva per ultimo è un troll balbuziente!”
Galen e Luna varcarono assieme la
porta dell’aula, il fiato corto dopo la lunga corsa, attirando su di loro molti
degli sguardi dei presenti. Luna tuttavia distolse subito l’attenzione da due
ragazze che stavano mormorando qualcosa con gli sguardi rivolti verso di lei.
L’aula era sistemata in modo molto differente da come se la ricordava; i banchi
erano stati spostati sul fondo della stanza lasciando un grande spazio vuoto di
fronte alla cattedra, anch’essa messa in cima; i vari studenti si trovavano ognuno
nei pressi di una runa, replicata ad intervalli regolari sul pavimento.
“Luna Lovegood e Galen Brannis,
suppongo?”
Luna portò l’attenzione sulla
parete dell’aula dietro di sé per vedere una donna bassa e mingherlina, sulla
trentina, sguardo acuto dietro un paio di grandi occhiali che la facevano
assomigliare stranamente ad una civetta, i capelli neri portati all’indietro in
una piccola coda.
“Sì” risposero in coro i due.
“Io sono la professoressa Sarah
Ginsburg” disse la strega, squadrandoli con interesse. A Luna piacque
immediatamente lo sguardo della donna di fronte a sé, sembrava dolce e
determinato al tempo stesso, pareva stare pensando a una miriade di cose nella
frazione di qualche secondo. Le ricordò molto due occhi che non vedeva più da
molto tempo e a questo pensiero Luna si sentì molto triste.
“Prego, posizionatevi ognuno su una
postazione libera” disse indicando loro due rune rimaste libere all’estremità
sinistra dell’aula, accanto ad una delle grandi finestre sul lato ovest. Pochi
istanti dopo la campanella suonò nuovamente.
Galen dire a Luna una cosa, ma il
suono della campanella gli ricacciò un balbettio in gola; la giovane Corvonero
portò lo sguardo dal volto dell’amico alla professoressa Ginsburg che si era
andata a sistemare davanti alla cattedra.
“Buongiorno a tutti e benvenuti ad
un altro anno di Antiche Rune. Il mio nome è Sarah Ginsburg e da quest’anno
sarà la vostra nuova insegnante.”
Un mormorio di assenso si diffuse
per tutta l’aula per qualche attimo, prima che la donna parlasse di nuovo.
“Le antiche rune sono come uno
scavo nel passato; una lingua che per secoli i maghi hanno tentato di studiare
comprendendo concetti spesso espressi secondo una logica antica. Tuttavia fino
a pochi anni fa eravamo riusciti solo a comprendere alcuni concetti, ancor meno
a metterli in pratica.
“Vuol dire che le rune sono come un
alfabeto?” chiese una ragazza con i boccoli rossi in prima fila che Luna non
riconobbe.
“Sì, in un certo senso, Diana.” le
rispose la donna accennando un sorriso.
“Vedete voi avete sempre studiato
le antiche rune, come parole di una lingua perduta, meglio ancora ideogrammi se
siete familiari con lingue orientali come cinese e giapponese.”
Molti si scambiarono mormorii
dubbiosi.
“Ora…” esordì la professoressa
nuovamente. “Quello che avete sotto i vostri piedi è la runa che simboleggia il
fuoco: Ifrit. Voglio che vi esercitiate a pronunciare questa parola, scandendo
bene le vocali e, nel contempo, cercando con la bacchetta di ricalcare il
disegno ai vostri piedi. Più precisi sarete e maggiore sarà l’invocazione che
otterrete.”
Un lento inizio di movimenti di
bacchette riempì la stanza. Luna dal canto suo cercò di concentrarsi al meglio
prima di provare a ricopiare lo strano simbolo che aveva ai piedi. Mentre
pronunciava la parola “Ifrit”, tuttavia, la ragazza si sentì strana; nel petto
per un istante le si era materializzato un forte sentimento dirompente, come
uno scoppio. Questo d’istinto lasciò il posto subito dopo a brutti ricordi,
tanto che la ragazza abbassò d’istinto la bacchetta.
“Tutto bene , Luna?” le chiese
Galen alla sua destra, vedendo l’espressione triste dell’amica.
“No, non è niente” disse Luna
riguadagnando il suo classico tono sognante. Fu allora che la professoressa
Ginsburg parlò di nuovo a voce alta.
“Basta così, ragazzi. Ascoltatemi
tutti. Vedo che avete molta pratica da fare ma dovete ricordare che oltre alla
precisone del movimento dovete scandire bene la pronuncia se volte sperare di
invocare anche la più tenue fiamma.”
Fece una pausa in cui molti si
scambiarono sguardi interrogativi, Galene e Luna compresi.
“Dovete inoltre sapere che le rune
reagiscono fortemente allo stato emotivo di chi le usa. Permettetemi di
mostrarvi.”
In una frazione di secondo la donna
con estrema velocità saettò arcate veloci e precise con la bacchetta
pronunciando l’invocazione con un grido potente, molto in contrasto con il tono
calmo e pacato usato fino a quel momento. In un lampo un grande fascio di
fiamme si sprigionarono dalla sua bacchetta e congiungendosi con un disco
proveniente dai suoi piedi l’avvolsero per un’istante quasi a prendere forma
prima di dileguarsi nel nulla, di colpo.
L’atmosfera nell’aula era tesa più
di una corda di violino. Una ragazza davanti a loro spezzò l’incantesimo
pronunciando un sonoro “Wow” provocando una leggera risata che spazzò via la
sensazione di stupore mista ad un pizzico di paura che sembrava aveva
contagiato tutti. Luna dal canto suo non aveva mai visto niente del genere
prima d’ora.
“Quello che avete visto è la corretta
pronuncia della runa del fuoco. Ora, cosa avete notato di diverso rispetto ai
vostri tentativi?” disse la professoressa camminando tra di loro lentamente con
sguardo attento.
“La velocità” disse un Corvonero
qualche fila davanti a quella di Luna.
“Non è la cosa principale, Arthur”
gli rispose la donna accennando ad un sorriso. “In realtà voi potreste eseguire
il movimento con estrema lentezza ed ottenere lo stesso risultato”.
“La precisione dei movimenti”
intervenne una Tassorosso dietro di loro.
“Giusto Jane, ma non solo” le
rispose la donna.
“Il cambio nella sua voce”
intervenne Luna
La professoressa Ginsburg si voltò
verso la giovane Corvonero. Anche se molte fila davanti a lei sembrava averla
sentita benissimo.
“Esatto, Luna.” le disse
avvicinandosi.
La ragazza ne rimase molto colpita,
sembrava come se riuscisse a percepire un’emozione di vivido interesse nei suoi
confronti provenire dalla professoressa.
“Ora, per favore prendete posto ai
vostri banchi e tirate fuori Antiche Rune – Livello base e passiamo alla parte
teorica di Ifrit, la runa del fuoco. Pronunciate queste parole la donna con un
rapido gesto della bacchetta riportò i banchi al loro posto, ridando all’aula
il classico aspetto di sempre.
Luna sedendosi scambiò uno sguardo
con Galen mentre entrambi aprivano i loro libri al capitolo indicato; tutti e
due erano molto impressionati da quello che avevano visto. La ragazza dal canto
suo si chiese dentro di sé come fosse possibile che una materia che era sempre
stata più come lo studio di una lingua morta si fosse dimostrata di colpo,
tramite la professoressa Gisburg, come una lingua vera, capace di magie potenti
anche se difficili da padroneggiare.
“Se…Secondo te co…cosa è
suc…successo alla pro…professoressa Babblig?” chiese sottovoce Galen a Luna,
con evidente sguardo sorpreso rivolto alla sua compagna di banco. La ragazza si
prese un secondo per riflettere: era chiaro che il pensionamento della
professoressa Babbling doveva aver a che fare col cambio di passo con cui venivano
insegnate ora le Antiche Rune, ma cosa potesse aver provocato un tale
cambiamento, era la vera domanda a cui non sapeva dare una risposta. Sul
Cavillo non le era mai capitato di leggere niente di strano o inusuale sulle
antiche rune nell’ultimo anno e quindi si trovava senza molto su cui
riflettere.
“Come potete leggere al primo
capitolo, le rune sono un alfabeto che a differenza di singole lettere è
composto da parole. Ognuna di queste parole è associata ad un simbolo chiamato
runa, lo studio di come si legge una runa è chiamato fonetica runica ed è ciò
che ha permesso di decodificare come i vari segmenti che compongono una runa
siano in realtà suoni fonetici interconnessi; per farvela semplice una runa
nella sua rappresentazione porta in sé due informazioni, come deve essere
pronunciata, la fonetica appunto, e come deve essere eseguita in termini di
movimenti della bacchetta.”
“Ma
le emozioni allora perché sono importanti?” intervenne una giovane
Corvonero.
Perché, Hanna…”, disse la donna
rivolta ad una ragazza seduta due banchi alla sinistra di Galen, “E’ stato
visto che rune diverse rispondono a stati emotivi diversi. In parole povere
eseguire la runa del fuoco in condizioni di completa tranquillità emotiva non
ha lo stesso risultato che eseguirla nel caso di una profonda passione ad
esempio. Questo tuttavia non è argomento del corso fino al sesto anno, essendo
una parte molto avanzata.”
Con un leggero cenno della testa la
professoressa continuò: “Il motivo per cui, fino a pochi anni fa, lo studio delle
antiche rune si esplicasse in un approccio prevalentemente teorico, era perché
non sapevamo come leggere le rune, o meglio, sapevamo soltanto la fonetica. E’
stata la scoperta in Siria della Stele di Homs, una tavola di granito in cui
alle rune indicate come simbolo, erano associati simboli fonetici e altri che
ne indicavano l’esecuzione che gli studiosi sono stati in grado di decifrare
completamente il linguaggio runico.”
La penna di Luna aveva già riempito
parecchie una pagina buona dall’inizio della lezione e la ragazza smise un
attimo di prendere appunti, sentendo un leggero fastidio al polso. Guardando
alla sinistra Galen vide che anche l’amico stava scrivendo tutto interessato.
La ragazza sorrise contenta che quella strana prima lezione di antiche rune,
fosse riuscita a distogliere la mente dell’amico, ameno per un’ora dal pensiero
del primo allenamento di Quidditch della stagione.
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Daniel si dette un’ultima passata
di tintura bianca sulle dita della mano destra osservando come i sottili tratti
neri sulle nocche sottolineavano ancora di più le articolazioni. Con un’ultima
occhiata nello specchio dello spogliatoio vide su di se lo sguardo ancora
incredulo di Heidi Macavoy:
“Ma come fai ad avere la pazienza
di conciarti così ogni volta, Nightingale? E perché poi, non riuscirò mai a
capirlo.” disse la ragazza scuotendo la testa, avvicinandoglisi da dietro.
Daniel incrociò per un istante lo
sguardo di Galen che lo osservava dalla panca più in fondo ed anche quella
volta fu contendo di essersi ripassato più volte lo strato di tintura nera sul
volto. Facendo un sospiro e cercando di controllare il picco di tensione che
gli era appena salito dentro, disse,
rivolto alla compagna:
“E’ come indossare un abito Macavoy, un abito
che ti piace talmente tanto portare che riesce ad infonderti qualcosa di magico
ogni volta!” disse il ragazzo guardandola dritto negli occhi, sfidando il suo
malcelato scetticismo.
“Finché farai delle parate come
l’ultima volta per me ti puoi anche vestire da Babbo Natale e portarti pure le renne se vuoi, Daniel”
intervenne Anthony Rickett, con una mano posata sul retro della folta chioma di
capelli rosso fuoco e l’altra che
stringeva la mazza da battitore posata sulla spalla destra.
Maxine e Erik dietro di loro
scoppiarono in una sonora risata mentre la porta dell’ufficio del capitano si
apriva, facendo entrare la sagoma alta e slanciata di Zacharias Smith; il
ragazzo teneva in mano la scopa e con l’altra una serie di fogli di pergamena.
Al suo ingresso tutti si voltarono verso di lui tacendo immediatamente, vedendo
lo sguardo di fuoco nei suoi occhi.
Posati i fogli sulla panca centrale
in mezzo agli spogliatoi, il ragazzo si schiarì la voce:
“Bene, siamo di nuovo una squadra.”
disse squadrando tutti i suoi compagni.
Daniel vide il suo sguardo
indugiare un istante di più sull’esile sagoma di Galen. Daniel percepì
all’istante una nota di disagiò nel suo sguardo, prima che Zacharias
continuasse.
“Quest’anno ci saranno diversi
cambiamenti e non parlo solo dei due nuovi membri della squadra. Ho passato
tutta l’estate a studiare un nuovo programma di allenamenti e con l’aiuto di
qualche lettura recente l’ho perfezionato al meglio. Dunque:
“I Cacciatori” disse rivolto a Erik
e Heidi. “Noi dobbiamo lavorare sui retropassaggi e sui passaggi in generale.
Dobbiamo diventare molto più abili a passarci la pluffa. Troppo spesso veniamo
placcati e non sempre riusciamo a vincere i contrasti specie in inferiorità
numerica. Dobbiamo diventare più agili, anche a scapito della velocità
dell’azione, almeno all’inizio. Dobbiamo farla ballare fra di noi quella pluffa
così da mettere in difficoltà sia i battitori che i cacciatori avversari. Oltre
a questo dobbiamo imparare a passare indietro e ancora di più a farlo alla
cieca.”
“Come?” intervenne Heidi,
incredula.
“Semplicemente facendolo. Dobbiamo
studiare sempre la nostra posizione nel campo, questo sarà un altro punto su
cui dobbiamo lavorare tutti, dobbiamo sempre aver chiaro dove si trovano gli
altri compagni di squadra. Meno azioni in solitaria e più squadra. Per i
retropassaggi, se uno di noi tre si trovasse in evidente difficoltà deve
passare la palla confidando sul fatto di avere il coda, ma esattamente in coda,
un altro di noi.
Heidi e Maxine si scambiarono uno
sguardo dubbioso, ma rimasero entrambe in silenzio.
Per i battitori invece…Antony e
Maxine per voi ho studiato un allenamento per migliorare la mira e controllare
meglio la direzione dei bolidi, oltre a questo dobbiamo iniziare a sperimentare
un vostro ruolo in supporto ai cacciatori.
A queste parole Antony intervenne:
“Ma Zach, noi non possiamo toccare la pluffa.”
“Lo so!” Disse Zacharias
fulminandolo. “Non sto parlando di prendere la pluffa con le mani perché
sarebbe fallo ma nessuna regola vieta che la prendiate col retro della scopa.
Certo mi rendo conto che dovremmo lavorare tanto sulla precisone ma ci sono
alcune mosse che vi possono aiutare e possono far sì che quando non scagliate
bolidi sugli avversari possiate seguire l’azione e supportare i cacciatori. Ah,
una cosa mi sono scordato sui cacciatori…” disse il ragazzo riprendendo uno dei
fogli appena scorsi. Sarebbe una buona idea che nel caso di perdita della
pluffa ci sia sempre un cacciatore leggermente più indietro per dare supporto
al portiere nel caso l’azione si ribaltasse all’improvviso. Per questo dobbiamo
cercare di volare sfalsati come ai vertici di un triangolo invertito. Dovremo
lavorare parecchio sulle formazioni anche.
Erik Cadwallader alzò gli occhi al
cielo a quest’affermazione. Daniel dal canto suo capì che Zacharias aveva letto
il libro di Cooper ma si chiese se effettivamente sarebbero riusciti a
rivoluzionare così la squadra nel giro di alcuni mesi trovandosi solo due volte
a settimana. Quello che il capitano stava sciorinando era un programma
intensissimo di allenamento anche per degli aspiranti professionisti.
“Per il portiere.”
A queste parole l’attenzione di
Daniel si focalizzò ancora di più sul suo capitano. “Devi lavorare sulle prese
e gli appoggi agli anelli. Inoltre visto che stai indietro devi cercare di
controllare l’azione da dietro e nel caso chiamare i vari giocatori se vedi un
possibile ribaltamento di fronte.”
Daniel fece mente locale. Aveva
iniziato l’anno precedente ad Aotearoa a lavorare sulle prese ed erano
dannatamente difficili. Ciò nonostante davano al portiere una mobilità
straordinaria fra gli anelli. Praticamente doveva sfruttare le braccia e le
gambe per fare forza sugli anelli per aumentare le ripartenze e le spinte,
oltre che le prese per ribaltarsi anche di 180 gradi.
“Ok, Zacharias.” disse Daniel
d’istinto. Sarebbe stata dura ma aveva già qualche idea in mente.
“Ed infine il cercatore.” Disse
Zacharias posando lo sguardo su Galen. Questi sembrò farsi piccolo piccolo,
quasi come a voler scomparire nell’armadietto dietro di lui. A Daniel fece una
gran tenerezza.
“Tu devi lavorare sulla vista e gli
scatti come se non ci fosse un domani. Oltre a questo devi come il portiere
tenere d’occhio l’azione; la priorità rimane il boccino ma non voglio vedere il
cercatore fermo a guardare nel vuoto quando i propri compagni rompono la
formazione o si devono riorganizzare per bloccare un controvolo.”
“O…O…Ok” disse Galen inghiottendo.
“Ed ora la cosa più importante di
tutte….” disse Zacharias posando i fogli e guardandogli negli occhi uno per
uno, serio. “Come vi sarete accorti questo programma di allenamento è
ambizioso, non possiamo più limitarci a due allenamenti a settimana se vogliamo
avere qualche possibilità di vincere la coppa. Per questo dobbiamo allenarci
tutti i giorni.
Un mormorio si levò da ogni parte a
quest’affermazione. Heidi e Antony sembravano i più contrari e pronti a dire
qualcosa quando Zacharias li bloccò alzando la mano destra.
“So bene che vi sto chiedendo
molto e non intendo dire che dovremo
allenarci per quattro ore tutti i giorni. A parte la domenica però, oltre gli
allenamenti sul campo che passeranno da due a tre, vi saranno allenamenti
paralleli a terra. Ho avuto delle idee su alcuni sport babbani che ci possono
aiutare a sviluppare capacità che ci possono tornare assai utili tornati in
sella. Ma più importante ancora è che dobbiamo lavorare come una squadra. E se
non siamo e non ci sentiamo come una vera squadra non possiamo pensare di avere
una qualche possibilità.”
Il ragazzo fece una pausa prima di
continuare. Daniel vide che si era accorto del clima di quasi rivoluzione che
avevano molti dei suoi compagni. Lui dal canto suo era abituato ad un programma
di allenamenti simile ad Aotearoa ma a quanto pare non era lo stesso caso ad
Hogwarts.
“So che molti di voi mi considerano
pazzo e se potessi vi assicuro che non sarei qui.”
A queste parole lo spogliatoio
sembrò sprofondare in un silenzio di tomba. Mazine e Antony avevano abbassato
lo sguardo e si fissavano i piedi, Erik e Heidi guardavano due punti vuoti sul
muro con sguardi triste, mentre Galen si era seduto e si era preso il volto tra
le mani, chiudendo gli occhi. Daniel sentì un improvviso moto d’amicizia nei
confronti del giovane cercatore. Anche se non lo conosceva bene sapeva che era
un ragazzo molto timido che per di più aveva preso il posto di colui che era
stata una legenda nello spogliatoio della squadra di Tassorosso; poteva solo
vagamente immaginare la pressione che il quel momento gravava su di lui e su Zacharias.
“Ciò nonostante sono qui. E vi dico
che se c’è una cosa che ho imparato è che il Quidditch è un gioco di squadra e
qui c’è una squadra da rifondare, sia sul piano d’allenamento sia su quello
umano, è per questo che vi chiedo tempo.
“D’accordo.” Rispose Heidi, quasi
il lacrime alzando lo sguardo si Zacharias, che le accennò un sorriso.
Un coro di assenso, si levò da ogni
parte. Daniel si incupì nel vedere come il clima fosse mutato all’improvviso
nel giro di qualche istante. Dando a Zacharias e agli altri il suo assenso si
chiese davvero quale punto di riferimento fosse stato Cedric Diggorry per
riuscire ad ispirare una tale lealtà ed abnegazione anche da morto; doveva
essere stato sicuramente un grande Tassorosso, pensò in cuor suo.
“Molto bene” disse Zacharias con
gli occhi lucidi, un sorriso stirato dipinto sul volto e la mascella squadrata
vagamente incerta. “Oggi iniziamo con un allenamento generico per riprendere
confidenza con le scope e tattiche di base” disse, afferrando la scopa e facendo
cenno agli altri di seguirlo.
Daniel prese la scopa e,
avvicinandosi a Maxine, le chiese:
“In che rapporti era Zacharias con
Cedric?” Daniel sapeva di star ponendo una domanda scomoda ma cera qualcosa
nello sguardo del capitano che gli faceva intuire che lui fra tutti i
Tassorosso avesse perso più di tutti dalla sciagura dell’anno appena passato.
Maxine lo guardò storto, poi il suo
sguardo si fece serio e limpido, quando vide negli occhi del ragazzo solo della
sincerità: “Era il suo migliore amico”.
Nota dell’autore
Rieccomi qua. Dopo una lunghissima
assenza che purtroppo mi ha fatto andare a passo di lumaca sono riuscito
finalmente ad aggiornare. Mi dispiace molto di quest’assenza ma ho avuto
diversi cambiamenti nella vita reale che non mi hanno permesso di dedicarmi
alla scrittura, me ne rammarico. In
questi mesi ho avuto il modo di rileggere la serie di HP e ha avuto una miriade
di nuovi spunti. Detto questo spero che questo capitolo vi piaccia e vi
prometto che per postare il prossimo sarò decisamente più veloce.