OMAKE
HUGHES FAMILY
Il campanello suonava insistentemente quella
mattina.
“Eric-kun, andresti ad aprire per
favore?”
La voce di Glacier raggiunse il ragazzo un istante prima che la
porta si aprisse e due figure maschili, in divisa, facessero capolino sulla
soglia, salutandolo con calore: “Buongiorno amico!” esclamò Edward, sorreggendo
Roy, che ancora camminava con le stampelle; il moro si affrettò a farli passare,
“Buongiorno anche a voi! Vedo che ti hanno riparato.” constatò divertito il
ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle, “Eh già! Winry ha fatto proprio un
ottimo lavoro, non c’è che dire, solo che a un certo Comandante non ha fatto
molto piacere l’averla in giro per casa!” sogghignò il minore, lasciando la
presa sulle braccia dell’amante e sistemandosi la
treccia.
L’interessato sbuffò e volse il capo dall’altra parte, il viso
imbronciato: “Quella lì, ci provava spudoratamente!” si difese, poggiandosi alla
parete d’ingresso, “Non potevo permetterlo!” sbuffò, incrociando le braccia al
petto.
Eric scoppiò a ridere: “Qualcuno qui è geloso!” constatò, dando le
ciabatte a entrambi, “Molto geloso!” aggiunse il bruno, prendendo la cuginetta
in braccio, “Hai proprio ragione amico!” confermò Edward, aiutando il Comandante
a indossare le pantofole.
“Ehilà!! Buongiorno fidanzatini!! Aspettavamo solo
voi!”.
La voce allegra di Hughes risuonò potente nell’ingresso e il la
testolina mora del tenente colonnello fece capolino dalla porta del salotto, un
sorriso che andava da orecchio a orecchio illuminava il viso dell’ufficiale:
“Hughes, se non la pianti, giuro che ti spedisco a far compagnia ad Hakuro!”
esclamò Roy, “Tra i pinguini e gli orsi polari!” aggiunse con tono cattivo,
“Come sei permaloso! Problemi con la meccanica di Ed?” chiese l’amico con tono
mellifluo.
Il Fuhrer evitò di guardarlo, preferendo dedicarsi a prendere in
braccio la piccola Elycia: “Si, a quanto pare!” intervenne Eric, trattenendo a
stento un sorriso divertito, “Eh, brutta bestia la gelosia, caro il mio Roy!”
flautò Hughes, aiutandolo a muoversi lungo il
corridoio.
Nel salotto erano già tutti riuniti, Al, Envy, Lust, Pride e Greed
li raggiunsero subito dopo con Glacier.
“Ok, adesso che siamo tutti qui riuniti, possiamo anche andare.”
esclamò Maes, controllando che non mancasse nessuno, “Nemmeno tanto lontano, da
quello che ricordo io, abitavamo nel quartiere residenziale nord di Central
City, praticamente vicino a dove adesso abitano Edward e il Fuhrer!” spiegò il
ragazzo.
Roy sbuffò: “e allora che senso ha avuto farci venire qui!?!”
borbottò il Fuhrer buttandosi di peso sul divano, “Non potevate venire voi da
noi?” si lamentò il moro, guardando truce il proprio migliore
amico.
Per tutta risposta, questi scoppiò a ridere: “Non è più divertente
fare la strada tutti assieme?” replicò semplicemente, buttandosi sul divano
accanto a lui, “e poi, non dire che ti sei stancato, so per certo che Edward ti
ha accompagnato sin qua in macchina, quel ragazzo è un angelo!” esclamò il
tenente, sventolando con noncuranza un ventaglio afferrato dal tavolino basso
davanti a lui, “Il tenente colonnello ha ragione, signore. È senza dubbio più
divertente partire da qui tutti assieme a piedi, non è molto lontano,
dopotutto!”rise Fury.
In quel momento entrò Glacier, il grembiulone ancora sporco di sugo
sui vestiti da passeggio, in mano teneva un vassoio: “Ecco qua! Ho fatto il
caffè per tutti quanti!” esclamò lei, poggiandolo sul basso banchetto al centro
della sala, “Eric-kun, Elycia si è lavata i dentini?” chiese la donna al nipote,
“Certo zia, lavata e pettinata, me ne sono occupato personalmente!” la
rassicurò.
La piccolina, ancora in braccio al Fuhrer, si guardò attorno, i
grandi occhioni verdi puntati su ciascuno di loro, poi solo sul cugino:
“Eric-chan, ma oggi incontrerò la zia, vero?” chiese la piccolina con un leggero
sorriso.
Le chiacchiere si azzittirono all’istante, tutti guardarono la
deliziosa scenetta che gli si parava davanti.
L’adolescente tese le braccia in direzione della piccola, che fu
lesta a balzargli in grembo; il ragazzo la abbracciò forte: “Certo piccolina, e
vedrai che sarà molto contenta di conoscerti… Ha sempre desiderato una
nipotina…” sussurrò lui, una lacrimuccia solitaria scivolò birichina giù dagli
smeraldi sul suo viso, andando a morire tra i capelli della bimba; questa, alzò
il capo, “Ehi, perché piangi? Ho
detto qualcosa di sbagliato?” chiese con tono triste la
bambina.
L’ex soldato si asciugò in fretta gli occhi: “No, non ti
preoccupare.. mi è entrato un bruscolino nell’occhio…” sorrise lui,
scompigliandole la folta chioma chiara.
La piccola scoppiò a ridere, poi si riappropriò del suo posto sulle
ginocchia di Roy.
Per qualche minuto, il gruppo restò seduto sui divanetti, poi, come
se fosse stato dato un ordine silenzioso, tutti quanti si alzarono, presero
soprabiti ed effetti personali, e uscirono dalla graziosa
villetta.
La fresca brezza primaverile portava dolci fragranze di campi
fioriti lontani, gli insetti laboriosi ronzavano per ogni dove, il Sole
splendeva più superbo che mai.
Glacier, Hughes e i due giovanissimi stavano in testa al gruppo,
subito dietro venivano Riza, Havoc e tutta la compagnia di amici, in fondo
stavano i quattro fratelli con Edward e Roy.
Compatti e uniti, percorsero a passo spedito, per quanto le
condizioni del Fuhrer lo permettevano, la breve strada che li separava dalla
loro destinazione, ma si sentivano stranamente nervosi, quasi
tesi.
Diamine, eppure non si trattava di una missione e nemmeno di una
qualche grana da risolvere.
Ma uno strano nervosismo serpeggiava tra i presenti, Breda e Fury
ridacchiarono per tutto il viaggio, Riza dovette cercare più volte di tenere
fermo il proprio cucciolo, inquieto come non
mai.
Così, in un clima di grande tensione, giunsero a
destinazione.
Superarono casa di Ed e Roy piuttosto velocemente, come se avessero
timore di potersi far prendere da qualche atavica paura e
fermarsi.
A ogni passo, il battito del cuore si faceva sempre più forte e
intenso.
Giunsero infine presso un cortiletto ben curato, le margherite e le
primule coloravano le aiuole smeraldine, una piccola altalena ormai in disuso,
con le corde del tutto spezzate stava in un angolo, rendendo il tutto
stranamente malinconico.
La porta, dipinta di rosso fiammante, svettava sull’intonaco della
villetta, di un grazioso azzurro cielo.
Il cancelletto era solamente
accostato.
Alle finestre, candide tende di
pizzo.
Sembrava una semplice villetta, come tutte le altre, se non fosse
stato per il nome sulla cassetta delle lettere.
Saori Hughes.
Eric sospirò, improvvisamente nervoso: “Ecco, questa è la casa..”
sussurrò, torcendosi le dita.
Alle sue parole seguì un lungo istante di silenzio, rotto
dall’improvvisa esclamazione di Glacier: “Forza, non possiamo restare qui tutto
il giorno. Maes, Eric-kun, andiamo! Edward, potresti gentilmente spingere i tuoi
colleghi dentro, per favore?” sorrise la donna, aprendo il cancelletto con una
leggera spinta.
Afferrò il marito e il nipote per il polso, la piccola Elycia presa
in custodia da Al, e tutti assieme entrarono nel
cortile.
In silenzio, percorsero il breve vialetto di ghiaia, fermandosi
davanti all’ uscio.
Ed e Roy fecero segno ai due di prendere il loro posto e
affiancarono Glacier.
Il biondo bussò energicamente due
volte.
Udirono un leggero strascicare di passi, e poi una voce femminile
al di là della porta: “Si, chi è?” chiese
questa.
Hughes sobbalzò, stringendo forte il braccio di
Falman.
“Salve signora, sono il Comandante Roy Mustang, avrei bisogno di
parlarle un attimo, potrebbe aprirmi?” interloquì cordiale il moro,
sorreggendosi alla stampella.
Si udì un tramestio, e la porta si aprì, una giovane donna, di
circa trentacinque anni, dai lunghi capelli neri, lisci e luminosi che
incorniciavano un viso dai lineamenti ben delineati, ma delicati come quelli di
una bambola di porcellana, avvolta in una vestaglia color violetto pallido, fece
capolino dallo spiraglio, guardando dinanzi a sé con paura e sospetto, gli occhi
verdi, identici a quelli di Maes, erano velati, come se una nebbia fosse calata
su essi.
Roy si esibì nel suo più lucente sorriso, tendendole una mano:
“Buongiorno signora, scusi per l’ora. È lei Saori Hughes?” chiese gentile Roy,
sorreggendosi a Ed per non cadere rovinosamente a terra, “Scusi per le
condizioni con cui mi presento, ma nell’ultima missione ho avuto qualche piccolo
problema.” aggiunse, vedendo i suoi occhi colmarsi di preoccupazione nel vedere
quella stampella, “Mi dispiace… Si, sono io, perché? È successo qualcosa?”
replicò lei, la voce debole.
Edward si fece avanti: “No, non si preoccupi, non è successo nulla,
volevamo solo averne conferma. Piacere, Edward Elric, tenente colonnello.” si
presentò il biondo, “Non sono molto bravo con le parole, mi scusi.. Siamo qui
per accompagnare a casa una persona.” disse goffamente il ragazzo, facendo
spazio.
Lentamente, Eric fece capolino da dietro le spalle del superiore, i
corti capelli bruni spettinati, i grandi occhi verdi puntati su di lei: “Ciao,
mamma…” sussurrò nervosamente lui, tormentandosi le
mani.
La donna sgranò stupita gli occhi, lucidi per la commozione; la
piccola e affusolata mano si alzò tremante, accarezzando la guancia del ragazzo,
era calda e morbida, come quando se n’era andato, era
lui.
“Eric.. Mio piccolo Eric..” singhiozzò la donna, gettandogli le
braccia al collo, stringendolo forte a sé, le lacrime picchettavano sul maglione
che il giovanotto indossava, cercando di lenire quel gran dolore che aveva
provato nel corso di quei lunghi, strazianti anni di
solitudine.
Non c’era bisogno di parole.
Quando si staccarono, la donna aveva ancora gli occhi lucidi e,
sempre abbracciando il figlio, guardò con gran riconoscenza i militari: “Grazie,
grazie di cuore Mustang-sama.. La ringrazio davvero..” singhiozzò la donna, “non
sa quanto mi ha reso felice oggi, mi ha riportato il mio piccolo
Eric..”.
Roy sorrise, accennando un leggero inchino: “Si figuri signora, poi
le spiegheremo tutto, ha diritto di sapere. Ma prima, c’è ancora una persona per
lei.” aggiunse, scostandosi a sua volta e spingendo in avanti la persona dietro
di sé.
Smeraldo perso nello smeraldo, iridi uguali, separate in un lontano
passato e riunite, una dinanzi all’altra.
La donna sobbalzò, portandosi una mano alla bocca: “niisan..”
sussurrò, con le lacrime agli occhi.
Eric prese la mano della madre ancora stretta nella sua e la fece
congiungere con quella dello zio: “So che avete litigato, ma ormai, tutto
dovrebbe essere passato, no?” chiese il ragazzo, commosso a sua
volta.
Saori si guardò attorno, le lacrime oramai straripavano senza alcun
ritegno, non riusciva a frenarle, tutte quelle emozioni erano troppo
intense.
In quel momento, udì un leggero tirare della sua vestaglia;
abbassato lo sguardo, vide una bimba attaccata alle sue ginocchia che le
sorrideva: “Sei tu la mia zietta?” chiese Elycia, tendendole un mazzolino di
margherite tenute strette da un nastro di raso giallo come il
Sole.
Saori sgranò gli occhi, annuendo piano; con mano tremante prese
quel delicato mazzolino, mentre la bimba veniva presa in braccio da Eric:
“Mamma, lei è Elycia-chan, la mia cuginetta, la tua nipotina.” spiegò il
ragazzo.
Improvvisamente, Maes gettò le braccia al collo della sorella,
stringendola forte a sé: “Mi spiace, neechan, mi spiace tanto, non avrei dovuto
aggredirti così… Scusami.. Non sai quanto mi sei mancata in tutto questo
tempo..”, sussurrò, singhiozzando debolmente; la donna non riuscii a dire nulla,
si limitò a ricambiare, emozionata, quel dolce gesto affettuoso, gesto che
troppo gli era mancato in quegli anni.
“Anche tu mi sei mancato, fratellone..” riuscì solo a dire, e nel
suo cuore riprovò quella stessa gioia della sua infanzia, quella gioia che gli
era mancata in quei lunghissimi anni.
La gioia di avere accanto un
fratello.
ED ECCOCI ALFINE QUI, ALLA CONCLUSIONE ANCHE DEL VIAGGIO
DELL’AMESTRIS EXPRESS!!
Beh, che dire, come sempre mi spiace porre fine a una mia opera, ma
quando è necessario…
Comunque, desideravo ringraziare tutti i miei fedeli lettori, Liris, Shika-chan, Fly-san e Himitsu-sama!! Grazie di cuore, senza di voi, questo piccolo omake non avrebbe ragione di esistere!!
GRAZIE DI CUORE!!
VI VOGLIO BENE
SHUN