Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    26/11/2018    2 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nomi e sogni

 

Per anni Leonore si era immaginata quel momento ed ora era lì, con un sorriso emozionato stampato sul viso. Lei e Lucifero, dopo essere riusciti a convincere Ary a prestar loro la macchina, si stavano dando allo shopping per il bimbo in arrivo. Il diavolo aveva concesso al mortale, in cambio, la decappottabile sportiva, con la raccomandazione di andare a rimorchiare. Ary aveva ignorato quelle ultime frasi ed era andato al lavoro con la piccola utilitaria di Leonore.

Leonore si guardava attorno, indecisa su cosa scegliere per prima cosa. Doveva comprare tutto il necessario per la camera, la culla e molto altro, ma i modelli in vendita erano così tanti… Una commessa gentilmente iniziò a spiegarle quali erano le diverse opzioni. Satana le aveva dato piena libertà di spesa e si sentiva decisamente fuori posto in quel luogo fatto di orsetti disegnati sui muri e profusioni di colori pastello.

“Quanto manca al lieto evento?” chiedeva la negoziante, guidando Leonore fra le file di culle e lettini.

“Ancora qualche mese…” sorrise lei.

“Suppongo sia il primo figlio”.

“Già. Sono emozionata!”

“Lo sarà di certo anche il papà!”.

L'umana subito precisò che non era Lucifero il padre, mentre il diavolo osservava varie coppiette impegnate a scegliere corredini e giocattoli. Si chiese se effettivamente tutti i padri presenti fossero i veri futuri genitori e rabbrividì quando vide alcuni nonni: per un attimo si era immaginato il proprio padre che gli dispensava consigli genitoriali.

Dopo parecchio tempo, finalmente gli acquisti erano conclusi ed il diavolo stava caricando scatole ed imballaggi in macchina. Si sentiva osservato, e sapeva benissimo da chi. Propose alla mortale un gelato, ignorando chi lo spiava ed il fastidioso cicalino proveniente dal marchingegno che lo collegava all'Inferno. Leonore accettò volentieri, essendo sempre piuttosto affamata e stanca.

 

Un nome continuava a spuntare, su ogni registro. Un nome ricorrente, senza però alcun altro appunto che potesse aiutare a capire. Tutti gli altri nominativi, riportati in vari registri e quaderni, erano sempre seguiti da qualche riga esplicativa sul ruolo o la funzione temporanea. Erano elencati tesorieri, cuochi, ladri, procacciatori, allevatori, sorveglianti… ma accanto a quell'unico nome mai nulla. Solo, a volte, delle cifre che potevano essere un orario, probabilmente. Dopo mesi di ricerche, Keros non sapeva più che cosa inventarsi. Non voleva disturbare Alukah, sapendo che certi argomenti potevano turbarlo o rattristarlo. Però in quel momento non vedeva alternative. Aveva scoperto un sacco di elenchi ed era quasi riuscito a riordinare il tutto, eliminando tutti coloro che risultavano morti in guerra. Si chiese quanti fra questi aveva ucciso personalmente, fra la battaglia e gli scontri successivi.

Prese coraggio, tenendo fra le mani uno dei vari registri, e si incamminò verso le stanze di Alukah. I due edifici, dove risiedeva ora il mezzodemone e dove invece viveva l'Arconte, erano stati risistemati e notevolmente abbelliti, rendendoli meno angoscianti. Bussò educatamente e chiese udienza. Dopo aver discusso del più e del meno, Keros prese coraggio e domandò quel che lo tormentava.

“Chi era Marianne?” chiese.

Alukah si irrigidì, come se fosse l'ultima domanda che voleva farsi rivolgere.

“Perché lo chiedete?” riuscì a mormorare.

“È l'unico nome che non riesco a collegare. Spunta spesso ma non ha nulla che mi aiuti a capire chi fosse…”.

“Era… un'umana".

“Un'umana? Una preda? Una donna che qualcuno stava tentando?”.

“Non proprio…”.

“Non potete dirmi altro?”.

“Non so…”.

“Capisco… Cercherò di scoprirlo da solo. Anche se sono mesi che ci impazzisco".

L'Arconte, seduto in silenzio accanto alla finestra, osservò con la coda nell'occhio i movimenti di Keros e lo fermò, con un sospiro.

“Sono passati quasi trecento anni, dopotutto…” parlò piano “Venite qui, vicino a me. Non voglio che orecchie indiscrete ascoltino…”.

Keros obbedì, fermandosi accanto al tavolo su cui l'antico maestro poggiava una mano. Gli mostrò il registro, indicando il nome.

“Marianne era una fanciulla dalla pelle bianca e dai capelli color cioccolato. Sorrideva sempre ed era fin troppo intraprendente… Nasfer l'amava".

Il mezzodemone sobbalzò a quelle parole: un demone innamorato di un'umana! Capì subito perché Alukah era restio a parlarne! Era una cosa proibita, che gettava altre ombre sulla già pessima reputazione del figlio ribelle.

“So che era una cosa disgustosa e proibita" si affrettò a dire l'Arconte “Ho tentato in ogni modo di farlo ragionare ma Nasfer era un vero testone. E litigavamo continuamente, perché diceva che non dovevo intromettermi nella sua vita e cose del genere…”.

“Non definirei disgustoso un legame d'amore…”

“Ma spero che tutto questo non esca da questa stanza! Ci manca solo che si sappia in giro che mio figlio si faceva una mortale. Quale onta per il nome di famiglia!”.

“E che cosa è successo? Che fine ha fatto?”.

“Marianne? Non lo so”.

“Dopo la guerra, non l'avete cercata?”.

“Dopo la morte di Nasfer, non mi interessai più di nulla. Figuriamoci se mi importava dove fosse finita un'umana!”.

“Oh…”.

“La loro vita è così effimera…” aggiunse Alukah, notando la delusione sul viso dell'allievo “Probabilmente, non vedendo comparire Nasfer per un po', si sarà trovata un altro umano con cui stare… Ma che importa? So che il mio erede ha compiuto un atto proibito, ma non ho potuto impedirlo. Ho tentato davvero di tutto, credetemi”.

Keros distolse lo sguardo, fissando quel nome scritto sul registro. Era scritto con cura, con inchiostro scuro fra fogli ingialliti e rovinati, fra mille altri nomi riportati in fretta e con poca attenzione.

“Voglio farti una domanda, Alukah…” mormorò, leggendo distrattamente vari titoli sui libri dell'immensa libreria a muro.

“Prego…”.

“Cosa differenzia un angelo da un demone?”.

“Intendete fisicamente o…?”.

“Mentalmente. Cosa cambia fra il Paradiso e l'Inferno? Non è forse la ricerca di libero arbitrio, ed il tentativo di sfuggire alle regole, che hanno fatto in modo che gli Inferi sorgessero?”.

“Io…”.

“Ora ti confesserò una cosa e, sinceramente, me ne sbatto altamente se vorrai raccontarlo in giro: io sono innamorato. Di un essere umano".

Alukah sobbalzò, incrociando le iridi ambrate dell'allievo.

“Voi…” tentò di rispondere, senza sapere che dire.

“Uno dei motivi per cui io e Lucifero ci siamo riempiti d'insulti ultimamente e proprio questo. Io amo un essere umano! Amo un mortale, e lui ama me. O almeno… era così prima che Satana intrecciasse i fili dei suoi intrighi attorno al nostro destino!”.

“Io… non ne ero a conoscenza…”.

“Lo so. Ci sono molte altre cose che potrei raccontare, molte altre mostruosità sul mio conto e sul mio modo d'agire. Ma che importanza può mai avere? Nessuno mai potrà accettare quel che sono e quel che ho fatto…”.

“Keros…”.

“Ary… ma che ci faccio qui? Il mio posto non è qui, fra mille stanze vuote che non saprò mai come riempire…”.

Con lo sguardo perso, non gli importò se sulla guancia iniziò a brillare e scorrere una lacrima. Alukah osservò quell'avvenimento con stupore, sapendo che i demoni erano maledetti e non gli era concesso piangere, non erano in grado di farlo. Il mezzosangue si voltò, lasciando che il maestro non potesse non vedere chiaramente quella lacrima, e non disse altro.

 

Osservati dagli angeli, Lucifero e Leonore si stavano godendo un gelato seduti su una panchina al parco. Il demone percepiva chiaramente Mihael e Gabriel e tentava di ignorarli.

“Ultimamente mi sento davvero strana" ammise la mortale.

“Ne hai parlato con Malaphar?” rispose il diavolo, incrociando lo sguardo lontano di Mihael.

“Sì…”.

“E che cosa ti ha detto?”.

“Che probabilmente sono incinta di un demone… ed il mio corpo sta reagendo. Che significa?”.

Lucifero vide la donna accarezzarsi il pancione.

“Significa che il tuo corpo si adatta ad un simile ospite. Mi dispiace…”.

“A me no. È il mio bambino. Demone o umano, lo amo già. Ma perché mi sento così? Odo cose strane, vedo in modo diverso…”

“È come una piccola possessione, capisci? Un piccolo demone dentro di te, una versione ridotta di una vera possessione fatta da un demone adulto”

“Oh… e resterò sempre così?”.

“È probabile. Colpa anche dei nostri… incontri. Il mio potere fluisce in te, seppur in minima parte".

“Io… sto diventando un demone?!”.

“Non lo so. Non succede spesso che un’umana resti incinta di un demone. È un'unione proibita e quindi non saprei citarti precedenti. Però potrebbe essere possibile… Mi ‘spiace non poter essere più utile".

Leonore accarezzò di nuovo il proprio grosso ventre e sorrise leggermente: il piccolo aveva scalciato!

“Sarà quel che sarà” mormorò “Non vedo l'ora… anche se ammetto di essere un pochino spaventata”.

“Posso fare qualcosa per te?”.

La mortale scosse la testa. Anche lei aveva notato la presenza di Mihael e Gabriel e li osservava, incuriosita. Creature così belle non potevano essere semplici umani! Sentendosi scoperti, i due Arcangeli non poterono far altro che smettere di fare i furtivi. Si avvicinano alla panchina, lentamente. Vestiti in bianco, con i capelli biondi mossi dal vento, attiravano di certo l'attenzione! Lo sguardo di Mihael era severo, mentre quello di Gabriel era concentrato su Leonore.

“Maschio!” parlò proprio Gabriel, indicando il pancione “È maschio!”.

“Lo supponevo" annuì la donna, sorridendo.

“Ah… perdonate la maleducazione. Ave, Leonore. Sono Gabriel…”.

“Quello dell'Annunciazione?”.

“A quanto pare… Posso?” domandò l'Arcangelo, allungando leggermente la mano.

“Certo…”.

Ottenuto il permesso, Gabriel accarezzò Leonore, percependo un calcetto.

“È umano, Gabriel?” domandò Mihael.

“Perché vuoi saperlo?” sbottò Lucifero “Vuoi forse fargli del male?”.

“No, finché non riceverò ordini al riguardo".

“È tuo nipote, sai? È stato Keros. Dovresti festeggiare!”.

“Ma…” tentò di dire Gabriel, mentre Mihael lo zittiva, preferendo non parlarne.

“Magari nasce con le alette da angelo. Che ne sappiamo?” alzò le spalle Lucifero “Finché qualcuno non ti ordinerà di ucciderlo, o fargli del male, non potrai alzare un dito.  E ti avviso che, quando e se quell'ordine dovesse arrivare, sappi che ti darò tanti di quei calci in culo da farti desiderare di avere una mammina da cui andare a piangere!”.

“Mi dovrei spaventare?” alzò un sopracciglio Mihael.

“Sì, credo che dovresti".

I due si sfidarono apertamente, accigliati e palesemente irritati l'uno dall'altro.

“Ragazzi… finiamola!” sbuffò Gabriel “Siete noiosi!”.

“Faccio il mio lavoro!” ribatté Mihael.

“No. La donna non è sotto l'influsso di Lucy!” lo zittì l'Arcangelo “Almeno… non adesso. Quindi non si parla di tentazione o di peccatrice in cerca di salvezza. Si è donata volutamente a lui e, senza ricevere ordini espliciti, non puoi agire direttamente. Perciò è inutile che fai il permaloso…”.

“Ma tu da che parte stai?”.

Lucifero ridacchiò, finendo la propria merenda.

“Hai poco di cui ridere tu!” lo ammonì Mihael “Lo sai che il Padre va in collera quando tenti gli umani!”.

“Va in collera per molto meno!” alzò le spalle il demone, giocherellando con il bastoncino del gelato “Dovrebbe farsi vedere da uno psichiatra. È evidente che non controlla la rabbia"

“Smettila di farneticare!”.

“Andiamo! Vuoi degli esempi? Non credo ti servano. E non dare la colpa a me. Tranne che per la mela, di cui mi prendo il merito, il resto non mi compete".

“Ma…” sussurrò Leonore a Gabriel “Sono sempre così?”.

“Sono esasperanti, vero?” le rispose l'Arcangelo.

“Perché non te ne torni all'Inferno, invece di tentare questa povera donna?” continuava Mihael.

“E tu perché non te ne vai a fanculo?” fu la risposta di Lucifero.

“Finitela!” alzo la voce Gabriel “Leonore è sola. Ha bisogno di qualcuno che le stia accanto. Spetta a lei decidere chi, e pagarne le conseguenze relative. Non possiamo obbligarla a seguire una o l'altra strada! Ha pregato spesso chiedendo un bambino, io lo so bene. E magari questo bambino sarà un dono, una creatura meravigliosa come lo è Keros. Vorreste forse che non fosse mai nato? Eppure è un figlio proibito. Se vogliamo dirla tutta… il tuo peccato, Mihael, è ben più grave di quello di Leonore! Eppure…”.

“Dove vuoi andare a parare?” arricciò il naso l'Arcangelo guerriero.

“Le cose accadono per una ragione. Una ragione che spesso solo Dio conosce. Perciò, visto che fin ora non ci sono giunti ordini al riguardo, è inutile battibeccare per stabilire chi sia quello maggiormente in torto!”.

“Che belle parole!” sorrise Leonore “Ad ogni modo… non mi piace vedervi litigare. Non discutete a causa mia, ho già causato abbastanza problemi in giro".

“Perdonaci" annuì Gabriel “Non volevamo spaventarti".

“Adesso andiamo” si alzò Lucifero, porgendo la mano alla mortale “Ary ci aspetta. E, da come vedo il cielo, tra poco pioverà. I miei fratellini ci sorvegliano, avrai modo di parlarci un'altra volta".

Lei annuì, un po' titubante. Salutò i due Arcangeli con un lieve inchino, sentendosi lievemente in soggezione. Aveva tante domande per quelle creature angeliche, di cui aveva sentito tanto parlare lungo tutta la sua esistenza, ma il re dei demoni la teneva per mano e preferì seguirlo.

“È stato un piacere!” la salutò Gabriel “Buona serata".

“Passate per un tè, se vi va" rispose lei, camminando piano e sorridendo.

 

“Vaffanculo. Vaffanculo tu, tu e tu. Specialmente tu!” sbraitava Lilith, indicando vari demoni davanti a sé.

“Perché dovrei obbedirti?!” rispondeva un demone guerriero.

“Perché altrimenti ti strappo le palle!” ringhiò lei.

“Non sei la regina! Solo il re ed il principe possono darci ordini! Ed i loro successori”.

“Sei ridicolo. Ma, se questo è il tuo desiderio, aspetta qui un attimo".

Elegantemente, Lilith lasciò l'ufficio del re qualche minuto e poi tornò con il piccolo Nasfer, il figlio di Keros, per mano.

“Buonasera" salutò educatamente il bambino, serio in volto e lievemente accigliato.

“Mi dispiace aver disturbato le sue attività quotidiane, principino Nasfer" sorrise Lilith “Ma questi signori ti volevano"

“È uno scherzo?!” ringhiò uno dei demoni presenti.

“No. Ed ora, altezza, potreste dare qualche ordine a questa plebaglia?”.

Nasfer si schiarì la voce e, con una certa eleganza, mandò a fanculo tutti i presenti, uno ad uno. Lilith sorrise soddisfatta. Li vide lasciare l'ufficio, brontolando, e chiese alla Succubus se aveva svolto bene il proprio compito.

“Siete un principino perfetto" sorrise Lilith “Scusate il disturbo. Presto rientrerà Lucifero, ci penserà lui a rimetterli definitivamente in riga".

“Ho sempre sognato dare qualche ordine”.

“Allora tutto a posto…”.

“Però…”.

“Però?”.

“Nulla…”.

Il bambino voleva chiedere se si avevano notizie di suo padre, il principe ereditario. Nessuno, tranne Lucifero, era a conoscenza della decisione di Keros di abbandonare quel ruolo, lasciando l'anello a palazzo. Il piccolo però non aprì bocca. Lilith e Lucifero evitavano di parlarne in sua presenza e quindi, si disse, probabilmente non volevano parlarne proprio!

 

Preso coraggio, quella sera Keros si affacciò alla finestra del primo piano sbirciò, nel buio. Sorrise, in principio. Quella stanza, dove un tempo dormiva solamente Leonore, ora era pronta ad accogliere una nuova vita. Lei ed Ary, con l'aiuto di Lucifero, avevano sistemato il lettino e tutto il necessario. Ora il re era tornato all'Inferno ed i due mortali erano soli.

“Non posso crederci…” diceva lei, accarezzando i bordi della culla “Presto arriverà…”.

“Hai pensato a qualche nome?” parlava invece Ary, finendo di montare una giostrina con dei pupazzetti.

“Sì. Ma deciderò sul momento… sarà una sorpresa!”.

“Mi piacciono le sorprese!”.

Lei rise, raggiante di felicità. Ary rispose a quella risata. Keros, che udiva ogni loro discorso grazie all'udito sottile, sospirò: sembravano davvero una bella famiglia! E lui che diritto aveva di rovinare tutto questo? Ary! Lo avrebbe sempre difeso, perché sicuramente altri demoni si sarebbero messi in cerca di quell'anima speciale, e lo avrebbe sempre amato. Ma Ary non lo avrebbe mai saputo…

Ridiscese a terra, ignorando la lieve pioggia.

“Hai per caso intenzione di colpirmi?” parlò, rivolto ad una presenza che lo osservava fra gli alberi.

Una demone, sobbalzando per la sorpresa, storse il naso per essere stata scoperta.

“Vuoi uccidermi?” le domandò ancora Keros.

“Avrei tutte le mie buone ragioni per farlo!” ribatté lei, avvicinandosi al sanguemisto.

“Sei molto giovane. Quanti anni hai? Ottocento? Che ragioni mai avresti di uccidermi?”.

“Per colpa tua, mio padre è morto in guerra".

Il mezzodemone sospirò: ancora quella guerra, ancora quei morti.

“Puoi portarmi al vostro rifugio?” parlò ancora il tentatore “Sei di quelli che vivono segretamente nel mondo umano, giusto?”.

“E perché ti ci dovrei portare?”.

“Perché devo parlarvi".

“E chi mi dice che posso fidarmi?”.

“Mettila così: se ciò che ho da dire non vi piacerà, sarete in molti contro di me. Su un terreno che conoscete molto meglio di me: sarà facile uccidermi. In caso contrario… si vedrà!”.

“E se non ti ci porto?”.

“Lo farai… perché altrimenti ti stacco la testa e la appendo ad un albero come fosse una decorazione natalizia. Sono stato chiaro?”.

La giovane, nonostante il tono di voce di Keros si fosse mantenuto calmo e pacato, si spaventò molto e decise di fare strada.

 

Ok… metà di questo capitolo non era previsto ma spero comunque sia gradito xd alla prossima!!

 

 

 

   
 
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