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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    15/07/2009    3 recensioni
"Notte buia, senza luna né stelle. Nuvole oscure gravide di pioggia lambivano il cielo notturno. Il deposito ferroviario di South City era immerso nel buio e nel silenzio. Rottami metallici formavano grossi ammassi sparsi disordinatamente qua e là, vecchi tranci arrugginiti di rotaie buttati alla rinfusa sul terreno duro e ghiaioso. Vecchi vagoni ormai in disuso stavano ribaltati e semi distrutti qua e là, i vetri distrutti. Un ombra scivolava silenziosamente tra i rottami, nascondendosi e mimetizzandosi nel buio: era una figura agile e snella; un pallido raggio di luna, sbucato dalle nubi nere, lo illuminò per un istante, mostrando una fluente capigliatura mora e due profondi occhi di un lucente viola, in mano teneva una pistola, era solo un ragazzo." SALVE! Shun è tornata!! Beh, coloro che hanno seguito una mia vecchia fic sanno che mi era spiaciuto molto quando la conclusi. Ecco, ora la sottoscritta si è imbarcata in una nuova avventura! BACK TO THE EXPRESS è il ricominciare del viaggio, del nostro viaggio. Del viaggio dell’AMESTRIS EXPRESS. Questa storia è dedicata a colei che mi ha fatto sorridere, che ha approvato la nascita di questo seguito, che ha dato l’input per la storia. È dedicata a SHIKADANCE. È solo merito suo se questa storia ha visto la luce. Beh, che dire, divertitevi e godetevi questo nuovo viaggio!!! UN BACIO SHUN EPILOGO ONLINE!!! PRESTO, UN CAPITOLETTO SPECIALE!!!
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Edward Elric, Envy, Nuovo personaggio, Roy Mustang, Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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OMAKE

HUGHES FAMILY

Il campanello suonava insistentemente quella mattina.

“Eric-kun, andresti ad aprire per favore?”

La voce di Glacier raggiunse il ragazzo un istante prima che la porta si aprisse e due figure maschili, in divisa, facessero capolino sulla soglia, salutandolo con calore: “Buongiorno amico!” esclamò Edward, sorreggendo Roy, che ancora camminava con le stampelle; il moro si affrettò a farli passare, “Buongiorno anche a voi! Vedo che ti hanno riparato.” constatò divertito il ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle, “Eh già! Winry ha fatto proprio un ottimo lavoro, non c’è che dire, solo che a un certo Comandante non ha fatto molto piacere l’averla in giro per casa!” sogghignò il minore, lasciando la presa sulle braccia dell’amante e sistemandosi la treccia.

L’interessato sbuffò e volse il capo dall’altra parte, il viso imbronciato: “Quella lì, ci provava spudoratamente!” si difese, poggiandosi alla parete d’ingresso, “Non potevo permetterlo!” sbuffò, incrociando le braccia al petto.

Eric scoppiò a ridere: “Qualcuno qui è geloso!” constatò, dando le ciabatte a entrambi, “Molto geloso!” aggiunse il bruno, prendendo la cuginetta in braccio, “Hai proprio ragione amico!” confermò Edward, aiutando il Comandante a indossare le pantofole.

“Ehilà!! Buongiorno fidanzatini!! Aspettavamo solo voi!”.

La voce allegra di Hughes risuonò potente nell’ingresso e il la testolina mora del tenente colonnello fece capolino dalla porta del salotto, un sorriso che andava da orecchio a orecchio illuminava il viso dell’ufficiale: “Hughes, se non la pianti, giuro che ti spedisco a far compagnia ad Hakuro!” esclamò Roy, “Tra i pinguini e gli orsi polari!” aggiunse con tono cattivo, “Come sei permaloso! Problemi con la meccanica di Ed?” chiese l’amico con tono mellifluo.

Il Fuhrer evitò di guardarlo, preferendo dedicarsi a prendere in braccio la piccola Elycia: “Si, a quanto pare!” intervenne Eric, trattenendo a stento un sorriso divertito, “Eh, brutta bestia la gelosia, caro il mio Roy!” flautò Hughes, aiutandolo a muoversi lungo il corridoio.

Nel salotto erano già tutti riuniti, Al, Envy, Lust, Pride e Greed li raggiunsero subito dopo con Glacier.

“Ok, adesso che siamo tutti qui riuniti, possiamo anche andare.” esclamò Maes, controllando che non mancasse nessuno, “Nemmeno tanto lontano, da quello che ricordo io, abitavamo nel quartiere residenziale nord di Central City, praticamente vicino a dove adesso abitano Edward e il Fuhrer!” spiegò il ragazzo.

Roy sbuffò: “e allora che senso ha avuto farci venire qui!?!” borbottò il Fuhrer buttandosi di peso sul divano, “Non potevate venire voi da noi?” si lamentò il moro, guardando truce il proprio migliore amico.

Per tutta risposta, questi scoppiò a ridere: “Non è più divertente fare la strada tutti assieme?” replicò semplicemente, buttandosi sul divano accanto a lui, “e poi, non dire che ti sei stancato, so per certo che Edward ti ha accompagnato sin qua in macchina, quel ragazzo è un angelo!” esclamò il tenente, sventolando con noncuranza un ventaglio afferrato dal tavolino basso davanti a lui, “Il tenente colonnello ha ragione, signore. È senza dubbio più divertente partire da qui tutti assieme a piedi, non è molto lontano, dopotutto!”rise Fury.

In quel momento entrò Glacier, il grembiulone ancora sporco di sugo sui vestiti da passeggio, in mano teneva un vassoio: “Ecco qua! Ho fatto il caffè per tutti quanti!” esclamò lei, poggiandolo sul basso banchetto al centro della sala, “Eric-kun, Elycia si è lavata i dentini?” chiese la donna al nipote, “Certo zia, lavata e pettinata, me ne sono occupato personalmente!” la rassicurò.

La piccolina, ancora in braccio al Fuhrer, si guardò attorno, i grandi occhioni verdi puntati su ciascuno di loro, poi solo sul cugino: “Eric-chan, ma oggi incontrerò la zia, vero?” chiese la piccolina con un leggero sorriso.

Le chiacchiere si azzittirono all’istante, tutti guardarono la deliziosa scenetta che gli si parava davanti.

L’adolescente tese le braccia in direzione della piccola, che fu lesta a balzargli in grembo; il ragazzo la abbracciò forte: “Certo piccolina, e vedrai che sarà molto contenta di conoscerti… Ha sempre desiderato una nipotina…” sussurrò lui, una lacrimuccia solitaria scivolò birichina giù dagli smeraldi sul suo viso, andando a morire tra i capelli della bimba; questa, alzò il  capo, “Ehi, perché piangi? Ho detto qualcosa di sbagliato?” chiese con tono triste la bambina.

L’ex soldato si asciugò in fretta gli occhi: “No, non ti preoccupare.. mi è entrato un bruscolino nell’occhio…” sorrise lui, scompigliandole la folta chioma chiara.

La piccola scoppiò a ridere, poi si riappropriò del suo posto sulle ginocchia di Roy.

Per qualche minuto, il gruppo restò seduto sui divanetti, poi, come se fosse stato dato un ordine silenzioso, tutti quanti si alzarono, presero soprabiti ed effetti personali, e uscirono dalla graziosa villetta.

La fresca brezza primaverile portava dolci fragranze di campi fioriti lontani, gli insetti laboriosi ronzavano per ogni dove, il Sole splendeva più superbo che mai.

Glacier, Hughes e i due giovanissimi stavano in testa al gruppo, subito dietro venivano Riza, Havoc e tutta la compagnia di amici, in fondo stavano i quattro fratelli con Edward e Roy.

Compatti e uniti, percorsero a passo spedito, per quanto le condizioni del Fuhrer lo permettevano, la breve strada che li separava dalla loro destinazione, ma si sentivano stranamente nervosi, quasi tesi.

Diamine, eppure non si trattava di una missione e nemmeno di una qualche grana da risolvere.

Ma uno strano nervosismo serpeggiava tra i presenti, Breda e Fury ridacchiarono per tutto il viaggio, Riza dovette cercare più volte di tenere fermo il proprio cucciolo, inquieto come non mai.

Così, in un clima di grande tensione, giunsero a destinazione.

Superarono casa di Ed e Roy piuttosto velocemente, come se avessero timore di potersi far prendere da qualche atavica paura e fermarsi.

A ogni passo, il battito del cuore si faceva sempre più forte e intenso.

Giunsero infine presso un cortiletto ben curato, le margherite e le primule coloravano le aiuole smeraldine, una piccola altalena ormai in disuso, con le corde del tutto spezzate stava in un angolo, rendendo il tutto stranamente malinconico.

La porta, dipinta di rosso fiammante, svettava sull’intonaco della villetta, di un grazioso azzurro cielo.

Il cancelletto era solamente accostato.

Alle finestre, candide tende di pizzo.

Sembrava una semplice villetta, come tutte le altre, se non fosse stato per il nome sulla cassetta delle lettere.

Saori Hughes.

Eric sospirò, improvvisamente nervoso: “Ecco, questa è la casa..” sussurrò, torcendosi le dita.

Alle sue parole seguì un lungo istante di silenzio, rotto dall’improvvisa esclamazione di Glacier: “Forza, non possiamo restare qui tutto il giorno. Maes, Eric-kun, andiamo! Edward, potresti gentilmente spingere i tuoi colleghi dentro, per favore?” sorrise la donna, aprendo il cancelletto con una leggera spinta.

Afferrò il marito e il nipote per il polso, la piccola Elycia presa in custodia da Al, e tutti assieme entrarono nel cortile.

In silenzio, percorsero il breve vialetto di ghiaia, fermandosi davanti all’ uscio.

Ed e Roy fecero segno ai due di prendere il loro posto e affiancarono Glacier.

Il biondo bussò energicamente due volte.

Udirono un leggero strascicare di passi, e poi una voce femminile al di là della porta: “Si, chi è?” chiese questa.

Hughes sobbalzò, stringendo forte il braccio di Falman.

“Salve signora, sono il Comandante Roy Mustang, avrei bisogno di parlarle un attimo, potrebbe aprirmi?” interloquì cordiale il moro, sorreggendosi alla stampella.

Si udì un tramestio, e la porta si aprì, una giovane donna, di circa trentacinque anni, dai lunghi capelli neri, lisci e luminosi che incorniciavano un viso dai lineamenti ben delineati, ma delicati come quelli di una bambola di porcellana, avvolta in una vestaglia color violetto pallido, fece capolino dallo spiraglio, guardando dinanzi a sé con paura e sospetto, gli occhi verdi, identici a quelli di Maes, erano velati, come se una nebbia fosse calata su essi.

Roy si esibì nel suo più lucente sorriso, tendendole una mano: “Buongiorno signora, scusi per l’ora. È lei Saori Hughes?” chiese gentile Roy, sorreggendosi a Ed per non cadere rovinosamente a terra, “Scusi per le condizioni con cui mi presento, ma nell’ultima missione ho avuto qualche piccolo problema.” aggiunse, vedendo i suoi occhi colmarsi di preoccupazione nel vedere quella stampella, “Mi dispiace… Si, sono io, perché? È successo qualcosa?” replicò lei, la voce debole.

Edward si fece avanti: “No, non si preoccupi, non è successo nulla, volevamo solo averne conferma. Piacere, Edward Elric, tenente colonnello.” si presentò il biondo, “Non sono molto bravo con le parole, mi scusi.. Siamo qui per accompagnare a casa una persona.” disse goffamente il ragazzo, facendo spazio.

Lentamente, Eric fece capolino da dietro le spalle del superiore, i corti capelli bruni spettinati, i grandi occhi verdi puntati su di lei: “Ciao, mamma…” sussurrò nervosamente lui, tormentandosi le mani.

La donna sgranò stupita gli occhi, lucidi per la commozione; la piccola e affusolata mano si alzò tremante, accarezzando la guancia del ragazzo, era calda e morbida, come quando se n’era andato, era lui.

“Eric.. Mio piccolo Eric..” singhiozzò la donna, gettandogli le braccia al collo, stringendolo forte a sé, le lacrime picchettavano sul maglione che il giovanotto indossava, cercando di lenire quel gran dolore che aveva provato nel corso di quei lunghi, strazianti anni di solitudine.

Non c’era bisogno di parole.

Quando si staccarono, la donna aveva ancora gli occhi lucidi e, sempre abbracciando il figlio, guardò con gran riconoscenza i militari: “Grazie, grazie di cuore Mustang-sama.. La ringrazio davvero..” singhiozzò la donna, “non sa quanto mi ha reso felice oggi, mi ha riportato il mio piccolo Eric..”.

Roy sorrise, accennando un leggero inchino: “Si figuri signora, poi le spiegheremo tutto, ha diritto di sapere. Ma prima, c’è ancora una persona per lei.” aggiunse, scostandosi a sua volta e spingendo in avanti la persona dietro di sé.

Smeraldo perso nello smeraldo, iridi uguali, separate in un lontano passato e riunite, una dinanzi all’altra.

La donna sobbalzò, portandosi una mano alla bocca: “niisan..” sussurrò, con le lacrime agli occhi.

Eric prese la mano della madre ancora stretta nella sua e la fece congiungere con quella dello zio: “So che avete litigato, ma ormai, tutto dovrebbe essere passato, no?” chiese il ragazzo, commosso a sua volta.

Saori si guardò attorno, le lacrime oramai straripavano senza alcun ritegno, non riusciva a frenarle, tutte quelle emozioni erano troppo intense.

In quel momento, udì un leggero tirare della sua vestaglia; abbassato lo sguardo, vide una bimba attaccata alle sue ginocchia che le sorrideva: “Sei tu la mia zietta?” chiese Elycia, tendendole un mazzolino di margherite tenute strette da un nastro di raso giallo come il Sole.

Saori sgranò gli occhi, annuendo piano; con mano tremante prese quel delicato mazzolino, mentre la bimba veniva presa in braccio da Eric: “Mamma, lei è Elycia-chan, la mia cuginetta, la tua nipotina.” spiegò il ragazzo.

Improvvisamente, Maes gettò le braccia al collo della sorella, stringendola forte a sé: “Mi spiace, neechan, mi spiace tanto, non avrei dovuto aggredirti così… Scusami.. Non sai quanto mi sei mancata in tutto questo tempo..”, sussurrò, singhiozzando debolmente; la donna non riuscii a dire nulla, si limitò a ricambiare, emozionata, quel dolce gesto affettuoso, gesto che troppo gli era mancato in quegli anni.

“Anche tu mi sei mancato, fratellone..” riuscì solo a dire, e nel suo cuore riprovò quella stessa gioia della sua infanzia, quella gioia che gli era mancata in quei lunghissimi anni.

La gioia di avere accanto un fratello.

 

ED ECCOCI ALFINE QUI, ALLA CONCLUSIONE ANCHE DEL VIAGGIO DELL’AMESTRIS EXPRESS!!

Beh, che dire, come sempre mi spiace porre fine a una mia opera, ma quando è necessario…

Comunque, desideravo ringraziare tutti i miei fedeli lettori, Liris, Shika-chan, Fly-san e Himitsu-sama!! Grazie di cuore, senza di voi, questo piccolo omake non avrebbe ragione di esistere!!

GRAZIE DI CUORE!!

VI VOGLIO BENE

 

SHUN

   
 
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